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Bancarotta fraudolenta: assolto imprenditore che non consegna le scritture contabili al curatore

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Tribunale Taranto sez. I, 19/04/2024, n.309

In una recente sentenza, il tribunale di Taranto ha assolto un imprenditore accusato di bancarotta fraudolenta. Questa decisione rappresenta l'occasione per un approfondimento sul reato di bancarotta fraudolenta e sull'obbligo di consegna delle scritture contabili in caso di fallimento.

Il Caso
L'imprenditore in questione era stato dichiarato fallito e accusato di bancarotta fraudolenta perché, al fine di recare pregiudizio ai creditori, aveva sottratto le scritture contabili alla curatela fallimentare o comunque le teneva in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario, in violazione dell'articolo 216 del Regio Decreto n. 267/1942 (Legge Fallimentare).
In particolare, secondo l'accusa, l'omessa consegna delle scritture contabili avrebbe configurato il reato di bancarotta fraudolenta documentale, in quanto considerata un atto volto a danneggiare i creditori.

La Decisione del Tribunale
Il tribunale di Taranto, tuttavia, ha assolto l'imprenditore, stabilendo che l'omessa consegna delle scritture contabili, in sé, non è sufficiente a provare il dolo specifico richiesto per il reato di bancarotta fraudolenta.
In altre parole, la Corte ha ritenuto che non vi fosse sufficiente evidenza che l'imprenditore avesse intenzionalmente occultato le scritture contabili con l'intento di arrecare danno ai creditori.
Il collegio ha sottolineato che senza la prova del dolo specifico, non è possibile pervenire ad una condanna per il reato di bancarotta fraudolenta.
La mancata consegna delle scritture contabili, richiesta dal curatore fallimentare, è sufficiente per integrare l'elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta, indipendentemente dalla notifica della sentenza di fallimento e dalla presenza di una richiesta formale scritta da parte del curatore.
Tuttavia, il tribunale ha precisato che per configurare il reato è necessario dimostrare anche l'elemento soggettivo del dolo specifico. In altre parole, deve essere provato che l'imputato aveva l'intento fraudolento di arrecare pregiudizio ai creditori.

Responsabilità per bancarotta documentale: dolo specifico e condotta successiva

Bancarotta documentale: negligenza e volontà fraudolenta nella tenuta delle scritture contabili.

Responsabilità dell’amministratore inattivo nella bancarotta fraudolenta: obblighi di vigilanza e tenuta delle scritture contabili.

Assoluzione per bancarotta semplice documentale per mancanza di prove certe

Assoluzione dell’amministratore per mancata prova dello stato di insolvenza durante il suo incarico

Responsabilità dell’amministratore formale nella tenuta delle scritture contabili in fase liquidatoria.

Esclusione di responsabilità per l’amministratore: regolare cessione delle quote e assenza di gestione di fatto.

Responsabilità del concorrente estraneo nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione

Condanna per bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale aggravata con riconoscimento delle attenuanti generiche

La mancata tenuta delle scritture contabili come bancarotta semplice e il principio di responsabilità per omessa dichiarazione IVA

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal Gup presso il Tribunale di Taranto in data 07.03.2022, si è proceduto nei confronti di Fr.Ca., chiamato a rispondere del reato di cui in epigrafe.

All'udienza del 07.10.2022, verificata la regolare costituzione delle parti e dichiarata l'assenza dell'imputato, si procedeva con la dichiarazione di apertura del dibattimento e l'ammissione delle prove, così come richieste dalle parti ed indicate a verbale. All'udienza del 17.02.2023, si assisteva alla concorde acquisizione della Relazione redatta ai sensi dell'art. 33 R.D. n, 267/1942, dal curatore fallimentare, dott. Fr.Ca., unitamente al verbale di sommarie informazioni testimoniali dallo stesso rese, in data 19.05.2021, dinanzi agli ufficiali della sezione di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Taranto ed alla sentenza n. 20/2017 reg. sent. dichiarativa del fallimento della "Be." S.r.l., emessa dal Tribunale di Taranto, il 15.03.2017.

