1. Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito.
2. La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.
Relazione al codice
Con l'articolo 2 si e' fissata esplicitamente la regola dell'autonoma cognizione del giudice penale per quanto concerne le questioni strumentali rispetto alla decisione finale. Si tratta di una cognizione che ha effetti limitati al processo in corso (cognitio incidenter tantum), senza alcuna efficacia di giudicato.
Sul tema delle questioni pregiudiziali, in seno alla Commissione e' emersa la necessita' di contemperare due opposte esigenze: da un canto, garantire la celerita' del processo e la genuinita' dell'accertamento incidentale e, dall'altro, evitare pronunce eventualmente contrastanti soprattutto in una materia di particolare rilevanza sociale, quale quella relativa allo stato di famiglia e di cittadinanza, ove e' maggiormente sentita l'esigenza di certezza.
E' prevalso l'orientamento volto a restringere ulteriormente, rispetto alla soluzione adottata dal Progetto del 1978, l'ambito delle eccezioni al principio sancito dall'art. 2 comma 1, secondo il quale e' il giudice a risolvere ogni questione rilevante ai fini della decisione. Si e' ritenuto cioe' di dover privilegiare, per il
rilievo che esso ha anche in campo internazionale, il diritto dell'imputato ad essere giudicato entro un termine ragionevole e senza ingiustificati ritardi. L'altra, contrapposta esigenza e' stata pero' opportunamente considerata introducendo la clausola di riserva ("salvo che sia diversamente stabilito"), con cui si e' rinviato, da un lato, all'art. 473, che stabilisce un'incidenza delle questioni civili od amministrative diverse da quelle di stato come possibile causa di sospensione, peraltro limitata, del solo dibattimento; dall'altro, all'art. 3, che attribuisce al giudice la facolta' discrezionale di sospendere il processo quando la decisione dipenda dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza, sempreche' la questione sia seria e sia gia' in corso il procedimento civile.
Massime
Cassazione penale , sez. I , 17/06/2020 , n. 19762
In tema di giurisdizione, il principio per cui il giudice deve controllare costantemente, per tutto il corso del processo, se i fatti che formano il contenuto dell'imputazione rientrino nell'ambito della propria giurisdizione (cd. “carattere dinamico” della verifica della giurisdizione) non esclude che, anche nella fase delle indagini preliminari, debbano sussistere elementi di fatto idonei a dimostrare con certezza l'esistenza del potere dell'autorità giudiziaria di prendere cognizione del fatto, sicché, ove detti elementi siano connotati da ambiguità o precarietà dimostrativa intrinseca, non è possibile la prosecuzione della procedura al fine di “rafforzare” tali dati probatori.
Cassazione penale , sez. I , 08/04/2015 , n. 20503
Sussiste la giurisdizione del giudice italiano relativamente al delitto di procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extra-comunitari nella ipotesi in cui i migranti, provenienti dall'estero a bordo di navi madre, siano abbandonati in acque internazionali, su natanti inadeguati a raggiungere le coste italiane, allo scopo di provocare l'intervento dei soccorritori che li condurranno in territorio italiano, poiché la condotta di questi ultimi, che operano sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, è riconducibile alla figura dell'autore mediato di cui all'art. 48 cod.pen., in quanto conseguente allo stato di pericolo volutamente provocato dai trafficanti, e si lega senza soluzione di continuità alle azioni poste in essere in ambito extraterritoriale.
Cassazione penale , sez. III , 19/03/2019 , n. 17855
In tema di prova documentale, le sentenze irrevocabili pronunciate in un giudizio civile o amministrativo non sono vincolanti per il giudice penale che, pertanto, deve valutarle a norma degli artt. 187 e 192, comma 3, c.p.p. ai fini della prova del fatto in esse accertato. (In motivazione, la Corte ha osservato che, secondo il principio generale fissato dall' art. 2 c.p.p. , al giudice penale spetta il potere di risolvere autonomamente ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito e che l'unica disposizione che attribuisce espressamente efficacia di giudicato nel processo penale a sentenze extra-penali è l' art. 3, comma 4, c.p.p. con riferimento alla sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza).
