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Lavoro di pubblica utilità: grava sul giudice l’obbligo di indicare struttura e modalità

Sentenze della cassazione in materia di guida in stato di ebbrezza

La massima

Ai fini della sostituzione della pena detentiva o pecuniaria irrogata per il reato di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti con quella del lavoro di pubblica utilità, non è richiesto dalla legge che l'imputato indichi l'istituzione presso cui intende svolgere l'attività e le modalità di esecuzione della misura, gravando tale obbligo sul giudice che si determini a disporre il predetto beneficio (Cassazione penale , sez. IV , 03/12/2020 , n. 36779)

Fonte: Ced Cassazione Penale




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La sentenza

Cassazione penale , sez. IV , 03/12/2020 , n. 36779

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Milano che, a seguito di tempestiva opposizione a decreto penale di condanna, aveva ritenuto T.V. colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza e lo aveva condannato alla pena di mesi due di arresto e a Euro 800 di ammenda. Nei gli atti preliminari all'apertura del dibattimento il Tribunale aveva disatteso la richiesta di applicazione della pena proposta dalla difesa del T., cui aveva prestato il consenso il pubblico ministero, in quanto il difensore dell'imputato non era stato in grado di garantire la disponibilità di un'istituzione presso la quale l'imputato potesse svolgere i lavori di pubblica utilità.


In relazione ai motivi di impugnazione il giudice di appello rappresentava come la richiesta fosse stata condizionata alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, di talchè il mancato avverarsi della condizione sospensiva impediva che si potesse procedere oltre nel rito alternativo. Parimenti neppure era possibile procedere all'applicazione della pena senza conversione in quanto al giudice doveva riconoscersi il compito di verificare l'applicabilità in concreto della sanzione sostitutiva.


Con un primo motivo di ricorso la difesa del T. lamenta violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p.. Assume il ricorrente che costituiva inosservanza della disciplina istitutiva della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (Decreto Ministero della Giustizia 26 marzo 2001, art. 3) il rigetto della istanza fondata sulla mancata indicazione da parte del ricorrente dell'ente deputato a consentire l'esecuzione del lavoro di pubblica utilità, laddove non era onere dell'imputato rendere in concreto attuabile la sanzione sostitutiva e pertanto, a fronte delle difficoltà del ricorrente, il giudice di merito avrebbe dovuto procedere ufficiosamente ad individuare l'ente di riferimento.


Con una seconda articolazione lamenta violazione di legge laddove il giudice di primo grado, visto il perdurante interesse dell'imputato, pure all'esito del dibattimento avrebbe potuto disporre di ufficio la conversione della pena ritenuta equa con la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.


All'esito del deposito delle conclusioni scritte del sostituto procuratore generale ai sensi del D.L. n. 137 del 2000, art. 23, la difesa dell'imputato depositava note di replica con le quale ribadiva i motivi di doglianza concludendo per l'annullamento della sentenza impugnata.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto.


2. Il ragionamento del giudice di appello invero non si confronta con il nucleo essenziale della impugnazione dell'imputato secondo cui, fin dal momento del mancato accoglimento della richiesta di applicazione della pena, rinnovata negli atti preliminari al giudizio ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 1, nessun obbligo incombeva a suo carico nella individuazione dell'ente presso il quale svolgere il lavoro sostitutivo della sanzione penale.


3. In termini sbrigativi e scarsamente pertinenti il giudice di appello, nel confermare il giudizio di primo grado in cui era stato sostanzialmente riconosciuto il mancato assolvimento da parte del T. dell'onere di indicare l'ente presso il quale il lavoro di pubblica utilità poteva essere svolto, addossava allo stesso richiedente le conseguenze di una tale inerzia in quanto, avendo il T. condizionato la richiesta di patteggiamento alla sostituzione della pena, la mancata individuazione dell'ente determinava l'inaccoglibilità dell'istanza tout court. All'uopo riportava giurisprudenza che escludeva l'accoglimento della richiesta di applicazione pena qualora non ricorressero le condizioni di ammissibilità della sanzione sostitutiva stante la impossibilità di scindere il patto che, come nel caso in esame, era subordinato alla sostituzione.