All'udienza del 23.06.2023, in difetto di dichiarazioni cui dare lettura ai sensi dell'art. 513 c.p.p., la trattazione del processo veniva differita, per l'ulteriore corso, al 10.11.2023, allorché, in assenza di ulteriori richieste probatorie, si dichiarava la chiusura dell'istruttoria dibattimentale e la piena utilizzabilità degli atti presenti nel fascicolo del giudizio, a seguito della quale le parti rassegnavano le proprie conclusioni nei termini indicati in epigrafe.

A seguito del rinvio disposto, ex art. 523, co. 4, c.p.p., all'udienza del 26.01.2024, in difetto di repliche, il Tribunale pronunciava, all'esito della camera di consiglio, dispositivo di sentenza, dandone lettura alle parti presenti.

Motivi della decisione
1. Il reato di cui all'art. 216 R.D. n. 267/1942: gli esiti dell'istruttoria dibattimentale e l'insussistenza della subiettività richiesta dalla fattispecie incriminatrice.

All'imputato risulta contestato il delitto di cui all'art. 216, co. 1, n. 2), R.D. n. 267/1942, perché, quale amministratore unico della Be. S.r.l., dichiarata fallita con sentenza emessa dal Tribunale di Taranto, in data 15.03.2017, al fine di recare pregiudizio ai creditori, sottraeva le scritture contabili alla curatela fallimentare o comunque le teneva in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario.

1.0. Preliminarmente ad ogni valutazione relativa alla fondatezza dell'assunto accusatorio, deve rilevarsi come, malgrado la disamina della sentenza dichiarativa di fallimento consenta di rilevare l'avvenuto trasferimento all'estero della sede della Be. S.r.l. (ovvero nella città di Tirana, in Albania), l'irrevocabilità della predetta pronuncia, emessa dal Tribunale di Taranto, depone per la indubbia sussistenza della giurisdizione dello Stato Italiano, vieppiù ove si consideri come una simile eccezione, benché dedotta dalla difesa dell'ente, sia stata disattesa dall'Autorità Giudiziaria adita dai creditori procedenti, alla luce della previsione di cui all'art. 9 R.D. n. 267/1942.

Sul punto e al precipuo fine di scongiurare ogni incertezza in ordine alla utilizzabilità, ad opera del giudice investito della competenza - interna o giurisdizionale - a conoscere della responsabilità penale, dei medesimi parametri normativi dettati per l'individuazione del giudice della procedura concorsuale, appare necessario rilevare come la dichiarazione di fallimento, una volta che abbia acquistato il carattere della irrevocabilità, costituisca un dato definitivo e vincolante sul quale non possono più sorgere questioni non collegate alla produzione formale della prova della sua giuridica esistenza.

In tal senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità con ripetute pronunce (Sez. V, n. 7912 del 04/05/1993, Berzanti, Rv. 194876; Sez. V, n. 4427 del 24/02/1998, Bertoni, Rv. 211139), per vero non immuni da contrasti, fin quando le Sezioni Unite hanno preso posizione sul punto, affermando che "la dichiarazione di fallimento assume rilevanza nella sua natura di provvedimento giurisdizionale, e non per i fatti con essa accertati"; e che "i presupposti dì fatti accertati nella sentenza richiamata dalla fattispecie penale non sono una "questione pregiudiziale" della quale possa ritenersi investito il giudice penale, dato che essi sono stati appunto accertati da detta sentenza, la quale vincola il giudice penale (purché esistente e non revocata) come elemento della fattispecie criminosa, e non quale decisione di una questione pregiudiziale" implicata dalla fattispecie" (Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239398; in senso conforme, anche Sez. V, 07/03/2014, dep. 22/07/2014, n.32352, relativa al noto caso Parmalat).

Dall'essere la dichiarazione di fallimento elemento costitutivo del reato di bancarotta non può che discenderne, dunque, l'ulteriore conseguenza per cui, in tutti i casi riferibili a condotte realizzate prima della stessa dichiarazione, la fattispecie criminosa si considera perfezionata nel tempo e nel luogo in cui la sentenza di fallimento è pronunciata, con ogni connessa incidenza sulla competenza giurisdizionale e sulla competenza territoriale nell'ordinamento interno.

