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La persona offesa mente in una parte della deposizione: L'imputato va assolto.

Si sottopone all'attenzione dei lettori questa pronuncia della corte di appello di Napoli che non ha applicato il principio di scindibilità delle dichiarazioni della P.O., riformando la sentenza di prima grado ed assolvendo l'imputato.

Corte appello Napoli sez. III, 09/03/2022, (ud. 14/02/2022, dep. 09/03/2022), n.2081


Svolgimento del processo

L'udienza del 22.1.2018 è rinviata al 16.5.2018 per precaria composizione del collegio.


All'udienza del 16.5.2018, la p.c. deposita documenti che la Corte riserva di acquisire; l'udienza è poi rinviata al 14.11.2018 su richiesta delle difese, con sospensione della prescrizione per giorni 182.


All'udienza del 14.11.2018 è separata la posizione dell'originario coimputato Si. Ge., condannato per il capo 3), per definizione con sentenza ex art. 72 bis c.p.p. (che sarà emessa il 28.1.2019). L'udienza è poi rinviata al 13.5.2019, per impedimento fisico di un difensore, con sospensione della prescrizione per giorni 60 più la durata dell'impedimento (dal 14.11.2018 al 26.12.2018), per complessivi giorni 102.


L'udienza del 13.5.2019 è rinviata al 25.11.2019 per sentire la p.c., Le. Lu..


L'udienza del 25.11.2019 è rinviata al 18.5.2020 per impedimento fisico di Le. Lu..


L'udienza del 18.5.2020 è rinviata al 25.1.2021 a causa del Covid (decreto del Presidente della Corte n. 209/2020).


All'udienza del 25.1.2021 Le. Lu. è esaminato, con rinvio al 22.3.2021 per il controesame delle parti.


All'udienza del 22.3.2021, terminato il controesame della p.c., vi è rinvio al 10.5.2021.


L'udienza del 10.5.2021 è rinviata all'11.10.2021 per precaria composizione del collegio.


All'udienza dell'11.10.2021, ammessi parzialmente i documenti prodotti dalla PC, si rinvia per conclusioni al 13.12.2021.


All'udienza del 13.12.2021 concludono PG e PC, con rinvio al 14.2.2022.


All'udienza del 14.2.2022, dopo le dichiarazioni dell'imputato SI. GA., concludono i difensori di tutti gli imputati (appellanti e appellati).


Le sospensioni della prescrizione, in secondo grado, sono pari a giorni 284.


La sospensione della prescrizione, in primo grado, è pari a giorni 28 (cfr. pag. 5 della sentenza appellata).


Il totale delle sospensioni, in primo e secondo grado, è pari a giorni 312.


Motivi della decisione

- Avverso la sentenza di primo grado propone tempestivo appello la Procura Generale presso la Corte di appello di Napoli, che avanza le seguenti richieste.


Condanna di Ca. Do., Ci. Pa., Ca. Vi. per i capi 1) e 2); condanna di Si. Ga. e Si. Al. per il capo 4); condanna di Ru. Do. per il capo 5); condanna di Ma. Lu. per i capi 6) e 7).


- Avverso la sentenza di primo grado propone tempestivo appello l'originario difensore della parte civile, il quale avanza le seguenti richieste.


Affermazione della responsabilità penale degli imputati sopra indicati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti e conseguente condanna al risarcimento del danno subito dalla P.C.


Il nuovo difensore della P.C. deposita memoria scritta all'udienza del 13.12.2021.


- Avverso la sentenza di primo grado propone tempestivo appello il difensore di SI. GA. e SI. AL. (condannati per il capo 3); il difensore avanza le seguenti richieste. Assoluzione degli imputati dal capo 3).


Derubricazione nel reato ex art. 393, co. 3, c.p.


Riduzione della pena con concessione delle circostanze attenuanti generiche e beneficio della pena sospesa.


Il collegio rigetta gli appelli di PG e PC, accoglie l'appello della difesa di Si. Ga. e Si. Al..


Preliminarmente va rilevato che l'appello del PG (che consta di due pagine scritte a mano) contiene un riferimento alla richiesta di impugnazione della PC ai sensi dell'art. 572 c.p. che, in quanto mero richiamo per relationem, è da ritenersi inammissibile alla stregua della concorde giurisprudenza (Sez. V, n. 41782/2016; Sez. III, n. 15205/2019).


Del pari viziato da genericità intrinseca è la censura dell'appellante PG laddove deduce che le vicende oggetto di giudizio sono "contrassegnate dalla particolarità dei rapporti familiari del Le. con il padre e i fratelli": l'appellante, infatti, non indica in cosa consista concretamente siffatta "particolarità".


