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I nostri casi di Studio

Assoluzione per occultamento di documenti contabili: un caso di studio del Tribunale di Pescara (Giudice Anna Fortieri)

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Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili è previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, che punisce chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA, occulta o distrugge i documenti la cui tenuta è obbligatoria, rendendo impossibile la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.

Per la configurazione del reato è necessario che l’occultamento o la distruzione dei documenti sia tale da compromettere in modo sostanziale la ricostruzione della contabilità aziendale. In questo articolo, analizziamo un caso di assoluzione per questo reato, deciso dal Tribunale di Pescara.

Il Tribunale di Pescara ha recentemente assolto un imputato accusato di occultamento di documenti contabili, ritenendo che non vi fossero prove sufficienti a dimostrare la sua responsabilità.

Il caso coinvolgeva due imputati, accusati di diversi reati fiscali relativi alla gestione di una società operante a Montesilvano.

In particolare, l’imputato Am. Lu. è stato accusato di occultamento di fatture relative all’anno 2013, ma è stato assolto per non aver commesso il fatto.


Analisi del caso

Am. Lu. era accusato di aver occultato o distrutto le fatture attive e passive relative all'anno 2013, emesse o ricevute dalla società di cui era legale rappresentante dal 18 giugno 2015.

L’accusa si basava sull'impossibilità di rinvenire documenti contabili durante una perquisizione eseguita presso la sede legale della società e presso l’abitazione dell’imputato.

Tuttavia, come rilevato nel corso del dibattimento, Am. Lu. aveva assunto la carica di amministratore soltanto nel 2015, ben oltre il termine per la presentazione della dichiarazione fiscale relativa al 2013. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che l’imputato non potesse essere responsabile per la gestione della documentazione contabile relativa a un periodo in cui non ricopriva alcuna carica nella società.


Le motivazioni dell’assoluzione

Il Tribunale ha sottolineato che, per configurare il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, è necessario dimostrare che l'imputato abbia materialmente occultato o distrutto i documenti.

Come si legge nella sentenza, “non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la mancata tenuta delle scritture contabili, che renda obiettivamente più difficoltosa, ma non impossibile, la ricostruzione della situazione contabile”.

Inoltre, non è stato redatto alcun verbale di consegna della documentazione contabile al momento del passaggio di gestione tra il precedente amministratore, Pa. An., e Am. Lu. Ciò ha ulteriormente reso difficile attribuire la responsabilità all’imputato. Il Tribunale ha così concluso che “non può ritenersi che all'Am. Lu. sia attribuibile l’occultamento o la distruzione delle fatture oggetto dell’imputazione”, assolvendo l’imputato con la formula “per non aver commesso il fatto”.


Prescrizione per uno dei coimputato

L’imputata Pa. An., che aveva ricoperto il ruolo di amministratrice della società dal 2011 al 2015, è stata accusata di evasione fiscale e di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Tuttavia, i reati a lei ascritti sono stati dichiarati prescritti, in quanto i termini di prescrizione per i reati fiscali legati al periodo 2013 erano già scaduti. Come affermato nella sentenza, “i reati consumati al massimo alla data del 31 dicembre 2013 si sono prescritti il 31 dicembre 2023”.


Conclusioni

Questo caso evidenzia l’importanza di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità per i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili.

Anche in situazioni in cui la documentazione non è reperibile, è essenziale provare che l’imputato abbia volontariamente occultato o distrutto tali documenti. Se sei coinvolto in un processo per reati fiscali, una difesa ben strutturata può fare la differenza.

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La sentenza integrale

Tribunale Pescara, 15/01/2024, (ud. 15/01/2024, dep. 15/01/2024), n.52

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

In data 27.10.2022, il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Pescara ha disposto il rinvio a giudizio di Am.Lu. e Pa.An. per i reati trascritti in epigrafe. All'udienza dell'I 1.04.2023, dichiarata l'assenza degli imputati, il processo veniva rinviato dinanzi al Giudice titolare del fascicolo, essendo stato erroneamente fissato per la stessa data dinanzi ad altro Giudice.

