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Bancarotta fraudolenta e cessione del parco automezzi: la Corte sulla responsabilità del concorrente extraneus (Cass. Pen. n. 2122/24)

Bancarotta fraudolenta e cessione del parco automezzi: la Corte sulla responsabilità del concorrente extraneus

Indice:


I fatti di causa

La vicenda trae origine dal fallimento della Be. s.r.l., dichiarato nel 2016 dal Tribunale di Mantova. L’imputato, amministratore della Ro.Et. s.r.l., era stato condannato in primo grado per bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, in concorso con l’amministratore della società fallita, in relazione all’acquisto del parco auto della Be. s.r.l.

La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 10 gennaio 2023, aveva rideterminato la pena e concesso l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., confermando nel resto la decisione di condanna. L’imputato ricorreva in Cassazione lamentando vizi di motivazione, insussistenza del dolo, mancata riqualificazione del fatto nella meno grave ipotesi di bancarotta semplice e mancata concessione delle attenuanti generiche.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato infondato il ricorso, confermando integralmente la sentenza di appello.

Secondo i giudici di legittimità, la distrazione si era perfezionata già al momento della stipula del contratto di cessione: la società fallita era stata spogliata del proprio patrimonio strumentale senza un corrispettivo effettivo, in assenza di garanzie per il pagamento e con clausole contrattuali che consentivano all’acquirente di compensare genericamente eventuali anticipazioni. A dimostrazione del pregiudizio per i creditori, la curatela era riuscita a recuperare solo 80.000 euro in via transattiva, a fronte di un danno ben più consistente.

La Corte ha riaffermato un principio consolidato: la bancarotta fraudolenta distrattiva si configura ogni volta che il bene viene sottratto al patrimonio dell’impresa, in qualunque forma, senza alcuna utilità per la massa creditoria, a nulla rilevando né la natura dell’atto negoziale né la possibilità di recupero successivo da parte della curatela.

Quanto all’elemento soggettivo, la Cassazione ha ribadito che è sufficiente il dolo generico: basta la consapevolezza che l’operazione sia idonea a cagionare danno ai creditori, senza che occorra la volontà specifica di provocarlo o la piena coscienza dello stato di insolvenza. Nel caso concreto, il ruolo “storico” del ricorrente come socio al 50% della società fallita, il tenore del contratto di cessione e le pregresse vicende societarie costituivano indici chiari della consapevolezza della natura distrattiva dell’operazione.

Infine, è stata esclusa la possibilità di riqualificare la condotta in termini di bancarotta semplice: la ricostruzione fattuale non lasciava spazio a interpretazioni alternative né a un’ipotesi di mera imprudenza collegata a un progetto di risanamento.


Considerazioni conclusive

La pronuncia conferma un orientamento rigoroso: nella bancarotta fraudolenta per distrazione, ciò che conta non è la veste giuridica del negozio o la successiva possibilità di recupero, ma l’effettivo depauperamento del patrimonio sociale, privo di vantaggi per i creditori.

Inoltre, ribadisce che il confine tra imprudenza gestionale e responsabilità penale si supera quando l’operazione rivela la consapevole sottrazione di beni dalla garanzia patrimoniale, anche se formalmente mascherata da atti negoziali regolari.


La sentenza integrale

Cassazione penale sez. V, 17/01/2024, n.2122

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 10 gennaio 2023 la Corte di appello di Brescia ha riformato la pronuncia del Tribunale di Mantova dell'8 giugno 2018 nei confronti di Ro.Et., rideterminando la pena principale e le pene accessorie previa concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen, confermandola nel resto.


La sentenza di primo grado aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale (in concorso con l'amministratore), nella sua qualità di concorrente extraneus, amministratore della società "Ro.Et. S.r.l", che aveva acquistato il parco auto della società Be. s.r.l., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Mantova del 9 giugno 2016.


2. Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l'imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.


2.1. Con il primo motivo, è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alla penale responsabilità del ricorrente.


La sentenza impugnata, a fronte delle specifiche doglianze contenute nei motivi di appello, non ha fornito risposta alle stesse.


I pagamenti rateali come pattuiti sono stati inizialmente eseguiti, compensati con crediti vantati nei confronti della fallita e poi bloccati a causa di un pignoramento immobiliare presso terzi.


2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta distrattiva contestata.


Lamenta il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata si presenta apodittica dal momento che ricava l'elemento soggettivo della bancarotta unicamente dal comportamento tenuto dal ricorrente.


2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge in ragione della mancata riqualificazione della condotta nella meno grave ipotesi di bancarotta semplice.


La sentenza impugnata non ha considerato che l'operazione commerciale effettuata presentava delle convenienze per la fallita, anche in ragione delle cattive condizioni del "parco automezzi"; al ricorrente pertanto potrebbe essere al più addebitata una imprudenza nell'aver concorso alla realizzazione di tal progetto di risanamento.


