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La restituzione in termini per costituirsi parte civile va riconosciuta solo alla persona offesa.

La restituzione in termini per costituirsi parte civile può essere riconosciuta, ricorrendo i presupposti di cui all'art. 175 c.p.p., solo al soggetto qualificabile come persona offesa, quale non può essere ritenuto, in relazione ai reati di bancarotta, il creditore, ancorché insinuatosi nel passivo fallimentare.

Cassazione penale sez. V, 22/04/2022, (ud. 22/04/2022, dep. 11/05/2022), n.18712


RITENUTO IN FATTO

1. Nell'interesse di V.M. viene proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del 03/03/2020 con la quale il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di restituzione nel termine, proposta nel suo interesse, al fine di costituirsi parte civile nel processo a carico di F.F. e M.P..


Si deduce che, solo a seguito della notifica della citazione in qualità di teste per l'udienza del 03/03/2020, quando ormai era spirato il termine per la costituzione di parte civile, la V. aveva avuto conoscenza del procedimento a carico del F. e della M. per bancarotta fraudolenta, nella quale rivestirebbe quantomeno il ruolo di persona danneggiata.


2. Sono state trasmesse, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 conv. con L. 18 dicembre 2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Tomaso Epidendio, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

Nonostante un riferimento iniziale all'abnormità dell'ordinanza impugnata categoria che vale a giustificare l'ammissibilità del ricorso per cassazione pur nei riguardi di provvedimenti nei confronti dei quali siffatto rimedio non è espressamente previsto, in deroga al principio di tassatività delle impugnazioni (Sez. U, n. 17 del 10/12/1997 -dep. 12/02/1998, Di Noto, Rv. 209603 - 01, in particolare, par. 11) - la proponibilità del ricorso si giustifica, sul piano astratto, ai sensi dell'art. 175 c.p.p., comma 6.


Il tema affrontato da Sez. 5, n. 23647 del 11/04/2016, Mauri, Rv. 267043 - O è parzialmente differente, perché attiene alla sussistenza o non della nullità della sentenza di non doversi procedere, pronunciata ai sensi dell'art. 425 c.p.p., nei confronti dell'imputato di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice, essendo mancato l'avviso della fissazione dell'udienza preliminare al ricorrente, creditore insinuatosi al passivo fallimentare.


La soluzione negativa fornita dalla sentenza appena indicata riposa sull'argomentata premessa che l'interesse tutelato, nei reati di bancarotta, è quello dei creditori alla conservazione della garanzia dei loro crediti. Ne discende - sul piano formale - la rilevanza non dell'interesse alla conservazione del patrimonio dei singoli creditori, bensì l'interesse generale dei creditori a non essere danneggiati da atti e comportamenti dell'imprenditore che, pur avendo ad oggetto il patrimonio di quest'ultimo, hanno incidenza negativa sulle loro aspettative. In questa prospettiva, la persona offesa dal reato, destinataria dell'avviso di cui all'art. 419 c.p.p., comma 1, è stata individuata nel curatore del fallimento: ciò che risponde anche a ragioni pratiche, puntualmente individuate da Sez. 5, n. 23647 del 11/04/2016.


Tuttavia, la soluzione raggiunta da siffatto precedente assume rilievo, dal momento che l'orientamento della giurisprudenza di questa Corte che consente di richiedere la restituzione in termini, ai fini della costituzione di parte civile (in senso contrario, v., ad es., Sez. 2, n. 20764 del 12/03/2019, Scarfiello, Rv. 276055 - 0; Sez. 5, n. 10111 del 25/11/2014 - dep. 10/03/2015, Pulselli, Rv. 262747 - 0), ha riguardo alla persona offesa e appare escludere siffatta possibilità quando sia intervenuta una valida notificazione della vocatio in ius ai sensi dell'art. 154 c.p.p. (Sez. 5, n. 8543 del 15/01/2021, A., Rv. 280537 - 01; sulla rilevanza della mancata notifica del decreto di citazione a giudizio, v. Sez. 3, n. 18844 del 05/02/2019, Semeraro, Rv. 275742 - 0).


Senza che occorra qui approfondire la questione, è però importante sottolineare come essa consenta l'emersione di un rilievo di carattere sistematico.


Il fatto che il sistema processual-penalistico correli persino all'omessa notifica alla persona offesa dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare una nullità a regime intermedio, ai sensi dell'art. 180 c.p.p. (Sez. 6, n. 41575 del 23/02/2018, D'Antoni, Rv. 275673 - 0) ossia, deducibile fino alla deliberazione della sentenza di primo grado: Sez. 3, n. 51076 del 26/09/2017, M., Rv. 271803 - 0) dimostra che il legislatore ha inteso, nel bilanciamento tra l'esigenza di ripristino della legalità processuale in favore della persona offesa e quella di assicurare la ragionevole durata del processo penale, rispetto al suo obiettivo prioritario (ossia chiarire se l'imputato è o non responsabile delle accuse rivoltegli), circoscrivere, entro un arco temporale delimitato, la possibilità di far valere i vizi che hanno impedito l'ingresso della persona offesa nel processo stesso come parte civile.


Ne discende che proprio il bilanciamento sotteso alla struttura tipica del processo penale impone di ritenere consentita, al più, la restituzione in termini solo al soggetto tecnicamente qualificabile come persona offesa - quale, per le ragioni sopra ricordate non può essere considerata la ricorrente, ossia il creditore del soggetto fallito- e solo entro il circoscritto ambito temporale, nel quale persino l'omessa notifica della vocatio in judicium potrebbe essere fatta valere.


D'altra parte, che, da un punto di vista processuale, possa assumere rilievo la distinzione tra persona offesa e danneggiato è confermato dalla conclusione per la quale l'art. 429 c.p.p., prescrivendo che il decreto che dispone il giudizio vada notificato alla persona offesa dal reato, non impone l'obbligo della notificazione ai danneggiati dal reato: pertanto, la notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato nonché degli altri atti consequenziali spetta al soggetto passivo del reato, e non già al danneggiato che non abbia esercitato l'azione riparatrice nel processo penale e conseguenzialmente non sia identificabile (Sez. 4, Sentenza n. 1712 del 24/11/1992 - dep. 23/02/1993, Rv. 193058 - 01).


2. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 22 aprile 2022.


Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2022

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