All'udienza dell'08.05.2023, l'avv. (…) rappresentava di aver preso contatti con l'imputata Pa.An. solo qualche giorno prima e, pertanto, chiedeva un breve rinvio per formalizzare la nomina anche ai fini della richiesta di un rito alternativo. Il Giudice rigettava l'istanza di rinvio avanzata dal legale perché immotivata e dichiarava aperto il dibattimento ammettendo le prove richieste dalle parti.

Alla successiva udienza del 13.11.2023 si procedeva all'escussione dei testi CA.El., dipendente dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, PO.Ma., dipendente dell'Agenzia delle Entrate di Pescara, e Lgt. D.GI. in servizio c/o la Guardia di Finanza di Pescara. Il PM produceva visura camerale della (…) e rinunciava ai testi presenti AM. e AL. nonché ai testi D'A. ed altri (…), assenti.

All'udienza del 15.01.2024 il Giudice, chiusa l'istruttoria dibattimentale, sulle conclusioni rassegnate dalle parti pronunciava sentenza della quale veniva data immediata lettura in aula. Il procedimento trae origine da una verifica fiscale effettuata dall'Agenzia delle Dogana e dei Monopoli di Perugia, nell'ambito di un diverso procedimento penale - pendente presso il Tribunale di Perugia - dove veniva accertato che la (…) S.r.l. era fornitrice di un operatore, oggetto dei loro controlli, attivo nel settore dei carburanti con sede in Perugia. In relazione alla predetta società emergeva che si trattava di una S.r.l. unipersonale, costituita nel 2010 ed operativa dal 10.05.2012, per la quale risultavano irregolarità fiscali in riferimento all'anno di imposta 2013.

Dall'istruttoria dibattimentale è emerso che gli odierni imputati avevano ricoperto la carica di legale rappresentante e, nello specifico, Pa.An. dal 23.06.2011 al 18.06.2015 ed Am.Lu. dal 18.06.2015 (cfr. visura camerale in atti).

La teste CA.El., dipendente dell'Agenzia Dogane e Monopoli (ufficio di Perugia), escussa all'udienza del 13.11.2023, ha riferito che, sempre nell'ambito dell'altro procedimento penale venivano effettuate perquisizioni presso la sede legale della (…) in Montesilvano, che risultava inesistente, nonché presso l'abitazione dell'Am. che dava esito negativo, non essendo stati trovati documenti contabili.

La teste, in relazione dalla dichiarazione annuale IVA 2014 (per l'anno 2013), ha aggiunto che risultava un volume d'affari pari a 4.062,543 euro (totale acquisti pari a 3.924,221 euro, di cui 3.678,947 dichiarati come effettuati in ambito comunitario). Detti valori non trovavano riscontro, intanto perché la documentazione contabile non veniva rinvenuta, e poi perché non risultavano effettuati acquisti in ambito comunitario dalla consultazione delle banche dati a disposizione dell'ufficio.

E' stato poi escusso il teste D.GI., in servizio presso la Guardia di Finanza di Pescara, che ha riferito in ordine ai controlli effettuati sulla società utilizzando le banche dati. Il teste ha evidenziato che, in riferimento agli anni 2010, 2012, 2015, 2016 2017 e 2018 non risultavano presentate dichiarazioni IVA e imposte dirette mentre, per i periodi di imposta 2011, 2013 e 2014 risultavano presentate solo le dichiarazioni IVA.

Alla luce di quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, non può ritenersi pienamente provata la penale responsabilità dell'imputato Am. in ordine al fatto a lui ascritto nel capo A) di imputazione.

Preliminarmente occorre chiarire che, quanto alle fatture attive e passive riferite all'anno 2013, alcun fatto potrebbe astrattamente attribuirsi all'Am., il quale, come si evince dalla visura camerale e come altresì riferito dai testi, ha formalmente assunto la carica di amministratore solo in data 18/06/2015, ovvero ben oltre la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione annuale.

