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I nostri casi di Studio

Assoluzione per omessa dichiarazione dei redditi: un caso di studio del Tribunale di Frosinone (Giudice Giovanni Quadrino)

assoluzione omessa dichiarazione dei redditi

Il reato di omessa dichiarazione dei redditi è previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 e punisce chi, essendo obbligato, non presenta una delle dichiarazioni fiscali relative ai redditi o all’IVA, quando l'imposta evasa supera determinate soglie.

Per configurare il reato, è necessaria la volontà di evadere il fisco, associata a un’evasione che superi le soglie di punibilità previste dalla legge. Attualmente, la soglia di punibilità è fissata a 50.000 euro. Questo reato richiede un dolo specifico, ovvero l’intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte attraverso la mancata presentazione della dichiarazione.

In questo caso di studio, analizziamo una sentenza del Tribunale di Frosinone, che ha portato all’assoluzione di un imputato accusato di omessa dichiarazione dei redditi per gli anni 2010 e 2011.

Il Tribunale di Frosinone, in una recente sentenza, ha assolto un imputato accusato di non aver presentato le dichiarazioni fiscali per due anni consecutivi, violando così l’art. 5 del D.Lgs. 74/2000. La decisione è stata motivata dalla mancanza di prove sufficienti per dimostrare il superamento delle soglie di punibilità previste dalla legge. In questo articolo, esaminiamo i dettagli del caso e le ragioni che hanno portato all’assoluzione.


Analisi del caso

L’imputato, legale rappresentante di una società cooperativa, era accusato di aver omesso di presentare le dichiarazioni dei redditi per gli anni 2010 e 2011, con una presunta evasione di 89.964,89 euro per il 2010 e 160.897,34 euro per il 2011.

La Guardia di Finanza aveva rilevato tali importi attraverso una verifica fiscale condotta nel 2013, evidenziando come l’imposta evasa fosse superiore alla soglia di punibilità prevista dalla normativa fiscale.

Secondo quanto emerso dal processo, la Guardia di Finanza aveva redatto un processo verbale di constatazione, basato sull'analisi dei ricavi e delle fatture emesse dalla cooperativa, senza però considerare tutti i costi necessari per l’attività, come evidenziato successivamente dall’Agenzia delle Entrate.


Le criticità emerse durante il processo

Uno dei punti cruciali del caso è stato l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, che ha messo in discussione le conclusioni della Guardia di Finanza.

Come si legge nella sentenza, “in relazione al presente procedimento penale, si evince che per gli anni di imposta 2010 e 2011, ai fini IRES, non è stata accertata l’imposta evasa”.

L’Agenzia delle Entrate ha rilevato che i dati relativi ai costi del personale e agli altri oneri della cooperativa non erano stati considerati in maniera congruente, il che rendeva impossibile una precisa ricostruzione dell’imposta dovuta.

Un altro elemento chiave è stata la difficoltà nel determinare l’effettiva redditività della cooperativa. La sentenza riporta che “alla luce della tipologia dell'attività esercitata dalla società, che consiste in servizi di assistenza socio-sanitaria a malati lungo-degenti, vi era una forte incidenza del costo del personale, che non era stato adeguatamente calcolato nel processo verbale della Guardia di Finanza”. L’Agenzia delle Entrate ha dunque archiviato il rilievo relativo all’evasione, non essendo stata raggiunta la prova del superamento delle soglie di punibilità.


La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Frosinone ha accolto le conclusioni delle parti, che hanno richiesto una pronuncia di assoluzione per insufficienza di prove. Il giudice ha evidenziato come, in assenza di una dimostrazione chiara del superamento delle soglie di punibilità, non fosse possibile condannare l’imputato. La sentenza afferma: “In assenza di dimostrazione del detto elemento del superamento della soglia di punibilità, l'imputato dovrà essere mandato assolto perché il fatto non sussiste”.

