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Codice di procedura penale

Art. 4 c.p.p. Regole per la determinazione della competenza

Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.



 

Commento

1. Inquadramento sistematico

L’art. 4 c.p.p. costituisce una disposizione di portata generale, volta a fissare i criteri per determinare la gravità del reato ai fini della individuazione della competenza, sia in materia che per connessione (Relazione al progetto preliminare del codice, p. 4).

Tali regole si applicano in linea di principio, salva la vigenza di discipline derogatorie previste da leggi speciali o decreti, in conformità all’art. 210 disp. coord. c.p.p., che consente la sopravvivenza di regole differenti per specifiche materie o ipotesi connesse.


2. Competenza e giudice naturale precostituito per legge

2.1 Concetto di competenza

Tradizionalmente, la competenza è intesa come la misura della giurisdizione attribuita a ciascun giudice. Tuttavia, parte della dottrina ha evidenziato che tale concezione presenta criticità: se la competenza fosse mera misura della giurisdizione, l’atto reso da giudice incompetente dovrebbe ritenersi radicalmente nullo, in quanto adottato in difetto assoluto di giurisdizione, mentre la disciplina processuale (artt. 26 e 27 c.p.p.) consente, in caso di mancata impugnazione, la formazione del giudicato anche su decisioni rese da giudice incompetente (Cordero, 133 s.).

La giurisdizione, quindi, appartiene integralmente a tutti i giudici penali; ciò che varia è la distribuzione delle funzioni secondo criteri legali predeterminati, in attuazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, sancito dall’art. 25, comma 1, Cost.


2.2 Precostituzione del giudice

Secondo la Corte costituzionale, il principio di precostituzione è rispettato quando l’organo giudicante è individuato sulla base di criteri generali fissati ex ante e non ad personam o ad casum (Corte cost., sent. n. 269/1992).

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che il "giudice naturale" si identifica con il giudice competente per materia e territorio e non con la composizione personale del collegio (Cass., Sez. VI, 15 ottobre 1998, Mercadante ed altri; Cass., S.U., n. 26/2000).

Ciascun giudice è obbligato a verificare, prima di procedere, la propria competenza, che può essere sindacata anche in sede di impugnazione, specie se si traduce in difetto di attribuzione (Cass., S.U., n. 14/1994).


2.3 Rapporti interni all’ufficio giudiziario

La Cassazione a Sezioni Unite ha escluso che possano configurarsi problemi di competenza nei rapporti interni alle sezioni dello stesso ufficio giudiziario (Cass., S.U., n. 34655/2005).


2.4 Regolamento di competenza

Nel sistema attuale non è previsto un mezzo preventivo di regolamento della competenza: la Corte di cassazione può intervenire solo a seguito di un conflitto effettivo (Cass., Sez. VI, 11 marzo 1992, P.m. in proc. Fedeli).


3. La competenza funzionale

3.1 Nozione e fondamento

La competenza funzionale, pur non espressamente disciplinata dal codice, è desumibile dal sistema processuale: si riferisce alla ripartizione delle attribuzioni tra giudici in relazione ai diversi stati, gradi e fasi del procedimento.

Il difetto di competenza funzionale determina nullità assoluta insanabile (artt. 178, comma 1, lett. a), e 179, comma 1, c.p.p.), rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado (Cass., S.U., n. 4419/2005; Cass., IV, n. 3347/2010).


3.2 Casistica

Rientrano tra le ipotesi di competenza funzionale:

  • Procedimenti relativi a magistrati (art. 11 c.p.p.; Cass., S.U., n. 292/2005);

  • Atti del g.i.p. del distretto nei reati ex art. 51 c.p.p. (Cass., II, 15 settembre 1994);

  • Celebrazione del giudizio abbreviato da parte del g.u.p. (Cass., I, n. 43451/2004);

  • Correzione di errori materiali da parte del giudice del gravame (Cass., VI, n. 47456/2004);

  • Revisione (Cass., III, n. 2417/2003);

  • Decisioni sulla revoca della misura cautelare in estradizione (Cass., VI, n. 16830/2010);

  • Ricusazione del giudice di pace (Cass., IV, n. 26442/2003);

  • Decisione su restituzione in termine (Cass., I, n. 18734/2010).

3.3 Conseguenze

L’atto adottato da giudice funzionalmente incompetente è affetto da nullità assoluta ed è impugnabile anche per abnormità.