Logico corollario di quel che precede è che, nel caso de quo, essendosi verificata a Taranto la dichiarazione di fallimento della Be. S.r.l., correttamente deve ritenersi radicata per il giudizio penale la giurisdizione del giudice italiano e, nello specifico, la competenza territoriale del Tribunale di Taranto.

1.1. Venendo, ora, al merito della vicenda processuale, deve rilevarsi come l'evidenza disponibile non consente di addivenire alla formulazione di una statuizione di condanna nei confronti dell'odierno imputato.

1.1. Dalla disamina della relazione redatta, ai sensi dell'art. 33 L. Fall., dal curatore fallimentare è, invero, emerso come, a seguito delle istanze avanzate dai creditori Re. S.r.l., Cassa Edile della Provincia di Lecce e Co. S.r.l., il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 20/2017 reg. sent., emessa in data 15.03.2017, avesse dichiarato il fallimento della Be. S.r.l., nonché come, ad eccezione del bilancio di esercizio riferibile all'anno 2013, non fosse stata reperita alcuna ulteriore documentazione contabile idonea a consentire la ricostruzione dell'andamento dell'attività economica svolta dall'ente fallito, ovvero la concreta esistenza ed entità delle voci utili indicate nell'ultima rendicontazione disponibile, atteso, non solo, l'avvenuto trasferimento all'estero della sede aziendale, con conseguente cancellazione della persona giuridica dal Registro delle Imprese italiano e relativo assoggettamento all'ordinamento giuridico straniero, ma anche l'infruttuosità delle audizioni occorse con ciascuno degli amministratori societari avvicendatisi nel tempo e, segnatamente, con l'odierno imputato, succeduto, ad agosto 2015, nella carica di amministratore unico, al precedente rappresentante legale, Pr.Do. Nel rilevare, dunque, di aver personalmente provveduto alla consegna della predetta sentenza al Fr., in occasione del relativo ascolto, poiché mai notificatagli in precedenza, il dott. Ca. ha, tuttavia, evidenziato come, quantunque offerta in tale occasione, la collaborazione prestata dall'imputato si fosse rivelata improduttiva di validi effetti, giacché risoltasi in una mera promessa di adempimento degli obblighi di consegna, ex lege, impostigli.

In particolare, secondo quanto rappresentato nella relazione acquisita, l'imputato, intervenuto personalmente presso lo studio del curatore, consegnava a quest'ultimo una serie di incartamenti (quali fatture attive e passive, atti di transazione intercorsi con dipendenti della società, cedolini retributivi dei lavoratori e distinte di acconto dei relativi versamenti stipendiali) che, sebbene relativi alla contabilità societaria, risultavano, comunque, inconferenti ai fini della ricostruzione del patrimonio dell'ente decotto; sicché, su invito del curatore, il Fr. si impegnava formalmente alla ricerca e successiva esibizione dell'ulteriore documentazione richiestagli, così come individuata nella sentenza dichiarativa di fallimento (costituita da: elenco creditori, bilanci, scritture contabili e fiscali obbligatorie), segnalando, tuttavia, la mancata consegna, ad opera dell'amministratore che lo aveva proceduto, non solo dei libri e registri societari, ma anche del contratto di affitto di azienda, relativo al ramo corrente in Alliste, stipulato, prima del suo avvento, tra la Be. S.r.l. e la Co.Co. S.r.l., malgrado le plurime sollecitazioni inoltrate a Pr.Do., successivamente alla sua nomina.