Tribunale , Bergamo , sez. IV , 23/01/2018 , n. 155
In tema di sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria del veicolo guidato dal trasgressore nelle ipotesi più gravi di guida in stato di ebbrezza (art. 186, comma 2, lett. c), c. strad.: tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) e nell'ipotesi di guida in stato di alterazione psicofisica derivante dall'assunzione di sostanze stupefacenti (art. 187 c. strad.), compete pur sempre al giudice penale, ai sensi dell'art. 2 c.p.p., affrontare e risolvere, incidentalmente e senza alcuna efficacia vincolante in nessun altro processo, la questione della dedotta proprietà del veicolo in capo a persona estranea al reato, che escluderebbe l'applicabilità della misura ablativo.
Cassazione penale , sez. II , 19/11/2013 , n. 7795
Ai sensi dell'art. 238-bis c.p.p. è lecita l'acquisizione in dibattimento, ai fini probatori, di sentenze irrevocabili, da riscontrare ai sensi degli artt. 192, comma 3, e 197 c.p.p.. Dal punto di vista strettamente processuale, l'art. 479 c.p.p. consente la sospensione del processo penale solo per pregiudiziali civili ed amministrative, non penali. Residua l'art. 2 c.p.p. che consente al giudice penale ogni statuizione incidentale, la quale esaurisce valore nello specifico processo. Inoltre, rilevano le previsioni sulla revisione del processo ex art. 630 c.p.p., in caso di contrasto fra giudicati penali.
Cassazione penale sez. IV, 22/12/2009, n.10458
In tema di sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria del veicolo guidato dal trasgressore nelle ipotesi più gravi di guida in stato di ebbrezza (art. 186, comma 2, lett. c), c. strad.: tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) e nell'ipotesi di guida in stato di alterazione psicofisica derivante dall'assunzione di sostanze stupefacenti (art. 187 c. strad.), compete pur sempre al giudice penale, ai sensi dell'art. 2 c.p.p., affrontare e risolvere, incidentalmente e senza alcuna efficacia vincolante in nessun altro processo, la questione della dedotta proprietà del veicolo in capo a persona estranea al reato, che escluderebbe l'applicabilità della misura ablativa (per l'effetto, da queste premesse, la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice del riesame aveva respinto la richiesta di dissequestro del veicolo presentata deducendo che questo era stato, nelle more del procedimento, venduto a terzi: e ciò avendo il tribunale del riesame argomentato in modo convincente che trattavasi di vendita strumentale alla sottrazione del bene alla misura cautelare, tenuto conto che questa era avvenuta, in epoca successiva alla commissione del reato di guida sotto l'influenza dell'alcool, appena il giorno prima dell'esecuzione del sequestro preventivo, e in favore di un soggetto (un concessionario di autovetture), il quale, a supporto e dimostrazione dell'acquisto, non aveva prodotto alcuna documentazione, neppure fiscale).
Cassazione civile , sez. III , 27/11/2006 , n. 25123
In tema di responsabilità civile dei giudici penali, in relazione all'interpretazione della clausola di salvaguardia prevista dall'art. 2 l. 13 aprile 1988 n. 117 alla stregua della quale deve escludersi la suddetta responsabilità in ordine all'esplicazione dell'attività di valutazione del fatto e della prova, deve ritenersi che, con riferimento all'ambito di cognizione dei predetti giudici, l'art. 2 c.p.p. ha una portata generale che non distingue le questioni pregiudiziali di fatto che coinvolgono terzi da quelle attinenti solo alle parti processuali, con la conseguenza della legittimità dell'accertamento in via incidentale e senza effetto di giudicato, da parte di tali giudici, dei comportamenti, ancorché infamanti, di terzi qualora siffatto accertamento risulti necessario sui fatti costituenti reato oggetto del processo penale in corso, possibilità del resto confermata anche dalla disposizione del codice etico della magistratura che non esclude affatto (né potrebbe escludere) la convenienza che nei provvedimenti giudiziari il magistrato si pronunci su fatti o persone estranei all'oggetto della causa quando questi riferimenti siano indispensabili ai fini della decisione.
Tribunale , Bari , 11/07/2005
Nel processo penale per il reato di cui all'art. 3 bis, commi 1 e 2 l. n. 575 del 1965, l'imputato ben può invocare, quale scusante, l'impossibilità economica di provvedere al versamento della cauzione impostagli col decreto di applicazione della misura di prevenzione personale. La contraria tesi secondo cui la questione sarebbe deducibile soltanto nell'ambito del procedimento di prevenzione, non solo si traduce nel riconoscimento di una forma di responsabilità oggettiva, ma, contrasta con l'art. 2 c.p.p., a norma del quale il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, con la sola eccezione delle questioni relative allo stato di famiglia o di cittadinanza (art. 3 c.p.p.)
