In tema di mandato di arresto Europeo, il diverso termine di sessanta giorni, prorogabile di ulteriori trenta, entro il quale, a norma della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2, doveva essere emessa la decisione sulla consegna da parte della corte di appello, aveva natura perentoria solo ai fini della durata delle misure restrittive della libertà personale, non determinando la sua inosservanza alcuna conseguenza sulla validità della decisione in merito alla consegna (sez. VI, 31/03/2022).
Cassazione penale sez. VI, 31/03/2022, (ud. 31/03/2022, dep. 01/04/2022), n.12221
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trento ha disposto la consegna all'Autorità Giudiziaria di Germania di S.F., destinatario di un mandato di arresto processuale per il reato di traffico di sostanze stupefacenti.
Il consegnando avrebbe fatto ingresso nel territorio tedesco, quale passeggero di un autobus proveniente dall'(OMISSIS), portando con sé 8,3 grammi di cocaina, con un principio attivo di almeno 6,47 grammi, oltre a g. 0,273 di hashish.
2. E' stato proposto ricorso per cassazione e sono stati articolati quattro motivi.
2.1. Con il primo si lamenta violazione del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, art. 1, il cui comma 3 bis, dispone che il mandato di arresto deve essere eseguito dalle autorità competenti con la massima urgenza.
Nel caso di specie, il procedimento si sarebbe protratto per circa quattro mesi a causa della inerzia delle Autorità tedesche nel fornire la traduzione del mandato di arresto e ciò avrebbe leso i diritti fondamentali di difesa.
La decisione sarebbe intervenuta dopo sessanta giorni dall'arresto e la Corte non avrebbe mai motivato alcunché: il giudizio sarebbe durato oltre 90 giorni.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 10 del 2021, art. 2.
Il tema attiene alla possibilità che il fatto, secondo la legislazione interna, possa non avere rilievo penale in quanto riconducibile all'uso personale di sostanza stupefacente ovvero alla ipotesi di cui del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione del D.Lgs. n. 10 del 2021, art. 6; nel mandato di arresto non sarebbe contenuta la descrizione delle circostanze della commissione del reato né "la pena inflitta".
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 10 del 2021, artt. 16-17; il ricorrente sarebbe stato arrestato il 18.8.2021 e la sentenza sarebbe stata emessa il 9.2.2022.
3. E' stata depositata una memoria difensiva in cui, in replica alla conclusioni del Procuratore Generale, sono stati ulteriormente approfonditi e sviluppati i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Il primo e il quarto motivo sono inammissibili.
Dagli atti emerge che il ricorrente è libero, essendo stata revocata ogni misura cautelare.
Prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 10 del 2021, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione in tema di mandato di arresto Europeo, il diverso termine di sessanta giorni, prorogabile di ulteriori trenta, entro il quale, a norma della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2, doveva essere emessa la decisione sulla consegna da parte della corte di appello, aveva natura perentoria solo ai fini della durata delle misure restrittive della libertà personale, non determinando la sua inosservanza alcuna conseguenza sulla validità della decisione in merito alla consegna (cfr., Sez. 6, 17/03/2016, Rv. 267421).
Con le nuove disposizioni normative di cui all'art. 22-bis, introdotto dal citato D.Lgs. n. 10 del 2021 e con l'abrogazione della citata L. n. 69 del 2005, art. 21, che prevedeva la perdita di efficacia della misura cautelare nel caso di inosservanza del termine previsto dall'art. 17, per la decisione sulla consegna da parte della corte di appello, sono state diversamente disciplinate le conseguenze del ritardo nell'adozione della decisione definitiva sulla richiesta di consegna, non essendo più prevista la caducazione automatica della misura cautelare, ma essendo stato rimessa sempre alla corte di appello la valutazione in materia di revoca della custodia cautelare, secondo delle cadenze temporali diverse dalla scadenza dei più brevi termini ora previsti dall'art. 17, commi 2 e 2-bis, riferiti sempre unicamente ai tempi di decisione della Corte di appello.
I nuovi termini disciplinati dell'art. 22-bis cit., commi 1, 2 e 4, riguardano attualmente anche la fase davanti alla Corte di cassazione, essendo le relative scadenze riferite alla decisione "definitiva" sulla richiesta di consegna.
Si tratta di termini diversi, ma la cui inosservanza in ogni caso non esplica alcuno effetto sulla validità della decisione sulla consegna (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 3282 del 2/1/2022 Missaoui, non massimata).
3. E' invece fondato il secondo motivo di ricorso.
La Corte di cassazione ha ripetutamente affermato la necessità che l'ordinamento italiano contempli come reato, al momento della decisione sulla domanda dello Stato di emissione, il fatto per il quale la consegna è richiesta.
Si è precisato che non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano, ma è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (Sez. 6, n. 26718 del 07/05/2019, Sulim, Rv. 276379; Sez. 6, n. 27483 del 29/05/2017, Majkowska, Rv. 270405; Sez. 6, n. 22249 del 03/05/2017, Bernardo Pascale, Rv. 270405).
Ciò che è necessario accertare è che il fatto, descritto nelle sue componenti naturalistiche, sia riconducibile ad una fattispecie di reato previsto dell'ordinamento dello Stato richiesto.
Il Giudice interno deve tuttavia poter esercitare un controllo effettivo, non meramente formale, apparente, appiattito alla mera prospettazione astratta di un reato: per esercitare detto controllo è necessario che il fatto sia decritto sul piano naturalistico e strutturale.
Al giudice cioè spetta il dovere d'accertare la sussistenza del requisito della doppia incriminabilità di un fatto, che, pur ricondotto nel campo dell'astrattezza, deve essere sempre riferito ad un'ipotesi ascrivibile alla "realtà effettuale" e non a quella "virtuale" (Sez. 6, n. 36844 del 27/08/2019, Lorenzon, Rv. 276784).
4. Nel caso di specie, la Corte di appello di Venezia non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, essendosi limitata ad affermare che nella specie sarebbero configurabili sul piano fattuale gli elementi del delitto di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, senza spiegare alcunché.
In realtà, prescindendo da ogni sindacato sulla colpevolezza del ricorrente, il fatto, per come astrattamente descritto, non consente affatto di affermare la sua riconducibilità alla fattispecie delittuosa prevista indicata, in quanto, in ragione della quantità di droga rinvenuta, non può affatto escludersi che la detenzione di quella sostanza stupefacente fosse finalizzata all'uso personale e quindi non essere illecita.
Ne' la contestata condotta di importazione è configurabile nel caso in cui la sostanza stupefacente sia destinata all'uso personale.
Ne consegue che in difetto del requisito della doppia incriminazione, la sentenza deve essere annullata senza rinvio non sussistendo i presupposti per la consegna.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata non sussistendo i presupposti per la consegna.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Così deciso in Roma, il 31 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2022