Sempre in via preliminare va fatto un riferimento alla concorde giurisprudenza di legittimità in tema di obbligo per il giudice di appello di adottare una "motivazione rafforzata" sia nel caso di riforma della sentenza assolutoria (come richiesto da PG e PC) che di riforma della sentenza di condanna (come richiesto dalla difesa di Si. e Si.).


"In tema di motivazione della sentenza d'appello per la riforma di una pronuncia assolutoria, non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale già acquisito in primo grado, caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella del primo giudice, ma occorre, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, anche in caso di impugnazione proposta dalla parte civile per le sole statuizioni civili" (Sez. V, n. 54300/2017); "in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna pronunciata in primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, deve, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del decisum impugnato, mettere in luce le carenze e le aporie, che ne giustificano l'integrale riforma" (sez. II, n. 50643/2014).


Si affronta ora il tema della tardività della denuncia sporta per i fatti oggetto del presente processo da Le. Lu. (il (omissis)) a fronte della denuncia del (omissis) per (analoghe) estorsioni subite dallo stesso Le. presso altro negozio a lui riconducibile, sito in (omissis) (zona del (omissis)); questa denuncia del (omissis) ha portato alla condanna, passata in cosa giudicata, degli estorsori giusta sentenza del Tribunale di Nola del 31.5.2010.


Secondo il Tribunale non vi sarebbe ragionevolezza nel comportamento della PC perché questa, pur avendo già subito le estorsioni dei capi 1), 5), e 6) (relative ai negozi di (omissis) e (omissis)), non si decise a denunciarle fin dall'anno (omissis), quando prese la decisione fondamentale di presentare la denuncia contro gli estorsori del negozio di (omissis).


La giustifica di tale comportamento della PC, dedotta in sede di appello del suo difensore (pag. 2 dell'atto di impugnazione), rafforzata dalla memoria del nuovo difensore (alle pagg. 1 e 2), è la seguente: le estorsioni subite dall'attività di (omissis) avvengono in territorio (omissis) e la conseguenza della denuncia fu la chiusura di tale negozio, mentre il Le. ha tentato di mantenere in piedi le altre attività commerciali di (omissis) e (omissis) (estranee al contesto (omissis)), attività da sempre radicate in quei luoghi, ed ha ritardato la denuncia solo per scongiurare la chiusura anche di questi punti vendita.


L'argomento della P.C. ha una sua consistenza, ma non tale da far ritenere del tutto implausibile il percorso motivazionale del primo giudice, che pure poggia su un dato logico: se un soggetto decide di denunciare i suoi estorsori in una certa zona commerciale (il (omissis)), compie una scelta fondamentale, ed anche rischiosa, di esporsi a conseguenze, anche serie, per sé e le sue attività, di guisa che sarebbe logico pretendere che denunci il complesso delle estorsioni di cui è vittima, senza distinzioni di zone geografiche dei punti vendita.


Va comunque evidenziato che, a parere del collegio, al di là della questione della tardività o meno della denuncia, il dato che mina l'attendibilità del Le. Lu. è un altro: le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Le. An., cugino di Le. Ro., padre di Le. Lu. (dichiarazioni dettagliatamente riportate alle pagg. 18 e 19 della prima sentenza).


Le. An., già riconosciuto in altre pronunce giudiziarie come collaboratore degno di attendibilità, riferisce che Le. Ro., padre della PC., ha ricevuto nel passato molti soldi (ben 5 miliardi di lire) da Pa. Di La., esponente di vertice del clan omonimo, nonché ulteriori dazioni di danaro da altri personaggi di clan malavitosi con cui era in buoni rapporti; precisa il cdg. che in occasione di alcune dazioni di danaro era presente anche il figlio di Le. Ro., cioè l'odierna PC; soggiunge che le aziende facenti capo a Le. Ro., poi passate nella gestione del figlio Le. Lu., non hanno mai pagato tangenti.


Se è pur vero che la PC ha prontamente reagito, a livello giudiziario, avverso le affermazioni (ritenute calunniose) del Le. An., restano comunque i seguenti dati di fatto: Le. Ro. è persona legata alla criminalità (la stessa PC appellante lo definisce "persona di dubbia moralità": pag. 3 dell'atto di impugnazione); i rapporti tra il padre da un lato, e figli (Le. Lu. e Le. Ma.) nonché la moglie (Ta. Di.) dall'altro, sono basati sulla prepotenza, irascibilità, carattere minaccioso e violento (anche con uso di armi) da parte del padre verso i figli e la moglie.


