1. La vicenda
Il processo relativo al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale ha avuto inizio con il decreto del GUP del Tribunale di Frosinone datato 24 novembre 2021, che disponeva il rinvio a giudizio di Ma.Fa., Ma.Al. e No.Na. L'apertura del dibattimento veniva dichiarata il 15 luglio 2022, seguita dall'escussione dei testimoni e l'acquisizione delle relazioni dei consulenti tecnici.
La società oggetto del procedimento, Fa. Srls, veniva dichiarata fallita il 26 febbraio 2019.
Dalla documentazione emergeva che la società aveva interrotto l'attività nel 2018, comunicando la chiusura al proprietario dell'immobile in locazione.
La gestione della società era stata principalmente a carico di Ma.Fa. e Ma.Al., con No.Na. coinvolto in ruolo minore.
Le accuse riguardavano la distrazione di risorse finanziarie dalla società Fa. Srls verso altre società, incluso il conto bancario della Da. Srl, società con la stessa proprietà.
In particolare, venivano evidenziate operazioni finanziarie sospette e l'omissione del deposito di diverse scritture contabili obbligatorie che rendeva impossibile la ricostruzione del patrimonio societario.
Il Tribunale ha affermato la responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta, ritenendo provati gli elementi costitutivi del reato.
Inoltre, è stata confermata l'aggravante della bancarotta per la commissione di più fatti delittuosi.
La pena inflitta è stata di tre anni di reclusione per ciascun imputato, oltre al pagamento delle spese processuali. Sono stati anche dichiarati inabilitati all'esercizio di un'impresa commerciale e all'occupazione di uffici direttivi per la durata della pena principale.
2. La massima
Il principio di diritto emerso dalla sentenza riguarda l'inversione dell'onere della prova nella bancarotta fraudolenta.
Secondo il Tribunale, quando manca la dimostrazione, da parte dell'amministratore, della destinazione dei beni a seguito del loro mancato rinvenimento, si può desumere la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita.
Questo principio si basa sull'obbligo dell'imprenditore di garantire l'integrità del patrimonio societario e sull'assunzione di responsabilità nei confronti dei creditori.
Pertanto, l'imprenditore è tenuto a dimostrare la destinazione effettiva dei beni aziendali, e l'omissione di tale dimostrazione può essere interpretata come una volontà di distrazione dei beni della società.
3. La sentenza integrale
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Svolgimento del processo.
Con decreto del giorno 24 novembre 2021, il GUP del Tribunale di Frosinone disponeva il rinvio a giudizio di Ma.Fa., Ma.Al. e No.Na., per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale come contestato nel capo di imputazione.
Alla udienza del giorno 15 luglio 2022, dopo il compimento degli atti introduttivi al giudizio e, quindi, l'espletamento delle attività indicate negli artt. 484 e seguenti c.p.p., veniva dichiarata l'apertura del dibattimento.
Alla udienza del 4 novembre 2022 venivano escussi i testi del PM, i dottori De.Ro. e Sc.Da., rispettivamente curatore fallimentare e consulente tecnico della Procura e ne venivano acquisite le relazioni.
Quindi, dopo alcune udienze di mero rinvio alla udienza del 14 luglio 2023 veniva escussa la teste della difesa Si.Si., commercialista. Alla udienza del giorno 1.12.2023 dichiarata l'utilizzabilità degli atti di cui, ex art. 511 c.p.p., può essere data lettura, le parti concludevano nei termini di cui in epigrafe. Il giudice dava lettura del dispositivo di sentenza di seguito trascritto.
2.Sulle prove.
Il Tribunale di Frosinone - sezione civile- con sentenza n. 11/19 del giorno 26.2.2019, ha dichiarato il fallimento della società Fa. Srls con sede legale in Frosinone alla via (…).
