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I reati tributari: evoluzione normativa e disciplina in vigore

Approfondimenti

I reati tributari: evoluzione normativa e disciplina in vigore

Indice

1. L’evoluzione della normativa

2. Il D.lgs n. 74 del 2000

2.1 La struttura del d.lgs n. 74 del 2000

2.2 Il bene giuridico protetto

3. I delitti

3.1 Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2)

3.2 Dichiarazione fraudolenta mediante altri raggiri (art. 3)

3.3 Dichiarazione infedele (art. 4)

3.4 Omessa dichiarazione (art. 5)

3.5 Omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis)


1. L’evoluzione della normativa

Il diritto penale tributario si compone delle disposizioni volte a punire la violazione delle norme e degli obblighi di natura fiscale gravanti in capo al contribuente in forza della normativa tributaria.

La prima fonte normativa è la l. n. 4 del 1929, “Norme generali per la repressione delle leggi finanziarie”. Questa si ispirava a tre principi:

  • il principio di fissità, di cui all’art. 1 co. 1, in forza del quale la normativa della l. n. 4 del 1929 poteva essere modificata solo per dichiarazione espressa del legislatore;

  • Il principio di ultrattività, per cui le leggi penali tributarie continuavano ad applicarsi anche in seguito a modifica normativa o abrogazione della stessa;

  • Il principio della cd. pregiudiziale tributaria, secondo il quale per i reati tributari l’azione penale poteva avere corso solo dopo che l’accertamento dell’imposta e della relativa sovrimposta fosse divenuto definitivo a norma delle leggi di settore.

Il secondo intervento normativo in ordine di tempo è stata la l. n. 516 del 1982, “Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenza in materia tributaria”.

La detta legge ha introdotto significative novità nel sistema. In specie, da un lato, ha comportato l’eliminazione del principio della cd. pregiudiziale tributaria e, dall’altro, ha introdotto fattispecie incriminatrici connotate da una significativa anticipazione della soglia del penalmente rilevante. Si trattava di una serie di reati che si sostanziavano in mere condotte prodromiche rispetto alla lesione del bene giuridico protetto, consistenti in mere irregolarità formali ovvero violazione procedurali.

La necessità di superare tale normativa si è palesata con l’entrata in vigore della Costituzione che, con l’enunciazione dei principi fondamentali e irreprimibili del diritto penale contemporaneo, si pone in inevitabile contrasto con una normativa, come quella di cui in parola, ove la soglia del penalmente rilevante era fissata prescindendo dal bene giuridico che si intendeva tutelare, consistente nell’interesse economico dell’erario al percepimento dei tributi dovuti.

Con l. n. 500 del 1999 il Parlamento delegò il Governo a innovare il diritto penale tributario, avendo quale obiettivo primario la introduzione di un sistema di repressione ispirato al principio di offensività con la eliminazione di tutte le fattispecie aventi carattere prodromico rispetto alla violazione del bene protetto. Nelle intenzioni del legislatore, pertanto, risultava di primaria rilevanza l’emanazione di un testo legislativo comprensivo di una serie di reati connotati da una significativa offesa al bene giuridico protetto.

La delega è stata attuata con il d.lgs n. 74/2000 che ha importato significative novità: da un punto di vista di teoria generale, ha abolito il principio di ultrattività, così sottoponendo la disciplina del diritto penale tributario agli ordini principi di successione di leggi nel tempo di cui all’art. 2 c.p.; da un punto di vista di politica criminale ha introdotto un sistema di condotte illecite in materia tributaria sanzionate penalmente.

Nei tempi recenti si sono succeduti diversi interventi riformatori del d.lgs n. 74/2000.

Il d.l. n. 138 del 2011 ha comportato una sostanziale riforma della disciplina dei reati tributari in materia si imposte sui redditi e IVA. In particolare le modifiche hanno riguardato l’inasprimento delle sanzioni, la limitazione all’accesso al patteggiamento e l’allungamento dei termini di prescrizione dei reati tributari.

Questo ha condotto a precisi risultati.

L’inasprimento delle sanzioni è stato realizzato mediante l’abbassamento delle soglie di punibilità previsto per i delitti in materia di dichiarazione ed eliminato le ipotesi attenuate di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

La limitazione all’accesso al patteggiamento è stata introdotta per tutti i reati tributari e non solo per le fattispecie più gravi. La modifica è consistita nel consentire al contribuente - imputato di definire la propria posizione mediante patteggiamento ma alla condizione esclusiva che ricorra la circostanza attenuante dell’intervenuto pagamento del debito tributario.

L’allungamento dei termini di prescrizione, invece ha riguardato i soli delitti di cui agli artt. 2 a 10.

Il successivo intervento riformatore è quello avutosi con il D.lgs n. 158 del 2015. Questo, come si legge dalla Relazione governativa che ha accompagnato il testo, ha composto non una revisione e non una firma dello statuto del diritto penale tributario. In particolare l’effetto è stato quello di razionalizzare il D.lgs n. 74 del 2000 e questo, in particolare, è stato possibile attraverso una serie di interventi. Si tratta della rimodulazione delle soglie di punibilità, l’introduzione di nuove ipotesi di non punibilità o di attentati ad effetto speciale e la riscrittura delle fattispecie in tema di dichiarazioni.

L’ultima modifica in ordine di tempo è stata quella della riforma apportata dal d.l. n. 1