1. Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;
c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;
g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario;
h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza.
2. I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b) seconda ipotesi e lettera e) o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3. La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto senza formalità di procedura.
4. Sulla dichiarazione di astensione del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione.
Massime
Cassazione penale , sez. V , 05/10/2021 , n. 38902
Vanno rimesse alle Sezioni Unite le seguenti questioni: se la disciplina delle cause di incompatibilità del giudice contenuta nel codice di procedura penale è interamente applicabile, in quanto compatibile, anche al procedimento di prevenzione, attesa la natura giurisdizionale dello stesso, ovvero se, in ragione della tipologia e dell'oggetto del procedimento di prevenzione, non possono ritenersi applicabili le disposizioni dell' art. 34 c.p.p. diverse dal comma 1, pur richiamate dall' art. 36 c.p.p. , alla lett. g); se al procedimento di prevenzione è applicabile il motivo di ricusazione previsto dall' art. 37, comma 1, c.p.p. , nel caso in cui il giudice abbia in precedenza espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale.
Cassazione civile , sez. un. , 26/03/2021 , n. 8563
Il magistrato del P.M. ha l'obbligo disciplinare di astenersi ogni qual volta la sua attività possa risultare infirmata da un interesse personale o familiare giacché l' art. 52 c.p.p. , che ne prevede la facoltà di astensione per gravi ragioni di convenienza, va interpretato alla luce dell' art. 323 c.p. , ove la ricorrenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto è posta a base del dovere generale di astensione, in coerenza con il principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 Cost. , occorrendo, altresì, equiparare il trattamento del magistrato del P.M. - il cui statuto costituzionale partecipa dell'indipendenza del giudice - al trattamento del giudice penale, obbligato ad astenersi per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell' art. 36 c.p.p.
Cassazione penale , sez. I , 23/10/2020 , n. 1914
In tema di ricusazione, nell'ipotesi in cui il giudice si sia riservato di provvedere sull'invito della parte ad astenersi, rinviando il processo ad altra data, i termini per formalizzare l'istanza non decorrono fino a quando non sia nota la decisione del giudice, potendosi configurare in capo alla parte una legittima aspettativa a vedere riconosciuta la situazione di pregiudizio alla imparzialità e serenità di giudizio da essa segnalata attendendo le determinazioni del magistrato.
Cassazione penale , sez. III , 17/01/2019 , n. 10951
Non è nullo, né abnorme, l'atto con cui il giudice, in ragione del precedente compimento di attività che ne determina per legge l'incompatibilità, trasmetta direttamente il procedimento ad altro giudice per la trattazione, senza osservare la procedura di sostituzione mediante dichiarazione di astensione presentata al presidente del Tribunale, prevista dall' art. 36 c.p.p.
Cassazione penale , sez. III , 27/09/2016 , n. 6048
Tra le “gravi ragioni di convenienza” che, ai sensi dell'art. 36, comma 1, lett. h) c.p.p., consentono l'astensione del giudice rientra anche l'esigenza di evitare un'istruttoria dibattimentale destinata a diventare inutilizzabile in vista del sicuro protrarsi della stessa oltre il termine di trattenimento in servizio di uno dei componenti del collegio, atteso che la previsione di astensione per le predette ragioni è posta a presidio, non soltanto dell'imparzialità del giudice ma, più in generale, del buon andamento del processo. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'abnormità di un decreto del presidente del Tribunale che – a seguito del rinvio di una complessa istruttoria dibattimentale a nuova udienza, effettuato dal collegio per il prossimo pensionamento di un suo componente, e alla luce del dissenso anticipato dalla difesa alla rinnovazione mediante lettura degli atti – aveva accolto la dichiarazione di astensione del magistrato interessato, disponendone la sostituzione nel collegio)
T.A.R. , Napoli , sez. V , 23/10/2015 , n. 5025
Costituisce principio generale del nostro ordinamento giuridico quello secondo il quale tutti i soggetti preposti all'esercizio delle funzioni pubbliche debbono astenersi dal prendere parte alla formazione di provvedimenti amministrativi, in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto. Tale obbligo, che ha il suo fondamento costituzionale nel principio di imparzialità di cui all'art. 97 Cost., trova il suo espresso riconoscimento in alcune disposizioni di diritto positivo: l'art. 51 c.p.c. e nell'art. 36 c.p.p. (che individuano le fattispecie in cui il giudice ha l'obbligo di astenersi); nell'art. 78 comma 2, primo periodo, d.lg. n. 267 del 2000 (a norma del quale gli amministratori locali devono astenersi dal prendere parte alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado).
