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Il gastroenterologo ha l'obbligo di sincerarsi immediatamente degli esiti del referto della TAC?

Responsabilità medica penale


Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 17/05/2018), n.21884

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Bari, con la sentenza in epigrafe, ha riformato la pronuncia, emessa dal Tribunale di Trani il 16 gennaio 2013, con cui T.A. era stato dichiarato responsabile del reato di omicidio colposo, mentre D.M.A., G.F.W. e R.N. erano stati assolti, in relazione al seguente capo di imputazione: reato di cui all'art. 589 c.p., perchè, tenendo le condotte attive ed omissive di seguito descritte, nelle rispettive qualità di primario il G. (in quanto tale tenuto all'indirizzo e alla verifica delle prestazioni di diagnosi e cura riguardanti il caso clinico della Gi., nonchè ad impartire a tal fine le necessarie istruzioni e direttive e ad esercitare la verifica inerente all'attuazione di esse) e di dirigenti medici (gli altri) in servizio presso il reparto di gastroenterologia del presidio ospedaliero di (OMISSIS), per inosservanza delle leggi dell'arte medica gastroenterologica e comunque per imprudenza, negligenza ed imperizia ed inosservanza delle leggi e dei regolamenti concernenti le funzioni e le attribuzioni del personale medico appartenente alla posizione apicale ed intermedia, cagionavano in cooperazione colposa e/o con condotte tra loro causalmente indipendenti, la morte della paziente Gi.Ma.Pi. (n. (OMISSIS)), ricoverata presso quel reparto alle ore 12:30 dell'(OMISSIS), la quale morte si verificava per uno "shock settico da peritonite acuta generalizzata, sostenuta da perforazione di due anse ileali in paziente già sottoposta a bendaggio gastrico laparoscopico e bypass gastro-digiunale". La peritonite anzidetta, a sua volta, derivava da una occlusione intestinale inevitabile (ma possibile e intuibile) conseguenza dell'intervento di by-pass gastro-digiunale subito dalla Gi. in (OMISSIS) e ben conosciuto dai sanitari tranesi. La donna, ricoveratasi in Trani l'(OMISSIS), aveva manifestato sin dal pomeriggio dell'(OMISSIS) tutti i segni clinici di una occlusione intestinale (algie addominali, malessere, stato di malnutrizione, vomito), e ciononostante e nonostante la persistenza di quei sintomi nei giorni successivi, era stata trattata esclusivamente ed incongruamente con una associazione di farmaci antidolorifici, ansiolitici e antipsicotici e con la richiesta di consulenza psichiatrica (anche quando la paziente presentava gravissime condizioni generali), omettendosi invece da parte dei sanitari la tempestiva esecuzione dei doverosi esami clinici (esame TAC, esame UGI, esame RX addome in ortostasi, anche più volte nella stessa giornata) e la doverosa consulenza chirurgica (questa inutilmente richiesta, seppure con urgenza, dalla D.M. soltanto alle ore 20:00 del 16 settembre 2008), esami e consulenza che, ove tempestivamente richiesti ed eseguiti, avrebbero evidenziato la impellente e non procrastinabile necessità dell'intervento chirurgico di viscerolisi (anche in laparoscopia), per recidere le aderenze intestinali prodottesi ed emendare la occlusione intestinale in atto e, in tal modo, salvare la vita della donna.


2. Il fatto è stato ricostruito dai giudici d'appello come segue: Gi.Ma.Pi., affetta da obesità di alto grado, era stata sottoposta ad intervento chirurgico di bendaggio gastrico il (OMISSIS) e ad intervento chirurgico di by-pass gastro-digiunale il (OMISSIS); i due interventi erano stati eseguiti presso la casa di cura "(OMISSIS)" di Bari e presso tale clinica la paziente era stata ricoverata, per accertamenti, il (OMISSIS), accusando epigastralgie; diagnosticata la sindrome aderenziale addominale, in data 16 gennaio 2008 era stata sottoposta ad intervento chirurgico di viscerolisi, rimozione del bendaggio gastrico con drenaggio di ascesso e rimozione del "port"; dopo un ulteriore ricovero presso la predetta clinica in data (OMISSIS), la Gi. si era determinata a rivolgersi il 6 agosto 2008 al Presidio Ospedaliero di (OMISSIS) ed era stata ricoverata nel reparto di gastroenterologia; a seguito di una serie di indagini diagnostiche e di laboratorio, era stata posta diagnosi di "malnutrizione e crisi subocclusive in paziente sottoposta a bendaggio e by-pass gastrico. Dolicocolon. Gastrite del moncone gastrico residuo. Ernia discale L5-51"; la paziente era stata dimessa con prescrizione terapeutica e consigli dietetici il (OMISSIS); in data (OMISSIS) si era recata al Pronto Soccorso del medesimo nosocomio ed era stata ricoverata nel reparto di gastroenterologia per "algie addominali resistenti alla terapia analgesica in corso e feci picee"; all'ingresso nel reparto continuava a presentare algie addominali, con alvo canalizzato ai gas e riferito vomito di succhi gastrici; le era stata somministrata terapia analgesica e, alle ore 22:00, data la comparsa di uno stato ansioso agitato, terapia ansiolitica; nel diario infermieristico si era riportato che la paziente, dalle ore 20:30, aveva cominciato ad agitarsi, mettendosi stesa per terra e spogliandosi e che, contattata telefonicamente la Dott.ssa R., si era eseguito un flacone di ansiolitico; il (OMISSIS) la Gi. era stata sottoposta ad esofago-gastro-duodeno-scopia, che aveva confermato il quadro emerso in agosto di "iperemia della rima anastomotica"; era stata, quindi, chiesta consulenza psichiatrica urgente; nel diario clinico non si era fatta menzione dell'alvo, mentre nel diario infermieristico si era riportato "feci in visione"; il 13 settembre 2008 la paziente aveva continuato ad essere agitata ed a presentare algie addominali, per cui i sanitari avevano proseguito terapia analgesica ed avevano aumentato la terapia ansiolitica; il 15 settembre era stata iniziata la terapia antibiotica e, nella notte tra il (OMISSIS), la paziente aveva assunto di sua iniziativa il farmaco Lexotan; alle ore 14:30 del 16 settembre 2008 le condizioni cliniche della donna erano peggiorate, con sensazione di malessere, sudorazione profusa ed importante calo pressorio, per cui i sanitari avevano somministrato terapia cortisonica e plasma-espansiva richiedendo consulenza cardiologica urgente; il cardiologo aveva richiesto esami ematici d'urgenza, enzimi cardio-specifici, D-dimero e TAC torace e addome urgente; i sanitari dl reparto avevano, quindi, chiesto esame TAC urgente; alle ore 17:00 la paziente continuava a lamentarsi per le algie addominali e i sanitari del reparto avevano sollecitato consulenza psichiatrica; alle ore 20:00 i sanitari del reparto avevano preso visione del referto della TAC e richiesto consulenza chirurgica urgente; alle ore 20:45 il chirurgo aveva riscontrato condizioni generali gravi ed aveva preso in carico la paziente, somministrando terapia medica e sondino naso-gastrico senza procedere ad intervento chirurgico; alle ore 7:10 del (OMISSIS) era stato constatato il decesso della paziente.