E', peraltro, indimostrato che di detta documentazione egli sia almeno entrato in possesso, non essendo peraltro stato compilato alcun formale atto di consegna della documentazione da parte della precedente amministratrice Pa.An.

Ebbene, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurazione del reato di cui all'art. 10, D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, che renda obiettivamente più difficoltosa, ma non impossibile, la ricostruzione della situazione contabile, ma è necessario un "quid pluris" a contenuto commissivo consistente nell'occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge (cfr. Cass. pen., Sez. 3, Sentenza n. 19106 del 02/03/2016; Sez. 5, Sentenza n. 35591 del 20/06/2017). Peraltro, nel caso di specie la condotta è contestata in relazione specifica alle fatture emesse nel 2013 e non, in maniera generica, alle scritture contabili e, dunque, è ben difficile che il nuovo amministratore si fosse potuto avvedere della mancanza di fatture delle quali poteva non risultargli nemmeno l'esistenza.

Tutto ciò benché non possa dubitarsi dell'esistenza di dette fatture posto che, nelle ipotesi in cui si rinvengono presso clienti o fornitori le fatture emesse dal soggetto agente ovvero le fatture, cosiddette passive, ricevute in relazione ad una prestazione erogata dall'emittente nei confronti del ricevente, risponde a canoni di logica desumere che di quel documento esista fisicamente una copia presso chi l'ha emessa. Ne consegue che non è manifestamente illogico desumere dal mancato rinvenimento di detta copia la conseguenza della sua distruzione ovvero del suo occultamento (Sez. 3, 25 settembre 2019, n. 39322).

In caso di avvicendamento nella gestione di una società, l'amministratore cessato rimane responsabile per l'effettiva e regolare tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica, rispondendo altresì dell'eventuale occultamento della stessa, in tutto o in parte, al momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore, fermo restando l'autonomo obbligo di quest'ultimo di ripristinare i libri e documenti contabili eventualmente mancati e regolarizzare le scritture di cui rilevi l'erroneità, lacunosità o falsità (Cass. Pen., Sezione 5, Sentenza 11 aprile 2019, n. 15988).

Può dunque ritenersi che all'Am. non sia attribuibile l'occultamento o la distruzione delle fatture oggetto dell'imputazione, anche in considerazione del fatto che, quando assunse la carica di amministratore non fu redatto alcun verbale di consegna della documentazione contabile della società da parte dell'amministratore uscente.

Am.Lu. deve quindi essere mandato assolto dal reato contestatogli al capo A) dell'imputazione per non aver commesso il fatto.

Quanto alla posizione dell'imputata Pa.An., occorre dichiarare, ai sensi dell'art. 129 primo comma c.p.p., non doversi procedere nei confronti dell'imputata, per i reati a lei ascritti al capo B) perché estinti per intervenuto decorso del termine di prescrizione.

Occorre, infatti, rilevare che nella prospettazione accusatoria, i reati di cui al capo B) sono stati consumati il 7 febbraio 2019.

Tuttavia, occorre precisare che il delitto di dichiarazione infedele, previsto dall'art. 4 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, integra un reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale che, nel caso in esame, coincide con l'anno 2014.

A riguardo, la Suprema Corte, nella Sentenza 29/05/2019 n. 23810 ha ribadito che ''quanto al momento consumativo, infatti, non v'è dubbio che il delitto in esame integri un reato istantaneo, poiché si intende perfezionato con la presentazione della dichiarazione annuale infedele, non rilevando ai fini della consumazione la circostanza dell'eventuale presentazione integrativa, poiché il dies a quo ai fini del calcolo del termine di prescrizione del reato dovrà intendersi decorrente dalla data della presentazione della prima dichiarazione. Trattasi di principio, come detto, già affermato da questa Corte (con le già citate Sez. 3, n. 40618 del 3 luglio - 1 ottobre 2013, non massimata; Sez. 3, n. 27967 del 19/04/2017 - dep. 06/06/2017, Pmt in proc. Trapani, non massimata) - cui questo Collegio intendere dare continuità, anche in considerazione della mancata modifica ad opera della "novella" del 2015 della fattispecie penale in esame sul punto della natura "annuale" della dichiarazione".