La società, costituita in data 13/11/2012, con oggetto sociale attività di ristorazione e tavola calda, aveva iniziato ad operare dal 23.11.2012, nei locali di proprietà della società "In. S.r.l.," ubicati in Frosinone presso il Centro Commerciale "Le.", in forza di un contratto di affitto di azienda stipulato tra in data 22.11.2012 e registrato in data 5.12.2012.
Emergeva altresì che la società fallita aveva interrotto la propria attività già a far data 31.10.2018, sebbene, in data 09.11.2018, la stessa avesse inviato a mezzo PEC alla In. S.r.l. una comunicazione (cfr. doc. agli atti) con la quale informava la stessa, in qualità di proprietaria dell'azienda condotta in locazione, di aver cessato la propria attività in conseguenza della chiusura del cinema multisala ubicato all'interno del centro commerciale , avvenuta il 15.10.2018, e richiedeva alla In. S.r.l. la possibilità di pervenire ad un accordo per estinguere il proprio debito mediante la cessione delle attrezzature situate nel locale oggetto di affitto.
La proprietà delle quote societarie, per un capitale sociale ammontante ad Euro 100.000,00 risultava suddivisa tra Ma.Fa. socia con una quota di Euro 99,00, pari al 99% del capitale sociale e Ma.Da., socio con una quota di Euro 1,00, pari all'1% del capitale sociale.
Dalle visure camerali è risultato che l'amministrazione della società si è svolta, dalla data di costituzione (13/11/2012) sino al 01/03/2013, inizialmente con un amministratore unico, carica ricoperta da Ma.Fa., l'amministrazione è stata modificata nella forma del consiglio di amministrazione, composto da Ma.Fa., nominata alla carica di Presidente del consiglio di amministrazione e Ma.Al. Consigliere, e No.Na. quali Consiglieri.
Il Consiglio di Amministrazione nominato rimaneva in carica o fino al 01/10/2018, quando l'Assemblea dei Soci nominava nuovamente Ma.Fa., alla carica di Amministratore Unico a tempo indeterminato e fino a revoca, carica che la stessa ricopriva quindi sino alla data di dichiarazione di fallimento intervenuta (Cfr. visura camerale agli atti).
Quanto ai fatti in contestazione, per quanto riguarda le contestate condotte distrattive la consulenza tecnica del Pm e i relativi allegati in particolare dagli allegati (cfr. ali. 29 e 31) emerge che il saldo del mastro della cassa relativo al 2018 mediante l'esame del Libro Giornale 2018, l'unico depositato come si dirà in seguito, ha mostrato un saldo del conto cassa, riferito alla data del 31/12/2018 pari ad Euro 19.706,53.
Emerge dalla documentazione altresì che il valore del saldo cassa veniva girocontato, in data 31/12/2018 (quindi successivamente alla interruzione dell'attività da parte della Società), sostanzialmente per il suo intero valore (Euro 19.531,83), in favore del conto denominato "Mutuo Attivo Da.".
Inoltre dall'esame copie degli estratti del conto corrente n. CC103 0029 759 intestato alla società ed in essere presso la Banca Popolare del Frusinate, si è potuto appurare che sono state concesse due deleghe ad operare, rispettivamente al Ma.Al. in data 10/12/2013 No.Na. in data 24/03/2015.
Aperto in data 22/11/2012 da Ma.Fa., nella qualità di legale rappresentante della Società, su tale conto, dall'anno 2012 al 2020 risultano annotate diverse operazioni di addebito, per un importo complessivo di Euro 27.905,34, aventi la causale "Addebito mutuo ipotecano tasso variabile non res n. (…) intest, a Da. s.r.l. Fa. S.r.l. semplif.". Sul medesimo conto corrente risultano inoltre numerosi addebiti, per complessivi Euro 5.759,00, a favore di soggetti che, secondo quanto emerso, non sarebbero creditori della Fallita bensì della Società Da. S.r.l., come si evince dalle causali indicate nell'estratto conto esaminato che di seguito si riportano; anche relativamente a tale circostanza le verifiche e le conferme risultano impedite dall'assenza della documentazione contabile societaria. L'esame degli estratti del citato conto corrente evidenzia l'addebito altre somme, per complessivi Euro 6.012,00, versate dalla Fallita in favore della Da. S.r.l., come meglio indicato.
