Con la sentenza n. 46668/22, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che la violazione dell' art. 190 c. strad . da parte del pedone che, nel percorrere una strada a doppio senso di circolazione priva di marciapiedi, non proceda sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli, integra una imprudenza che può rilevare, in caso di investimento, ai fini del concorso di colpa del predetto.
Cassazione penale , sez. IV , 08/11/2022 , n. 46668
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Palermo, in data 5 novembre 2021, ha parzialmente riformato (escludendo l'aggravante dell'art. 589-bis c.p., comma 4 e rideterminando conseguentemente la pena) la sentenza, nel resto confermata, con la quale il Tribunale di Agrigento aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia S.A.S., per il delitto di omicidio stradale in danno di M.F., aggravato dall'essersi l'autore dato alla fuga e dal non aver mai conseguito la patente di guida.
1.1. L'incidente per cui è processo si verificava in (Omissis) nella tarda serata del (Omissis): la M. percorreva a piedi, assieme a tale B.U. (che la teneva per mano) la (Omissis), che dal centro urbano di (Omissis) conduceva al luogo ove gli stessi alloggiavano. A un tratto il B. avvertiva un forte colpo e notava i fari di un'auto che si allontanava senza frenare; e si accorgeva successivamente che la M., colpita dall'autovettura, era stata sbalzata verso l'alto urtando i rami di un albero cadendo poi esanime poco più avanti; nonostante i soccorsi, la donna decedeva poco più di un'ora dopo, presso il locale poliambulatorio.
1.2. La Corte di merito, pur accogliendo il motivo di impugnazione afferente la prova dell'aggravante dello stato di ebbrezza riscontrato sul S. (per essere stato l'esame etilometrico eseguito circa tre ore dopo il sinistro), ha nel resto confermato gli argomenti posti a base della condanna emessa in primo grado a carico del S.: il quale al momento del sinistro, pur sprovvisto di patente, conduceva una jeep Suzuki S3 500 XA di proprietà di tale P.A., che aveva affidato il veicolo al S. perché costui lo riparasse. La penale responsabilità dell'accaduto in capo al S., a seguito delle indagini compiute dai Carabinieri dopo l'incidente, è risultata sostanzialmente pacifica, risultando le doglianze rassegnate in appello riferite essenzialmente al rispetto dei limiti di velocità al momento dell'impatto con la persona offesa, nonché al regime circostanziale.
2. Avverso la sentenza d'appello ricorre il S., con atto articolato in cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta aggravante della fuga del conducente, a lui contestata ex art. 589-ter c.p.: dalle prove assunte risulta infatti, secondo l'esponente, che egli, al momento dell'arrivo degli operanti, si trovava sul luogo dell'incidente, essendo egli immediatamente tornato sul posto dopo l'urto ed essendosi allontanato solo quando la vittima veniva trasportata in ospedale, al termine degli accertamenti eseguiti dai Carabinieri, che dunque non vennero in alcun modo ostacolati dalla condotta del S..
2.2. Con il secondo motivo il deducente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla violazione dei limiti di velocità e delle prescrizioni della velocità da tenere in relazione allo stato dei luoghi; deduce l'esponente che la Corte di merito ha ignorato le circostanze evidenziate dall'appellante in ordine alla natura della strada (una via panoramica fuori dal centro abitato, ove quindi doveva considerarsi vigente il limite dei 90 kmh), all'assenza di segnaletica, all'illuminazione inadeguata soprattutto nel punto d'impatto, all'orario notturno, all'assenza di marciapiedi, alla presenza di abitazioni sparse e alla condotta della vittima, che percorreva la carreggiata dando le spalle alle autovetture che la percorrevano. Non risulta accertata, in ogni caso, la velocità effettivamente tenuta dalla vettura condotta dal S..
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'aver commesso il fatto privo della patente di guida e con autovettura non sottoposta a revisione, con i fari e il sistema frenante malfunzionanti come sarebbe stato riferito al S. dalla proprietaria P.A.. In realtà il S. stava solo effettuando un giro di prova su una strada solitamente non percorsa da pedoni in quanto sprovvista di marciapiede; e la P. nulla gli aveva riferito in ordine al malfunzionamento di fari o freni della vettura, di cui lei stessa aveva affermato di non essere a conoscenza, avendo riferito al S. unicamente di problemi di accensione del veicolo.
2.4. Con il quarto motivo deduce l'esponente violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego dell'attenuante di cui all'art. 589-bis, comma 7 in relazione al fatto che, oltre a non considerare la rappresentata assenza di profili di colpa specifica in capo all'imputato, la Corte di merito non ha considerato che nel caso di specie poteva trovare applicazione il principio di affidamento, stante la natura eccezionale e imprevedibile del comportamento della persona offesa nel percorrere a piedi la carreggiata dando le spalle ai veicoli che sopraggiungevano, e comunque doveva darsi atto del comportamento imprudente della vittima, che andava a piedi in una strada poco illuminata nello stesso senso di marcia dell'auto condotta dall'imputato.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato, ulteriore contenimento della pena, che dovrebbe essere rideterminata in mitius per effetto dell'esclusione dell'aggravante della fuga e del riconoscimento della concausa attenuante del comportamento della vittima.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta aggravante della fuga e la declaratoria di inammissibilità dei rimanenti motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di doglianza è manifestamente infondato. In disparte il fatto che il S., subito dopo l'incidente, si era allontanato (pur essendo certamente consapevole di aver provocato il sinistro con conseguenze lesive per terze persone, come risulta dai messaggi whatsapp da lui inviati alla fidanzata quella stessa sera), è ben vero che egli tornò sul luogo dell'accaduto poco dopo l'incidente, ma risulta ampiamente argomentato, sia nella sentenza impugnata che in quella di primo grado, che egli fece di tutto per stornare da sé i sospetti di essere lui l'autore del reato, addirittura (come si legge nella sentenza del Tribunale di Agrigento) evocando con indignazione possibili altri autori del fatto e negando ai militari, che avevano individuato l'autovettura da lui condotta, che si potesse trattare del veicolo con il quale era stato commesso il delitto. Certamente siffatta condotta non risulta in linea con l'obbligo, gravante sul S., di essere identificato "ai fini della compiuta ricostruzione dell'accaduto e di eventuali azioni risarcitorie" (Sez. 4, n. 9212 del 11/02/2020, Milan, Rv. 278606) atteso che l'atteggiamento collaborativo e solidale di cui all'art. 189 C.d.S., comma 1 non può dirsi realizzato nel caso in cui la presenza sul posto dell'utente della strada, al cui comportamento sia comunque ricollegabile l'incidente, si riveli finalizzata ad esperire un sia pur rudimentale tentativo di depistaggio come quello posto in essere dal responsabile.