La decisione si è basata anche sul principio che, in materia penale, il superamento della soglia di punibilità rappresenta un elemento costitutivo del reato e deve essere dimostrato con certezza, oltre ogni ragionevole dubbio. In questo caso, la mancanza di una chiara ricostruzione contabile ha impedito di raggiungere tale certezza.


Conclusioni

Questo caso dimostra quanto sia importante una corretta e completa valutazione delle prove in materia fiscale. Il superamento delle soglie di punibilità previste dalla normativa deve essere dimostrato in maniera inequivocabile, altrimenti non è possibile affermare la responsabilità penale dell’imputato.

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La sentenza integrale

Tribunale Frosinone, 26/04/2024, (ud. 26/04/2024, dep. 26/04/2024), n.625

Svolgimento del processo

Con decreto di citazione del 02.05.2016, l'imputato veniva tratto a giudizio per rispondere dell'imputazione sopra trascritta.

In data 23.11.2016, verificata la corretta instaurazione del rapporto processuale, in assenza di questioni preliminari, veniva dichiarato aperto il dibattimento; formulata la richiesta di prove, le stesse venivano ammesse.

All'udienza del 26.04.2024, dichiarata chiusa l'istruttoria, udite le conclusioni del Pubblico Ministero e della difesa degli imputati, in epigrafe riportate, all'esito della camera di consiglio, veniva pronunciata sentenza, dando pubblica lettura della motivazione contestuale e del dispositivo di sentenza di seguito trascritto.


Motivi della decisione

All'imputato è contestata la violazione:

a. del, reato p. e p. dall'art. 5, primo comma, d.lvo n. 74, del 10 marzo 2000, perché, nella sua qualità di legale rappresentante della "Soc. Coop. (…)", al fine di evadere le imposte sui redditi, non presentava, per l'anno 2010, essendovi obbligato, la rispettiva dichiarazione annuale, risultando l'imposta evasa superiore a euro 30.000,00, in particolare euro 89.964,89;

b. del reato p. e p. dall'art. 5, primo comma, d.lvo n. 74, del 10 marzo 2000, perché, nella sua qualità di legale rappresentante della "Soc. Coop. (…)", al fine di evadere le imposte sui redditi, non presentava, per l'anno 2011, essendovi obbligato, la rispettiva dichiarazione annuale, risultando l'imposta evasa superiore a euro 30,000,00, in particolare euro 160.897,34.

Ritiene il Giudice di dover condividere le conclusioni delle parti, che hanno richiesto la pronuncia assolutoria ex art. 530 co. 2 c.p.p. perché il fatto non sussiste.

All'udienza del 15.01.2020, su accordo delle parti veniva acquisito il verbale di constatazione con rinuncia all'esame dei testi del PM.

La vicenda può essere così riassunta.

In data 29.07.2013 la Tenenza della Guardia di Finanza di Fiuggi ha concluso, nei confronti della società Coop. (…), una verifica fiscale ai fini delle I.DD., dell'I.V.A. e degli altri tributi, per i periodi d'imposta 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013 (sino alla data del 28.05.2013).

Le operazioni ispettive si sono sostanziate nei controlli formali e sostanziali, i cui rilievi sono stati riportati nel processo verbale di constatazione (acquisito in atti). Si rendeva necessario rideterminare l'effettivo reddito conseguito dalla società verificata ai fini delle imposte dirette, con il conseguente calcolo delle imposte dovute ed evase, sulla base degli elementi rilevati per ogni periodo d'imposta per i quali alla data del 29.07.2013 (conclusione della verifica fiscale) era decorso il termine per la presentazione della relativa dichiarazione annuale ai fini II.DD.

Ciò posto, alla luce delle risultanze delle attività ispettive venivano rilevati gli utili conseguiti nell'attività d'impresa dalla Soc. Coop. (…), ai fini della quantificazione dell'imposta evasa, onde accertare l'eventuale superamento delle soglie di punibilità previste dall'art. 5 del D.Lgs. 74/2000 relativamente agli anni 2010 e 2011. Pertanto veniva determinata l'imposta evasa, alla quale si commisurano alcune soglie di punibilità dei reati, nella differenza tra l'imposta dovuta e quella dichiarata, al netto di quanto versato dal contribuente o da terzi a titolo d'acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine.

