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La disciplina dei reati tributari aggiornata alla Legge n.157 del 2019



Sommario:


1. Premessa.

La legge 19 dicembre 2019, n. 157, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 301 del 24 dicembre 2019, ha convertito con modificazioni il decreto legge 26 ottobre 2019; intitolato “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili".

L'art. 39 del d.I. è intervenuto sul testo del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è recante “Nuova disciplina dei reati in materia: di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205", a distanza di quasi cinque anni dalla riforma compiuta dal d. Igs. 24 settembre 2015, n. 158. In particolare, con questa disposizione: - sono state innalzate le cornici edittali delle principali fattispecie penal - tributarie; - sono state previste alcune circostanze attenuanti; - sono state abbassate le soglie di rilevanza penale dell'imposta evasa o degli elementi attivi sottratti all'imposizione; - è stata estesa la confisca “in casi particolari” prevista dall'art. 240- bis cod. pen. a specifiche figure di reati tributari; - sono state inserite alcune fattispecie penal - tributarie nel catalogo dei reati ‘“presupposto” della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato ex d.Igs. n. 231 del 2001.

L'obiettivo perseguito è rappresentato dall'inasprimento della risposta penale all'illecito fiscale, con il potenziamento, in particolare, degli strumenti cautelari reali adoperabili.

L'art. 39, comma 3, d.l. n. 124 del 2019, in particolare, dispone che le novità sopra elencate hanno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto, che è intervenuta il 24 dicembre 2019, mentre le disposizioni di cui alla lett. q) dell'art. 39, comma 1, concernenti l'estensione ai reati tributari della confisca “in casi particolari” o “allargata” si applicano esclusivamente alle condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

E’ stato emanato, pertanto, un provvedimento “ad urgenza differita”, che potrebbe comportare la necessità di valutare l'effettiva sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza caratterizzanti le materie fatte oggetto di decretazione governativa ai sensi dell'art. 77 Cost.


2. La modifica del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000).

L'art. 39, comma 1, lett. a) e b), d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, ha riformato il delitto di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, di cui all'art. 2 del d.igs. n. 74 del 2000. Questa disposizione, com'è noto, punisce chiunque, per evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi. La fattispecie penale non richiede il superamento di alcuna soglia di ‘punibilità e, dunque, trova applicazione qualunque sia l'ammontare di imposta evaso.

La norma, inoltre, nel riferirsi all'uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo (Sez. 3, n. 4236 del 18/10/2018, dep. 2019, Di Napoli, Rv. 275692; in precedenza, Sez. 3, n. 27392 del 27/04/2012, P.M. in proc. Bosco e altro, Rv. 253055). i Ai fini della configurabilità del reato, inoltre, è necessario il dolo specifico, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l'evento tipico (la presentazione della dichiarazione).

Tale elemento soggettivo, secondo un indirizzo giurispruderiziale, è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell'accettazione del rischio che l'azione di presentazione. della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l'evasione delle imposte dirette o dell'Iva (Sez. 3, n. 52411 del 19/06/2018, B., Rv. 274104).

L'art. 2, comma 2, della stessa disposizione precisa che, affinché sia configurabile la fattispecie penale, tali fatture o tali documenti devono essere registrati nelle scritture contabili obbligatorie ovvero detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

L'utilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti, infatti, costituisce un ante factum meramente strumentale alla realizzazione dell'illecito (Sez. 3, n. 53318 del 20/07/2018, Verdiglione, Rv. 274424).

L'art. 39, comma 1, lett. a), del d.I. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, ha elevato la pena edittale, prevedendo la reclusione da 4 a 8 anni (laddove era ricompresa nella forbice da un anno e 6 mesi a 6 anni). L'art. 39, comma 1, lett. b), del medesimo d.l., poi, ha inserito nella norma il nuovo comma 2-bis in base al quale la pena è più bassa (ovvero si mantiene la pena attuale, della reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni) quando l'ammontare degli elementi passivi indicati è inferiore a euro 100.000. E’ stata introdotta, pertanto, una soglia di euro 100.000 di false fatturazioni superata la quale l’illecito è ritenuto di maggiore gravità. AI di sotto di tale soglia opera la disciplina attuale.

