Come si diventa imputati e quali sono i diritti e le garanzie che gli vengono riconosciuti nel processo penale.
Indice:
4.1 Il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell’imputato
4.2 Le dichiarazioni indizianti
4.3 L’interrogatorio
Nel processo penale, l’imputato è la persona che viene citata in giudizio sulla base di una accusa formulata dal pubblico ministero, in relazione ad uno o più reati.
Prima di entrare nel merito, è necessaria una breve ma fondamentale precisazione.
Spesso sui social media e sulla carta stampata si tende a confondere la figura dell’imputato con quella del colpevole, in alcuni casi in buona fede, in altri per mera convenienza (pensiamo a quei movimenti politici cd. populisti che manipolano l’informazione, utilizzando i procedimenti penali a carico dei propri avversari politici come strumento di propaganda politica).
Nulla di più sbagliato e falso.
E ciò in quanto, l’imputato non è il “responsabile”, il “colpevole” o peggio ancora il “condannato” ma semplicemente una persona che viene “accusata” dal pubblico ministero di aver commesso un determinato crimine punito dal codice penale.
Ed infatti, secondo l’art. 27 comma 2 della Costituzione, l’imputato deve essere considerato “non colpevole” fino alla fine del processo, ovvero quando sono esauriti tutti i mezzi di impugnazione e la sentenza è divenuta definitiva.
L’art. 60 cpp disciplina i casi in cui viene assunta la qualità di imputato, casi che coincidono con il momento in cui viene formulata l'imputazione e la contestuale richiesta di accertamento giurisdizionale.
In altre parole, possiamo affermare che l’assunzione della qualità di imputato si realizza con il passaggio dalla fase del “procedimento” (indagini preliminari) a quella del processo penale.
Nel nostro codice di procedura penale, viene posta una distinzione netta tra la figura dell’indagato e quella dell’imputato.
Ed invero, viene utilizzato il termine imputato con riferimento a tutte le attività processuali compiute a seguito dell’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, momento in cui la contestazione provvisoria elevata dal pubblico ministero acquista la stabilità propria della imputazione.
Viceversa, il termine indagato viene impiegato in relazione a tutte le attività compiute prima della fase della chiusura delle indagini preliminari, fase in cui vengono acquisiti gli elementi di prova sui quali il pubblico ministero fonderà le proprie determinazioni.
L’art. 60 cpp prevede una serie dettagliata di casi in cui viene assunta la qualità di indagato, analizziamoli singolarmente.
Richiesta di rinvio a giudizio (art. 416 cpp);
Richiesta di giudizio immediato (art. 453 cpp);
Decreto penale di condanna (art. 459 cpp);
Decreto di citazione diretta a giudizio davanti al Tribunale in composizione monocratica (art. 550 cpp);
Contestazione dell'addebito nel giudizio direttissimo:
Richiesta di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 447 comma 1 cpp)
Quest’ultimo caso presenta una peculiarità rispetto a tutti gli altri e ciò in quanto, la qualità di imputato viene assunta non a seguito di una determinazione del pubblico ministero ma di un accordo tra l’indagato e l’ufficio di procura.
Va precisato, però, che l’art. 60 cpp non esaurisce i casi che comportano l’assunzione della qualità di imputato, ed invero possiamo aggiungere:
la contestazione ex art. 423 cpp del fatto nuovo o del reato connesso nell’udienza preliminare;
la contestazione di fatto nuovo risultante dal dibattimento ex art. 517 cpp;
l’imputazione coatta del G.I.P. ex art. 409 cpp.
Ciò posto, si rappresenta che la qualità di imputato viene conservata in ogni stato e grado del processo e ciò costituisce una conseguenza del principio di obbligatorietà dell’azione penale e viene meno solo a seguito dei seguenti provvedimenti giurisdizionali:
sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione;
sentenza di proscioglimento o di condanna divenuta irrevocabile;
decreto penale di condanna divenuto esecutivo;
ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione;
sentenze che dichiarano il difetto di giurisdizione di competenza.