Cassazione penale , sez. VI , 21/10/2013 , n. 11494
Non ricorrono cause di incompatibilità ex art. 34 c.p.p. né ragioni di astensione ex art. 36 c.p.p. per il giudice che abbia già assunto una decisione meramente processuale e priva di qualunque valutazione sulla regiudicanda e sull'eventuale responsabilità del giudicabile o comunque sulle ragioni delle parti del processo, quando il medesimo magistrato è investito nuovamente del processo a seguito della cassazione senza rinvio della precedente pronuncia. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'esistenza di cause di incompatibilità con riferimento ad un giudice che aveva definito il processo nel merito dopo l'annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione di sentenza, da lui precedentemente emessa, nella quale aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello spiegato dalla parte civile avverso una sentenza del giudice di pace).
Cassazione penale , sez. II , 02/10/2013 , n. 45298
Deve ritenersi inammissibile l'istanza di ricusazione che pone a base della stessa una situazione di fatto, ravvisata o in un provvedimento che il giudice ricusato ha adottato nell'esercizio delle sue funzioni o nella pendenza di un giudizio civile instaurato dall'odierno ricorrente nei confronti del giudice ricusato; la stessa, infatti, non è idonea a dimostrare la grave inimicizia che legittima la ricusazione ai sensi dell'art. 36 c.p.p., lett. d) per come richiamato dall'art. 37 c.p.p..
Cassazione penale , sez. II , 11/06/2013 , n. 27813
In tema di astensione e ricusazione, né il giudice che si astiene, né la parte che lo ricusa possono fondarsi su considerazioni eminentemente soggettive o su generici sospetti, atteso che i motivi di astensione obbligatoria generale (e, conseguentemente, di ricusazione), essendo tassativamente indicati dall'art. 36 c.p.p., in quanto determinanti una deroga al principio del giudice naturale (art. 25, comma 1 cost.), vanno necessariamente considerati di stretta interpretazione.
Corte Costituzionale , 14/05/2013 , n. 86
È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 24, 25 e 111 cost., la q.l.c. del combinato disposto degli art. 34, comma 2, e 36 c.p.p., nella parte in cui sia interpretato nel senso di attribuire al giudice - che ha deciso l'udienza preliminare con il rinvio a giudizio di imputati per un reato associativo e/o plurisoggettivo - la possibilità di decidere anche il giudizio abbreviato nei confronti degli altri imputati per la stessa rubrica, essendo questi ultimi privati della possibile formula assolutoria perché il fatto non sussiste. Invero, nel caso di concorso di persone nel reato, alla comunanza dell'imputazione fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, tali da formare oggetto di autonome valutazioni, scindibili l'una dall'altra, ben potendo soccorrere, al fine di ostacolare l'eventuale pregiudizio all'imparzialità del giudice derivante da una sua precedente attività, il ricorso agli istituti dell'astensione e della ricusazione (sentt. n. 371 del 1996, 241 del 1999, 113, 283 del 2000; ordd. n.441 del 2001, 267 del 2002).
Cassazione civile , sez. un. , 05/12/2012 , n. 21853
Il magistrato del p.m. ha l'obbligo disciplinare di astenersi ogni qual volta la sua attività possa risultare infirmata da un interesse personale o familiare, giacché l'art. 52 c.p.p., che ne prevede là facoltà di astensione per gravi ragioni di convenienza, va interpretato alla luce dell'art. 323 c.p., ove la ricorrenza di' un interesse proprio o di un prossimo congiunto' è posta a base del dovere generale di astensione, in coerenza col principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 cost., occorrendo, altresì, equiparare il trattamento del magistrato del p.m. - il cui statuto costituzionale partecipa dell'indipendenza del giudice - al trattamento del giudice penale, obbligato ad astenersi per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell'art. 36 c.p.p.
Cassazione penale , sez. II , 10/02/2012 , n. 16345
Il provvedimento con cui il presidente del tribunale revoca il suo precedente decreto relativo alla decisione sulla dichiarazione di astensione si sottrae, al pari dell'atto revocato, ad ogni forma di gravame, sia per il principio di tassatività delle impugnazioni che per la sua natura non giurisdizionale.
Cassazione penale , sez. III , 13/05/2009 , n. 23846
Le posizioni interpersonali di grave inimicizia tra difensore e giudice non sono previste quali possibili cause di ricusazione, posto che l'art. 36 c.p.p., cui rinvia l'art. 37, limita espressamente i casi di astensione e, conseguentemente di ricusazione per inimicizia grave, ai soli rapporti fra giudice (o suo prossimo congiunto) ed una delle parti private, senza possibilità di estensione analogica al difensore della parte privata, atteso che la forma fondamentale dell'art. 36 distingue in maniera espressa, il difensore e la parte privata.