Ebbene, nonostante l'inservibilità delle informazioni acquisite anche da quest'ultimo sotto il profilo documentale, stante quanto dallo stesso riferito in merito alla mancata ricezione delle scritture contabili ricercate dal professionista delegato (cfr. relazione ex art. 33 L. Fall., a pag. 7: "… In tale occasione il sig. Pr.Do., messo al corrente delle dichiarazioni del Sig. Fr., affermava che: "Ho accettato la nomina ad amministratore unico della società esclusivamente per fare un favore al sig. Pe.Fa.. Non ho mai ricevuto né visto i libri contabili della Be., né ho mai amministrato di fatto la società … mi sono dimesso dalla carica di amministratore in data 05/08/2015 perché ho capito che non era una società sana … "…"), le dichiarazioni rese al curatore da Pe.Fa. - socio e sottoscrittore unico del capitale sociale della fallita sino al 25.01.2015, nonché institore della Be. S.r.l. dal 13.01.2015 al 28.05.2015 - hanno, invece, posto in luce come, successivamente all'assemblea dei soci del 25.01.2015, in cui veniva deliberata la nomina del nuovo amministratore unico dell'ente, il trasferimento della predetta documentazione fosse stato debitamente formalizzato, evidenziando, altresì, come, sin dagli esordi, la gestione avviata dal Pr. si fosse rivelata approssimativa quanto meno nel perfezionamento degli incombenti relativi alla comunicazione e ufficializzazione delle pratiche riferibili al suo avvicendamento, stante il notevole ritardo con cui il predetto aveva provveduto all'iscrizione nel Registro delle Imprese delle variazioni concernenti il mutamento dell'organo amministrativo.

Ed invero, a riprova di tali circostanze, l'acquisizione del carteggio prodotto dal Pe. al momento della relativa audizione dinanzi al dott. Ca., ha consentito di rilevare, non solo, come, in data 28.01.2015, il Pr. avesse sottoscritto il "verbale passaggio di consegne" relativo alla ricezione di tutte le scritture contabili (cfr. verbale citato, allegato al verbale di audizione di Pe.Fa., acquisito ali 'udienza del 17.02.2023 : .. Unitamente a quanto detto vengono consegnati al nuovo amministratore i seguenti documenti: Libro soci; Libro Inventari; Libro verbali assemblee; Bilanci anni precedenti; Dichiarativi anni precedenti; Libro cespiti ammortizzabili; Registri Iva; Libri giornali"), ma anche come, malgrado le plurime e formali sollecitazioni ricevute dall'avv. M.Ca., per conto del cessato institore, il predetto amministratore, decorsi ali'incirca due mesi dalla sua nomina, non avesse ancora proceduto all'adempimento degli oneri di registrazione connessi all'incarico ricevuto. Aspetto, questo, peraltro, corroborato dalle risultanze della visura storica camerale riferibile alla Be. S.r.l., la cui disamina, oltre ad evidenziare l'intervenuta iscrizione della carica esecutiva del Pr. in data 20.05.2015 (cfr. visura citata, a pag. 15, acquisita all'udienza del 17.02.2023), ha posto in luce come il trasferimento all'estero della società fosse stato deliberato proprio da quest'ultimo, in occasione dell'assemblea dei soci tenutasi il 16.07.2015, e, dunque, preliminarmente all'avvicendamento esecutivo del Fr..

1.2. Se tale è il tenore delle emergenze istruttorie acquisite all'esito del giudizio e così sinteticamente richiamate, la condotta ascritta all'imputato parrebbe di per sé integrare il reato contestato.

Tuttavia, seppure la fattispecie concreta appare lineare e compiutamente ricostruita, dubbi possono ragionevolmente nutrirsi circa la consapevolezza del soggetto che si è determinato all'azione.