1.1. E' manifestamente infondato anche il secondo motivo di doglianza: in primo luogo, la Corte di merito chiarisce che è stato lo stesso S., in sede d'esame, ad aver stimato in circa 80 kmh la velocità da lui tenuta nell'occorso; in secondo luogo, si è pure appurato in sede di giudizio sulla base delle dichiarazioni del teste operante Z. (di ciò dà pure atto la sentenza impugnata) che la strada ove si verificò il sinistro era una strada considerata urbana, come tutte quelle di (Omissis), con conseguente vigenza del limite di 50 kmh. Alcun pregio hanno poi le asserzioni del ricorrente in ordine allo stato dei luoghi, alla tipologia della strada, all'orario notturno e alla scarsa illuminazione: elementi, questi, che certo non esimevano il S. dal tenere un comportamento adeguatamente cauto alla guida, ma anzi ne evidenziavano la particolare necessità, specie ove si considerino le prescrizioni contenute nell'art. 141 C.d.S., comma 3, a proposito dell'obbligo, per il conducente, di "regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata, (...) nelle ore notturne, nei casi di insufficiente visibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause, nell'attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici".
1.2. Del pari manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso: mera allegazione rimane quella, peraltro del tutto irrilevante, secondo cui il S., al momento dell'incidente, stava solo effettuando un giro di prova, a fronte del fatto che egli comunque (oltretutto in orario quasi notturno) guidava l'autovettura essendo privo di patente di guida, perché mai conseguita, su una pubblica via. Quanto poi all'asserita sconoscenza delle condizioni del veicolo e delle avarie al sistema frenante e alle luci, trattasi di asserto destituito di fondamento dalle stesse dichiarazioni dell'imputato in sede di esame, riportate a pagina 6 della sentenza impugnata.
1.3. E', invece, fondato il quarto motivo, riguardante il mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 7, con conseguente assorbimento del quinto motivo in riferimento al trattamento sanzionatorio. Sebbene non possa in alcun modo parlarsi di principio di affidamento (a fronte della oggettiva, concreta prevedibilità della presenza di pedoni sulla carreggiata), nondimeno è pacifico che la M. stava percorrendo a piedi, tenendo per mano il B., una strada a doppio senso di marcia, in orario notturno e con visibilità verosimilmente non ideale, nello stesso senso di marcia delle autovetture che sopraggiungevano da tergo, laddove, come noto, l'art. 190 C.d.S. prescrive ai pedoni, che percorrano tratti di strada privi di marciapiedi o simili, di "circolare sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli in modo da causare il minimo intralcio possibile alla circolazione" e, fuori dei centri abitati, di "circolare in senso opposto a quello di marcia dei veicoli sulle carreggiate a due sensi di marcia", prescrivendo altresì, "ai pedoni che circolano sulla carreggiata di strade esterne ai centri abitati, prive di illuminazione pubblica (...) di marciare su unica fila". Tali prescrizioni hanno lo scopo non solo di evitare intralci alla circolazione, ma anche di mettere i pedoni nelle condizioni di poter avvistare tempestivamente i veicoli che sopraggiungano in senso contrario ed evitare così possibili investimenti o urti. E' in tal senso che merita di essere ricordato il risalente, ma mai disatteso indirizzo che addebita al pedone una responsabilità concorrente dell'investimento ai suoi danni allorché costui, percorrendo una strada a doppio senso di circolazione, circoli sul margine destro anziché su quello sinistro della carreggiata. Tale violazione, specie quando si verifica di notte in una strada extra urbana non illuminata, si sostanzia in una notevole imprudenza, rilevante in caso di investimento ai fini della valutazione del concorso di colpa del pedone (Sez. 4, n. 10056 del 13/03/1991, Bernini, Rv. 188248).
1.4. Ne deriva che, alla luce dei principi qui richiamati, la motivazione resa dalla Corte di merito in risposta al settimo motivo d'appello non risulta soddisfacente, non svolgendo alcuna indagine controfattuale in ordine a ciò che sarebbe accaduto ove la M. avesse osservato, nell'occorso, le prescrizioni del Codice della Strada.
Conseguentemente, con riferimento al punto concernente l'invocata attenuante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 7, deve ritenersi assorbito il quinto e ultimo motivo di doglianza, che per il resto (quanto, cioè, agli ulteriori elementi addotti dal ricorrente per chiedere un ulteriore contenimento della pena) sarebbe manifestamente infondato, alla luce delle considerazioni svolte a proposito dei primi tre motivi di ricorso.
2. La sentenza impugnata va pertanto annullata, limitatamente al punto concernente l'attenuante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 7, e all'eventuale, conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Palermo. Nel resto il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l'attenuante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 7, e all'eventuale, conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2022