Sentenze
Indice:
3.1 Fatto
3.2 Diritto
3.4 PQM
1. Premessa
La L. 22 aprile 2005 n. 69 che ha dato attuazione alla corrispondente decisione quadro del Consiglio d'Europa è una legge sofferta e contorta che ha cercato, senza riuscirvi, di conciliare normative di paesi in cui i diritti dell'imputato sono talvolta inferiori a quelli del cittadino italiano di cinquant'anni orsono (mancanza di rapide procedure di riesame, assenza di difensore d'ufficio e di gratuito patrocino, pochi gradi di giudizio, processi inquisitori, ecc.) e in cui la pena viene applicata con rigidità ignote al nostro sistema e non consone con i nostri principi costituzionali (quale garanzia vi è che l'espiazione di una pena all'estero contribuisca al recupero del condannato?
La soluzione ovvia non avrebbe dovuto essere quella di prevedere che ogni condannato espii la pena nel suo paese, tra la sua gente, con la sua lingua, così da poter essere poi reinserito in quel paese quando esce dal carcere?).
E non poteva riuscirvi, come già riconosciuto dalla corte Costituzionale della Germania, perché, per stessa affermazione della nostra Corte Costituzionale, le garanzie costituzionali non possono essere violate o messe in disparte ad opera della normativa europea. Invece di stabilire il principio sacrosanto per cui il trattamento penale di fatti illeciti deve essere il più possibile omogeneo nei vari paesi europei, si è accettato il principio per cui uno Stato può decidere di punire, ad esempio, più severamente lo spaccio di marijuana che quello di eroina e che quindi un cittadino italiano può essere inviato a scontare 4 anni di galera in quello Stato per avervi venduto uno spinello, mentre in Italia avrebbe subito solo una pena simbolica.
Quindi non vi è articolo della legge che non lasci intravedere ipotesi di severa incostituzionalità, sia per la violazione di diritti primari del cittadino italiano, sia per l'indeterminatezza di molte norme le quali non hanno considerato che le stesse espressioni possono assumere significato diverso in altro ordinamento giuridico; ben altra precisione tecnico-giuridica deve possedere una norma che incide sullo status di libertà del cittadino (alcuni esempi: manca una nozione unitaria di arma, di sostanza stupefacente, di bene culturale, di rifiuto pericoloso, sebbene queste nozioni varino da paese a paese; manca una differenziazione fra reati perseguibili d'ufficio od a querela, così che si può essere perseguiti d'ufficio per una truffa commessa all'estero e che in Italia sarebbe improcedibile per mancanza di querela, ecc. ecc.).
Appare infine del tutto illogico che si sia totalmente equiparata la situazione della estradizione dello straniero a quella del cittadino italiano: è evidente che sono due situazioni oggettivamente ben diverse quella del cittadino austriaco che deve essere consegnato all'Austria (e che quindi ritorna nel suo paese, con la sua lingua, con i suoi avvocati, con procedure che già conosce) e quella del cittadino italiano che deve essere consegnato ad un paese straniero con conseguenti ridotte possibilità di difesa.
Altrettanto illogico è che si sia impostato tutto il problema sull'argomentazione semplicistica secondo cui "se uno va a commettere un reato all'estero sono fatti suoi" perché ci si può trovare imputati in un procedimento all'estero solo per concorso, senza aver mai messo piede fuori dell'Italia, magari per una confessione poco limpida.
2. Il procedimento di consegna
Il meccanismo normale previsto dalla legge in esame e che porta alla consegna di un cittadino italiano ad uno Stato estero per essere giudicato o per espiare la pena è il seguente:
- lo Stato estero emette il mandato di cattura europeo usando un modello predisposto; il mandato deve essere sottoscritto dalla competente autorità giudiziaria ed essere motivato (art. 6). Se il mandato non contiene tutte le informazioni necessarie, l'autorità giudiziaria italiana deve richiederle urgentemente all'autorità richiedente (art. 6 comma 2 e art.16). Al mandato di arresto deve essere allegata una relazione sui fatti con indicazione delle fonti di prova, del tempo e luogo di commissione dei fatti, della loro qualificazione giuridica (art. 6 commi 3 e 4). Se le informazioni richieste non vengono fornite, la richiesta di consegna viene respinta.
- il mandato viene trasmesso al Presidente della corte d'appello competente il quale, dopo aver provveduto ad acquisire le informazioni di cui sopra, se mancanti, può applicare con provvedimento collegiale una misura cautelare coercitiva se sussiste il pericolo di fuga dell'interessato (art. 9 comma 4). Quindi non è richiesta necessariamente l' applicazione della detenzione in carcere e si scopre così che il mandato di arresto è in realtà solo una richiesta di consegna con eventuale arresto dell'estradando; ma allora per quale assurdo ragionamento si arresta con assoluto automatismo, chi avrebbe il diritto di attendere tranquillamente a casa propria la decisione sulla consegna?