A tale conclusione si perviene muovendo da una preliminare considerazione, dovendosi osservare come il mercato economico costituisca un sistema nel quale l'efficienza delle dinamiche concorrenziali dipende dalla maggiore o minore informazione garantita a ciascuno degli operatori coinvolti. Un interesse che, con riferimento alla posizione dell'imprenditore, si concretizza nell'imposizione, in ogni fase della sua attività economica, di un generale obbligo di ostensione: in quella fisiologica dell'ordinaria gestione imprenditoriale (in cui il principale strumento informativo è il bilancio), ma ancor di più nel corso dei cicli discendenti, nei quali le ordinarie dinamiche imprenditoriali devono dar conto necessariamente del presupposto economico che caratterizza tale fase (la crisi o la definitiva insolvenza), che, anche in applicazione del generale principio della buona fede e della necessaria tutela del prevalente interesse dei creditori, impone una rappresentazione completa, attuale e affidabile della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa. In questo contesto si inseriscono tutti gli obblighi informativi che, fin dalla fase introduttiva, caratterizzano la procedura fallimentare (oggi di liquidazione giudiziale). Per quel che qui segnatamente rileva, dichiarato il fallimento, l'imprenditore ha lo specifico obbligo di consegnare al curatore tutte le scritture contabili inerenti all'impresa e ogni ulteriore documentazione da lui richiesta (art. 86 L. Fall., oggi art. 194 CCI). Un obbligo che si pone come adempimento ulteriore e differente rispetto a quello indicato nel decreto di convocazione (art. 15 L. Fall., oggi 41 CCI) e, successivamente, nella sentenza dichiarativa del fallimento (art. 16 L. Fall., oggi art. 49 CCI). Questi ultimi, diversamente caratterizzati per l'oggetto (i soli bilanci o le complessive scritture contabili) e per la funzione (verifica e controllo della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di fallibilità, art. 15; iniziale controllo della consistenza statica e dinamica dell'impresa in quanto strumentale ai primi improcrastinabili adempimenti del curatore) attengono alla sola documentazione relativa agli ultimi tre anni di vita dell'impresa. Mentre la "consegna" di cui all'art. 86 L. Fall., avviene nelle mani del curatore e riguarda tutta la documentazione contabile della quale è obbligatoria la conservazione (e, quindi, degli ultimi dieci anni di attività, ex art. 2220 c.c.). Tale ultima previsione, in particolare, è finalizzata alla necessaria ricostruzione della consistenza patrimoniale dell'impresa, nelle sue componenti attive e passive, statiche e dinamiche, quale attività prodromica alle parallele fasi di accertamento della consistenza attiva e passiva e successiva liquidazione e che, pertanto, presuppone una completa ed attendibile ricostruzione della documentazione contabile (ed extracontabile), trovando il suo prius logico nelle disposizioni normative contenute nell'art. 2214 c.c. e, sotto il profilo tributario e fiscale, nelle norme contemplate dal D.P.R. n. 600/1973.

Che tale obbligo (ovvero, quello della consegna di tutta la documentazione contabile) discenda direttamente dalla legge e prescinda da una specifica richiesta formulata dal curatore è logica conseguenza della necessaria strumentalità, nei termini evidenziati, della documentazione stessa rispetto alle ineludibili attività di accertamento e liquidazione strutturalmente connesse alla procedura fallimentare. In tal senso, infatti, l'inciso contenuto nel richiamato art. 86 L. Fall., (alla richiesta del curatore) si riferisce, esplicitamente, alla sola documentazione ulteriore e diversa rispetto a quella strictu sensu contabile, ove ritenuta necessaria dagli organi fallimentari (cfr. sez. V, 18.04.2023, dep. 24.05.2023, n. 22633).

Tanto premesso, deve, allora, evidenziarsi come la mera circostanza relativa alla mancata consegna, ad opera dell'imputato, delle scritture richieste dal curatore, valga già di per sé ad integrare l'elemento obiettivo richiesto dalla fattispecie in contestazione, a nulla rilevando l'acclarato mancato perfezionamento della notifica della pronuncia dichiarativa del fallimento, in ragione, non solo dello specifico obbligo di conservazione, deposito e consegna in precedenza evidenziati, ma anche dell'insussistenza di uno specifico onere di forma riferibile alla domanda di ostensione del professionista delegato dal Tribunale, la quale ben potrebbe essere formulata anche oralmente da quest'ultimo, come, del resto, occorso nel caso di specie, allorché il dott. Ca. procedeva all'elencazione della documentazione ritenuta necessaria, ai fini della ricostruzione della situazione patrimoniale della società decotta, nel corso dell'audizione tenutasi presso il suo studio.

E tanto rende, al contempo, ininfluente la produzione offerta dal Fr. in tale frangente, giacché del tutto estranea al compendio fiscale e contabile richiestogli dal curatore, che lo stesso si impegnava, peraltro, a reperire successivamente al suo ascolto.

