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Codice di procedura penale

Art. 187 c.p.p. - Oggetto della prova

1. Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.


2. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali.


3. Se vi è costituzione di parte civile, sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante dal reato.

Spiegazione dell'art. 187 c.p.p.
Il titolo I si apre con una norma (art. 187 c.p.p.) che dovrebbe assolvere una duplice funzione: rispetto al testo del codice vigente, da un lato, segnalare l'abbandono di una formula giustamente definita frutto di un'iperbole, come quella contenuta nell'attuale art. 299 c.p.p., secondo cui il giudice istruttore deve compiere "tutti e soltanto quegli atti" che appaiono "necessari all'accertamento della verità"; dall'altro, fissare il significato di una locuzione usata dalla stessa legge-delega (v. direttiva 75: "oggetto delle prove") che acquista un grande rilevo ai fini della applicazione delle norme sull'esame diretto da attuarsi in dibattimento e nell'incidente probatorio.
Sotto il primo profilo, non si vuol certamente accreditare l'idea che il nuovo processo non tenda all'accertamento della verità, obiettivo fra l'altro richiamato sia pur incidentalmente dalla stessa legge-delega nella direttiva 73.
Piuttosto, facendo della imputazione il nucleo centrale in cui viene a risolversi l'oggetto della prova, si è voluto elevare un baluardo nei confronti delle deviazioni interpretative scaturite dalla formula dell'art. 299 codice vigente che, riferite al giudice istruttore, ma estesa nella sua valenza operativa anche alla fase dibattimentale, e' divenuta l'emblema del principio inquisitorio.
Nel sistema della legge-delega non e' più concepibile che il giudice del dibattimento non abbia confini nel suo accertamento, cosi' da impegnarsi nell'accertamento di fatti e circostanze diversi da quelli dedotti nell'imputazione dal pubblico ministero.
Né e' pensabile che la spinta alla ricerca della verità' possa condurre, come oggi avviene, alla proliferazione di nuove imputazioni nei confronti di nuovi soggetti in modo da paralizzare ogni accertamento proprio nell'ambizione di una completezza che e' praticamente irraggiungibile in un unico contesto (di qui la revisione dei criteri in tema di connessione dei procedimenti messa a punto con l'art. 12).
Non sarebbe del resto possibile mantenere la nozione di accertamento della verità ai fini operativi di istituti, come l'esame diretto, che esigono criteri di rilevanza predeterminati ex lege e non stabiliti in concreto dal giudice a seconda dell'ottica suggeritagli dallo svolgimento delle indagini.
Nella formula dell'art. 187 c.p.p. si riassume, dunque, il catalogo degli episodi che costituiscono il thema decidendum: su di essi si deve imperniare l'attività' di accertamento del giudice.
Accanto all'imputazione, si e' richiamata la classe dei fatti riguardanti la punibilità del soggetto, al fine di ricomprendere tutti quegli episodi che, sebbene non contestati, possono delinearsi nel corso del processo a seguito di iniziative d'ufficio o di richieste delle parti: si pensi alle attenuanti, alle cause di giustificazione, alle cause speciali di esenzione della punibilità nonché alla dichiarazione di abitualità ed alla conseguente applicazione della misura di sicurezza.
Con la locuzione "i fatti che si riferiscono all'imputazione" (cfr. invece art. 178 del Progetto 1978: "i fatti o le circostanze") si e' voluto alludere anche alla prova indiziaria, cioè' ai c.d. fatti secondari da cui si può risalire a quelli oggetto dell'accusa.
Il comma 2 estende l'oggetto della prova ai c.d. "fatti processuali" (accertamento di nullità', domicilio o residenza dell'imputato, rapporti di convivenza ai fini delle notificazioni).
Il Progetto del 1978 non conteneva una simile previsione, ritenuta superflua, ma si e' ritenuto di non trascurare questo profilo della disciplina poiché' talvolta l'accertamento dei fatti dai quali dipende l'applicazione delle norme processuali riveste un carattere di estrema delicatezza.
Nel comma 3 dell'art. 187 c.p.p. si e' apportata una leggera variante alla formulazione della seconda parte del comma 1 dell'art. 299 codice vigente: il richiamo ai "danni prodotti dal reato" come oggetto di accertamento e' stato espunto in quanto ricompreso nella locuzione del comma 1 dell'articolo ("fatti che si riferiscono all'imputazione").