- si devono osservare le disposizioni del codice di procedura penale in quanto applicabili, fatta eccezione per gli art. 273 commi 1 e 1bis (vale a dire che si prescinde dalla esistenza di gravi indizi di colpevolezza, la cui valutazione è lasciata al giudice straniero ancor prima di aver sentito le difese dell'imputato!) per l'art. 274 comma 1 lett. A, e C (vale a dire che il giudice italiano non può valutare se vi sono effettive esigenze cautelari quali il pericolo di inquinamento o di reiterazione e che la carcerazione viene disposta solo per assicurare l'esecuzione di una ipotetica pena futura; vale a dire che un imputato di cui si presume l'innocenza per dettato costituzionale, viene incarcerato solo perché non abita nel paese dove ha commesso il reato!) e per l'art. 280 (stabilisce limiti di pena al di sotto dei quali in Italia non si può essere incarcerati, ma per cui ben si può essere mandati in un carcere straniero!).
Pare logico ritenere che l'art. 274 lett b si applichi nella sua interezza per cui la custodia cautelare non può essere applicata quando si ritiene che la pena da infliggere in concreto non sarà superiore a due anni (ma già vi è contrasto di opinioni!).
- Se non viene imposta una misura cautelare si seguono, in sostanza le norme sulla estradizione (art. 9 comma 7 L.69/05 e art. 719 CPP).
- La decisione sulla consegna viene deliberata dalla corte d'appello in camera di consiglio (art. 10 comma 4; esso è scritto in modo equivoco, ma la competenza della Corte e non del solo presidente è implicita per ragioni sistematiche derivanti dal parallelo art. 9 comma 4°).
È previsto però anche un meccanismo più rapido che passa attraverso la cattura diretta dell'interessato ad opera della polizia giudiziaria italiana:
- l'autorità straniera inserisce il mandato nel sistema informatico di Schengen (SIS);
- la polizia che trova l'interessato lo arresta e lo mette entro 24 ore a disposizione del presidente della corte d'appello del luogo di arresto;
- la polizia informa il Ministero il quale, urgentemente, richiede allo Stato che ha emesso il mandato di inviare il mandato stesso e la documentazione di cui all' art. 6.
- entro 48 ore il presidente della corte, con procedura analoga a quella prevista per l'arresto in flagranza di reato o per il fermo di p.g., provvede ad interrogare l'interessato.
- se non vi sono motivi per una liberazione, il presidente (art. 13) convalida l'arresto con ordinanza a norma degli articoli 9 e 10. Vale a dire con ordinanza collegiale. Che si tratti di ordinanza collegiale si ricava dalla lettera dell'art. 9 e dalla logica considerazione che non si può prevedere una minore tutela giuridica per chi viene arrestato in via sommaria rispetto a colui al quale la misura cautelare viene imposta dopo una procedura in cui può anche difendersi preventivamente. Anzi, il caso dell'arresto ad opera della p.g, è molto più delicato perché la convalida avviene quasi sempre sulla base di elementi molto scarsi.
- La convalida perde efficacia se entro 10 giorni non perviene il mandato europeo (art. 3; sembra logico ritenere che esso deve essere munito dei prescritti allegati, essenziali per valutare la richiesta in tutti i suoi aspetti).
- La corte d'appello può richiedere ulteriori informazioni se non ritiene sufficienti quelle contenute nel mandato e suoi allegati (art. 16; questa norma conferma chiaramente che la decisione spetta alla corte e non al solo suo presidente).
- La consegna può essere rifiutata in vari casi previsti dall'art. 18; ad es. se il fatto risulta commesso in presenza di esimenti oppure se per lo stesso fatto si procede in Italia. È evidente che in presenza di queste circostanze non può neppure essere imposta una misura cautelare.
3. La sentenza n.31205/21 della Suprema Corte di Cassazione, sezione feriale.
3.1 Fatto
1. Con sentenza n. 13/2021 MAE n. 9/2021 la Corte di appello di Catanzaro ha accolto la richiesta di consegna di V.K. avanzala dalla Autorità giudiziaria della Croazia sulla base del mandato di arresto Europeo emesso in ordine al reato ex D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 art. 73 per la detenzione a fine di spaccio di circa kg. 29,99 di hashish.
Tuttavia, per altro verso, ha disposto, ex L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 24 il rinvio della esecuzione della consegna e la sospensione della misura cautelare applicata sino all'esaurimento del procedimento penale n. 1557/21 R.G.N. R. Procura della Repubblica di Crotone e n. 4431 R.G. Tribunale di Crotone e, in caso di condanna, sino all'esecuzione della pena, procedimento relativo al reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per il quale Klain è in atto sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere in Italia.
