Reati tributari
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. pen. sez. III, 20/06/2024, n.32282) ha affrontato il rapporto tra il pagamento integrale del debito tributario e l'applicabilità del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall'art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000.
Il caso riguarda due imprenditori imputati per reati fiscali, i quali, attraverso la procedura dell'accertamento con adesione, hanno estinto completamente il loro debito verso l'Erario.
In relazione ai reati fiscali, il sequestro per equivalente ha lo scopo di garantire l'eventuale confisca del profitto derivante dal reato.
Questo profitto, in ambito tributario, è costituito dall'importo dell'imposta evasa, considerato un vantaggio patrimoniale illecito per il reo. Nel caso specifico, il Gip aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente per un importo complessivo di circa 3,16 milioni di euro, corrispondente alle imposte IRES evase negli anni 2015 e 2016.
Tuttavia, per i due imprenditori, i debiti tributari relativi agli anni di imposta contestati erano stati interamente saldati a seguito dell'accordo con l'Agenzia delle Entrate. L'importo complessivo versato da entrambi gli indagati, pari a circa 1,77 milioni di euro, corrispondeva alla rideterminazione dell'imposta evasa attraverso l'accertamento con adesione.
La Corte di Cassazione ha precisato che, una volta estinto il debito tributario attraverso il pagamento integrale delle somme dovute, viene meno la finalità del sequestro preventivo, che è strettamente collegata al recupero dell'importo evaso.
Il Collegio ha sottolineato che, in virtù dell'accertamento con adesione e del pagamento completo, non esiste più alcun profitto derivante dal reato che possa giustificare il mantenimento della misura cautelare.
Il sequestro preventivo, infatti, è una misura prodromica alla confisca del profitto del reato. Ma nel momento in cui l'importo evaso è stato completamente versato all'Erario, non vi è più alcun profitto da confiscare, rendendo il sequestro non più giustificato. Questo principio è confermato anche dalla giurisprudenza precedente, che riconosce come l'effettivo pagamento del debito estingua la funzione del vincolo cautelare.
L'art. 12-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 74/2000, stabilisce che la confisca per equivalente non può essere disposta per la parte di debito tributario che il contribuente si impegna a versare, anche se è stato disposto un sequestro. La Cassazione ha ribadito che questo principio è pienamente applicabile anche in caso di pagamento effettivo del debito, come avvenuto nel caso in esame. Una volta estinto il debito con l'Erario, non vi è alcuna ragione per mantenere il sequestro e, conseguentemente, la confisca del profitto del reato non può essere disposta.
Un altro punto fondamentale affrontato dalla Cassazione riguarda il principio di proporzionalità. La Corte ha richiamato il dovere del giudice di merito di valutare il valore dei beni sequestrati rispetto all'importo del debito fiscale, evitando che il sequestro ecceda il profitto derivante dal reato. Questo principio garantisce che la misura cautelare reale non si trasformi in una sanzione sproporzionata rispetto al vantaggio economico ottenuto dal reo.
La Corte, con questa sentenza, ha quindi annullato l'ordinanza impugnata e ha disposto il dissequestro dei beni, riconoscendo che il pagamento integrale delle somme dovute all'Erario elimina la necessità della confisca del profitto del reato. La decisione si inserisce in una più ampio orientamento, che privilegia il recupero delle somme evase e valorizza le condotte di ravvedimento da parte dei contribuenti, a scapito della repressione penale pura.
In tema di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, l'intervenuto integrale adempimento del debito tributario conseguente alla procedura conciliativa con l'Amministrazione finanziaria esclude il mantenimento del sequestro preventivo funzionale alla confisca, anche per equivalente, del profitto del reato, venendo meno il nesso di necessaria strumentalità tra l'ablazione delle somme corrispondenti alle imposte evase e l'esigenza del loro recupero. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'enunciato principio, in ragione dell'intervenuta transazione fiscale, vale anche se la quantificazione dell'imposta evasa operata in sede amministrativa diverge rispetto a quella acquisita in sede penale).