Tribunale , Milano , sez. VII , 24/04/2009
La previsione di cui alla lettera h) dell'art. 36 c.p.p. incarna nel sistema una norma di chiusura funzionale a ricomprendere tutte le ipotesi in cui si versi in presenza di gravi ragioni di convenienza tali da menomare la libertà di determinazione del giudice o da dare luogo, secondo la comune coscienza, al fondato sospetto di una sua non completa imparzialità. Va esclusa la sussistenza di gravi ragioni di convenienza quando un componente del collegio abbia partecipato a precedente giudizio a carico di uno degli imputati di reato associativo, quale estensore della sentenza di condanna, qualora nella sentenza stessa non sia stata espressa alcuna valutazione su ipotesi associative costituenti le imputazioni del processo in corso.
Cassazione penale , sez. I , 11/03/2009 , n. 12467
È inammissibile la ricusazione del giudice fondata sulle altre gravi ragioni di convenienza per le quali l'art. 36, comma 1, lett. h, c.p.p., impone al giudice il dovere di astenersi, in quanto tale ultima disposizione non è richiamata nel successivo art. 37, che detta la disciplina dei casi di ricusazione, né può essere ad essa estesa, data la natura di norme eccezionali che la regolano.
Tribunale , Milano , 26/03/2007
Anche nei confronti dei vice Procuratori Onorari deve trovare applicazione il disposto dell'art. 53 c.p.p., in forza del quale, fuori dei casi di grave impedimento del magistrato, di rilevanti esigenze di servizio e in quelli di cui all'art. 36 c.p.p., comma 1 lett. a), b), d), e), il magistrato può essere sostituito solo col suo consenso.
Cassazione penale , sez. III , 20/04/2005 , n. 24961
In tema di incompatibilità del giudice ex art. 34 c.p.p., nel giudizio di cassazione non ricorrono le situazioni di incompatibilità o le altre ragioni di convenienza per l'astensione di cui all'art. 36 c.p.p., se non nel caso in cui un giudice della Corte abbia precedentemente ricoperto il ruolo di giudice o di p.m. nelle fasi di merito relative alla stessa re iudicanda, atteso che come attività pregiudicante ai fini della incompatibilità va intesa quella che implica una valutazione in merito sull'accusa e come sede pregiudicata quella giurisdizionale volta a decidere sul merito stesso dell'accusa o di una misura de libertate, mentre il giudizio di legittimità è destinato al controllo di legalità e non a valutazioni di merito.
Cassazione penale , sez. I , 12/10/2004 , n. 45378
È affetta da nullità assoluta l'udienza preliminare tenuta dal g.u.p. al quale siano stati direttamente trasmessi gli atti da quello originariamente designato per la trattazione, che si sia spogliato in via unilaterale dell'affare assegnatogli una volta rilevata la sua incompatibilità ex art. 34 comma 2 bis c.p.p. Infatti, il dubbio di incompatibilità comporta l'obbligo del giudice designato di astenersi e di attivare la procedura di cui all'art. 36 c.p.p., la cui osservanza non attiene soltanto all'assetto ordinatorio ed organizzativo dell'ufficio giudiziario, ma è anche funzionale alla garanzia costituzionale della precostituzione per legge e della terzietà ed imparzialità del giudice. (Fattispecie nella quale, nel ritenere corretta la decisione del tribunale che aveva dichiarato la nullità dell'intera udienza preliminare per l'irrituale procedura di astensione del giudice incompatibile, la Corte ha dichiarato inammissibile il conflitto di competenza sollevato dal g.u.p. al quale erano stati trasmetti gli atti per la rinnovazione dell'udienza preliminare).
Cassazione penale , sez. V , 22/06/2004 , n. 47451
È manifestamente infondata la q.l.c. degli art. 34 e 36 c.p.p. per contrasto con l'art. 111 cost. nella parte in cui non prevedono che il giudice che abbia, nell'ambito di un primo procedimento, ritenuto attendibile un collaboratore di giustizia, non sia poi incompatibile a conoscere di altre accuse e chiamate in correità provenienti dal medesimo soggetto, ma rese in procedimento diverso rispetto a quello in cui lo stesso era già stato esaminato.