4. Poco pertinente è il richiamo a una tale giurisprudenza in quanto, nella specie, la sostituzione della sanzione penale con il lavoro di pubblica utilità costituisce una previsione legale propria del reato per cui si procede (art. 186 C.d.S.); inoltre non ricorrono esclusioni oggettive (come nel caso in cui all'accertamento di uno stato di ebbrezza alcolica si accompagni anche un sinistro stradale derivato da tale condizione), nè esclusioni soggettive in quanto il T. non si era ancora avvalso di tale istituto e non vi era alcuna opposizione all'applicazione, anzi ne aveva fatto espressa richiesta fin dalla prima istanza di applicazione della pena (art. 186 C.d.S., comma 9 bis).


5. Orbene se non vi erano limiti di ammissibilità all'applicazione dell'istituto del lavoro di pubblica utilità nei confronti del T., non ricorre altresì alcuna previsione normativa giustifichi il rifiuto alla sua applicazione fondato su una asserita inerzia o incapacità del richiedente nell'individuare l'ente o la struttura disponibile e nel concordare un programma del lavoro sostitutivo.


6. A tale proposito la disciplina normativa del lavoro di pubblica utilità, demandata a un decreto ministeriale dal D.Lgs. 24 agosto 2000, n. 274 (art. 54, comma 6) stabilisce che con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la pena del lavoro di pubblica utilità, il giudice individua il tipo di attività, nonchè l'amministrazione, l'ente o l'organizzazione convenzionati presso il quale questa deve essere svolta. A tal fine, il giudice si avvale dell'elenco degli enti convenzionati. Dello stesso elenco si avvalgono il difensore o il condannato quando formulano le richieste di cui all'art. 33, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, sulla scorta del medesimo elenco (D.M. 21 maggio 2001, art. 3).


6.1 La specifica disciplina del lavoro di pubblica utilità, quale sanzione sostitutiva della pena prevista per il reato di guida in stato di ebbrezza, stabilisce che è il giudice (tranne che nell'ipotesi di decreto penale di condanna ove provvede il pubblico ministero) a disporre la sostituzione, qualora l'imputato non vi faccia opposizione, valorizzando la funzione sociale e riabilitativa del lavoro di pubblica utilità, canalizzando la prestazione non retribuita a favore della collettività in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso enti territoriali, ovvero enti ed organizzazioni di assistenza sociale, volontariato, o centri specializzati di lotta alle dipendenze.


6.2 Orbene in tale contesto normativo pacifico è l'orientamento della giurisprudenza, anche più risalente, la quale esclude che la mancata indicazione dell'ente, territoriale o associativo, ovvero la mancata predisposizione di un programma di svolgimento da parte del richiedente il lavoro di p.u. possa rappresentare motivo di esclusione dal beneficio in quanto il sistema in esame è basato, in linea generale, sul potere officioso del giudice salva la ipotesi della richiesta di decreto penale di condanna. Ciò consente di ritenere, anche perchè la lettera della norma non autorizza interpretazioni restrittive, la possibilità di una richiesta indeterminata nell'oggetto, che rimetta cioè al giudice l'Individuazione del tipo di lavoro di pubblica utilità (sez.4, 15.1.2013, De Maria, Rv.257738) esponendosi semmai la richiesta ad un motivato rigetto per eccessiva genericità quando all'autorità giudiziaria non sia possibile rinvenire un servizio di pubblica utilità della tipologia o conforme alle esigenze lavorative del richiedente (sul punto anche sez.F., 11.9.2014, Colombo, Rv.53570).


7. La esclusione operata dai giudici di merito nel caso in oggetto non si fonda su una pretesa inadeguatezza o sulla genericità della richiesta proveniente dalla difesa dell'imputato la quale, lungi da qualsiasi scrutinio sulla completezza, esaustività, possibilità di accesso del prevenuto ad una delle istituzioni, pure convenzionate sulla base dei criteri indicati dal D.M. 21 marzo 2001, è stata disattesa a causa della omessa individuazione di un ente disponibile ad assumere in carico il T., onere che era ritenuto a carico dello stesso proponente.


