Tribunale Lecce sez. II, 14/05/2024, n.1269
Questa recente sentenza del tribunale di Lecce, che ha riqualificato un'accusa di bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta semplice documentale, offre un importante spunto per comprendere le distinzioni fondamentali tra queste due fattispecie di reato.
Questo articolo analizza la sentenza per chiarire tali differenze, fornendo preziose informazioni sia per gli imprenditori che per i professionisti del settore.
Il Caso
Tizio, amministratrice unica di una società a responsabilità limitata attiva nella vendita all'ingrosso di oli lubrificanti e carburanti, veniva accusata del reato bancarotta fraudolenta documentale a seguito al fallimento della società, dichiarato nel 2020.
Nel corso del processo, emergeva che la società non aveva tenuto le scritture contabili obbligatorie dal 2012, con l'ultimo bilancio disponibile risalente al 2009.
La decisione del tribunale di Lecce: è tutta una questione di dolo
Il tribunale di Lecce innanzitutto ha chiarito le differenze tra le due ipotesi di reato:
Per configurare il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ai sensi dell'art. 216, primo comma n. 2 del R.D. n. 267/42, è necessario dimostrare che l'amministratore abbia agito con dolo specifico, ossia con l'intenzione di recare pregiudizio ai creditori. Questo richiede la prova che l'omissione della tenuta delle scritture contabili sia finalizzata ad impedire la ricostruzione dei fatti gestionali ed a danneggiare i creditori.
Il reato di bancarotta semplice documentale, disciplinato dall'art. 217 del R.D. n. 267/42, si configura invece quando l'amministratore, in assenza di dolo specifico, non tiene le scritture contabili obbligatorie. La mancata tenuta delle scritture, in questo caso, non è finalizzata ad arrecare pregiudizio ai creditori ma è frutto di negligenza o disorganizzazione.
Nel caso di specie, il tribunale ha rilevato che, sebbene le scritture contabili non fossero state tenute dal 2012, non vi era prova che l'omissione fosse finalizzata a danneggiare i creditori. Infatti, l'unico creditore registrato della società era un società, cessionaria di un credito, ed il mancato soddisfacimento del credito non risultava connesso alla mancata tenuta delle scritture.
Pertanto, in assenza della prova del dolo specifico, il tribunale ha riqualificato il fatto in bancarotta semplice documentale: la mancata tenuta delle scritture contabili era finalizzata a recare pregiudizio ai creditori, ma al contrario riconducibile ad una negligenza dell'imprenditore.
Svolgimento del processo
Con Decreto del 24/01/2023 il G.U.P. presso il Tribunale di Lecce disponeva il rinvio a giudizio di Ca.Ca., nella qualità di socio unico e legale rappresentante della fallita "Sa. S.r.l." per rispondere del reato di bancarotta fraudolenta documentale alla medesima ascritto in rubrica. All'udienza del 3/4/2023 veniva verificata la costituzione delle parti e, su richiesta della difesa, veniva accolta l'istanza di rinvio per legittimo impedimento a comparire dell'imputata {già dichiarata assente all'udienza preliminare) per motivi di salute con sospensione del termine di prescrizione. Alla successiva udienza del 3/7/2023 si acquisiva su accordo delle parti la relazione ex art 33 L.F. a firma del dott. An.Cr. con i relativi allegati (estratto sentenza dichiarativa di fallimento, raccomandata spedita al legale rappresentante della società per consegna documentazione, visura della Camera di Commercio, ultimo bilancio chiuso al 31.12.2009). Si procedeva inoltre all'ascolto del curatore. Quindi il processo veniva rinviato per l'esame dei testi della difesa e la discussione.
All'udienza del 6.5.2024 si disponeva l'ascolto dei teste Ca.Gi., quindi su richiesta della difesa si acquisiva il verbale di interrogatorio reso da Ca.Ca. alla Guardia di Finanza il 15.7.2021.
Pertanto tenuto conto dell'ulteriore produzione documentale della difesa e degli esiti dell'istruttoria espletata il Collegio riteneva superfluo l'ascolto degli ulteriori testi difensivi chiamati a deporre sulle medesime circostanze di cui disponeva la revoca.
Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, Tribunale invitava le parti a concludere come da verbale in atti.
Motivi della decisione
Ritiene il Tribunale che gli elementi di prova acquisiti in dibattimento conducano all'affermazione della penale responsabilità degli odierni imputati limitatamente al reato di bancarotta semplice di tipo documentale, dovendosi così riqualificare ai sensi dell'art 521 c.p.p. il delitto di bancarotta documentale fraudolenta ex art 216, primo comma n, 2 R.D. n 267/42 contestato in rubrica.
In proposito dalla relazione del curatore fallimentare dott. An.Cr., come integrata in udienza si apprende che, la società "Sa. Srl" corrente in Diso (Le) alla via (…) n. 80, esercente l'attività di vendita all'ingrosso di oli lubrificanti e carburanti, veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Lecce con sentenza del 14.10.2020, su istanza dell'unico creditore Si. SRL, quale cessionario del credito della Ba.Mo. S.p.a.