Per tale ragione, pare preferibile ritenere che la norma in esame abbia introdotto una circostanza attenuante.

Del resto, già alla previsione di cui all'art. 2, comma 3, d.igs. 10 marzo 2000, n. 74, secondo cui “se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a lire trecento milioni, si applica la reclusione da sei mesi a due anni" - applicabile ai fatti anteriori al 14 settembre 2011, in quanto abrogata dal d.l. n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011 -, era attribuita natura di circostanza attenuante del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui al comma primo della stessa disposizione (Sez. 3, n. 5720 del 7/01/2016, P.M. in proc. Scarfato, Rv. 265948; Sez. 3, n. 20529 del 20/04/2011, P.M. in proc. Romiti, Rv. 250339; Sez. 3, n. 25204 del 08/05/2008, PM in proc. Lunetto, Rv. 240247; contra, Sez. 3, n. 23064 del 6/03/2008, Palamà ed altro, Rv. 239919).

In senso contrario, la natura di reato autonomo della fattispecie di cui all'art. 39, comma 1, lett. b), d.l. n. 124 del 2019 potrebbe essere argomentata dalla | previsione dell'art. 25-quinguiesdecies d.lgs. n. 231 del 2001, introdotto dall'art. - 39, comma 2, d.l. n. 124 del 2019, che, inserendo il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti tra i delitti - presupposto della responsabilità degli enti, ha distinto le due ipotesi di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 come se si trattasse di reati diversi, riconducendo ad esse differenti sanzioni.

Appare opportuno aggiungere che l'art. 39, comma 1, lett. q), sempre nel caso in cui sia integrato il reato suddetto, prevede l'applicazione della confisca “in casi particolari" di cui all'art. 240-bis cod. pen. (rendendo possibile, di conseguenza, il ricorso al sequestro cautelare prodromico a detta confisca), ma v soltanto quando “l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila".

Come già indicato, l'art. 39, comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, inoltre, ha introdotto il nuovo art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. n. 231 del 2001, che individua il delitto in esame come reato - presupposto della responsabilità degli enti,

E’ stabilita la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall'articolo 2, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, mentre, per la fattispecie prevista dall'art. 2, comma 2-bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.

L'art. 39, comma 1, lett. q-bis, inoltre, ha esteso la causa di non punibilità di cui all'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 anche al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di documenti per operazioni inesistenti.

L'integrale pagamento del debito tributario deve intervenire, a seguito del ravvedimento operoso, prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

E’ stato segnalato che, anche dopo la riforma, la fattispecie penale in. esame non richiede alcuna specifica soglia di punibilità e, dunque, trova applicazione qualunque sia l'ammontare di imposta evaso.

Questo tema è stato recentemente affrontato dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 95 del 2019, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale, rilevando che ia configurazione delle fattispecie criminose e la determinazione della pena costituiscono materia affidata alla discrezionalità del legislatore, le cui scelte sono censurabili, in sede di sindacato di legittimità costituzionale, solo ove sconfinino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio.

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che l'art. 2 d.Igs. n. 74 del 2000 intende “isolare”, tra i mezzi fraudolenti utilizzabili a supporto di una dichiarazione mendace, uno specifico artificio ritenuto, sulla base dell'esperienza, particolarmente insidioso per gli interessi dell'erario, rappresentato dalla falsa fatturazione intesa a comprovare operazioni in tutto o in parte non eseguite - in assoluto, o dai soggetti ai quali esse vengono riferite - ovvero con corrispettivi o IVA “gonfiati”, in funzione di una indebita deduzione di costi o detrazione.

L'intento del legislatore di contrastare con rigore il fenomeno si manifesta, a parere della Corte, nella mancata previsione di soglie di punibilità per il delitto.