In alcuni casi, però, il soggetto può riacquisire la qualità di imputato, in ragione dell’adozione di alcuni provvedimenti quali la revoca della sentenza di non luogo a procedere ed il decreto di giudizio a seguito di istanza di revisione del processo.
Nel codice di procedura penale, la figura dell’indagato non trova una disciplina organica, come ad esempio, accade per l’imputato a cui viene dedicato nel Libro I (“Soggetti) uno specifico titolo.
Da ciò deriva che, a differenza di quanto avviene per l’imputato, non c’è una norma che ci spieghi quali siano i criteri ed i presupposti per l’acquisizione da parte di un soggetto della qualità di indagato.
Sicuramente, la qualità di indagato verrà acquisita a seguito dell'iscrizione del nominativo della persona interessata nel registro delle notizie di reato.
Al riguardo, risulterà utile un esempio.
Subito dopo la commissione di un reato, viene designato un magistrato (il cd. pubblico ministero) che assunta la direzione delle indagini, inizia a ricercare elementi di prova utili per individuare il responsabile e formulare un'accusa nei suoi confronti.
Il pubblico ministero, in questa fase, ascolta i testimoni (persone informate sui fatti), richiede intercettazioni telefoniche e compie attività investigative utili ai fini dell’individuazione del responsabile, chiaramente avvalendosi della polizia giudiziaria.
Se nel corso di tale attività investigativa, emergono elementi di prova a carico di una determinata persona (Tizio), il pubblico ministero provvederà ad iscriverla nel registro degli indagati ed è in questo momento che assumerà la qualità di indagato.
N.B. Tizio in questa fase è solo indagato, non imputato.
Ed invero, per le ragioni che abbiamo riportato nel paragrafo precedente, assumerà eventualmente la qualità di imputato solo se il pubblico ministero deciderà di rinviarlo a giudizio dinnanzi al giudice penale
Facciamo un altro esempio.
Fernando sporge denuncia per il reato di concussione nei confronti di Edmond, aspirante capitano della città di Marsiglia ed indica come persone informate sui fatti Danglars e Caderousse .
Ricevuta la denuncia, il pubblico ministero ascolterà a sommarie informazioni i testimoni Danglars e Caderousse ed il denunciante Fernando e se li giudicherà attendibili, iscriverà Edmond nel registro degli indagati.
Come è evidente, in questa fase, Edmond non è colpevole o condannato ma è semplicemente indagato e ciò in quanto destinatario delle accuse mosse da Fernando e confermate da Danglars e Caderousse.
Nulla esclude, infatti, che successivamente Edmond - proprio come nel famoso romanzo di Alexandre Dumas - provi la propria estraneità ai fatti, dimostrando che i suoi accusatori abbiano messo in piedi un complotto nei suoi confronti per liberarsene.
Muovendo proprio da quest'ultimo esempio e tornando all'individuazione del momento in cui viene acquisita la qualità di indagato, va osservato che ciò può avvenire anche in un momento precedente all’iscrizione della notizia criminis nel registro generale.
Pensiamo, ad esempio, all’arresto in flagranza di reato, al fermo di indiziato di reato, alle informazioni assunte dagli ufficiali di polizia giudiziaria sul luogo nell’immediatezza del fatto ( art. 350 c.p.p.) o alle dichiarazioni autoindizianti.
Tutto ciò premesso, si rappresenta che, ai sensi dell’art. 61 c.p.p., nel momento in cui un soggetto assume la qualità di indagato, nei suoi confronti vengono estesi tutti i diritti e le garanzie che vengono riconosciute all’imputato dal nostro codice di procedura penale.
In altri termini, tutti i diritti e le garanzie riconosciute all’imputato nel corso del processo vengono estese all’indagato nella fase delle indagini preliminari.
L’art. 62 cpp stabilisce il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni rese dall’indagato o imputato nel corso del procedimento.
