La massima
In tema di guida in stato di ebbrezza, la violazione dell'obbligo di dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia al conducente da sottoporre a prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico esclusivamente su richiesta dalla polizia giudiziaria, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado, ma che deve ritenersi sanata, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 438, comma 6-bis, e 464 c.p.p., in caso di richiesta di rito abbreviato conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna (Cassazione penale sez. IV, 04/11/2021, n.44962).
Fonte: Ced Cassazione Penale
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La sentenza
Cassazione penale sez. IV, 04/11/2021, n.44962
RITENUTO IN FATTO
1. R.F. ricorre contro la sentenza con la quale, in data 9 luglio 2020, la Corte d'appello di Venezia ha parzialmente riformato nel trattamento sanzionatorio, confermandola nel resto, la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova che l'aveva condannato, a seguito di giudizio abbreviato, per i reati di guida in stato d'ebbrezza e di guida sotto l'effetto di stupefacenti (con l'aggravante dell'aver provocato un incidente stradale), commesso in (OMISSIS).
2. Il ricorso consta di due motivi.
2.1. Con il primo motivo di lagnanza, il ricorrente denuncia violazione di legge per il mancato accoglimento dell'eccezione di nullità/inutilizzabilità degli atti processuali per mancato avviso all'imputato di farsi assistere da un difensore di fiducia in occasione del prelievo ematico: la Corte di merito, pur dando atto del contrasto giurisprudenziale formatosi in ordine al termine entro il quale l'eccezione può essere proposta, ha aderito all'indirizzo secondo il quale la richiesta di procedere con rito abbreviato in sede di opposizione a decreto penale di condanna vale a sanare la nullità ex art. 114 disp. att. c.p.p. successivamente dedotta dall'imputato. A fronte di tale indirizzo, tuttavia, il deducente si richiama a quello più recente, ormai divenuto prevalente, secondo il quale il decreto penale di condanna non può ritenersi equivalente alla sentenza di primo grado, con conseguente inapplicabilità a tale fattispecie della previsione di cui all'art. 180 c.p.p.; e, poiché la denunciata nullità è stata eccepita nel corso della discussione svoltasi nell'ambito del rito abbreviato, l'eccezione - successivamente riproposta con i motivi d'appello - risulta tempestiva. Ne' la scelta del rito può, nella specie, valere come sanatoria ai sensi dell'art. 183 c.p.p., non configurando alcuna rinuncia ad eccepire la nullità de qua, né essendovi alcun avvalimento dell'atto omesso o nullo. Il deducente evoca poi la distinzione tra inutilizzabilità "fisiologiche" (sanabili all'atto della scelta negoziale del rito alternativo, in base al dictum di Sez. Unite Tammaro) e "patologiche", riferite agli atti assunti contra legem, per i quali non è ravvisabile alcuna sanatoria. In conclusione della questione in rito, il deducente rappresenta, in subordine, la possibilità di sottoporre il contrasto giurisprudenziale all'esame delle Sezioni Unite. Nel merito della questione, deduce l'esponente che l'esito del prelievo in ordine al presunto stato di alterazione da alcol o stupefacenti era stato richiesto dalla polizia giudiziaria al nosocomio ove il R. fu ricoverato subito dopo l'incidente, come risulta per tabulas dai documenti richiamati nel motivo di ricorso in esame.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso il deducente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La presenza di differenti indirizzi nella giurisprudenza di legittimità, alla quale fa riferimento il ricorrente, è sicuramente superata in base al combinato disposto dell'art. 438 c.p.p., comma 6-bis, entrato in vigore il 3 agosto 2017 (giusta L. n. 103 del 2017), ossia in data antecedente la richiesta di rito speciale formulata dal R. (disposizione in base alla quale la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio) e dell'art. 464 c.p.p., comma 1, come a sua volta riformato dalla citata L. n. 103 del 2017 (che fa espresso richiamo al predetto art. 438, comma 6-bis anche nel caso di richiesta di giudizio abbreviato conseguente a opposizione a decreto penale di condanna).
Pertanto la nullità dedotta dal ricorrente, che è pacificamente a regime intermedio (cfr. Sez. U, Sentenza n. 5396 del 29/01/2015, Bianchi, Rv. 263023), è stata nella specie sanata fin dalla richiesta di procedere nelle forme del giudizio abbreviato, a nulla rilevando la successiva eccezione difensiva.
2. Il secondo motivo è a sua volta inammissibile perché affatto generico - a fronte della motivazione offerta sul punto dalla Corte di merito, affatto adeguata e congrua - e manifestamente infondato laddove denuncia un inesistente ne bis in idem in relazione alla commisurazione della pena per le due violazioni contestate, tra le quali sussiste concorso materiale (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 3313 del 11/11/2011, dep. 2012, Cossi, Rv. 251846) con conseguente cumulo materiale delle pene; ed in relazione alle quali, peraltro, il trattamento sanzionatorio è stato rideterminato in mitius dai giudici dell'appello. Nulla quaestio poi in ordine alla prognosi negativa di astensione dal commettere futuri reati, argomentata dalla Corte lagunare in relazione alla condotta dell'imputato e al fatto che lo stesso è gravato da un precedente specifico.
3. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2021