Ciò riguarda anche le imposte dirette, peraltro, in quanto la fattura (o il documento equiparato) assolve un ruolo di rilievo, costituendo io strumento tipico attraverso il quale il contribuente attesta il proprio diritto a dedurre voci di spesa dalla propria base imponibile o a effettuare detrazioni dall'imposta, in conformità a quanto previsto dalla legislazione tributaria.

La Consulta, pertanto, non ha considerato arbitraria la scelta legislativa di riservare alla fattispecie un trattamento distinto e più severo di quello prefigurato in rapporto alla generalità degli altri artifici dei quali si occupa l’art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000, che tra l’altro costituisce una norma sussidiaria - a parere della Corte - in quanto fa esplicitamente salve le disposizioni di cui al precedente art. 2.

L'inasprimento della risposta sanzionatoria, infine, rende ancor più delicato il tema della distinzione dell’area operativa della fattispecie criminale in esame rispetto alla figura limitrofa disciplinata dall'art. 3 d.Igs. n. 74 del 2010.

AI riguardo, di recente la Corte di cassazione ha ritenuto che, anche dopo la riforma dell'art. 3 del d.lgs. n. 74 del 2000 operata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, è configurabile il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all'art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 del 2000, ogni qualvolta il contribuente, per effettuare una dichiarazione fraudolenta, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni realmente non effettuate, non rilevando la circostanza che la falsità sia ideologica o materiale (Sez. 3, n. 6360 del 25/10/2018, dep. 2019, Capobianco, Rv. 275698; cfr., in precedenza Sez. 3, n. 46785 del 10/11/2011, P.M. in proc. Acitorio Rv. 251621; Sez. 3, n. 2156 del 18/10/2011, dep. 2012, P.M. in proc. Iossa e altro, Rv. 251877).

Il riferimento a talune ipotesi di fatturazione, contenuto nell'art. 3, comma 3, ‘di tale decreto legislativo dopo la riforma citata, infatti, non ha inciso sul rapporto di specialità reciproca esistente tra il reato di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, in quanto, accanto ad un nucleo comune costituito dalla presentazione di una dichiarazione infedele, il primo presuppone l'utilizzazione di fatture o documenti analoghi relativi ad operazioni inesistenti, mentre il secondo, l'impiego di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l'accertamento e il raggiungimento della soglia di punibilità (Sez. 3, n. 6360 del 25/10/2018, dep. 2019, Capobianco, cit.).

Il discrimine tra i reati previsti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 74 del 2000, più in particolare, non è dato dalla natura dell'operazione, ma dal modo in cui essa è documentata (Sez. 3, n. 38185 del 11/04/2017, Pozzi, Rv. 270692).


3. La modifica del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000).

L'art. 39, comma 1, lett. c), d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, ha innalzato la pena per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici previsto dall'art. 3 d.Igs. n. 74 del 2000. l La fattispecie, come è noto, si applica fuori dai casi previsti dall'art. 2 del medesimo d.igs., a chiunque, al fine di evadere ie imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello ‘effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 30 mila euro;

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione è superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a 1,5 milioni di euro, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti. e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al 5% dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a 30 mila euro.

La giurisprudenza ha chiarito che il reato in esame, come modificato dall'art. 3 d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, è caratterizzato da struttura bifasica, nel senso che la condotta è articolata in due segmenti, presupponendo la compilazione e la presentazione di una dichiarazione mendace nonché la realizzazione di una attività ingannatoria prodromica.

Nel caso in cui quest'ultima sia posta in essere da altri, il soggetto agente ne deve avere consapevolezza al momento della presentazione della dichiarazione (Sez. 3, n. 15500 del 15/02/2019, Valente, Rv. 275902).

Di recente, è stato ritenuto che il rilascio, da parte di professionista abilitato, di un mendace visto di conformità o di un'infedele certificazione tributaria, di cui rispettivamente agli artt. 35 e 36 d.lgs. 9 luglio 1997 n. 241, ai fini degli studi di settore, costituisce un mezzo fraudolento, idoneo ad ostacolare l'accertamento e ad indurre l'amministrazione finanziaria in errore, tale da integrare il concorso del professionista nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (Sez. 3, n. 19672 del 13/03/2019, Cartechini, Rv. 275998). La pena edittale di questo illecito, per effetto della riforma del 2019, è passata dalla reclusione da un anno e sei mesi a sei anni alla reclusione da tre a otto anni.

