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Non referta lesioni encefalitiche e sanguinamento intracranico (TAC): Radiologa condannata

Omissione diagnostica

Il caso di studio riguarda una sentenza della corte di cassazione pronunciata in un procedimento penale a carico di una radiologa accusata di aver cagionato colposamente il decesso di un paziente.

In particolare, al medico veniva contestato di aver con colpa grave escluso la presenza di lesioni encefalitiche e sanguinamento intracranico nella lettura e refertazione della TAC.

All'esito del processo di primo grado, il medico veniva condannato per il reato di omicidio colposo ma la sentenza veniva riformata in assoluzione nel successivo giudizio di appello.

Avverso la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di appello, la parte civile proponeva ricorso per cassazione.

Analizziamo nel dettaglio la decisione della suprema corte.

Autorità Giudiziaria: Quarta Sezione della Corte di Cassazione

Reato contestato: Omicidio colposo ex art. 590 c.p.

Imputato: Radiologo

Esito: Ricorso accolto (solo agli effetti civili) - sentenza n.4903 (ud. 13/09/2022, dep. 06/02/2023)

Indice:

1. La condanna di primo grado

2. La sentenza di assoluzione in appello

3. I motivi di ricorso dei familiari del paziente:

3.1 La radiologa non ha seguito le linee guida

3.2 Sussiste il nesso causale tra condotta e decesso del paziente

3.3 La radiologa ha omesso ogni riferimento alla sfocatura dell'immagine fuoriuscita dalla TAC

3.4 Il reato era prescritto prima della sentenza di assoluzione

4. La difesa della radiologa

5. La decisione della corte:

5.1 Il radiologo deve attenersi alle sue linee guida non a quelle del medico di PS

5.2 La radiologa avrebbe dovuto disporre un approfondimento diagnostico

5.3 Sulla prescrizione vi è carenza di interesse

6. Dispositivo


1. La condanna di primo grado

Con sentenza in data 2.7.2021 la Corte di Appello di Torino ha pronunciato, ad integrale riforma della pronuncia di condanna alla pena di otto mesi di reclusione resa dal Tribunale di Ivrea all'esito del primo grado di giudizio nei confronti di V.G. ritenuta responsabile per colpa grave nella lettura e refertazione della TAC per aver escluso la presenza di lesioni encefalitiche e sanguinamento intracranico del reato di omicidio colposo di un paziente ricoverato nell'ospedale ove la stessa svolgeva attività di radiologa e all'esito dell'esame radiologico dimesso dal medico di Pronto Soccorso, ma invece dopo pochi giorni deceduto a causa di un edema cerebrale, l'assoluzione dell'imputata perché il fatto non costituisce reato.


2. La sentenza di assoluzione in appello

In particolare, la Corte territoriale pronunciatasi a seguito di annullamento con rinvio della Quarta Sezione di questa Corte, che aveva rilevato in relazione alla pronuncia di conferma della condanna resa dalla Corte sabauda in data 7.5.2019, ivi impugnata, che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto verificare, alla luce delle modifiche normative introdotte in tema di colpa medica dal decreto 8.11.2009 n. 189 e della successiva L. n. 24 del 2017 introduttiva dell'art. 590 sexies c.p., "la esistenza di linee guida regolatrici del caso di specie o comunque di buone pratiche clinico-assistenziali, stabilire il grado di colpa tenendo conto del discostamento da tali linee guida o, comunque, del grado di difficoltà dell'atto medico, stabilendo la qualità della colpa (imprudenza, negligenza o imperizia) ed il suo grado al fine di verificare se il caso rientri in una delle previsioni più favorevoli", nonché integrare "dal punto di vista motivazionale anche il giudizio controfattuale", ha ritenuto che i difformi giudizi degli specialisti intervenuti nel processo in relazione alla refertazione della TAC unitamente alla capacità di individuazione della malattia che affliggeva il paziente avesse determinato un'oggettiva difficoltà della prestazione richiesta alla radiologa.

Ha quindi affermato che nei confronti di quest'ultima fosse al più ravvisabile, in relazione all'evento letale, un profilo di colpa lieve, sul piano penale irrilevante, dovendosi semmai ascrivere il mancato rispetto delle linee guida e delle buone pratiche accreditate al medico del Pronto Soccorso, nei confronti del quale non era stata tuttavia esercitata l'azione penale.


3. I motivi di ricorso dei familiari del paziente:

Avverso il suddetto provvedimento la parte civile ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att.