Corte Costituzionale , 22/06/2004 , n. 181
I gravi motivi di convenienza che, ai sensi dell'art. 36 c.p.p., legittimano l'astensione del giudice, non sono soltanto quelli concernenti la sua sfera privata, ma anche quelli connessi alla precedente attività giurisdizionale; ne consegue che tali motivi possono ritenersi ricorrenti là dove il giudice che abbia concorso a pronunciare l'annullamento, in sede di riesame, di una misura cautelare reale, venga chiamato a svolgere le funzioni di g.u.p. nel medesimo procedimento. Non è, pertanto, fondata la q.l.c. dell'art. 34 comma 2 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a svolgere l'udienza preliminare del giudice che, quale componente del tribunale del riesame, abbia concorso a deliberare ordinanza di annullamento di un decreto di sequestro per mancanza del fumus commissi delicti.
Tribunale , Terni , 06/04/2004
La procedura disciplinata dall'art. 36 c.p.p. prevede che il magistrato, qualora rilevi una causa di incompatibilità, deve dichiararla e trasmetterla al Presidente del tribunale, il quale provvede con proprio decreto. La diretta trasmissione del procedimento ad altro giudice, fuori dei canoni di legge, costituisce un atto abnorme che inficia tutto il procedimento successivo ai sensi dell'art. 178, lett. a), c.p.p.
Cassazione penale , sez. I , 10/10/2003 , n. 40320
Non sussiste alcuna causa di incompatibilità al giudizio nei confronti del giudice di appello che rigetti la richiesta di pena patteggiata ai sensi dell'art. 599 comma 4 c.p.p., formulata congiuntamente dall'imputato e dal p.m. (Nell'occasione la Corte ha anche ritenuto manifestamente infondata la q.l.c. degli art. 34 e 36 c.p.p., nella parte in cui non prevedono una causa di incompatibilità del giudice che abbia comunque espresso una valutazione discrezionale nell'ambito di uno stesso procedimento, operante a prescindere da iniziative di parte).
Corte appello , Roma , 25/06/2002
L'inimicizia grave di cui alla lett. d) dell'art. 36 c.p.p., per essere rilevante ai fini della ricusazione, deve essere reciproca, trovare fondamento esclusivamente in rapporti personali intercorsi in precedenza tra magistrato e parte fuori del processo - rapporti derivanti da vicende estranee alle funzioni del giudicante - ed estrinsecarsi in dati di fatto concreti e precisi, estranei alla realtà processuale. (Nel caso di specie, la corte di appello, dichiarando l'inammissibilità della relativa dichiarazione, ha ritenuto che non potessero integrare alcuna delle indicate cause di ricusazione la decisione del giudice di non ammettere in sede dibattimentale l'esame di testi addotti dalla difesa in un processo per diffamazione avente per imputato un parlamentare, rappresentante della maggioranza di governo, nè la partecipazione di tale giudice ad un'assemblea di magistrati promossa per dibattere, sia pur in toni vivacemente critici, i problemi della giustizia).
Corte appello , Roma , 25/06/2002
La causa di ricusazione di cui alla lett. c) dell'art. 36 c.p.p. richiede necessariamente che il giudice abbia manifestato il proprio parere sull'oggetto del procedimento al di fuori dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali.
Corte Costituzionale , 20/04/2000 , n. 113
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la q.l.c. dell'art. 36 c.p.p., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 cost., nella parte in cui non prevede tra le cause di astensione l'avere il giudice precedentemente pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p. nei confronti di uno o più concorrenti nel reato (la Corte ha osservato che la formula altre ragioni di convenienza prevista dall'art. 36 comma 1 lett. h) c.p.p., impone una valutazione caso per caso, e si deve perciò escludere che il pregiudizio, nelle ipotesi di assoggettamento dei concorrenti a procedimenti distinti dinanzi allo stesso giudice, sussista sempre e necessariamente, sicché alla fattispecie plurisoggettiva del concorso di persone nel reato debba corrispondere sul piano processuale l'onere di realizzare il simultaneus processus nei confronti di tutti i concorrenti, ovvero, in caso di processi separati, un automatico dovere di astensione del giudice nel successivo giudizio).
Cassazione penale , sez. VI , 09/03/1999 , n. 855
Il motivo di ricusazione dell'inimicizia grave di cui alla lett. d) dell'art. 36 c.p.p. non può che riferirsi a rapporti interpersonali derivanti da vicende della vita estranee alle funzioni del giudicante. Non rileva, quindi, l'asserito insolito attivismo nella rapida fissazione della trattazione di un processo, specialmente se la celerità non abbia influito sulla assegnazione a giudice tabellarmente previsto e sia stata motivata dalla prossimità della prescrizione del reato; neanche rileva la dedotta intemperanza verbale nei confronti dell'imputato, rilevabile in alcuni documenti giudiziari.