4. Criteri di individuazione della competenza

La competenza va verificata sulla base dei capi di imputazione come contestati al momento dell’esercizio dell’azione penale (Cass., I, n. 5370/1994).


4.1 Titolo del reato e criteri dubbi

In presenza di dubbio tra più titoli di reato, prevale quello più grave, da rimettere al giudice superiore (Cass., I, n. 2040/1993; Cass., n. 18888/2007).


4.2 Pena edittale

L’art. 4 c.p.p. considera:

  • La pena stabilita per il delitto tentato come autonoma;

  • L’irrilevanza della continuazione (art. 81 c.p.) ai fini della competenza;

  • L’irrilevanza della recidiva e delle circostanze attenuanti;

  • La rilevanza delle circostanze aggravanti ad effetto speciale o a pena indipendente.

La pena si calcola applicando l’art. 63, commi 3 e 4, c.p.


4.3 Giurisprudenza rilevante

È irrilevante, ai fini della competenza, la circostanza aggravante indipendente che non comporti un aumento di pena superiore a un terzo (Cass., IV, n. 23700/2020).


5. Profili di diritto intertemporale

In materia processuale, vige il principio tempus regit actum, per cui le leggi processuali si applicano immediatamente ai procedimenti in corso, salvo eccezioni.

In tema di competenza, tuttavia, l’art. 259 disp. trans. stabilisce che il nuovo codice si applica solo ai reati commessi successivamente alla sua entrata in vigore.

5.1 Principi costituzionali

La modifica legislativa della competenza non lede l’art. 25, comma 1, Cost., se avviene con norme generali e non ad personam (Corte cost., n. 56/1967; n. 42/1996).

La Cassazione ha ribadito che la legge processuale non regola i reati, ma i procedimenti (Cass., S.U., n. 3821/2006).


Fonti principali:

  • Relazione al progetto preliminare del c.p.p.;

  • Cordero, Procedura penale, Milano, 2006;

  • Macchia, sub art. 4, in Codice di procedura penale, a cura di Lattanzi-Lupo;

  • Giurisprudenza Cassazione penale e Corte costituzionale (sentenze citate nel testo).

Relazione
Il Capo II, concernente la competenza, presenta alcune significative varianti rispetto alle disposizioni del codice di procedura penale vigente. I provvedimenti sulla giurisdizione e sulla competenza, la rilevabilità nei vari stati o gradi del processo e gli effetti dell'inosservanza delle regole relative alla competenza non sono disciplinati nel presente capo e sono stati collocati nel successivo capo III per consentire una più razionale sistemazione dei casi di incompetenza. Il capo comprende, invece, la norma che regola la competenza per i procedimenti riguardanti magistrati, ormai non più considerata, neanche nel vigente codice, come caso di rimessione dei procedimenti, dopo l'entrata in vigore della legge 22 dicembre 1980, n. 879, con la quale è stato introdotto l'art. 41-bis.

Sotto il profilo sistematico è importante rilevare che, nel Progetto, il tema della connessione è stato introdotto nella sezione III come vera e propria disciplina di criteri attributivi della competenza, riprendendo in tal modo la scelta sistematica del codice di procedura penale del 1913. Tale sistemazione rispecchia una precisa linea di politica legislativa diretta a una rigorosa delimitazione della connessione al fine di non vulnerare il principio costituzionale del "giudice naturale precostituito per legge" (art. 25 comma 1 Cost.).

Anzi, proprio nel rispetto di tale criterio - richiamato dalla delega con "i principi della Costituzione" nell'alinea dell'art. 2 e ispirante numerose direttive della stessa delega: la 14, prima e seconda parte; la 19 - si è costruita la disciplina della connessione, innovando in parte rispetto a quella prevista nel codice di procedura penale vigente. Così, l'istituto è divenuto criterio attributivo della competenza analogo a quello stabilito per materia e per territorio; si sono escluse norme corrispondenti a quelle che nel codice vigente affidano in taluni casi a un organo di competenza superiore, in generale la Corte di Cassazione, la facoltà di stabilire discrezionalmente il giudice competente; si sono, infine, ridotti al minimo i casi di connessione, al fine di evitare i processi cumulativi e di conseguire la massima semplificazione.

La normativa sulla competenza è preceduta da una norma di portata generale (articolo 4) che contiene le regole per determinare la gravità del reato, ai fini della competenza, con riferimento alla pena stabilita dalla legge. Tali regole trovano applicazione sia in tema di competenza per materia, sia in tema di competenza per connessione.