La norma rappresenta una importante garanzia per l’imputato e ciò in quanto impedisce l’ingresso nel processo penale di dichiarazioni che potrebbero violare uno dei suoi diritti fondamentali: Il cd. diritto al silenzio.
Al fine di evitare fraintendimenti, si rappresenta che il divieto in esame non riguarda le dichiarazioni rese dall’imputato prima dell’instaurazione del procedimento penale ma solo quelle rese davanti alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero.
Altra garanzia dell’imputato è prevista dall’art. 63 cpp che disciplina le dichiarazioni indizianti.
La norma in argomento prevede che se una persona (fino a quel momento non imputata o non sottoposta alle indagini), sentita a sommarie informazioni, rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reato nei suoi confronti, l’autorità giudiziaria (il pubblico ministero o la polizia giudiziaria) deve immediatamente interrompere l’esame.
In particolare, dopo l’interruzione, la persona (che da questo momento in poi acquisirà la qualità di indagato) viene avvisata che da quel momento potrebbero essere svolte indagini nei suoi confronti e contestualmente viene invitata a nominare un difensore di fiducia.
Come è evidente, ci troviamo dinnanzi ad una fondamentale garanzia posta a tutela della persona indagata che, ancora una volta, costituisce un corollario del principio del diritto al silenzio.
L’indagato, infatti, non è un testimone, che l’obbligo di rispondere alle domande secondo verità ed il silenzio rientra tra le facoltà che gli vengono riconosciute.
Inoltre, si rappresenta che, sempre secondo quanto previsto dall’art. 63 cpp, nel caso in cui emergano dichiarazioni indizianti, tutte le dichiarazioni rese in precedenza dall’indagato sono inutilizzabili.
Su tale profilo dobbiamo distinguere due ipotesi:
nel caso in cui la persona doveva essere sentita, sin dall’inizio, in qualità di indagato (e dunque alla presenza del suo difensore) le dichiarazioni eventualmente rese non potranno essere utilizzate nemmeno nei confronti di terzi (erga alios);
nel caso in cui gli elementi indiziari a carico della persona sentita, emergano nel corso dell’esame, l’inutilizzabilità riguarderà solo le dichiarazioni autoincriminanti ma non quelle riguardanti terze persone.
Il principale diritto dell’imputato nel corso dell’interrogatorio è il diritto al silenzio.
Tale diritto nel processo penale costituisce una delle principali conquiste delle democrazie occidentali e può essere definito come il diritto di ogni persona accusata di un determinato reato a non essere obbligata a deporre contro se stesso o a fornire una confessione.
L’imputato, infatti, a differenza del testimone, non è in alcun modo tenuto a collaborare con l’autorità giudiziaria e può decidere di rimanere in silenzio, senza che ciò costituisca un elemento di prova della sua responsabilità penale.
Nel processo penale accusatorio non è l’imputato a dovere dimostrare la sua innocenza ma l’organo di accusa a dimostrare la sua colpevolezza.
Pertanto, risultando l’onere della prova a carico dell’ufficio di procura, l’imputato può decidere di stare in silenzio.
Nel nostro codice di procedura penale non è prevista una nozione del diritto al silenzio ma possiamo ricavarlo dall’art. 64 cpp, in forza del quale l’indagato, prima che l’interrogatorio abbia inizio, deve essere avvertito che ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, anche se il procedimento seguirà il suo corso.
Altro fondamentale diritto dell’imputato, è quello di intervenire libero nell’interrogatorio, quindi senza “manette” o altri strumenti di coercizione, salvo che tali strumenti siano necessari per impedire il pericolo di fuga o di violenze.
Il terzo diritto è costituito dal diritto alla libertà di autodeterminazione che comporta il divieto assoluto da parte dell’autorità giudiziaria o giurisdizionale di metodi o tecniche capaci di influire sulla capacità dell’imputato di autodeterminarsi o di ricordare o valutare i fatti.
Pertanto, nel corso dell’interrogatorio sono vietati strumenti come l’ipnosi, la macchina della verità o peggio ancora strumenti di tortura.
