
Con la recente sentenza n. 6983/2025, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di sequestri preventivi di somme di denaro.
La decisione, che annulla l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo, conferma un orientamento giurisprudenziale restrittivo sull’uso del sequestro basato sul semplice possesso di denaro, senza un'adeguata individuazione del reato presupposto.
Il caso: sequestro basato su presunzioni generiche
Il ricorrente era stato sottoposto a sequestro preventivo di una somma di 40.000 euro, rinvenuta nella sua autovettura. Il provvedimento era stato confermato dal Tribunale del Riesame, che aveva ritenuto sufficiente il mero possesso di una somma rilevante, senza una plausibile giustificazione, per configurare il fumus commissi delicti del reato di ricettazione (art. 648 c.p.).
La difesa ha contestato la decisione, evidenziando come la giurisprudenza più recente richieda elementi concreti per ritenere sussistente un reato presupposto e non una mera supposizione basata sulla disponibilità di contante.
Il principio di diritto
La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata, aderendo all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il possesso ingiustificato di somme di denaro non è sufficiente per configurare automaticamente un reato di ricettazione, riciclaggio o autoriciclaggio (artt. 648, 648-bis e 648-ter c.p.).
Secondo i giudici di legittimità:
non basta il possesso di denaro per giustificare il sequestro: è necessario individuare almeno la tipologia del reato presupposto;
il sospetto generico non può legittimare un provvedimento ablativo, altrimenti si rischierebbe una generalizzata criminalizzazione del possesso di denaro contante;
l’assenza di giustificazione economica può essere un indizio, ma non può sostituire l’accertamento, anche indiziario, di una concreta attività delittuosa da cui il denaro deriverebbe.
La Corte ha ritenuto che il Tribunale del Riesame non avesse motivato adeguatamente l'esistenza di un reato presupposto: l’affermazione che il denaro fosse provento di un’attività di traffico di stupefacenti "non necessariamente posta in essere dall’indagato" è stata ritenuta una valutazione insufficiente e contraddittoria.
Le implicazioni
Questa pronuncia si inserisce in un dibattito più ampio sulla gestione delle misure cautelari patrimoniali e rafforza la tutela del diritto di proprietà contro sequestri basati su mere presunzioni.
Il principio sancito dalla Cassazione rappresenta un argine a pratiche investigative aggressive, che talvolta si traducono in sequestri indiscriminati di somme di denaro senza una reale individuazione di un reato.
Il rischio, secondo la Corte, è che si finisca per legittimare una sorta di presunzione di illiceità del contante, incompatibile con il principio di legalità e con le garanzie costituzionali in materia di libertà personale e patrimoniale.