La società era stata costituita il 23.12.2005 con capitale sociale, non interamente versato, pari a Euro 10.000,00, di cui Euro 2.500,00 versati dall'unico socio Ca.Ca.. Dalla visura effettuata presso la Camera di Commercio, l'imputata Ca.Ca. risultava amministratrice unica della società a partire dall'epoca della costituzione (23.12.2005) e sino alla data del fallimento (14.10.2020). Come riferito dal curatore fallimentare, benché formalmente intimata mediante lettera raccomandata, dalla stessa regolarmente ricevuta, l'imputata non ha provveduto a consegnare nessuna documentazione contabile e fiscale obbligatoria e non ha depositato l'elenco dei creditori e il bilancio ex art 16 L.F..
L'ultimo bilancio presentato e disponibile presso la CCIAA risale infatti all'anno 2009. Pertanto il curatore non è stato in grado di ricostruire il volume degli affari e il patrimonio sociale. Risulta infine che la società nell'esercizio 2013 aveva in carico n. 2 dipendenti.
In proposito il teste Ca., cliente della società ha riferito che la società è stata attiva fino al 2012 e che all'epoca erano presenti in azienda un autista ed un ragioniere Da.Gi., addetto alla contabilità, il commercialista era tale dr. Si.Ma..
Orbene sulla base delle vicende societarie sopra brevemente compendiate ritiene il Tribunale che risulti provato il reato di bancarotta semplice documentale ( art 217 LF) ascrivibile alla odierna imputata, quale legale rappresentante ed amministratrice pro tempore della società fallita, in luogo del più grave delitto di bancarotta documentale fraudolenta contestato. All'odierna imputata viene infatti contestata, la fattispecie di cui al primo comma n. 2 dell'art 216 L.F., per aver (asseritamente) occultato o distrutto tutti i libri e le scritture contabili, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
Dalle prove sopra analizzate risulta tuttavia che la società ebbe a tenere le scritture contabili obbligatorie sino all'anno 2012, data in cui la medesima società ha presumibilmente dismesso l'attività di impresa (cfr. dichiarazioni del teste Ca. nonché interrogatorio della imputata acquisito agli atti ).
Inoltre sino a tale data risulta accertata la presenza di due dipendenti della società.
Ed invero la condotta di omessa tenuta delle scritture per il periodo successivo non appare sorretta dal dolo specifico consistente nella volontà di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali. In proposito integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, e non quello di bancarotta semplice, l'omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell'omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr. Cass. pen., Sez. V, 16 giugno 2020, n. 18320). Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale è necessario il concreto accertamento del dolo specifico non essendo sufficiente la sola mancanza delle scritture contabili (cfr . Corte di Cassazione del 19 ottobre 2023, n. 42856).
Orbene nel caso che ci occupa la prova della finalità di recare pregiudizio al ceto creditorio non può desumersi dalla semplice assenza delle scritture, ma occorre svolgere una indagine ulteriore che consenta di ricondurre tale elemento oggettivo alla scelta dolosa dell'amministratore.
Come infatti ricordato da una recente pronuncia della Suprema Corte, l'omessa tenuta dei libri contabili può integrare la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla prima parte dell'art. 216, co. 1 nr. 2 solo ove "si accerti che scopo dell'omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale,(…] punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale" di cui all'art. 2171.fall, (così, Cass. Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 4352, nonché nello stesso senso Cassazione Penale, Sez. V, 29 febbraio 2024).
Viceversa nel caso di specie non vi è prova che l'omessa tenuta delle scritture obbligatorie nel periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento, abbia avuto la finalità di recare pregiudizio ai creditori: ed infatti dalla documentazione acquisita risulta l'esistenza di un unico creditore iscritto per un credito rinveniente dal saldo passivo del conto corrente acceso dalla società, in data 14.3.2006, il cui mancato soddisfacimento è del tutto indipendente dalla omessa tenuta delle scritture in questione.
Deve pertanto ritenersi configurabile la fattispecie descritta nell'art 217 comma secondo L.F. ( sia pure nella forma colposa), per il fatto di avere l'odierna imputata ricoperto la carica di amministratrice della società fallita, senza tenere negli ultimi tre anni prima del fallimento le scritture contabili obbligatorie. Pertanto, valutati i criteri di cui all'art 133 c.p. ed in specie la gravità del reato e la personalità della imputata, priva di precedenti significativi e la cui effettiva partecipazione alla gestione societaria non è stata compitamente accertata, si stima equo applicare nei suoi confronti la pena di anni uno di reclusione, con i benefici di legge.
Alla condanna conseguono le pene accessorie e l'obbligo del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p.
Dichiara Ca.Ca. colpevole del reato di cui all' art. 217 comma 2 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, così riqualificata la fattispecie di reato contestata in rubrica e per l'effetto la condanna alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione.
Letto l'articolo 217, ultimo comma L.F. dichiara l'imputata inabilitata all'esercizio di un'impresa commerciale ed incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per anni 2.
Così deciso in Lecce il 6 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2024.