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Bancarotta Fraudolenta: omessa consegna delle scritture contabili e pregiudizio ai creditori (Corte di appello Napoli n.7801/22)


Bancarotta fraudolenta

La massima

Nel reato di bancarotta fraudolenta documentale, l'omissione dolosa nella consegna delle scritture contabili della società fallita, finalizzata a trarne profitto o arrecare pregiudizio ai creditori, costituisce una violazione punibile, anche in presenza di una meno grave fattispecie, quando tale condotta impedisce la ricostruzione del patrimonio e del volume di affari della società fallita, con particolare riferimento al periodo in cui si sono accumulati i debiti.


La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Corte appello Napoli sez. III, 27/05/2022, (ud. 24/05/2022, dep. 27/05/2022), n.7801

In data 24.09.2019 il Tribunale di Napoli ha emesso sentenza con la quale ha ritenuto l'imputato responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale precisato in epigrafe, e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, l'ha condannato alla pena di anni 3 di reclusione, applicando, altresì, per la durata di anni 2 le pene accessorie di cui all'art. 216 u.c. L.F.


Contro tale sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato chiedendo l'assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, la derubricazione nel reato di cui all'art. 217 L.F. con assoluzione ex art. 131 bis c.p., in subordine la riduzione della pena con la concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione (e, dunque, con giudizio di prevalenza sulla recidiva).


Rinviata l'udienza del 24.03.22 per omessa citazione dell'imputato, in data odierna si è celebrato in forma orale il giudizio di appello, nel corso della quale il P.G. chiedeva la conferma della sentenza appellata, il difensore dell'imputato si riportavano ai motivi ed alla memoria trasmessa in data 15.03.2022.


All'esito il giudizio veniva deciso mediante lettura del dispositivo.


Il giudice di prime cure ha accertato la penale responsabilità di CI. Pa., nella sua qualità di socio accomandatario della società "PA. CE. RE. S.A.S. DI CI. PI. e C.", dichiarata fallita il (omissis), per aver sottratto o distrutto le scritture contabili della società, al fine di trarne un ingiusto profitto o arrecare pregiudizio ai creditori.


Tanto sulla scorta delle dichiarazioni del curatore fallimentare e della relazione ex art. 33 L.F. acquisita agli atti, delle s.i.t. (acquisite con il consenso delle parti) rese da D'A. Fe., ancora, dell'esame reso dall'imputato.


Rinviando alla sentenza appellata per una compiuta ricostruzione dei fatti, nel merito l'appellante si duole dei verdetto di condanna lamentando una motivazione illogica ed incoerente del giudice impugnato in quanto il Tribunale ha ritenuto credibili le dichiarazioni rese da D'A. Fe. circa la distruzione della documentazione contabile della fallita lasciata dall'imputato presso la vecchia sede sociale, e nonostante ciò ha ritenuto la responsabilità dell'imputato per aver dolosamente sottratto o distrutto la documentazione contabile della fallita. Per contro, secondo l'appellante, gli accadimenti accertati (l'imputato lasciava nell'(omissis) la sede di (omissis), via (omissis), per trasferirsi in (omissis) a via (omissis), lasciando all'interno dei locali oltre che i macchinari della fallita anche i documenti contabili, mai recuperati in quanto distrutti dal D'A. all'atto nell'insediamento della nuova società), dimostrano l'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato in contestazione, potendo al più consentire di ravvisare gli elementi costitutivi della meno grave fattispecie di cui all'art. 217 L.F.


La doglianza non ha pregio.


Invero, le vicende accertate dal curatore fallimentare e la condotta tenuta dal Ci. durante la procedura fallimentare, dimostrano che l'imputato ha dolosamente sottratto alla procedura fallimentare i libri e le scritture contabili necessarie per una compiuta ricostruzione del patrimonio e del volume di affari della fallita, al fine di trarne profitto o di arrecare pregiudizio ai creditori. Basti all'uopo evidenziare quanto segue:


- la fallita ha smesso concretamente di operare nell'(omissis), allorché veniva cancellata dalla camera di commercio su richiesta del socio accomandatario presentata in data (omissis) (cfr. documentazione allegata alla relazione ex art. 33 L.F.);


- l'accesso operato dalla curatrice in data (omissis) presso l'ultima sede della fallita in (omissis), via (omissis), confermava la non operatività della società in quanto si trattava di un monolocale privo di arredi di ufficio, in cui erano presenti un letto matrimoniale, un divanetto, un tavolo due sedie e un frigorifero;


- l'accesso operato dalla curatrice (su sua iniziativa) presso la vecchia sede della società, in (omissis), via (omissis), consentiva di accertare che al posto della fallita operava (utilizzando i beni della stessa) un'altra società avente il medesimo oggetto della Sas Pa. Ce. Re. e C. di Ci. Pa., la "Pa. s.a.s. di D'A. Fe. e C.", il cui socio accomandatario D'A. Fe., è risultato essere stato dipendente-collaboratore del Ci. nella società fallita;


- le verifiche condotte sulla persona del socio accomandatario della fallita facevano emergere che erano riconducibili al Ci. diverse altre società, quali la "Pa. Re. sas di Ci. Pa. e C." cancellata, la "No.


