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Il giudice dell’esecuzione deve motivare adeguatamente se decide in modo difforme rispetto a precedenti valutazioni sulla continuazione (Cass. Pen. n. 10091/2025)

Giudice esecuzione

Con la sentenza n. 10091/2025, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva respinto l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione tra più condanne nei confronti di L.L., già giudicata per reati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti e detenzione di armi.

La decisione chiarisce che se in sede esecutiva è stata già riconosciuta la continuazione per alcuni reati, il giudice deve spiegare in modo puntuale le ragioni per cui nega l’unicità del disegno criminoso per altre condanne analoghe.


Il caso: richiesta di continuazione tra cinque condanne per reati di criminalità organizzata

L.L. aveva presentato un’istanza ex art. 671 c.p.p., chiedendo il riconoscimento del vincolo della continuazione tra cinque pronunce di condanna relative a:

  • Associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.)

  • Traffico di stupefacenti (art. 74 DPR 309/90)

  • Estorsione (art. 629 c.p.)

  • Reati in materia di armi

La Corte d’Appello di Napoli, l’11 ottobre 2024, ha rigettato l’istanza, ritenendo che:

  1. Per quattro delle cinque sentenze il vincolo della continuazione era già stato riconosciuto in precedenti provvedimenti (30 marzo 2021, 1° aprile 2022 e 16 maggio 2024).

  2. L’ultima condanna (sub 5) riguardava reati commessi dopo un cambiamento degli assetti interni del clan, a seguito dell’arresto del precedente reggente e dell’ascesa del nuovo leader, D.L.A., marito di L.L..

Il difensore di L.L. ha impugnato la decisione, sostenendo che:

  • Per il marito e il figlio dell’imputata (D.L.A. e D.L.G.) il vincolo della continuazione era stato riconosciuto su tutte e cinque le condanne.

  • La Corte d’Appello avrebbe dovuto motivare perché negava la continuazione a L.L., pur avendola concessa ai coimputati per gli stessi reati.

  • Il cambio di leadership nel clan non alterava la continuità del disegno criminoso, poiché le attività illecite (spaccio, estorsioni e detenzione di armi) erano rimaste invariate.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso di L.L., stabilendo che:

1. Il giudice dell’esecuzione deve confrontarsi con precedenti decisioni sulla continuazione

Se in sede esecutiva è stata già riconosciuta la continuazione per altri coimputati, il giudice deve motivare in modo esplicito le ragioni per cui nega l’unicità del disegno criminoso a un altro soggetto coinvolto negli stessi reati.

Non è ammissibile un provvedimento che ignori totalmente decisioni precedenti su casi analoghi (Cass. Sez. 1, n. 4716/2013, Marinkovic).

2. L’esistenza di un unico disegno criminoso va valutata sulla base dell’identità degli obiettivi e delle modalità operative

La continuità del reato non può essere esclusa solo perché il vertice dell’organizzazione criminale è cambiato, se il modus operandi è rimasto invariato.

Nel caso di specie, le attività di spaccio ed estorsione erano rimaste le stesse anche dopo il cambio di leadership del clan.

La Corte d’Appello avrebbe dovuto spiegare perché lo stesso criterio non era stato applicato a tutti i coimputati.

3. L’omissione di motivazione sulle decisioni precedenti viola il principio di coerenza del sistema giuridico

Le sentenze devono garantire un minimo di uniformità nelle decisioni, specialmente quando riguardano lo stesso contesto criminale.

Se un giudice dell’esecuzione prende una decisione diametralmente opposta a una precedente, deve motivarla in modo chiaro e dettagliato (Cass. Sez. 1, n. 54106/2017, Miele).

Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Napoli non ha fornito alcuna spiegazione su questa difformità.

La Corte ha quindi annullato l’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli, disponendo un nuovo giudizio.

Nel nuovo esame, il giudice dovrà valutare la continuità del disegno criminoso in modo coerente con le precedenti decisioni esecutive.


Conclusioni

La sentenza ha affermato in materia di continuazione tra reati e coerenza nelle decisioni giudiziarie:

  • Se il vincolo della continuazione è stato riconosciuto per alcuni coimputati, il giudice deve motivare in modo esplicito perché lo nega ad altri soggetti per gli stessi fatti.

  • Un cambio di leadership in un’associazione criminale non esclude automaticamente la continuità del disegno criminoso se le attività illecite restano le stesse.

  • Le decisioni del giudice dell’esecuzione devono rispettare il principio di coerenza giuridica: non è accettabile fornire soluzioni radicalmente opposte per situazioni identiche senza una motivazione adeguata.


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