3. Sul dato, pacifico, che la morte di Gi.Ma.Pi. fosse ascrivibile a "shock da peritonite per perforazioni intestinali in paziente con quadro di sindrome aderenziale intestinale e volvolo intestinale in torsione", la Corte di Appello, investita del giudizio di secondo grado su appello del pubblico ministero e del difensore di T.A., ha disposto procedersi a perizia medico-legale collegiale, ai cui esiti i giudici si sono affidati nella decisione.


Si è, dunque, affermato che la condotta attendista dei medici, G. e R., che avevano seguito la paziente sino al 13 settembre 2008, fosse corretta, in considerazione della situazione clinica tranquillizzante e della storia anamnestica della donna.


3.1. Per altro verso, si è accertato che il Dott. T. non fosse il medico di turno allorchè le condizioni cliniche della paziente erano bruscamente peggiorate, sicchè non poteva ritenersi in alcun modo responsabile dell'evento.


L'attenzione dei periti si è concentrata, piuttosto, sul succedersi degli eventi a decorrere dal 16 settembre 2008, allorchè nella cartella clinica si era annotato che la paziente aveva assunto nella notte circa 2/3 di boccetta di Lexotan di sua iniziativa e continuava ad essere irrequieta e che, alle 14:30, presentava sudorazione profusa, malessere generale, PA 60/40.


3.2. In tale contesto, si è rilevato che la consulenza cardiologica richiesta con urgenza aveva suggerito, oltre agli esami ematici ed enzimatici d'urgenza, anche una TAC torace e addome urgente, e che tale indicazione fosse stata raccolta dal curante Dott.ssa D.M., con relativa richiesta in via d'urgenza. Tuttavia, la TAC, sebbene eseguita alle ore 16:36 (come emergeva dall'orario 12 presente sui radiogrammi), non era stata trasmessa al reparto e dalla cartella clinica emergeva che alle ore 17:00 la Dott.ssa D.M. si fosse limitata a rilevare la persistenza dei dolori addominali ed a sollecitare una consulenza psichiatrica, prendendo visione del referto della TAC solo alle ore 20:00. Secondo i giudici, il gastroenterologo avrebbe avuto l'obbligo di sincerarsi in tempi rapidi degli esiti di tale esame, onde intervenire con terapia antibiotica e chiedere la consulenza chirurgica in tempo utile ad evitare il decesso della paziente, posto che in caso di perforazione intestinale con peritonite la tempestività del trattamento (terapia antibiotica ed intervento chirurgico) è uno dei fattori che maggiormente influenza il prognostico.


3.3. Sebbene la prova testimoniale avesse dimostrato che la dott.ssa D.M. si fosse recata più volte in radiologia per ottenere il referto dell'esame TAC, non ottenendolo per il comportamento negligente del radiologo dott. gi., che si era allontanato, i giudici hanno rilevato che di tale attività non vi fosse traccia nella cartella clinica, dalla quale invece la D.M. risultava aver sollecitato la consulenza psichiatrica, e che, secondo i periti, in ogni caso le condizioni della paziente avrebbero dovuto indurre il gastroenterologo a sollecitare, piuttosto, una visita chirurgica urgente pur in assenza del referto della TAC.


3.4. Per tali ragioni, i giudici di appello non hanno condiviso le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale, che aveva escluso la colpa della dott.ssa D.M. a fronte della negligenza del radiologo, sottolineando che non vi fosse la prova di quanto tempo fosse trascorso "tra i due/tre solleciti rivolti dalla D.M. al gi. o tra la ricezione da parte della D.M. della notizia dell'irreperibilità del gi. e l'attivazione della stessa per contattare il Dott. N.", che aveva raggiunto il nosocomio alle ore 19:30 e rilasciato il referto alle ore 20:00 circa. A fronte di tale impasse l'imputata, secondo i giudici di appello, avrebbe dovuto chiedere il consulto di un chirurgo, atteggiandosi altrimenti la sua condotta in termini di negligenza, con sicura incidenza eziologica nel determinare il decesso della paziente.<