Si è preferita, in luogo del testo del Progetto del 1978 (basato su una direttiva diversa da quella attuale), la formulazione contenuta nell'articolo 32 c.p.p., sostanzialmente identica al contenuto della direttiva 2, prima parte, della delega.

Si è ritenuto, in particolare, di dover reintrodurre l'esplicito riferimento alla pena stabilita per il delitto tentato, tenendo presente l'orientamento della Corte di Cassazione che ha più volte ribadito l'autonomia del delitto tentato ai fini della determinazione della competenza.

È da sottolineare che si è omessa la previsione (contenuta nell'articolo 32 c.p.p.) della rilevanza della diminuente della minore età (art. 98 c.p.), atteso che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 15 luglio 1983, n. 222, la cognizione dei reati a carico di minorenni è attualmente attribuita in via esclusiva al tribunale per i minorenni.

Le massime della Suprema Corte
Cassazione penale , sez. II , 30/06/2022 , n. 30199
La speciale competenza stabilita dall' art. 11 c.p.p. ha natura funzionale e deve essere valutata nel momento in cui è emesso il decreto che dispone il giudizio, sicché, ove legittimamente ritenuta, eventuali successive modifiche delle condizioni che la determinano non influiscono su di essa, in ossequio al principio di economia processuale della perpetuatio iurisdictionis .

Cassazione penale , sez. IV , 02/07/2020 , n. 23700
In tema di individuazione della competenza per territorio in caso di procedimenti connessi, la comparazione dei reati sotto il profilo della gravità va svolta secondo la regola di cui all' art. 4 c.p.p. , con conseguente irrilevanza delle circostanze aggravanti indipendenti che non comportano un aumento di pena superiore a un terzo. (Nella fattispecie è stata esclusa la rilevanza della circostanza aggravante di cui all' art. 74, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ).

Cassazione penale , sez. VI , 22/11/2016 , n. 52550
Ai fini dell'individuazione della competenza per territorio in caso di procedimenti connessi, la comparazione dei reati sotto il profilo della gravità, va effettuata con riguardo esclusivo alle sanzioni edittali, restando priva di rilevanza, nel caso in cui queste si equivalgano, la maggiore o minore entità del danno in concreto provocato dalle singole condotte criminose.

Cassazione penale , sez. V , 19/04/2016 , n. 35153
È abnorme, in quanto determina una indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del Gup che, investito di richiesta di rinvio a giudizio, disponga la restituzione degli atti al P.M. sull'erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio.

Cassazione penale , sez. un. , 31/03/2016 , n. 36272
Ai fini dell'individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell'istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell'art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato .

Cassazione penale , sez. VI , 06/10/2015 , n. 46795
In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, quando si procede per reati diversi da quelli nominativamente individuati per effetto del combinato disposto dagli artt. 168 bis, primo comma, cod. pen., e 550, comma secondo, cod. proc. pen., il limite edittale, al cui superamento consegue l'inapplicabilità dell'istituto, si determina tenendo conto delle aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale criterio risponde ad una interpretazione sistematica che rispetta la voluntas legis - desumibile dal rinvio operato dall'art. 168 bis, comma primo, cod. pen. all'art.550, comma secondo, cod.proc.pen. - di rendere applicabile la messa alla prova a tutti quei reati per i quali si procede con citazione diretta a giudizio dinanzi al giudice in composizione monocratica).

Cassazione penale , sez. I , 23/07/2015 , n. 36336
Ai fini della determinazione della competenza funzionale, deve aversi riguardo esclusivamente alla contestazione formulata dal pubblico ministero, a nulla rilevando eventuali valutazioni in via prognostica, anticipatorie del merito della decisione. (In applicazione del principio, la S.C., risolvendo un conflitto negativo di competenza concernente il reato di cui all'art. 612, comma secondo, cod. pen., ha disatteso il rilievo del Tribunale secondo cui la fattispecie, così come contestata, appariva di competenza del giudice di pace).

Cassazione penale , sez. I , 28/11/2012 , n. 1656
In applicazione del combinato disposto degli art. 4 e 33 bis, comma 2, c.p.p., rientra tra i reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione collegiale il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, circostanziato ai sensi dell'art. 339, comma 2, c.p., da considerarsi come circostanza aggravante ad effetto speciale.

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