L'art. 39, comma 1, lett. q), del medesimo d.l., poi, ha previsto anche per questo reato la confisca allargata, ma solo quando l'imposta evasa è superiore a euro 100.000. L'art. 39, comma 1, lett. q-bis, inoltre, ha esteso la causa di non punibilità di cui all'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 anche al delitto di dichiarazione fraudolenta in esame.


4. La riforma del delitto di dichiarazione infedele (art. 4 d.igs. n. 74 del 2000).

L'art. 39, comma 1, lett. d), e), f) e g), d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, ha modificato sotto diversi aspetti l'art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 che incrimina il delitto di dichiarazione infedele.

Questa fattispecie, già ampiamente modificata anche dalla riforma del d.lgs. n. 158 del 2015, com'è noto, si applica in via residuale rispetto ai delitti di dichiarazione fraudolenta di cui agli art. 2 e 3 d.lgs. n. 74 del 2000, punendo chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 150.000 euro (fino al 2015 la soglia era fissata a 50.000 euro);

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, 0, comunque, è superiore a 3 milioni di euro (fino al 2015 la soglia del valore degli elementi attivi sottratti all'imposizione era di 2 milioni).

Il delitto di dichiarazione infedele integra un reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale, non rilevando l'eventuale presentazione di una successiva dichiarazione integrativa (Sez. 3, n. 23810 del 8/04/2019, Versaci, Rv. 275993). Il carattere residuale del reato esclude il concorso con il delitto di frode fiscale, previsto dall'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, quando la condotta materiale abbia ad oggetto la medesima dichiarazione, mentre non opera nel caso in cui siano contestate condotte diverse, una per le omissioni di elementi attivi del reddito e l'altra per elementi passivi inesistenti (Sez. 3, n. 41260 del 17/01/2018, S., Rv. 274068). integrato, dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 158 del 2015, dalle condotte di annotazione di componenti positivi del reddito in misura inferiore a quella reale (con superamento della soglia di evasione di imposta), di indebita riduzione dell'imponibile con l'indicazione di costi inesistenti (e non più fittizi), e di sottofatturazione; non assume peraltro rilievo, nella valutazione sulla divergenza dei valori indicati, la mera violazione dei criteri di competenza e di inerenza di ricavi e di costi oggettivamente esistenti (Sez. 3, n. 30686 del 22/03/2017, Giannotte, Rv. 270294).

L'art. 39, comma 1, lett. d), del d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, ha innalzato la pena edittale, fissando la cornice compresa tra due anni di . reclusione e quattro anni e sei mesi di reclusione; - abbassato le soglie di punibilità del reato intervenendo tanto sul valore dell'imposta evasa (da 150 mila a 100 mila euro) quanto su quello degli elementi attivi sottratti a imposizione (da 3 a 2 milioni di euro); la soglia dei 2 milioni di euro era già prevista dall’originaria formulazione del d.lgs. n. 74 del 2000, in vigore fino alla riforma del 2015. Per il reato di cui all'art. 4 d.igs. n. 74 del 2000, invece, non è stata prevista l'applicazione della confisca “allargata”.

La riforma del 2015 ha aggiunto all'art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 due ulteriori commi. In particolare, secondo l'art. 4, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, ai fini della configurabilità del reato, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

Secondo l'art. 4, comma 1-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, inoltre, fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.

Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dallo stesso art. 4, comma 1, lett. a)e b).

L'art. 39, comma 1, lett. g), d.I. n. 124 del 2019 ha modificato quest’ultima disposizione che esclude la punibilità quando le valutazioni differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette. L'esclusione di punibilità rimane solo quando le valutazioni complessivamente considerate (e non singolarmente considerate) differiscono da quelle corrette in misura inferiore al 10% da quelle corrette.