Corte Costituzionale, 23/01/2001, n.22
È manifestamente infondata, con riferimento agli art. 3, in relazione all'art. 371 bis comma 2 c.p., e 24 cost., la q.l.c. dell'art. 378 c.p., nella parte in cui non prevede, analogamente a quanto disposto dall'art. 371 bis comma 2, per le informazioni assunte dal p.m., la sospensione del procedimento instaurato per il reato di favoreggiamento personale nei confronti di chi, richiesto dalla polizia giudiziaria delegata dal p.m., abbia reso dichiarazioni false o, in tutto o in parte, reticenti alla polizia giudiziaria, delegata dal p.m. allo svolgimento delle indagini, in quanto la disciplina di cui all'art. 371 bis, in tema di sospensione necessaria del relativo procedimento, ha natura eccezionale e derogatoria rispetto al principio generale di cui all'art. 2 c.p.p., onde non è estensibile alla fattispecie prevista dall'art. 378 c.p., anche in ragione della diversa oggettività giuridica delle due fattispecie e del fatto che l'eventuale sospensione necessaria del procedimento relativo al reato di favoreggiamento personale mediante false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria delegata dal p.m. potrebbe essere disciplinata dal legislatore con modalità diverse da quelle previste dall' art. 371 bis comma 2 c.p.
Cassazione civile , sez. III , 04/08/2000 , n. 10243
Nella disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare (oggi per il d.lg. 24 febbraio 1998 n. 58 intermediazione finanziaria) opera il più generale principio dell'assoggettamento dell'illecito alla legge del tempo del suo verificarsi, mentre è inapplicabile la regola della retroattività della disposizione successiva più favorevole, prevista per le sanzioni penali dal comma 2 dell'art. 2 c.p.p.
Cassazione penale , sez. I , 13/01/2000 , n. 1803
Nel processo penale per il reato di cui all'art. 3 bis, commi 1 e 2 l. n. 575 del 1965, l'imputato ben può invocare, quale scusante, l'impossibilità economica di provvedere al versamento della cauzione impostagli col decreto di applicazione della misura di prevenzione personale. La contraria tesi secondo cui la questione sarebbe deducibile soltanto nell'ambito del procedimento di prevenzione, non solo si traduce nel riconoscimento di una forma di responsabilità oggettiva, ma, allo stesso tempo contrasta con l'art. 2 c.p.p., a norma del quale il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, con la sola eccezione delle questioni relative allo stato di famiglia o di cittadinanza (art. 3 c.p.p.).
Tribunale , Milano , 19/10/1995
Non è accertabile in via incidentale ex art. 2 c.p.p., attraverso le integrazioni probatorie dibattimentali ex art. 507 c.p.p., l'esistenza del vincolo della continuazione rispetto a fatti costituenti oggetto di diverso procedimento.
Cassazione penale , sez. VI , 12/10/1993
In tema di pregiudiziali, l'art. 2 c.p.p., nell'attribuire al giudice penale, investito di un petitum, la risoluzione di ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito, non esclude, in virtù di tale clausola di riserva, la configurabilità di questioni pregiudiziali penali a processo penale. (Applicazione in tema di revisione richiesta per essere stato il reato per cui è stata pronunciata condanna commesso da un terzo. La Corte nell'affermare, come condizione per l'ammissibilità della richiesta di revisione, l'allegazione della sentenza di condanna irrevocabile pronunciata nei confronti del terzo, ha affermato il principio di cui sopra, rilevando che l'impossibilità di allegazione derivante dal non essere ancora intervenuta condanna del terzo, può dar vita ad una pregiudiziale penale a procedimento penale, operando l'inammissibilità soltanto rebus sic stantibus).
Pretura , Locri , 13/07/1991
Il giudice penale può disapplicare una concessione edilizia, che appaia manifestamente illegittima per rilevanti e sostanziali contrasti con la strumentazione urbanistica e per essere frutto di una serie di false rappresentazioni della reale situazione dei luoghi, giacché, in virtù del principio generale stabilito ex art. 2 c.p.p., il giudice penale può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali, civili, penali ed amministrative rilevanti ai fini della configurazione e della sussistenza del reato, fatte salve le eccezioni di cui agli artt. 3 e 479 c.p.p..