Pertanto, si provvedeva alla redazione dei prospetti riepilogativi (in atti) per la determinazione:

a. del reddito imponibile ai fini amministrativi, di quanto constatato dai verbalizzanti con riferimento ai soli ricavi (vv. allegati nn. 1 e 2);

b. dell'imposta sui redditi ai fini penali, di quanto constatato dai verbalizzanti in relazione ai ricavi conseguiti mentre relativamente ai costi si è tenuto conto dei requisiti di competenza, certezza e determinabilità oggettiva (vv. allegati nn. 3 e 4); Considerata la natura giuridica del soggetto verificato (società cooperativa), ai fini delle imposte dirette, l'imposta dovuta p stata calcolata applicando l'aliquota I.R.E.S. del 27,5 per cento per gli anni 2010 e 2011.

Si rilevavano le seguenti situazioni, per i periodi d'imposta considerati (2010 e 2011): PERIODO D'IMPOSTA 2010.

In assenza delle Dichiarazioni Annuali, l'IRES, pari ad Euro 89.964,89, afferente gli importi non dichiarati nel periodo considerato, è risultata superiore alle soglie di punibilità contemplate dall'art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000 nr. 74 e successive modificazioni ed integrazioni;

PERIODO D'IMPOSTA 2011.

In assenza delle Dichiarazioni Annuali, l'IRES, pari ad Euro 160.897,34, afferente gli importi non dichiarati nel periodo considerato, è risultata superiore alle soglie di punibilità contemplate dall'art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000 nr. 74 e successive modificazioni ed integrazioni.

E' stato accertato, inoltre, che il Legale Rappresentante pro tempore della Soc. Coop. (…), nel periodo in esame, era il Sig. Pe.Pa.

All'udienza del 26.04.2024, su accordo delle parti è stata acquisita in atti la nota Prot. (…) dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Frosinone (depositata presso la Procura della Repubblica di Frosinone in data 24.03.2015), dalla quale, in relazione al presente procedimento penale, si evince che, concluso il procedimento di accertamento relativo alle annualità 2010 e 2011, facendo seguito alla richiesta di quantificazione della Guardia di Finanza di Fiuggi del 29/11/2013, si rilevava che per gli anni di imposta 2010 e 2011, ai fini IRES non è stata accertata l'imposta evasa in quanto, nel processo verbale, la Guardia di Finanza si limitava a quantificare i ricavi come da fatture emesse e i costi risultanti dalle fatture di acquisto, non avendo la parte istituito la contabilità.

I costi del personale indicati nella comunicazione di reato inoltrata dalla Guardia di Finanza non erano congruenti con i dati presenti presso l'A.T. tributaria.

Alla luce della tipologia dell'attività esercitata dalla società, che consiste in servizio di assistenza socio sanitaria a malati lungo-degenti, e in cui vi è una forte incidenza del costo del personale, non ritenendo sufficienti le informazioni indicate nel verbale, l'Ufficio prendeva contatti con il consulente per tentare la ricostruzione sulla base dei documenti e/o ragionamenti dallo stesso forniti.

Nel corso del procedimento, in data 24/09/2014, il consulente comunicava di non poter più seguire la pratica per volontà dell'intervenuto liquidatore.

Nell'impossibilità di effettuare una ricostruzione analitica degli imponibili, l'unica strada percorribile con metodo presuntivo, ad oggi, pare quella della redditività dichiarata negli anni passati.

Tuttavia, esaminando il quadro RF delle dichiarazioni presentate nel quinquennio precedente appariva del tutto evidente che i redditi dichiarati erano poco significativi, circostanza peraltro compatibile anche con la forma societaria di società cooperativa di lavoro.