Da quanto documentato dal CT del PM le distrazioni operate sul conto fino all'anno 2018 ammontano ad Euro 137.415,83.
Infatti, si legge nella consulenza tecnica del CT del Pm depositata agli atti: "Alla data del fallimento l'importo complessivo di questa possibile distrazione di risorse è pari ad Euro 137.415,50 e non trova alcuna giustificazione né alcun commento e/o spiegazione nei Bilanci e nelle Note Integrative depositate dalla Fallita. La prima di tali possibili distrazioni patrimoniali avviene nell'anno 2012, quando viene iscritto tra le Immobilizzazioni Finanziarie un credito nei confronti della Da. S.r.l. per l'importo di Euro 37.734,00 (cfr. Allegato 34). Nel 2013 risultano versate ulteriori somme, pari ad Euro 80.150,00, e la voce assume il considerevole importo di Euro 117.884,00.
Infine nel corso dell'anno 2018 l'intero valore, o quasi, del saldo del conto Cassa Contanti (Euro 19.531,50) viene girocontato in favore di tale voce attiva, portando il predetto valore, alla data del Fallimento, a complessivi Euro 137.415,50. La società Fallita, nel periodo delle contabilizzazioni dei finanziamenti eseguiti nei confronti della voce "Mutuo Attivo Da." (anni 2012 - 2013 - 2018) aveva già registrato l'azzeramento dell'intero Capitale Sociale ed aveva valori del proprio Patrimonio Netto pesantemente negativi; nonostante ciò, l'organo amministrativo drenava ingenti risorse finanziarie dalla Fa. S.r.l.s. distraendole in favore di una società terza, o comunque nei confronti di un soggetto terzo, senza che a ciò rispondesse logica economica o di riduzione di debito".
Quanto alla contestazione relativa al mancato deposito delle scritture contabili e dunque della bancarotta documentale è stato rilevato che non sono state depositate le seguenti scritture contabili obbligatorie della società rappresentate dal libro giornale della società riferito alle annualità antecedenti il 2018; dal libro degli inventari della Società (tutte le annualità), dal libro dei beni ammortizzabili (tutte le annualità), dal libro dei verbali delle assemblee (tutte le annualità); libro Soci (tutte le annualità), libro dei verbali del CDA o delle determine dell'amministratore unico (tutte le annualità), nonché i partitari contabili di tutte le annualità.
Il consulente tecnico e il curatore fallimentare concordano nel concludere che è stato depositato solamente il libro giornale relativo all'anno 2018 e che tale omissione ha reso impossibile la ricostruzione del patrimonio societario.
Tale omissione ha reso anche reso difficoltosa la ricostruzione delle cause dello stesso fallimento societario, dovendosi notare che nella proposta di concordato, vengono indicate quali concause del dissesto della società, i costi elevati di locazione dell'immobile ove era ubicato il negozio senza un adeguato ritorno essendo rimasto il polo attrattivo costituito dal centro commerciale del Le. sostanzialmente sfitto. La situazione si sarebbe poi definitivamente aggravata con la chiusura dell'unico esercizio costituito dal cinema multi sala.
A riguardo si osserva che sostanzialmente neutre appaiono le dichiarazioni della teste della difesa dr.ssa Si., in quanto, inerenti il concordato che non si è mai realizzato.
2. Responsabilità e inquadramento giuridico
Così ricostruita l'intera vicenda, non può che ritenersi provata la responsabilità dell'imputato in ordine alle condotte contestate desumibili dalla documentazione agli atti e dalla complessiva condotta dell'imputato rimasto assente dal processo.
