
Con la sentenza n.7879 del 9 febbraio 2023, la Quarta sezione della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Torino, una sentenza di condanna pronunciata nei confronti di un automobilista accusato del reato di omicidio stradale previsto e punito dall'art. 589 bis c.p.
La Corte ha affermato che non era sufficiente fare applicazione del principio secondo il quale gli utenti della strada si devono considerare responsabili anche dei comportamenti imprudenti posti in essere da altri, ove prevedibili, essendo anche necessario affrontare compiutamente l'ulteriore argomento della evitabilità dell'evento in concreto, in base alla considerazione ex ante di quello che avrebbe dovuto essere il comportamento esigibile in una determinata condizione da un'automobilista diligente e prudente.
Per queste ragioni, la Suprema Corte ha annullato la sentenza e rinviato alla Corte di Appello affinché prendesse compiutamente in esame le doglianze difensive concernenti l'evitabilità in concreto dell'evento da parte dell'imputato.
La sentenza
Cassazione penale sez. IV, 09/02/2023, (ud. 09/02/2023, dep. 23/02/2023), n.7879
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato, limitatamente al trattamento sanzionatorio, riducendo la pena a mesi sei di reclusione e la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida a mesi nove, la pronuncia di condanna emessa, all'esito di rito abbreviato, in data 11 giugno 2019 dal Tribunale di Vercelli nei confronti di V.S., imputato del reato di cui all'art. 589 bis c.p., comma 1, perché, procedendo alla guida dell'autoveicolo Nissan Navara nel tratto compreso tra via (Omissis), con direzione verso quest'ultima, non si era avveduto di un velocipede che procedeva nella medesima direzione di marcia, lungo il margine destro della carreggiata, alla cui conduzione era L.T., cagionando il decesso del ciclista in violazione di norme sulla circolazione stradale.
2. In particolare, i giudici di merito hanno ricostruito il sinistro come segue: il (Omissis), alle ore 18:05 circa, il conducente dell'autocarro aveva urtato una bicicletta che percorreva il medesimo tratto di strada nella medesima direzione; l'autocarro procedeva alla velocità di km/h 60 in un tratto di strada in cui vige il limite di velocità di km/h 90; il tratto urbano era rettilineo e privo di illuminazione pubblica, cosicché la visibilità era regolata dalla profondità di campo degli anabbaglianti dell'autocarro, pari a circa 40 metri; il ciclista era perfettamente avvistabile da oltre 35-40 metri. I giudici hanno attribuito l'evento a colpa del conducente dell'autocarro per violazione della regola cautelare dettata dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 141. Tale regola cautelare impone agli automobilisti di regolare la velocità in modo che, avuto riguardo alle condizioni e alle caratteristiche della strada e del traffico, e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, ivi compresa la scarsa visibilità dovuta a nebbia, oscurità e mancanza di illuminazione, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone; nel caso concreto, la presenza del ciclista e il suo comportamento di guida non sono stati considerati circostanza imprevedibile, mentre la velocità di guida dell'imputato, seppure rientrante nel limite previsto in quel tratto di strada, è stata considerata inadeguata a consentire il tempestivo avvistamento del velocipede e l'efficace frenata di emergenza, considerato che la visibilità era limitatissima.
3. V.S. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza per i seguenti motivi:
- violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per mancanza totale di motivazione in ordine alla concreta avvistabilità della vittima in tempo utile per evitare il sinistro, sia in rapporto alle specifiche condizioni del caso, sia in rapporto alla dinamica del sinistro riferita dal teste brigadiere dei Carabinieri F.;
- violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo, in contrasto con prove univoche e convergenti in atti e con gli stessi postulati di partenza sui quali si fonda la sentenza;
- violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c.p.p. per inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 589 bis c.p., comma 1, e dell'art. 140C.d.S., art. 141C.d.S., commi 1 e 2, art. 142C.d.S., violazione dell'art. 27 Cost., data l'imputazione su base puramente presuntiva dell'evento morte in assenza di prova circa la prevedibilità ed evitabilità dell'evento stesso e pur in presenza di prove di segno contrario;
- eccessività della pena e della sanzione accessoria in quanto sarebbero stati applicabili ragionevolmente i minimi edittali nonché le attenuanti, ivi compresa quella di cui all'art. 589 bis c.p., comma 7, nella loro massima estensione, data la condotta pressocché abnorme della vittima.
4. Con particolare riguardo ai tre profili che censurano il giudizio di responsabilità colposa, il ricorrente si duole del fatto che sia stata contestata, quale profilo di colpa specifica, la violazione del limite di velocità previsto dall'art. 142 C.d.S. sebbene sia stato accertato che l'imputato viaggiava a circa km/h 60-65, laddove nel tratto di strada interessato dal sinistro il limite di velocità è di km/h 90.
4.1. Si duole, altresì, del fatto che i giudici di merito abbiano del tutto trascurato di valutare, laddove hanno affermato l'avvistabilità del ciclista alla distanza di 35-40 metri, sia che la bicicletta fosse priva di adeguati dispositivi di illuminazione sia che il ciclista non indossasse il giubbino catarifrangente, sia che la vittima fosse vestita con abiti scuri. I giudici di merito non si sono confrontati con l'allegazione difensiva secondo la quale l'abbigliamento scuro indossato dalla vittima avrebbe inciso sulla visibilità dell'uomo da parte del conducente, né si sono confrontati con l'allegazione difensiva secondo la quale la profondità del fascio luminoso assicurato dai fari dell'autocarro è di circa 30 metri. La Corte territoriale ha omesso di spiegare perché abbia ritenuto che il ciclista fosse perfettamente avvistabile. I giudici di merito neppure hanno preso in considerazione il tema della postura della vittima al momento dell'impatto. Essendo emerso dalle indagini che l'uomo, recatosi a fare la spesa, era tornato indietro per recuperare lo zaino che aveva perduto, sarebbe stato coerente ritenere che al momento dell'impatto fosse piegato per concludere la messa in sicurezza dello zaino al manubrio. Tale circostanza è stata totalmente obliterata dai giudici di merito, che non hanno operato il giudizio di evitabilità con accertamento ex ante che tenesse conto degli elementi sopra specificati e del fatto che l'incidente si è verificato su una strada extraurbana a un'apprezzabile distanza dal centro abitato.
4.2. La difesa lamenta, inoltre, l'omessa considerazione del tema dello spazio psicotecnico di reazione dell'automobilista in relazione alla concreta avvistabilità di una persona abbigliata di colore nero e in posizione piegata, non potendosi logicamente valutare il tempo di reazione di un secondo indicato dal consulente tecnico del pubblico ministero in relazione alla percezione netta dell'ostacolo a 40 metri, tanto incidendo anche sul giudizio di prevedibilità dell'evento e sulla corretta indicazione della velocità di marcia che l'imputato avrebbe dovuto tenere. La velocità di marcia di km/h 50 indicata dal consulente tecnico del pubblico ministero non avrebbe evitato l'impatto contro un ostacolo distante meno di 27,9 metri, ossia contro un ostacolo a distanza inferiore a quella di verosimile avvistabilità.