Massime
Cassazione penale , sez. I , 25/05/2022 , n. 45444
La prova della circostanza aggravante della premeditazione, regolata dall'articolo 187 del codice di procedura penale, può essere ottenuta anche mediante l'utilizzo di prove logiche. Tale prova si basa su indizi derivanti dalle modalità del reato, dalle circostanze di tempo e luogo, dalla partecipazione di più persone con divisione dei ruoli e dalla natura del movente. Non è necessario stabilire con precisione il momento esatto in cui è nato l'intento criminale o quando è stato raggiunto un accordo; è sufficiente che gli indizi suddetti siano gravi, precisi e convergenti e che, valutati complessivamente, permettano di risalire con una certezza processuale al requisito cronologico e ideologico che caratterizza la premeditazione.

Cassazione penale , sez. II , 14/02/2023 , n. 8395
La rinnovazione istruttoria in grado di appello, in quanto volta, in conformità alla nozione di istruzione dibattimentale recepita dall' art. 496, comma 1, c.p.p. , all'assunzione di prove orali, il cui oggetto deve essere ricompreso nelle specifiche previsioni di cui all' art. 187 c.p.p. , non può consistere, ove funzionale alla rivalutazione della credibilità dei testimoni escussi in primo grado, nella sola acquisizione di certificati del casellario giudiziario e di sentenze.

Cassazione penale , sez. III , 22/02/2022 , n. 23085
In tema di istruzione dibattimentale, è utilizzabile nei confronti dell'imputato la dichiarazione accusatoria resa da un teste indicato dalla difesa di un coimputato, che sia stato esaminato nel contraddittorio delle parti, potendo la prova a discarico proveniente da una parte privata trasformarsi, entro i limiti di aderenza ai temi indicati nella lista testimoniale, in una prova a carico di altra parte privata, senza che da ciò consegua una violazione del suo diritto di difesa, posto che è riconosciuta a quest'ultima la facoltà di introdurre elementi probatori di segno contrario sia con la presentazione di una propria lista testi, sia con la richiesta di prova contraria, sia con la sollecitazione dei poteri istruttori del giudice, sia, infine, con l'esercizio, durante la deposizione, delle prerogative riconosciute dalla disciplina dell'esame e del controesame dei testimoni.

Cassazione penale , sez. V , 17/12/2018 , n. 3542
La circostanza aggravante della premeditazione, oggetto di prova, ex art. 187 c.p.p. e, pertanto, assoggettata alle regole di valutazione stabilite nell' art. 192, comma 2, del codice di rito , può essere dimostrata anche con il ricorso alla prova logica, sulla scorta degli indizi ricavabili dalle modalità del fatto, dalle circostanze di tempo e luogo, dal concorso di più persone con ripartizione dei ruoli e dalla natura del movente; non è, invece, necessario stabilire con assoluta precisione il momento in cui è sorto il proposito criminoso o quello in cui l'accordo è stato raggiunto, essendo sufficiente che gli elementi indiziari suddetti siano gravi, precisi e concordanti e che, globalmente valutati, consentano di risalire, in termini di certezza processuale, al requisito di natura cronologica e a quello di natura ideologica, in cui si sostanzia la premeditazione.

Cassazione penale , sez. III , 28/10/2015 , n. 1628
In tema di prova documentale, le sentenze del giudice tributario, ancorché definitive, non vincolano quello penale, in quanto l'art. 238-bis c.p.p. consente l'acquisizione in dibattimento delle sentenze divenute irrevocabili, disponendo peraltro che esse siano valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma 3, dello stesso codice, ai fini della prova del fatto in esse accertato.

Cassazione penale , sez. I , 21/10/2015 , n. 5787
Il potere integrativo del riesame, pervisto dall'art. 309, comma nono, cod. proc. pen., come novellato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non opera per le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, poichè in tali casi il legislatore ha individuato un vizio di motivazione del titolo cautelare genetico e non emendabile, al quale deve seguire necessariamente l'annullamento del provvedimento impositivo della misura. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che la verifica in sede di riesame dell'avvenuta autonoma valutazione da parte del giudice deve ritenersi fatto processuale, in quanto tale oggetto di prova ai sensi dell'art. 187, comma secondo, cod. proc. pen., nonchè di valutazione ai sensi dell'art. 192 cod. proc. pen.).

Cassazione penale , sez. I , 03/07/2014 , n. 38699
L'eventuale integrazione probatoria officiosa disposta nell'ambito del giudizio d'appello, instaurato a seguito d'impugnazione avverso la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, trova un solido riferimento normativo nell'art. 603, comma 3, c.p.p. che attribuisce al giudice di secondo grado, anche in detta sede, il potere di disporre la motivata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in presenza di un'assoluta esigenza probatoria. Il valore probatorio dell'elemento da acquisire va assunto nell'oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell'ambito dell'intero perimetro disegnato per l'oggetto della prova dalla disposizione generale di cui all'art. 187 c.p.p..

