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Bancarotta fraudolenta e concorso dell’extraneus: la Corte ribadisce i criteri di responsabilità (Cass. Pen. n. 7051/2025)


bancarotta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. V Penale, n. 7051 del 5 febbraio 2025, chiarisce i criteri di imputazione della bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, con particolare attenzione al concorso del soggetto extraneus rispetto alla gestione societaria.


Il caso: condanna per bancarotta fraudolenta e ruolo dell’extraneus

L’imputato, Gh.Pi., era stato condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, con sentenza confermata in appello dalla Corte di Torino. La difesa ha proposto ricorso per Cassazione contestando la motivazione della sentenza, sostenendo che l’imputato non fosse un amministratore di fatto ma un mero esecutore di disposizioni ricevute dall’effettivo amministratore della società fallita, Mo.


Tra le questioni sollevate nel ricorso figuravano:

  • l’assenza di una valutazione approfondita dell’elemento soggettivo, considerando che l’imputato operava in virtù di deleghe ricevute senza autonomia decisionale;

  • l’eventuale riconducibilità della condotta alla bancarotta preferenziale, anziché fraudolenta;

  • la mancata applicazione della diminuente per tenuità del fatto, in considerazione dell’impatto ridotto delle operazioni distrattive rispetto al passivo della società.


Il principio di diritto: il ruolo dell’extraneus e l’elemento soggettivo

La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata con rinvio, evidenziando i seguenti principi:

  • la responsabilità per concorso nella bancarotta fraudolenta dell’extraneus richiede la consapevolezza della condotta distrattiva – Non basta che l’imputato abbia materialmente eseguito operazioni sui conti societari per integrare il concorso, ma è necessario che egli fosse consapevole della finalità fraudolenta delle operazioni;

  • l’assenza di autonomia decisionale incide sulla configurabilità del dolo – Se l’extraneus opera su istruzione diretta dell’amministratore di fatto senza margini di discrezionalità, la sua responsabilità penale deve essere valutata con attenzione per evitare indebite estensioni della punibilità.

  • necessità di una motivazione specifica sulle doglianze difensive – Il giudice di appello non può limitarsi a richiamare la sentenza di primo grado senza confrontarsi con le specifiche contestazioni difensive, specie quando attengono alla sussistenza dell’elemento soggettivo;

  • la distinzione tra bancarotta fraudolenta e bancarotta preferenziale – La Corte ha sottolineato che, in assenza di un intento doloso volto a depauperare il patrimonio societario, una condotta che favorisce alcuni creditori potrebbe configurare piuttosto bancarotta preferenziale, con conseguenze diverse in termini di responsabilità e pena.


Le implicazioni: maggiore chiarezza sulla responsabilità degli estranei alla gestione

Questa decisione rappresenta un importante chiarimento sui limiti della responsabilità per bancarotta fraudolenta in caso di concorso dell’extraneus.

La Cassazione ribadisce che la partecipazione a operazioni distrattive non implica automaticamente il dolo specifico richiesto per la bancarotta fraudolenta, se l’extraneus ha agito senza piena consapevolezza del contesto fraudolento.

Inoltre, la sentenza rafforza la necessità di una motivazione approfondita nelle decisioni d’appello, con particolare riferimento alla distinzione tra bancarotta fraudolenta e preferenziale e alla valutazione della gravità del danno arrecato ai creditori.


La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 17.6.2024, la Corte di Appello di Torino, all'esito di trattazione orale, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato Gh.Pi. colpevole del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, di cui al capo A1.

2. Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.


2.1. Col primo motivo deduce il difetto di motivazione.

Il giudice d'appello si è limitato a riferirsi, per relationem, alla motivazione del primo giudice, e a fatti pacifici, neanche mai contestati dall'imputato, ovvero alla circostanza che lo stesso operasse sui conti in forza delle deleghe ricevute. In buona sostanza, non si ravvisa una reale valutazione degli atti, dell'ampia istruzione probatoria. Ed anzi, rispetto alla succinta motivazione, si possono svolgere ulteriori osservazioni che riguardano punti decisivi devoluti con l'atto di appello che riguardano precipuamente il fatto che, come emerso e ammesso anche dalla Corte di appello, Gh.Pi. fosse un semplice operatore senza potere ed autonomia decisionale, elemento, questo, rilevante al fine di determinare l'aspetto psicologico del reato contestato, essendo la condotta distrattiva a lui ascritta a titolo di concorso, quale soggetto extraneus, che, in virtù delle deleghe ricevute, operava sui conti della società.