Quanto alla condotta distrattiva, si richiama qui il consolidato orientamento della Suprema Corte per cui la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell'amministratore, della destinazione dei beni a seguito del loro mancato rinvenimento (ex multis Sez. 5 n. 7048/09 del 27 novembre 2008, Bianchini, rv 243295). Innanzi tutto, infatti, l'imprenditore è posto dal nostro ordinamento in una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, i quali ripongono la garanzia dell'adempimento delle obbligazioni dell'impresa sul patrimonio di quest'ultima. Di qui la diretta responsabilità del gestore di questa ricchezza per la sua conservazione in ragione dell'integrità della garanzia. La perdita ingiustificata del patrimonio o l'elisione della sua consistenza danneggia le aspettative della massa creditoria ed integra l'evento giuridico sotteso dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta. In secondo luogo, la legge fall., art. 87, comma 3 (anche prima della sua riforma), assegna al fallito obbligo di verità circa la destinazione dei beni di impresa al momento dell'interpello formulato dal curatore al riguardo, con espresso richiamo alla sanzione penale.
Tali considerazioni giustificano l'(apparente) inversione dell'onere della prova ascritta al fallito nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura e di assenza di giustificazione al proposito. L'ordinamento pone sull'imprenditore un obbligo di collaborazione con la procedura fallimentare finalizzato a preservare la integrità della garanzia; e per questo il fallito è tenuto alla dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, dimostrazione che di solito soltanto egli, che è, oltre che il responsabile, l'artefice della gestione, può rendere (Cass. Pen. sez. 5 -, Sentenza n. 6548 del 10/12/2018 Ud. (dep. 11/02/2019).
Il reato è da ritenersi perfezionato anche dal punto di vista della sussistenza dell'elemento soggettivo nella bancarotta fraudolenta per distrazione, costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte e la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza) (Cass. pen., sez. U, sentenza n. 22474 del 31/03/2016). Inoltre, fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la società non si trovava ancora in stato di insolvenza. (Cass. pen., sez. U, sentenza n. 22474 del 31/03/2016 Rv. 266804).
In questo caso, il fatto che, come evidenziato dalla copiosa documentazione prodotta, la compagine sociale della Da. srl sia identica a quella della società fallita essendo infatti interamente di proprietà dei due fratelli Ma.Da. e Ma.Fa. e con amministratore della società Da. S.r.l. Ma.Da., che sarà successivamente socio della fallita, costituisce ulteriore elemento per ritenere provata la condotta distrattiva contestata.
I sopra enucleati profili costituiscono al contempo argomenti a sostegno e comprova della sussistenza della ulteriore condotta di bancarotta fraudolenta documentale contestata. Infatti, ne risulta provata anche la realizzazione da parte dell'imputato di una condotta integrativa di tutti gli elementi costitutivi dell'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale prevista dall'art. 216, comma 1 n. 2 della legge fallimentare e non già quella della meno grave ipotesi della bancarotta semplice, invocata dalla difesa, perché la condotta dell'imputato non è riconducibile ad un mero disordine contabile ma ad una cosciente e volontaria inerzia tenuta dallo stesso a ridosso del fallimento. Invero, il discrimen tra la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale da omessa o irregolare tenuta dei libri e delle scritture contabili e quella, meno grave, di bancarotta semplice documentale, è tradizionalmente individuato nel diverso elemento psicologico. Gli arresti della Corte di Cassazione sulla questione oggetto di scrutinio, infatti, si esprimono nel senso di ritenere che, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale prevista da R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, l'elemento soggettivo del reato deve essere individuato nel dolo generico, che si traduce nella consapevolezza che l'omessa o irregolare tenuta dei libri e delle scritture contabili renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell'imprenditore (anche nella forma della mera accettazione del rischio essendo, come noto, il dolo generico compatibile con il dolo eventuale), per la bancarotta semplice prevista dal R.D. n. 267 del 1942, art. 217, comma 2, il coefficiente di attribuibilità psichica della condotta dev'essere sostenuto indifferentemente dal dolo o dalla colpa, che sono ravvisabili quando l'agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili obbligatorie per legge (Sez. 5A, 28 dicembre 2011, n. 48523, Barbieri; Sez. 5A, 23 febbraio 2006, n. 6769, Dalceggio; Sez. 5A, 25 luglio 1991, n. 8081, Minuto, Cass. pen. Sez. 5 sentenza n. 2900 del 02/10/2018) (Sez. 5, Sentenza n. 43966 del 28/06/2017).