Dunque, nel caso in esame il dies a quo decorre dal momento della presentazione della dichiarazione, che in riferimento all'anno di imposta 2013, era il 30 settembre 2014.

Il primo comma dell'art. 4 D.lvo 74/2000 è stato modificato dall'art. 39 comma 1 lettera d) del D.L. n. 124/2019. Dunque, al momento di commissione del fatto, la pena prevista era quella della reclusione da uno a tre anni.

Inoltre, trovando applicazione al capo B1) il maggior termine di prescrizione introdotto a decorrere dal 17.9.2011 dalla L. n. 148 del 2011 (con la conseguenza che il termine massimo di prescrizione sarà pari a 6 anni) e non essendosi verificata alcuna causa di sospensione della prescrizione, il reato consumati nell'anno 2014, si è prescritto nel termine massimo del 30 settembre 2020 (il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione IVA 2014 era il 30 settembre 2014). Quanto al capo B2) dell'imputazione, è da precisare che, contrariamente alla prospettazione accusatoria, la data di consumazione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è quella di emissione della fattura, ovvero nel caso di pluralità, al momento dell'emissione dell'ultima di esse.

A riguardo, la Suprema Corte ha ribadito che " Il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall'art. 8 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell'ultima di esse. Tale principio costituisce attuazione della chiara disposizione che, in deroga agli ordinari principi previsti dall'art. 81 cpv. c.p. in tema di continuazione, prevede un regime di favore per l'imputato mediante la riconduzione ad unità dei plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell'arco del medesimo anno di imposta. A fronte di tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad unico reato e in tal modo esclude l'aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria, corrisponde la conseguenza che il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall'ultimo di essi" (Cass. pen. Sez. III, 23/05/2022, n. 20053).

Dunque, nel caso di specie, l'emissione della fatture deve essere collocata, al massimo al 31.12.2023. Il primo comma dell'art. 8 D.lvo 74/2000 è stato modificato dall'art. 39 comma 1 lettera 1) del D.L. n. 124/2019.

Al momento di commissione del fatto, la pena prevista era quella della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Quindi, trovando, applicazione il maggior termine di prescrizione introdotto a decorrere dal 17.9.2011 con la L. n. 148 del 2011 (con la conseguenza che il termine massimo di prescrizione sarà pari a 10 anni) e non essendosi verificata alcuna causa di sospensione della prescrizione, i reati, consumati al massimo alla data del 31 dicembre 2013, si sono prescritti il 31 dicembre 2023.

Dall'attività istruttoria compiuta non emergono elementi che rendano evidente che i fatti non sussistano o che l'imputata non li abbia commessi o che i fatti non costituiscano reato o non siano previsti dalla legge come reato (cfr. deposizione dei testi Cappuccini e Di Girolamo, udienza del 13.11.2023).

E' da escludere, quindi, una pronuncia di assoluzione ai sensi del secondo comma dell'art. 129 c.p.p.. Deve pertanto pronunciarsi sentenza di non doversi procedere in relazione ai reati previsti al capo B) dell'imputazione perché estinti per intervenuta prescrizione.


P.Q.M.

Visto l'art, gli artt. 530 c.p.p., assolve Am.Lu. dal reato a lui ascritto al capo A) dell'imputazione, per non aver commesso il fatto;

Visto l'art. 531 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di Pa.An. per i reati a lei ascritti al capo B) dell'imputazione, perché estinti per intervenuta prescrizione.

Così deciso in Pescara il 15 gennaio 2024.


Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2024.

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