Ebbene, benché tale omissione consentirebbe, agevolmente, di ritenere integrato l'elemento obiettivo previsto dalla fattispecie incriminatrice, l'ulteriore riflessione in ordine all'elemento psicologico richiesto dal reato non consente di pervenire alle medesime conclusioni.

Se è, infatti, richiesta la ricorrenza del dolo specifico e, dunque, di uno specifico intento fraudolento in danno del ceto creditorio, non potrà che ammettersi, nella specie, la rilevanza di una serie di circostanze incidenti sulla concreta sussistenza del predetto elemento, tra le quali va certamente annoverata la data di presentazione dell'ultimo bilancio utile rinvenuto dal curatore e quella di nomina dell'imputato, quale amministratore della fallita successivamente al deliberato tramutamento extra UE dell'ente rappresentato.

Ed invero, benché dalla disamina degli atti acquisiti (e, segnatamente, della relazione ex art. 33 L. Fall.) possa agevolmente apprendersi come, decorso all'incirca un anno dall'intervenuta nomina ad amministratore unico della Be. S.r.l., il Fr. avesse richiesto la cancellazione dell'impresa con trasferimento della relativa sede in Albania, allorché le istanze di fallimento dei creditori (Cassa Edile della Provincia di Lecce, Co. S.r.L, Re. S.r.l.) risultavano già depositate, deve, del pari, rilevarsi come, a fronte di tale "sospetta" operazione commerciale (per come lumeggiata dal curatore), la consultazione della visura camerale abbia posto in luce che il predetto trasferimento era stato deliberato dalla società in data 16.07.2015 (con verbale redatto in pari data e depositato presso il notaio Mobilio, unitamente alla comunicazione di assoggettamento all'ordinamento giuridico estero, subordinata all'iscrizione dell'atto nel Registro delle Imprese albanese) e, dunque, un mese prima dell'intervento esecutivo dell'imputato, il quale, lungi dal sottrarsi ai chiarimenti pretesi dal curatore, si presentava dinanzi al professionista delegato, fornendo la documentazione in suo possesso e specificando di non essere mai ricevuto le scritture contabili societarie, malgrado la pluralità delle richieste inoltrate al precedente amministratore, Pr.Do..

Ebbene, se a tale dato si aggiunge come l'unico verbale di "passaggio di consegne" acquisito sia quello del 28.01.2015, riferibile all'avvicendamento tra quest'ultimo e l'institore Fa.Pe., nonché la mancata emersione di rapporti o contatti tra gli ex amministratori della società fallita e l'imputato ancor prima della sua nomina, appare ragionevole dubitare della ravvisabilità, a suo carico, della soggettività richiesta dall'ipotesi delittuosa in contestazione, costituita dal dolo specifico, ovvero quella di pregiudicare i creditori, vieppiù ove si consideri come l'ultimo bilancio depositato dall'ente risalisse all'anno di esercizio 2013, ovvero a circa due anni prima della formale investitura del Fr., con la conseguenza che neanche potrebbe dirsi desumibile la ricorrenza di un simile intento dalla approvazione dei bilanci da parte di quest'ultimo in assenza di scritture contabili.

Detto in altri termini, ove vi fosse stato un bilancio di liquidazione approvato dall'imputato non sarebbe risultato illogico far discendere dalla mancata consegna delle scritture riferibili alla società amministrata la sussistenza di una volontà tesa a celare condotte distrattive (e, dunque, a privilegiare l'interesse di quest'ultima e dei suoi amministratori in luogo di quello dei creditori), giacché la mera redazione di un resoconto contabile presuppone per ciò solo l'esistenza di documentazione utile alla relativa predisposizione, che, dunque, si è intesa sottrarre agli accertamenti del curatore.