5. Le modifiche al delitto di omessa dichiarazione (art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000).

L'art. 39, comma 1, lett. h) ed i), d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, è intervenuto sul delitto di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000. Questa fattispecie - anch'essa modificata nel 2015 - punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore a euro 50.000.

Il reato in esame, inoltre, è configurabile anche per il sostituto d'imposta che omette la dichiarazione quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore a euro 50.000.

Non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 74. del 2000).

Secondo la giurisprudenza, pertanto, il momento consumativo del delitto di omessa dichiarazione va fissato alla scadenza del termine dilatorio. di novanta giorni concesso al contribuente per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario (Sez. 3, n. 36387 del 12/06/2019, Litardi, Rv. 276884).

A tale momento di consumazione va fatto riferimento ai fini dell'individuazione della soglia di punibilità, che è stata modificata nel 2011 e nel 2015 (Sez. 3, n. 19647 del 20/02/2019, li Muli, Rv. 275747).

Con la riforma introdotta dal d.l. n. 124 del 2019 sono state innalzate le pene per l'’omessa dichiarazione del contribuente e per l'omissione del sostituto d'imposta. La forbice edittale è stata fissata tra 2 e 5 anni di reclusione.


6. Le modifiche al delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000).

Con l'art. 39, comma 1, lett. 1) e m), d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, è stato modificato il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all'art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, che punisce chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Con riferimento alla configurabilità di questo illecito, di recente, è stato ribadito che non è necessario, sotto il profilo soggettivo, che il fine di favorire l'evasione fiscale di terzi attraverso l'utilizzo delle fatture emesse sia esclusivo, essendo integrato anche quando la condotta sia commessa per conseguire anche un concorrente profitto personale (Sez. 3, n. 39316 del 24/05/2019, Tosi, Rv. 277162), così come è stato ribadito che la disposizione prevista dall'art. 9 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che, ali fine di evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte, esclude la configurabilità del concorso di chi emette la fattura per operazioni inesistenti nel reato di chi se ne avvale e viceversa, non impedisce il concorso nell'emissione della fattura, secondo le regole ordinarie dell'art. 110 cod. pen., di soggetti diversi dall'utilizzatore (Sez. 3, n. 51468 del 18/06/2018, Mori, Rv. 274208).

Il delitto in esame, inoltre, è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell'ultima di esse, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest'ultimo loutilizzi (Sez. 3, n. 47459 del 05/07/2018, Melpignano, Rv. 274865).

Anche in questo caso, con il d.l. n. 124 del 2019 la pena è stata aumentata, analogamente a quanto fatto per il parallelo delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

La cornice edittale è adesso fissata da 4 a 8 anni di reclusione.

Nell'art. 8 d.igs. n. 74 del 2000, poi, è stato inserito un comma 2-bis che prevede un'attenuante e che, quindi, fissa una pena più bassa, corrispondente a quella previgente (ovvero reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni), quando. l'importo indicato nelle fatture o nei documenti e relativo ad operazioni inesistenti è inferiore, per il periodo d'imposta considerato, ad euro 100.000.

L'art. 39, comma 1, lett. q), poi, ha esteso l'istituto della confisca allargata anche a questo reato, ma solo quando l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro 200.000.

Dunque, mentre per l'applicazione della pena più grave è sufficiente che gli elementi passivi fittizi ammontino a 100 mila euro, per l'applicazione della confisca allargata tale importo deve essere raddoppiato.


7. La modifica al delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 d. Igs. n. 74 del 2000).

L'art. 39, comma 1, lett. n), d.l. n. 124 del 2019, conv. in legge n. 157 del 2019, ha innalzato la pena detentiva per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all'art. 10 d.Igs. n. 74 del 2000, portando il minimo edittale da un anno e sei mesi a 3 anni e il massimo edittale da 6 a 7 anni.

Questa fattispecie si applica in via residuale, ove non ricorra un più grave reato, e punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta. o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

Non è stata prevista l'applicazione, nel caso in cui sia compiuto questo delitto, dell'istituto della confisca allargata; la commissione del delitto, invece, può dar luogo a responsabilità amministrativa dell'ente (con una sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote).


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