Pa. Re. di Ci. Pa. e C. s.a.s." cancellata, ancora, la "CR. di Ci. Pa." con sede in (omissis), al Corso (omissis) (ove non si rinveniva alcunché) e la "EF. D.R. S.R.L.". Ben tre delle società facenti capo al Ci. avevano sede legale in (omissis), via (omissis);


- nel corso della procedura fallimentare ed in particolare, in sede di interrogatorio il Ci. non faceva menzione della circostanza, poi dedotta in una lettera raccomandata trasmessa alcuni mesi dopo il fallimento al curatore ed al D'A., di aver lasciato i libri e le scritture contabili della fallita presso la vecchia sede della società, né che ne aveva richiesto invano la restituzione al D'A.;


- il D'A. poi, confermando di aver "proseguito" la medesima attività del Ci. presso la vecchia sede della fallita, ha riferito di aver dovuto ripulire i locali e di aver rinvenuto "qualche documento contabile che apparteneva alla società fallita" che veniva cestinato, aggiungendo che il Ci. dopo il fallimento non si faceva più vedere, sicché non era stato possibile consegnargli i documenti in oggetto;


- in sede fallimentare veniva accertato un notevole ed ingiustificato disavanzo tra l'attivo (sostanzialmente costituito da un camioncino ed alcuni macchinari rinvenuti presso la vecchia sede sociale) ed il passivo fallimentare (pari ad Euro 229.787,86), rappresentato, oltre che da debiti verso l'erario, per lo più da debiti verso fornitori.


Orbene, a fronte di tanto, non può dubitarsi che il Ci. abbia dolosamente omesso di consegnare parte della documentazione contabile della società (peraltro, proprio quella relativa all'ultimo periodo di operatività della fallita in cui si sono accumulati i debiti), per trarne profitto, a nulla rilevando quanto dichiarato dal D'A.: invero, premesso che i pregressi legami esistenti tra i due e l'insinuarsi della nuova società del D'A., avente il medesimo oggetto della fallita, nella sede della società di cui Ci. era socio accomandatario, dove permanevano anche i macchinari della fallita, inevitabilmente gettano più di un'ombra sulle dichiarazioni del D'A., si osserva che quest'ultimo ha dichiarato di aver rinvenuto "qualche documento contabile" senza neppure precisarne la natura, di tal che è ragionevole ritenere che non si sia trattato di tutta la documentazione contabile della fallita non consegnata al curatore. Si aggiunga che il D'A. ha precisato di aver più volte contattato l'imputato affinché andasse a ritirare la documentazione rimasta presso la vecchia sede della fallita, senza alcun risultato; e che il Ci., il quale in sede di interrogatorio dinanzi al curatore non ha fatto alcuna menzione della documentazione lasciata presso la vecchia sede sociale, non ha offerto nessuna spiegazione plausibile delle ragioni per le quali era in possesso solo di parte della documentazione contabile della fallita, e del perché la restante parte (proprio quella relativa all'ultimo periodo di operatività della società) veniva lasciata presso la vecchia sede pur a fronte della risoluzione del contratto di locazione e della stipula di un nuovo contratto con la nuova società del D'A. (cfr. documentazione allegata alla relazione ex art. 33 L.F.),


E' evidente, allora, che il Ci., contravvenendo dolosamente ai suoi doveri di tenuta e conservazione delle scritture contabili della fallita, ha impedito agli organi del fallimento di venire in possesso della documentazione necessaria per la ricostruzione del patrimonio e del volume di affari della fallita, con lo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori, come dimostra il già segnalato notevole ed ingiustificato disavanzo tra l'attivo (costituito da un camioncino ed alcuni macchinari rinvenuti presso la vecchia sede sociale) ed il passivo fallimentare (pari ad Euro 229.787,86), rappresentato, essenzialmente da debiti verso fornitori.


La natura dolosa dell'operazione di sottrazione della documentazione contabile della fallita e la sua chiara finalizzazione a trarne profitto ed arrecare pregiudizio ai creditori, esclude che ricorra la meno grave fattispecie di cui all'art. 217 L.F. (con conseguente impossibilità di applicazione della invocata causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p.).


Anche le ulteriori doglianze non hanno pregio.


Il Tribunale ha già benevolmente concesso all'imputato le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, laddove, la natura specifica del precedente a carico dell'imputato esclude che possa addivenirsi ad un giudizio di subvalenza della recidiva rispetto alle circostanze innominate.


La pena, determinata nel minimo edittale, non può essere ridotta.


In definitiva la sentenza appellata deve essere integralmente confermata, con condanna dell'imputato alle spese del grado.


PQM

Letto l'art. 605 c.p.p., conferma la sentenza emessa in data 24.09.2019 dal Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, nei confronti di CI. Pa., ed appellata dall'imputato, che condanna al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.


Letto l'art, 544 co. 3 c.p.p. fissa in giorni 30 il termine per il deposito della motivazione della sentenza.


Così deciso in Napoli, il 24 maggio 2022


Depositata in Cancelleria il 27 maggio 2022

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