Va poi precisato che il divieto in esame non vale solo per l’interrogatorio ma per tutti i mezzi di prova, ed invero ritroviamo la medesima norma con le medesime prescrizioni anche nell’art. 188 cpp.
Prima dell’interrogatorio nel merito, secondo l’art.64. cpp, all’interrogato vanno letti tre avvertimenti.
In primo luogo, l’interrogato viene avvertito che tutte le dichiarazioni che eventualmente renderà potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti.
In altri termini, l’interrogato viene invitato a riflettere bene sulle dichiarazioni che renderà e ciò in quanto potranno essere utilizzate nel processo dal giudice contro di lui.
Il secondo avvertimento è quello che riguarda il diritto al silenzio, ovvero la facoltà che viene riconosciuta all’interrogato di non rispondere ad alcuna domanda, escluse quelle necessarie per stabilire la sua identità personale.
In questo caso, l’interrogato verrà informato della circostanza che la mancata risposta alle domande non comporterà la chiusura del procedimento e “l’archiviazione” del procedimento e ciò in quanto “il procedimento comunque seguirà il suo corso”.
Il terzo avvertimento riguarda invece le dichiarazioni che eventualmente renderà, nel corso dell’interrogatorio, nei confronti di altre persone.
Se l’indagato o imputato decideranno di rendere dichiarazioni nel corso dell’interrogatorio e opereranno riferimenti in ordine alla responsabilità di altre persone, assumeranno in relazione a questi fatti l’ufficio di testimone.
Come è evidente, la scelta di sottoporsi ad interrogatorio è molto delicata e comporta un approfondito studio degli atti del processo e la necessità di un approfondito confronto con il proprio difensore di fiducia o di ufficio.
Cosa succede nel caso in cui non vengano letti gli avvisi all’imputato nel corso dell’interrogatorio?
La risposta è nell’art. 64 c.p.p. che prevede:
nel caso in cui non vengano letti i primi due avvertimenti, le dichiarazioni rese dall’imputato non possono essere utilizzate nel processo;
nel caso in cui non venga letto il terzo avvertimento (quello relativo alla responsabilità di altri), l’imputato non potrà assumere in ordine ai fatti riferiti l’ufficio di testimone.
Venendo al merito, si rappresenta che l’interrogatorio può assumere due distinte funzioni:
investigativa quando viene richiesto dal pubblico ministero;
difensiva quando la richiesta viene avanzata direttamente dall’imputato o dal suo difensore.
In tutti e due casi, le regole previste per il suo espletamento sono le stesse e vengono disciplinate dall’art. 64 cpp.
In primo luogo, prima di rispondere alle singole domande, all’imputato deve essere contestato, in forma chiara e precisa, il fatto per cui si procede.
Al riguardo, si precisa che tali fondamentali elementi vengono già comunicati all’imputato con l’informazione di garanzia che gli viene notificata prima del compimento dell’interrogatorio.
Ed invero, in molti casi l’interrogatorio si svolge a distanza di anni dal fatto che viene contestato, in altri riguarda questioni estremamente complesse, pertanto, con l’informazione di garanzia viene data la possibilità all’interrogato di raccogliere informazioni, documenti utili per la sua difesa e per la corretta ricostruzione dei fatti.
Tornando alle modalità di svolgimento dell’interrogatorio, si rappresenta che una volta “contestato il fatto” all’interrogato, l’autorità giudiziaria mostra a quest’ultimo gli elementi prova su cui si fonda l'addebito (intercettazioni, passaggi della denuncia ed altri atti del procedimento penale che costituiscono elementi di prova nei suoi confronti).
Svolto questo ultimo adempimento, l’interrogato viene prima invitato ad esporre la propria linea difensiva (ovvero a riferire tutto ciò che ritiene utile per la sua difesa) e successivamente sottoposto alle domande dell’autorità giudiziaria.
Se ha bisogno di aiuto può chiamarci al numero 08119552261 o inviare una mail a info.avvocatodelgiudice@gmail.com.