Corte Costituzionale , 14/11/1997 , n. 339
Vanno restituiti al giudice a quo gli atti relativi alla q.l.c., in riferimento agli art. 3, 25 comma 1, 27 comma 2, 101 comma 2 cost., degli art. 34 comma 2 e 36 c.p.p., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare, quale giudice di rinvio a seguito di annullamento di sentenza di appello ad opera della Corte di cassazione, al giudizio nei confronti di un imputato in concorso di reato, il giudice che anteriormente abbia giudicato per lo stesso reato altro coimputato, a seguito della sent. n. 371 del 1996, che ha inciso sull'art. 34 comma 2 c.p.p.
Cassazione penale , sez. I , 29/11/1993
È legittima la partecipazione al cosiddetto tribunale della libertà - nella specie giudice di appello nel procedimento incidentale avverso provvedimento de libertate della corte d'appello - di magistrato già componente del collegio di primo grado dello stesso tribunale nel procedimento principale, non ravvisandosi nella specie alcuna ragione di incompatibilità o di astensione ex art. 36 c.p.p.
Cassazione penale , sez. I , 06/08/1986
Le ipotesi di rinvio ad altro giudice o regresso del procedimento contemplate dall'art. 272 comma 5 c.p.p., nel testo introdotto dall'art. 3 l. 28 luglio 1984 n. 398 - che determina la decorrenza ex novo dei termini di custodia cautelare previsti in riferimento a ciascuno stato e grado del procedimento - comprendono, oltre al rinvio disposto dalla Corte di cassazione, la declaratoria di incompetenza per materia o per territorio (art. 35 e 36 c.p.p.), di difetto di correlazione tra accusa e sentenza (art. 477 c.p.p.), nonché di nullità rilevate in appello (art. 522 c.p.p.) ovvero d'ordine generale (art. 185 c.p.p.). La lettera e la ratio della norma - fortemente limitativa della libertà personale - non consentono interpretazioni estensive o analogiche rispetto ai casi tipici di regresso o di rinvio.
Cassazione penale , sez. III , 24/01/1986
Sussiste l'incompetenza per materia anche quando il fatto sia erroneamente qualificato dal giudice come appartenente alla sua competenza. Infatti, compito prioritario del giudice di entrambi i gradi del giudizio di merito è di verificare la competenza per materia; a tale compito risponde l'art. 36 c.p.p., il quale, lungi dal porsi in contrasto con l'art. 515 c.p.p., anche in mancanza di impugnazioni del p.m. estende l'oggetto dell'accertamento ex officio alla competenza per materia del giudice a quo; e inoltre l'ambito della verifica in appello della competenza per materia del primo giudice non è ristretto al fatto così come imputato, ma è esteso a tutti gli elementi processualmente identificati anche nel dibattimento eventualmente rinnovato.
Cassazione penale , sez. I , 07/08/1984
La sentenza del giudice di appello che annulla quella impugnata ai sensi del comma 2 dell'art. 36 c.p.p., e cioè rileva la incompetenza per materia del primo giudice, è sottratta ad ogni gravame e può dar luogo solo a conflitto di competenza ex art. 51 e 190 c.p.p. (Nella specie è stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso una sentenza di incompetenza).
Cassazione penale , sez. I , 07/08/1984
La sentenza del giudice di appello che annulla quella impugnata ai sensi del comma 2 dell'art. 36 c.p.p., e cioè rileva la incompetenza per materia del primo giudice, è sottratta ad ogni gravame e può dar luogo solo a conflitto di competenza ex art. 51 e 190 c.p.p. (Nella specie è stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso una sentenza di incompetenza).
Cassazione penale , sez. V , 29/09/1982
Il vizio di incompetenza per materia, derivante da incapacità del giudice di primo grado, si realizza anche quando tale giudice, per errore sulla qualificazione giuridica, ha giudicato su di un fatto che, se fosse stato esattamente ricondotto nella fattispecie sua propria, avrebbe esulato dalla sua competenza. In tale caso il giudice di appello, il quale, ex art. 36 c.p.p., ha il potere di procedere d'ufficio all'accertamento della competenza per materia del giudice a quo, ove riconosca che la competenza sia superata, non può conoscere del merito, ma, annullata la sentenza impugnata, deve ordinare la trasmissione degli atti al p.m. (Analogamente deve operare la Corte di cassazione).
Cassazione penale , sez. III , 24/11/1978
Compito indeclinabile e prioritario del giudice, in entrambi i gradi del giudizio di merito, è di verificare se egli sia competente ratione materiae. A tale compito risponde l'art. 36 c.p.p. che, lungi dal porsi in contrasto con l'art. 515 c.p.p. che regola la cognizione del giudice d'appello, ne estende l'oggetto all'accertamento ex officio della competenza per materia del giudice a quo.