2.2.Col secondo motivo lamenta inoltre che non si sia valutata l'attività distrattiva antecedente alla data del fallimento e la situazione di extraneus del ricorrente che ebbe ad assumere il ruolo di commercialista solo nel 2010, in epoca successiva alle operazioni distrattive poste in essere dall'intraneus, Mo., laddove, peraltro, anche le alterazioni delle scritture contabili accertate dal curatore risalgono al 2009.


2.3.Col terzo motivo lamenta che la Corte di appello non abbia esaminato il punto della riqualificazione del fatto in bancarotta preferenziale.


2.4. Col quarto motivo si duole infine della eccessività della pena, in particolare del mancato riconoscimento della diminuente prevista dall'art. 219 L.Fall. in caso di tenuità del fatto. Le operazioni distrattive di importo non particolarmente consistente non possono avere inciso in maniera determinante sul passivo, accertato, in via definitiva, in oltre nove milioni di euro, in gran parte costituito da debiti tributari di fede privilegiata, sicché si sarebbe dovuto considerare anche l'impatto della distrazione rispetto al riparto possibile per i creditori.


3. Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato su richiesta di parte - ai sensi dell'art. 611 come modificato dal D.Lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni - con l'intervento delle parti che hanno rassegnato le conclusioni riportate in epigrafe.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

Ed invero, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di giudizio di appello, è legittima la sentenza motivata "per relationem" alla sentenza di primo grado nel solo caso in cui il complessivo quadro argomentativo fornisca una giustificazione propria del provvedimento e si confronti con le deduzioni e con le allegazioni difensive provviste del necessario grado di specificità (cfr. tra le più recenti, Sez. 2, n. 18404 del 05/04/2024, Rv. 286406 - 02).

Nel caso di specie, coi corposi motivi di appello, si era evidenziato come il Tribunale fosse giunto alla condanna del ricorrente in ordine al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva nonostante avesse escluso la qualifica di amministratore di fatto in capo allo stesso ed ammesso il suo ruolo di mero esecutore della volontà del reale titolare della società, ovvero del Mo.. Tale circostanza, secondo quanto prospetta congruamente il ricorso, avrebbe imposto ben altra pregnante valutazione, da parte della Corte di merito, circa l'elemento soggettivo ritagliabile in capo al Gh.Pi. in relazione alla distrazione ascrittagli, consistente nella necessaria rappresentazione, da parte dell'agente, della pericolosità della condotta distrattiva, da intendersi come probabilità dell'effetto depressivo sulla garanzia patrimoniale che la stessa è in grado di determinare.

Tale valutazione avrebbe dovuto, per altro verso, confrontarsi col fatto, da un lato, che gli spostamenti patrimoniali indicati dal Mo., nell'ottica difensiva, sarebbero giustificati dalla presenza di fatto di un gruppo di società, e, dall'altro, che lo stesso Mo. aveva precisato che Gh.Pi. dovesse "fungere da longa manus dell'amministratore per il pagamento degli stipendi e per la gestione del denaro poiché il primo, oberato da impegni che lo portano quasi sempre altrove, non poteva attendervi in prima persona; a tale delega di un mero potere da parte dell'amministratore di diritto, che conservava comunque margini di autonomia e poteri di controllo sull'operato del delegato, corrisponde una effettiva delega a operare sui conti correnti della società con autorizzazioni documentali in chiaro".


A fronte di tali argomenti - riproposti col ricorso in scrutinio per non avere essi ricevuto adeguata risposta nella scarna motivazione della sentenza impugnata - si rileva la sostanziale assertività di quelli esposti dalla Corte di merito, che si è, come detto in premessa, limitata a fare rinvio alla sentenza di primo grado senza un effettivo, adeguato, confronto con le deduzioni svolte nell'atto di appello, che si appuntavano, in buona sostanza, sulla valutazione dell'elemento soggettivo.


Tale elemento soggettivo merita, dunque, di essere approfondito in considerazione del fatto che le condotte distrattive sono state ascritte all'imputato a titolo di concorso quale extraneus e, quindi, con l'amministratore della società. Approfondimento che evidentemente implica anche la necessità di valutare quanto esposto nel secondo motivo di ricorso in ordine alla eventuale esistenza di condotte distrattive antecedenti al 2010.


2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Torino;


assorbiti gli altri motivi.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Torino.


Così è deciso in Roma il 5 febbraio 2025.


Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2025.

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