Come noto, l'oggetto del reato di bancarotta semplice documentale è rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbligatoria, dovendosi ricomprendere tra queste anche quelle richiamate dal comma secondo dell'art. 2214 cod. civ. e cioè tutte le scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa (per tutte, Cass. pen., sez. 5, sentenza n. 55065 del 14/11/2016). Inoltre, in tema di irregolare tenuta dei libri contabili nei reati fallimentari, a differenza del reato di bancarotta semplice in cui l'illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, l'elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale riguarda tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi, ancorché non obbligatori; in quest'ultima ipotesi, si richiede, inoltre, il requisito dell'impedimento della ricostruzione del volume d'affari o del patrimonio del fallito, elemento, invece, estraneo al fatto tipico descritto nell'art. 217, comma secondo, I. fall.. Diverso è, infine, l'elemento soggettivo, costituito nell'ipotesi di bancarotta semplice indifferentemente dal dolo o dalla colpa, mentre nell'ipotesi di cui all'art. 216, comma primo, n. 2, prima parte, I. fall, dal dolo generico. (Cass. pen. sez. 5, sentenza n. 5461 del 25/11/2016).
Nel caso in esame manca il deposito di qualsivoglia scrittura e, dunque anche quelle rientranti nel novero delle scritture di cui all'art. 2114 c.c. e risulta provato l'elemento soggettivo del reato dal fatto che l'imputato si è reso irreperibile al curatore e non ha mostrato la benché minima collaborazione nella ricostruzione del patrimonio della società.
Acclarata la responsabilità penale per il fatto contestato a tutti gli imputati risulta integrata l'aggravante di cui all'art. 219 LF essendo stati compiuti più fatti di bancarotta.
Nell'individuazione della sanzione, va, in primo luogo, precisato che questo Collegio ritiene che possano essere concesse agli imputati le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. in considerazione della necessità di adeguare la pena da irrogare all'effettiva lesività dei fatti concreti e in considerazione della personalità non pericolosa, i. In applicazione dei parametri di cui all'art. 133 c.p.. appare equo irrogare la pena finale di anni 3 di reclusione, minimo della pena previo riconoscimento della equivalenza tra la contestata aggravante di cui all'art. 219 LF e le attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p.
Conseguono inoltre per legge la condanna al pagamento delle spese processuali e l'applicazione nei loro confronti della inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata della pena principale.
Si omettono gli avvisi ex art. 545 bis c.p.p. essendo gli imputati assenti e non avendo rilasciato procura speciale per le sanzioni sostitutive.
Il carico complessivo dell'Ufficio giustifica il prolungamento dei termini per il deposito dei motivi.
P.Q.M.
visti gli artt. 533 e 535 cpp
dichiara
Ma.Fa., Ma.Al. e No.Na. colpevoli del delitto loro ascritto e per l'effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate aggravanti, condanna ciascuno alla pena di anni tre di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Dichiara i predetti inabilitati per la durata della pena principale all'esercizio di una impresa commerciale ed incapaci per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Si omettono gli avvisi ex art. 545 bis cpp essendo gli imputati assenti e non avendo rilasciato procura speciale per le sanzioni sostitutive.
Indica in giorni 60 termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Frosinone l'1 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2024.