2. Nel ricorso presentato dal difensore di K. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo violazione del L. n. 69 del 2005, art. 6 perché la Corte di appello ha deciso nonostante che la Croazia non abbia fornito la relazione su fatti addebitati al ricorrente con l'indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo della loro commissione e della traduzione in lingua italiana del provvedimento emesso nei confronti di K..
3.2 Diritto
1. L'omessa allegazione al mandato d'arresto Europeo della relazione sui fatti addebitati alla persona di cui è richiesta la consegna, secondo la previsione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 4, lett. a), non costituisce causa ostativa alla decisione di consegna, purché lo Stato d'emissione abbia comunque offerto all'Autorità giudiziaria italiana tutti gli elementi utili per esercitare il suo controllo (Sez. 6, n. 46294 del 09/12/2008, Banys, Rv. 242235; Sez. 6, n. 24771 del 18/06/2007, Porta, Rv. 236985) o siano comunque sufficienti per la valutazione del requisito previsto dall'art. 17, comma 4 della stessa legge (sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza) le indicazioni esplicitate nel mandato di arresto Europeo (Sez. 6, n. 14993 del 28/4/2006, Arioua, Rv. 234126; Sez. 6, n. 25421 del 28/6/2007, Iannuzzi, Rv. 237270; Sez. F, rii. 35000 del 13/9/2007, Hrita, non mass. sul punto) o in altri atti equipollenti (Sez. 6, n. 49612 del 11/12/2015, Posea, Rv. 265470).
Al riguardo, va ribadito che la Corte di appello che abbia disposto l'acquisizione di documentazione o informazioni integrative dallo Stato membro d'emissione ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, artt. 6 e 16 è tenuta a verificare che l'inoltro della relativa richiesta sia eseguito con modalità tali da garantire che la stessa pervenga effettivamente all'Autorità giudiziaria straniera - perché non basta l'impiego di mezzi di comunicazione telematica che facciano solo presumere la ricezione di quella richiesta (Sez. 6, n. 18711 del 18/06/2020, Ali, Rv. 279304) - e che, d'altra parte, la tardiva trasmissione delle informazioni di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 6, comma 1, non costituisce causa ostativa alla loro valutazione e non impedisce di disporre la successiva consegna, la quale resta preclusa nel solo caso in cui lo Stato di emissione, richiestone, non dia corso alla loro trasmissione (Sez. 6, n. 9039 del 04/03/2020, Martin, Rv. 278618).
2. Nel caso in esame deve registrarsi che nel provvedimento di convalida dell'arresto di K. e di applicazione nei suoi confronti della misura cautelare emesso il 4 giugno 2021 si premette l'avvenuta lettura del mandato di arresto Europeo e che, dalla domanda posta dal Consigliere delegato della Corte di appello nell'interrogatorio che lo ha preceduto, si evince che all'Autorità giudiziaria italiana era noto il fatto (occultamento di 30 chilogrammi di hascisc in una barca in concorso con altre persone) addebitato a K. (che al riguardo si è nell'occasione avvalso della facoltà di non rispondere) nel mandato di arresto Europeo.
Dando seguito a quanto disposto dal Consigliere delegato nella nota-telefax, il Ministero della Giustizia l'8 giugno 2021 si indica che K. è stato arrestato sulla base di un'allerta inserita nel sistema di informazione Schengen (S.I.S.) e si rappresenta alla Procura della Repubblica di Sibenik (Polonia), l'urgenza di trasmettere la documentazione con i contenuti previsti dai paragrafi 3 e 4 della L. n. 69 del 2005, art. 6.
Tuttavia, la sentenza impugnata non ha dato conto delle ragioni per le quali la Corte di appello, nonostante, l'inottemperanza dello Stato della Croazia, abbia ritenuto egualmente di provvedere, ma ha deciso sulla base degli scarni elementi di conoscenza - limitandosi a ravvisare apoditticamente "tutti i presupposti per la consegna richiesti dalla L. 22 aprile 2005, n. 69 e l'assenza di cause ostative" (p. 2) - mentre avrebbe dovuto attendere che pervenissero le informazioni integrative di cui era stata ritenuta necessaria l'acquisizione, anche verificando, se del caso, che l'Autorità giudiziaria straniera avesse effettivamente ricevuto la copia del relativo provvedimento contenente la richiesta istruttoria, e eventualmente prorogare il termine fissato dalla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2.
Questo al fine di mettersi nella condizione di verificare se il mandato del quale è richiesta l'esecuzione sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l'Autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (Sez. Un. 4614 del 30/1/2007; Sez. 6 n. 26214 del 16/09/2020, Poti, Rv. 279611; Sez. 6, n. 46294; Sez. F, n. 35186 del 30/07/2019, Gursoy, Rv. 276480).
Ne deriva l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro per un nuovo giudizio da effettuarsi nel rispetto dei principi di diritto richiamati.
3.3 PQM
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catanzaro.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Così deciso in Roma, il 5 agosto 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2021