Infatti, il reddito medio dell'ultimo quinquennio precedente era pari ad Euro 8.659,80. Poiché l'impresa persegue un fine mutualistico, alla luce dell'esiguità del quantum accertabile con un ragionamento puramente induttivo, si procedeva all'archiviazione del rilievo a fini IRES.

Per ciò che attiene la soglia di rilevanza penale, l'Ufficio precisava che i costi fisiologici e imprescindibili dell'attività non sono solo quelli documentati dalle fatture di acquisto, ma anche di altri costi che non vengono considerati dal Processo verbale di constatazione ma che ricorrono sistematicamente, come ad esempio il costo del personale, l'Iva sugli acquisti non detraibile, ammortamenti e oneri finanziari.

Alla luce di quanto esposto e della documentazione richiamata, pertanto, non si ritiene essersi raggiunta la sufficiente prova in ordine al superamento delle soglie di punibilità (attualmente elevate ad Euro 50.000,00), e, pertanto, ad un elemento costitutivo del reato.

Il delitto è punito a titolo di dolo specifico, consistente nel fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, che si aggiunge alla coscienza e volontà di realizzare il fatto tipico (omessa presentazione della dichiarazione).

La norma penale di cui all'art. 5 del D.L.vo n. 74/2000 punisce il contribuente ed il sostituto d'imposta che non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, in caso di superamento della soglia di punibilità.

In ordine alla natura giuridica delle soglie di punibilità, le stesse devono essere concepite come elementi costitutivi del reato, per le seguenti ragioni:

In primo luogo, lo stesso tenore letterale delle disposizioni incriminatrici in cui tali soglie sono inserite porta a ritenere che esse, così come gli altri elementi costitutivi, debbano essere investite dal dolo di fattispecie, rappresentato dalla volontà di evadere oltre certi limiti quantitativi, contribuendo così a definire la specificità dell'elemento soggettivo e la rilevanza concreta dell'offesa.

In secondo luogo, se il legislatore avesse voluto intendere le soglie quantitative in questione come condizioni di punibilità ex art. 44 CP, avrebbe potuto formulare diversamente le norme di fattispecie di cui trattasi, prevedendo, ad esempio, che sia punito chi non presenta una delle dichiarazioni annuali nell'ipotesi in cui venga accertata un'imposta evasa superiore ad euro 30.000,00 (attualmente euro 50.000,00); Insuperabile, poi, appare l'argomento rappresentato dalla relazione governativa di accompagnamento al D.Lgs. 74/2000, che puntualizza espressamente come "il delitto resti integrato (…) solo quando la falsa indicazione in dichiarazione degli elementi attivi o passivi porti al superamento congiunto di due soglie (da considerarsi alla stregua di altrettanti elementi costitutivi del reato e che, in quanto tali, debbono essere investiti dal dolore.

La tesi secondo cui le soglie di punibilità rivestono il ruolo di elementi costitutivi del reato e devono pertanto essere "coperte" dal dolo è, altresì, conforme al criterio interpretativo del favor rei, che rappresenta un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Da ultimo, deve osservarsi come, qualora dovesse adottarsi la diversa contraria tesi, che definisce le soglie quantitative come "condizioni obiettive estrinseche di punibilità", si dovrebbe individuare nell'accertamento il momento di consumazione del reato - in palese contrasto con quanto previsto dallo stesso D.Lgs. 74/2000, che fissa tale momento all'atto della dichiarazione, con evidenti effetti distorsivi sul piano del computo dei termini di prescrizione.

In assenza di dimostrazione del detto elemento del superamento della soglia di punibilità, l'imputato dovrà essere mandato assolto perché il fatto non sussiste. Motivazione contestuale.


P.Q.M.

Letto l'art. 530, secondo comma, c.p.p., assolve Pe.Pa. dai reati a lui ascritti, perché il fatto non sussiste. Motivazione contestuale.


Così deciso in Frosinone il 26 aprile 2024.


Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2024.

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