
Con la sentenza n. 7233/2025, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale: la distrazione di somme o beni aziendali è configurabile come reato anche quando il trasferimento avviene tra soggetti giuridicamente distinti ma legati da rapporti di interesse personale.
Tale pronuncia rafforza il consolidato orientamento della giurisprudenza in tema di sottrazione patrimoniale, chiarendo che il depauperamento dell'attivo fallimentare si configura non solo con atti privi di corrispettivo, ma anche quando vi è un'apparente giustificazione economica che non rispetta la finalità imprenditoriale.
Il caso concreto: una distrazione mascherata da trasferimenti contabili
La vicenda oggetto della decisione riguarda l’imprenditore M.D., condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale a seguito della distrazione di somme aziendali in favore della società V. S.r.l., riconducibile ai suoi familiari. In particolare, i giudici hanno esaminato due operazioni contestate come distrattive:
Un bonifico di 14.500 euro eseguito dalla ditta individuale fallita alla società V. S.r.l., giustificato contabilmente come "spese di famiglia".
La riduzione del credito di 9.070,18 euro vantato dalla ditta individuale nei confronti della società riconducibile ai familiari dell’imprenditore, avvenuta poco prima del fallimento.
Entrambe le operazioni sono state ritenute idonee a sottrarre indebitamente risorse all’impresa, compromettendo la garanzia dei creditori.
Il principio di diritto affermato dalla Cassazione
Il fulcro della sentenza risiede nella conferma del principio secondo cui la distrazione patrimoniale si configura ogni volta che si verifica un distacco di somme o beni dall’impresa fallita senza una valida giustificazione economica connessa alla normale attività aziendale.
In tal senso, la Cassazione richiama la consolidata giurisprudenza, secondo cui:
"In tema di bancarotta per distrazione, per verificare la sussistenza del dolo è sufficiente accertare che l'atto dispositivo, che ha comportato diminuzione patrimoniale, sia privo di sinallagma rispondente al fine istituzionale dell'impresa" (Sez. 5, n. 4424 del 09/03/1999).
Nella fattispecie in esame, la Cassazione ha ritenuto legittima la decisione dei giudici di merito nel considerare le operazioni come distrazioni fraudolente. Il trasferimento dei fondi aziendali a un soggetto riconducibile ai familiari dell'imprenditore, sotto una causale fittizia di "spese di famiglia", costituisce un classico esempio di sottrazione patrimoniale mascherata.
Le implicazioni della sentenza: il reato di bancarotta come reato di pericolo concreto
Un altro aspetto rilevante della decisione riguarda l’inquadramento della bancarotta fraudolenta per distrazione come reato di pericolo concreto. La Cassazione conferma che l’elemento di pericolosità si configura con il semplice atto di sottrazione di beni o somme, senza che sia necessario dimostrare un danno effettivo per i creditori. In altre parole, è sufficiente il mero distacco delle risorse aziendali dal patrimonio destinato al soddisfacimento dei crediti.
Tale interpretazione rafforza la tutela del ceto creditorio, ponendo in capo all’imprenditore l’onere di dimostrare la legittimità delle operazioni effettuate e la loro coerenza con l’attività aziendale.
Conclusioni
La sentenza n. 7233/2025 rappresenta un'importante riaffermazione della linea rigorosa adottata dalla giurisprudenza in materia di bancarotta fraudolenta.
Il principio di diritto affermato chiarisce che ogni operazione che determina un’uscita di risorse dall’impresa fallita, senza una chiara giustificazione aziendale, può configurare una distrazione penalmente rilevante.