In sostanza il Tribunale prima e la Corte di Appello poi hanno avallato un ragionamento fondato su un automatismo ad excludendum il quale necessariamente implica una valutazione pregiudiziale contra legem e cioè che gravi sul richiedente la sostituzione l'obbligo di individuare l'ente, tra quelli che hanno sottoscritto una convenzione con gli uffici giudiziari, presso il quale svolgere il lavoro di p.u., mentre il lavoro sostitutivo può essere disposta di ufficio e, una volta avanzata la richiesta, è obbligo del giudice dare conto, con logica e puntuale motivazione, le ragioni per cui la richiesta sia disattesa.


8. A tale proposito deve condividersi la giurisprudenza di legittimità più recente la quale esclude che sia l'imputato che, con riferimento alla sostituzione della pena relativa alla ipotesi di reato di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S., sia tenuto a indicare l'istituzione presso cui intende svolgere l'attività e le modalità di esecuzione della misura, gravando tale obbligo sul giudice che si determini a disporre il predetto beneficio (sez.4, 15.11.2016, Panerai, Rv.268693), in quanto ai fini della sostituzione è sufficiente la non opposizione da parte dell'imputato, mentre è onere dell'autorità giudiziaria individuare l'ente presso cui l'attività lavorativa deve essere svolta e le modalità di esecuzione della misura (sez.1, 4.5.2016, Moscariello, Rb.268551), con la conseguenza che l'autorità giudiziaria non può sul punto imporre oneri al condannato, il quale ha la facoltà di sollecitare l'applicazione della sanzione sostitutiva, ovvero dichiarare di non opporsi ad essa, ma non è tenuto ad indicare l'ente o la struttura presso la quale svolgere il servizio di pubblica utilità, nè di avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell'attività individuata (sez.1, 18.6.2015, Rosiello, Rv.264546).


9. Ciò non significa che il richiedente, interessato all'opportunità offerta dal procedimento di cui all'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, il quale determina rilevanti benefici a favore del condannato con pena sostituita, sia sul versante penale (in una prospettiva di sollecita definizione del giudizio con una pronuncia di estinzione del reato all'esito del sub procedimento ivi indicato), che sul versante delle sanzioni amministrative, possa fare precedere la sua richiesta da una preliminare verifica di fattibilità attraverso la individuazione sul territorio di un ente convenzionato disponibile e la adesione ad una generica programmazione compatibile con le esigenze personali e lavorative dell'imputato nel rispetto dei principi e dei termini fissati dalla norma che ne fissa la genesi e la disciplina (D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 56, commi 2 e 3).


9.1 Peraltro una tale preliminare verifica e, la eventuale mancanza di una tale verifica, non possono condizionare l'esito della istanza rivolta all'autorità giudiziaria, la quale sarà comunque tenuta a eseguire una delibazione puntuale di ammissibilità della richiesta e di fattibilità della misura sostitutiva che non si arresti a una mera constatazione della omessa individuazione dell'ente, ovvero della mancata predisposizione di un programma del lavoro di pubblica utilità.


9.2 Fermo restando il potere discrezionale del giudice di escludere la sostituzione per impossibilità o difficoltà insormontabile nel coniugare il servizio a favore della comunità con le esigenze personali e lavorative del richiedente, lo stesso dovrà risultare espresso in maniera verificabile attraverso una motivazione idonea a manifestare le ragioni di un tale convincimento e non in termini meramente apparenti ovvero imponendo al richiedente l'assolvimento di oneri non previsti dalla legge.


10. In conclusione la sentenza impugnata deve trovare annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo esame in punto di accoglibilità della istanza di applicazione della pena proposta dal ricorrente negli atti preliminari al giudizio di primo grado, subordinata alla sostituzione della pena concordata con la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 9 bis.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Milano, altra sezione.


Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 dicembre 2020.


Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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