Nel caso di specie, invece, la circostanza che il Fr. non abbia approvato alcun bilancio induce a dubitare che lo stesso abbia inteso dissimulare in qualche modo il reale stato societario, non consentendo, peraltro, di escludere che lo stesso non disponesse della documentazione contabile, perché mai consegnatagli dal Pr., nei cui confronti - in ragione della acclarata disponibilità dei libri sociali, desumibile dal verbale del 28.01,2015, e dell'inopinato indugio con cui lo stesso provvedeva alla iscrizione della sua carica, per come evidenziato dal cessato institore - ben si sarebbe, invece, potuto ipotizzare un interesse contrario a curare, con la dovuta diligenza, il "passaggio di consegne" a favore del nuovo amministratore. Né potrebbe ricondursi, ai fini della ricorrenza di un simile intento, una particolare efficacia dimostrativa all'avvenuto trasferimento extra UE della società, in ragione di quanto innanzi precisato in ordine ai tempi di adozione della relativa delibera, vieppiù ove si consideri il tenore della previsione di cui all'art 2495 c.c., la quale imporrebbe la necessità di una autonoma richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese italiano a seguito della nuova iscrizione all'estero dell'ente, con la conseguenza di non poter neanche escludere, dunque, che l'imputato, con la predetta istanza di cancellazione abbia solo formalizzato un tramutamento territoriale di fatto avvenuto prima del deposito delle istanze di fallimento e, dunque, dato corso ad una volontà già decretata da altri (id est il Pi.), prima della sua nomina.

Alla luce di tali considerazioni, può, dunque, concludersi - in linea con i più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità - per l'inidoneità della sola mancata consegna della documentazione richiesta dal curatore a comprovare la sussistenza dello specifico intento fraudolento previsto dalla fattispecie incriminatrice, giacché è da escludersi che il dolo specifico possa essere logicamente inferito dalla semplice sottrazione (omessa consegna) di parte delle scritture contabili, in quanto ciò equivarrebbe a sostenere che, ogni qualvolta l'amministratore non consegna le scritture contabili al curatore, egli persegue sicuramente il fine di celare condotte distrattive e di danneggiare i creditori, giungendo all'inaccettabile argomentazione di un dolo specifico in re ipsa (cfr., sez. V, n. 22633/2023, cit.)

La sussistenza di tale specifico elemento - il cui onere probatorio grava sull'accusa - potrà, invece, ritenersi integrata unicamente qualora si pervenga alla dimostrazione che l'amministratore non si sia limitato ad operare nella fase terminale di chiusura della società ma che, in realtà, avendo interessi personali o di terzi da tutelare, si sia anzitempo ingerito nell'attività gestoria. Tali circostanze costituiscono la presunzione che la finalità perseguita fosse proprio quella di avvantaggiare sé od altri piuttosto che arrecare pregiudizio ai creditori.

Va da sé che la mera posizione di legale rappresentante all'atto del fallimento della società non comporta sic et simplciter la penale responsabilità per il delitto di cui all'art. 216, co. 1, L. Fall., occorrendo, invero, un quid pluris costituito dalla dimostrazione, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l'agente abbia agito con l'intento di porre in essere una condotta lesiva degli interessi dei creditori o, a forfiori, atta a nascondere propri o altrui vantaggi: dunque non un ruolo di garanzia, ma un abuso della propria posizione e dei propri doveri.

Per le motivazioni sopra esposte deve, pertanto, addivenirsi all'assoluzione dell'odierno imputato, sia pure ai sensi del capoverso dell'art. 530 c.p.p., per non essere stata raggiunta una prova sufficiente in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del contestato reato.

Al riguardo si osserva che, ai sensi dell'art. 533 c.p.p., l'affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio richiede la oggettiva insussistenza di dubbi - viepiù in caso di prova indiziaria - imponendosi un accertamento tendente alla certezza, seppure ragionevole, intesa però quale oggettiva assenza di dubbi, e non in senso soggettivo, come personale convincimento del giudice.

Ne consegue l'impossibilità di addivenire ad un giudizio di colpevolezza a carico del Fr..

Le contemporanee e gravose incombenze del ruolo impediscono la stesura immediata della motivazione e giustificano l'assunzione del termine per il deposito della stessa come da dispositivo.

P.Q.M.
Visto l'art. 530 cpv c.p.p.,

assolve Fr.Ca. dal reato ascrittogli, perché il fatto non costituisce reato.

Visto l'art. 544 c.p.p.,

fissa in 90 giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Taranto il 26 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2024.

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