Questo ultimo dato emerge dal narrato concorde, reso in primo grado, e della PC e dal fratello, Le. Ma., e della madre, Ta. Di.. Addirittura, in occasione dell'accesissima lite avvenuta in famiglia, nel gennaio del (omissis) (la moglie e i due figli si recano dal Le. Ro. per chiedere conto del preteso credito avanzato dai Si., oggetto del capo 3), Le. Ro. prende a bastonate il figlio Lu., minaccia con un paio di forbici il figlio Ma., tanto da rendere necessario l'intervento della Polizia (pag. 11 della sentenza appellata, che correttamente riporta il narrato della P.C.).


Se è vero dunque che questo padre è così violento e si comporta da padre - padrone, si ha un riscontro logico al narrato del collaboratore di giustizia circa la presenza del figlio Lu. allorché il padre Ro. riceveva danaro dalla camorra. Si può ragionevolmente concludere che le aziende del padre, poi passate in gestione alla odierna parte civile, hanno avuto (anche) una funzione di ripulitura del danaro della camorra; il Le. Lu., da un lato perché giovanissimo, dall'altro perché costretto da questo padre - padrone, può aver assistito a questi loschi traffici paterni. Questo porta a considerare che le dazioni richieste dai vari soggetti imputati dei capi per cui vi è stata assoluzione, proprio per l'ambito poco cristallino in cui hanno agito le aziende vessate, siano da ricondurre non propriamente a tangenti estorsive, bensì ad altri contesti di dare - avere.


Questa ricostruzione della (insufficiente) attendibilità della PC ha ulteriori conferme nei seguenti argomenti: il fallimento delle aziende del Le. Lu. ("(omissis)"; "(omissis)") non risulta da ricondurre alle (pretese) estorsioni continuate di cui la PC narra, bensì alla gestione del tutto sconsiderata fatta dal padre, che continuamente si ingeriva nella gestione commerciale usando abusivamente la firma dei suoi due figli (si rinvia alla sentenza appellata), nonché alla necessità, narrata dal Le. An., per il Le. Ro. di rientrare dal "prestito" di 5 miliardi su richiesta improvvisa del concedente Di La. Pa.; e comunque, osserva il collegio, vi è una grossa sproporzione, contrariamente all'assunto dell'appellante PG, tra importo del passivo fallimentare (ben 650 mila Euro di debiti) e l'importo delle (pretese) estorsioni ricevute (i cui importi e la cui cadenze sono indicate in rubrica), sproporzione tale da non potersi individuare un nesso eziologico tra fallimento e (pretese) estorsioni); infine, tale nesso non risulta accertato in modo pieno, ma solo prospettato dalla PC, in difetto di prova, che doveva essere fornita dal PM, o attraverso l'escussione del curatore o il deposito della relazione fallimentare e di altri documenti tali da ricondurre il fallimento al dedotto fenomeno criminoso.


Ancora, l'attendibilità della PC non può fondarsi sulla pur esistente condanna degli estorsori del negozio di (omissis), perché, come correttamente evidenziato dal Tribunale a pag. 23 della sentenza appellata cui si rinvia, tale pronuncia si fonda su un complesso di elementi a carico, al di là della denuncia di Le. Lu. (dichiarazioni di Le. Ma., dichiarazioni auto ed etero accusatorie del collaboratore di giustizia Um. Pa.).


Infine, in sede di rinnovazione istruttoria (esame della PC del 25.1.2021, pagg. 13 e 14 del verbale), è emerso un ulteriore elemento che ne mina l'attendibilità: il denunciate afferma che per pagare le richieste avanzate da Ru. (capo 5), pari ad Euro 30 mila, è stato costretto a vendere, con atto scritto, un pregiato tavolo di antiquariato a tale Ap., incassando due assegni di Euro 15 mila ciascuno; tale atto scritto - dichiara la PC - è stato smarrito durante i plurimi traslochi subiti; né viene prodotta fotocopia degli assegni pur ricevuti dall'acquirente Ap. (non meglio identificato) quale prezzo per il tavolino.


Sono così emersi, in questo grado di giudizio, ulteriori elementi di genericità del narrato del denunciante, nonché l'assenza di documenti scritti pur ragionevolmente esigibili nei suoi confronti; tutto ciò rafforza i dubbi del primo giudice, allorché evidenzia la forte approssimazione della deposizione del Le. in punto di ricostruzione temporale delle denunciate vicende estorsive.