2.4. Con il quarto e quinto motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti, generiche e alla determinazione della pena.


Manca la motivazione della sentenza sullo specifico punto, pur avendo la stessa rideterminato il trattamento sanzionatorio, riducendo la pena, in considerazione della oggettiva entità delle distrazioni.


RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.


1. Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte.


1.1. La Corte territoriale, con motivazione immune da vizi logici e in quanto tale non censurabile in questa sede, ha disatteso le specifiche censure chiarendo che (p.9):


- "(...) a prescindere dai successivi risvolti della vicenda(...)", l'operazione distrattiva si è concretizzata già al momento della stipula del contratto con la conseguente spoliazione del patrimonio strumentale della società Be. s.r.l. non solo per la mancanza di corresponsione del prezzo, ma anche perché si è proceduto senza alcuna garanzia per il pagamento dello stesso e di fatto senza alcun certo corrispettivo, in ragione della sussistenza di clausole contrattuali che facoltizzavano in maniera generica l'acquirente ad imputare a titolo di pagamento del prezzo e quindi a defalcare da quanto dovuto "quanto eventualmente anticipato dalla Ro.Et. s.r.l. a titolo di pagamenti di debiti della Be.;


- la regolare annotazione nel Pubblico registro automobilistico del trasferimento degli automezzi e la stipula di un regolare contratto non rileva ai fini della configurabilità della condotta penalmente rilevante; il recupero in sede transattiva da parte della curatela fallimentare della somma di 80.000,00 Euro dimostra proprio la effettiva sussistenza di un manifesto e grave pregiudizio per il ceto creditorio.


1.2. La sentenza impugnata ha operato buon governo del consolidato e costante principio indicato da questa Corte secondo cui, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno dei creditori), in cui si concreta l'elemento oggettivo del reato di cui si discute, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell'atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l'esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela (ex multis, Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, Rv. 241830; Sez. 5, n. 48872 del 14/07/2022, Rv. 283893) e che il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, a condizione che sia accertata, la previa disponibilità, da parte dell'imputato (o dell'extraneus concorrente, come nella specie), di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuori di qualsivoglia presunzione (ex multis, Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, Rv. 247251; Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, Rv. 248425; Sez. 5, n. 45044 del 24/10/2022, Rv. 283812).


Integrano quindi il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione tutte le operazioni economiche che, esulando dagli scopi dell'impresa, determinano, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori, anche attraverso il distacco di beni da detto patrimonio, senza immettervi alcun corrispettivo, così da impedirne l'apprensione da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, Rv. 280106).


2. Il secondo motivo in punto di elemento soggettivo del reato risulta infondato.


2.1. Il dolo richiesto per la configurabilità della bancarotta fraudolenta distrattiva, come del resto evidenziato dallo stesso ricorrente, è il dolo generico: è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere l'attività distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l'intenzione di causarlo ovvero che l'agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa (Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, Rv. 260407).


Questa Corte ha in tempi recenti oltremodo chiarito che l'epoca del depauperamento può assumere rilevanza ai fini della sussistenza degli indici di fraudolenza e, dunque, del dolo, solo nel caso in cui la condotta dell'agente presenti elementi non univoci di qualificazione giuridica in termini di distrazione, ma non certo quando il depauperamento consegua ad una deliberata condotta di sottrazione, priva di un'alternativa ipotesi qualificatoria (Sez. 5, n. 45230 del 16/09/2021, Rv. 282284).


2.2. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha valorizzato la mancanza di un'alternativa ipotesi qualificatoria richiamando:


- la qualità del ricorrente di socio "storico" con partecipazione al 50% della società fallita e le "vicissitudini", che avevano caratterizzato i suoi rapporti con il socio Ag.;


- il tenore del contratto di cessione, che dà conto dell'esistenza di debiti della società stessa.


3. Quanto alla mancata diversa qualificazione giuridica del reato, il motivo risulta manifestamente infondato nella parte in cui propone una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (SU n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).


La ricostruzione del fatto storico operata in sentenza si rivela del tutto incompatibile con un progetto di risanamento aziendale, ancorché imprudente, come con divisibilmente ritenuto dalla corte territoriale.


4. Generici si presentano il quarto e il quinto motivo con riferimento al trattamento sanzionatorio.


La Corte territoriale, con motivazione immune da vizi, ha diminuito la pena irrogata alla luce dell'accordo intervenuto con la curatela e dell'intervenuto pagamento della somma di € 80.000, ragione per la quale è stata riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 62 n 6 cod. pen.


Alcun ulteriore elemento in concreto favorevole la difesa ha indicato al fine della ulteriore mitigazione del trattamento sanzionatorio nonché ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non potendosi normativamente considerare unicamente lo stato di incensuratezza.


5. Al rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma il 17 novembre 2023


Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.








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