Reati tributari
La Corte di Cassazione, con la sentenza Cassazione penale sez. III, 13/06/2023, n.35314 in tema di reati tributari, ha chiarito le responsabilità degli amministratori all'interno di una società, in particolare quando l’illecito venga commesso da singoli componenti del Consiglio di Amministrazione (CdA) senza deleghe specifiche. In tali casi, tutti gli amministratori possono essere chiamati a rispondere a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, ai sensi dell’art. 2392 del Codice Civile.
Tale disposizione pone un obbligo generale di vigilanza e controllo sugli amministratori in merito alla gestione societaria. Essa è particolarmente rilevante nel contesto dei reati tributari, dove l'omessa vigilanza può configurarsi come concorso nel reato commesso dai singoli amministratori che, pur non avendo deleghe operative, non abbiano adempiuto agli obblighi di controllo e impedimento.
Il caso esaminato dalla Cassazione verteva su un ricorso contro una ordinanza di conferma di un sequestro preventivo legato a un reato tributario.
Il Tribunale del riesame aveva confermato la sussistenza del fumus commissi delicti, nonostante il ricorrente sostenesse la mancata ricostruzione fattuale e l’assenza di una motivazione specifica in relazione alle obiezioni difensive.
La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che le fatture per operazioni inesistenti possono essere considerate tali anche quando vi è una divergenza tra la realtà commerciale e la sua rappresentazione documentale.
La questione centrale affrontata dalla Corte riguarda la responsabilità degli amministratori in seno al CdA, specialmente nei casi in cui non vi sia una specifica delega operativa.
Il principio stabilito dalla giurisprudenza si fonda sull’art. 2392 c.c., che prevede un regime di responsabilità solidale tra gli amministratori per i danni derivanti dall'inosservanza dei doveri di legge o di statuto. Nel caso di specie, tutti gli amministratori sono responsabili se non viene dimostrata una corretta vigilanza o un dissenso espresso e annotato rispetto agli atti deliberati dal consiglio.
Quando non vi siano deleghe specifiche, come nel caso in esame, ciascun amministratore è tenuto a controllare l'andamento della gestione societaria e a impedire eventuali reati. Se ciò non avviene, egli risponde in concorso con gli altri amministratori per l'omesso impedimento dell'evento dannoso, specialmente quando tale evento configuri un reato tributario.
Nel contesto della responsabilità penale, la Cassazione ha richiamato l’elemento del dolo specifico nei reati tributari, come previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. Il reato sanziona la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. L’amministratore risponde se, pur non avendo compiuto personalmente l’atto fraudolento, non ha attivato alcun controllo per impedire che venisse realizzato.
Il dolo specifico richiesto dal reato tributario richiede la consapevolezza e la volontà di utilizzare tali fatture false con l’intento di evadere le imposte. Tuttavia, la Suprema Corte ha esteso tale requisito al dolo eventuale, laddove l’amministratore accetti il rischio che l’illecito si verifichi a seguito della sua condotta omissiva.
La responsabilità degli amministratori può variare a seconda dell'esistenza o meno di deleghe specifiche all’interno del CdA. In presenza di deleghe attribuite ad alcuni consiglieri, gli altri membri del consiglio possono essere esonerati dalla responsabilità diretta per gli illeciti compiuti nell'ambito delle materie delegate. Tuttavia, resta l’obbligo di agire informati, come stabilito dall’art. 2381 c.c., che impone agli amministratori senza deleghe di ottenere informazioni sufficienti sull’andamento della gestione e di intervenire quando emergano segnali di irregolarità.
Nel caso in cui un amministratore senza deleghe non ottemperi a questi obblighi informativi, pur in presenza di segnali di allarme che avrebbero dovuto spingerlo a intervenire, la sua responsabilità può essere comunque configurata. Questo principio trova conferma anche in relazione ai reati tributari: l’omessa vigilanza su atti deliberati dal consiglio comporta un concorso nell'illecito per omesso impedimento.
La pronuncia della Cassazione consolida il principio secondo cui, in assenza di specifiche deleghe, tutti gli amministratori di una società sono solidalmente responsabili per gli illeciti deliberati dal consiglio, inclusi i reati tributari. L’obbligo di vigilanza e controllo deriva dalla posizione di garanzia sancita dall’art. 2392 c.c., la cui violazione, se dolosa, comporta la responsabilità penale per concorso nel reato.
La sentenza ribadisce l’importanza della trasparenza e della corretta rappresentazione delle operazioni societarie, evidenziando come anche le fatture per operazioni inesistenti costituiscano un reato grave, che richiede specifica attenzione da parte degli amministratori, i quali sono tenuti a intervenire per evitare il verificarsi di illeciti. La vigilanza costante, l'acquisizione di informazioni e l'espressione di dissenso sono strumenti essenziali per evitare responsabilità penali in capo ai consiglieri privi di deleghe operative.