Cassazione penale , sez. VI , 05/03/2020 , n. 13161
L' art. 238-bis c.p.p. , prevede che le sentenze irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato e sono valutate a norma dell' art. 187 c.p.p. e art. 192 c.p.p. , comma 3, unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità. Di talchè, il giudicato penale formatosi nei confronti di taluno per un certo fatto non vincola il giudice chiamato a rivalutare quel fatto in relazione alla posizione di altri soggetti, imputati quali concorrenti nel medesimo reato. Ne consegue che, qualora il giudicato sia stato di assoluzione, il giudice del separato procedimento instaurato a carico del concorrente nel medesimo reato può sottoporre a rivalutazione il comportamento dell'assolto all'unico fine - fermo il divieto di bis in idem a tutela della posizione di costui - di accertare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell'imputato da giudicare.

Cassazione penale , sez. III , 02/10/2019 , n. 47103
In tema di reati tributari, l'onere di indicare l'ammontare delle utilità esistenti al momento della consumazione del reato nel patrimonio del soggetto nei cui confronti si intende procedere a sequestro finalizzato alla confisca, che costituiscono il risparmio di spesa determinato dalla violazione dell'obbligo fiscale, grava sul pubblico ministero, secondo le regole generali in tema di ripartizione dell'onere della prova e secondo quanto dispone, anche per la determinazione della misura di sicurezza, l' art. 187 c.p.p.

Cassazione penale , sez. III , 20/11/2013 , n. 3110
In relazione al delitto previsto dall'art. 600 ter c.p., la valutazione del carattere pedopornografico del materiale compete al giudice il quale può servirsi degli ordinari mezzi di prova previsti dall'ordinamento (art. 187 c.p.p.), senza dover necessariamente procedere ad un esame diretto del materiale medesimo. (Nel caso di specie, la valutazione del giudice territoriale si era fondata sulla testimonianza di un ufficiale di p.g. che, avendo visionato un file recuperato dal p.c. dell'imputato, ne aveva riferito il contenuto consistente nella ripresa di una bambina intenta a masturbarsi).

Cassazione penale , sez. V , 01/03/2002 , n. 15093
La mancata notifica dell'avviso di deposito della sentenza all'imputato o al suo difensore configura una nullità di ordine generale a regime intermedio, che resta sanata - per il raggiungimento dello scopo - ai sensi del comma 3 dell'art. 187 c.p.p., nel caso in cui l'imputato o il difensore abbiano presentato impugnazione nel termine prescritto.

Cassazione penale , sez. VI , 02/03/1998 , n. 3396
Una volta acquisite a norma dell'art. 238 bis c.p.p., le sentenze irrevocabili sono valutabili entro i limiti indicati dagli art. 187 e 192 comma 3 c.p.p. Pertanto il giudice, perché tali sentenze assurgano a dignità di prova nel processo nel quale vengono acquisite, deve, in primo luogo, nel contraddittorio delle parti, accertare la veridicità dei fatti ritenuti come dimostrati dalle dette sentenze e rilevanti ex art. 187 c.p.p., salva la facoltà dell'imputato di essere ammesso a provare il contrario. Inoltre, il giudice è tenuto, su richiesta dell'accusa, ad acquisire al dibattimento, nel contraddittorio delle parti, gli elementi di prova che confermino la veridicità dei fatti accertati nelle sentenze irrevocabili, che divengono, in tal modo, fonti di prova del reato per cui si procede. (Fattispecie di concessione edilizia illegittima in quanto conseguente ad abuso di ufficio accertato con sentenza irrevocabile).

Cassazione penale , sez. IV , 19/02/1992
La nullità di una decisione emessa sulla base degli artt. 599 commi 4 e 5 e 602 comma 2 c.p.p., dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale con sentenza 10 ottobre 1990, n. 435, non può essere eccepita da chi vi ha dato causa o ha concorso a darvi causa ovvero non ha interesse all'osservanza della disposizione violata, come è dato desumersi dagli artt. 187 c.p.p. e 182 nuovo codice di rito, atteso che l'interesse sussiste solo e in quanto la parte abbia subito un danno illegittimo, essendole direttamente derivato dall'atto nullo uno specifico concreto ed attuale pregiudizio. (Nella specie, per effetto della pronuncia impugnata il ricorrente aveva soltanto conseguito il beneficio della riduzione della pena nella misura concordata, beneficio che difficilmente potrebbe conseguire a seguito dell'annullamento, tenuto conto della situazione processuale e dei motivi di appello, ai quali lo stesso ha ritenuto conveniente rinunciare, tranne a quello della misura della pena).

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