Quanto alla condanna dei due fratelli Si. (il Si. Ga. ha cognome differente da Si. Al. per errore dell'anagrafe), la Corte non condivide il principio di scindibilità delle dichiarazioni della P.O., applicato dal Tribunale sul presupposto che la vicenda sub 3) sarebbe avvenuta in un contesto temporale diverso (l'anno (omissis)) e nei confronti di un differente negozio (denominato "(omissis)") rispetto alle vicende degli altri capi di accusa che hanno portato all'assoluzione degli imputati (pagg. 23 e s. della sentenza appellata).


In primo luogo, va rammentata la concorde giurisprudenza della Suprema Corte in tema di valutazione frazionata del narrato della P.O., da operarsi con criteri di particolare rigore: "in tema di valutazione dell'attendibilità della persona offesa costituita parte civile, le cui dichiarazioni possono essere poste da sole a fondamento dell'affermazione di responsabilità, è richiesto un vaglio particolarmente rigoroso nel caso in cui una parte del narrato, riferita ad alcuni fatti, sia ritenuta inattendibile, e deve ritenersi illegittima la valutazione frazionata di tali dichiarazioni ove la parte ritenuta inattendibile sia imprescindibile antecedente logico dell'altra parte" (Sez. IV, n. 21886/2018).


Il collegio ritiene che la vicenda dei fratelli Si. non abbia caratteri di specificità ed estraneità rispetto agli altri episodi estorsivi descritti in rubrica; sarà pure avvenuta in un anno diverso ((omissis))


ma comunque non lontano temporalmente dalle altre denunciate estorsioni ((omissis)); sarà pure avvenuta contro il nuovo negozio "(omissis)", ma comunque avverso lo stesso soggetto, nello stesso contesto spaziale (zona della cd. rotonda di (omissis)), avverso una stessa tipologia di attività commerciale (vendita di lampadari ed affini): gli episodi in ordine ai quali vi è assoluzione sono, pertanto, un antecedente logico imprescindibile della vicenda estorsiva sub 3), tale che non può procedersi con una valutazione frazionata del narrato della P.C.


Vi è solo una particolarità tra la vicenda sub 3) e le altre per cui già vi è stata assoluzione in primo grado: nel caso dei fratelli Si., per stessa ammissione di Si. Ga., ribadita in questo grado all'ultima udienza in sede di dichiarazioni spontanee, vi sarebbe un credito degli imputati per forniture di lampadari al padre della PC, con conseguente richiesta di pagamento al figlio, Le. Lu..


Che i Si. (titolari della ditta "(omissis)", come anche documentalmente accertato) siano stati fornitori delle aziende dei Le. (prima il padre, poi i due figli) è confermato dallo stesso esame in primo grado di Le. Ma.


Che vi sia stato un credito dei Si. sembra confermato dal fatto che i due fratelli (Le. Lu. e Ma.) in compagnia della madre (Ta. Di.), a fine di gennaio del (omissis), vanno a (omissis) dal padre-marito (Le. Ro.) per chiedergli conto di questo credito dei Si. ("prenditi la responsabilità, vai a parlare con i Si. e toglici a noi da queste botte": dichiara la PC in primo grado); ne nascerà la violenta lite familiare di cui si è detto. Ne consegue che la vicenda del capo 3), anziché inquadrarsi in poco chiari rapporti di dare - avere originati dal Le. Ro. in virtù dei soldi ricevuti da clan camorristici, si incentra in rapporti di credito - debito (e non in una estorsione) con i titolari della fabbricate (omissis), odierni imputati. Questa particolarità della vicenda dei Si. non è tale però da poter fondare una valutazione frazionata del narrato della P.C., proprio per i numerosi elementi di affinità con le altre vicende sopra evidenziati.


All'assoluzione, seppur con la formula di cui al capoverso dell'art. 530 c.p.p., segue la revoca delle statuizioni civili dell'appellata sentenza.


Va confermata nel resto l'appellata sentenza, oggetto di appello di PG e PC.


PQM

Visto l'art. 605 c.p.p., in riforma della sentenza emessa il 23.12.2015 dal Tribunale di Napoli, appellata da SI. GA. e SI. AL., assolve gli imputati dal reato 3) ex art. 530, co. 2, c.p.p. perché il fatto non sussiste.


Revoca le statuizioni civili dell'appellata sentenza.


Conferma nel resto.


Giorni 60 per motivi.


Così deciso in Napoli, il 14 febbraio 2022


Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2022

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