Tribunale Nola, 25/05/2023, n.642
Nel reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, l’elemento oggettivo della detenzione può configurarsi anche in assenza di contatto fisico diretto con la merce, essendo sufficiente la disponibilità di fatto dei beni, rilevando il contributo materiale o morale prestato dagli imputati al mantenimento della condotta illecita.
Svolgimento del processo
A seguito di arresto operato dagli agenti della Compagnia della Guardia di Finanza di Caserta in data 30 giugno 2022, Li.Fa., Bu.An., Mi.Mi., Da.Ze., Us.Ri. e D'A.Pe., unitamente agli originari correi, venivano condotto innanzi all'A.g. per la convalida e il contestuale giudizio con il rito direttissimo.
All'udienza del 1 luglio 2022, sulla scorta dell'imputazione formulata dal P.M., l'ufficiale di p.g. che aveva proceduto all'arresto riferiva con relazione orale e si procedeva all'interrogatorio degli arrestati. Sulle richieste delle parti, il giudice, con ordinanza contestuale ed allegata al verbale, convalidava l'arresto e disponeva procedersi al giudizio con il rito direttissimo.
Verificata, quindi, la regolare costituzione delle parti, in via preliminare, gli imputati, Li. e Bu., personalmente e per il tramite dei propri difensori, chiedevano definirsi il processo nelle forme del rito abbreviato, con un termine per la discussione del procedimento. Gli altri imputati, con il consenso del PM, avanzavano richiesta di patteggiamento ex art. 444 c.p.p., in subordine chiedendo di definirsi il processo nelle forme del rito abbreviato.
All'udienza del 14 luglio 2022, le parti reiteravano le loro richieste. Il Giudice acquisiva il fascicolo del PM, invitava le parti a discutere e, al termine della discussione, si ritirava in camera di consiglio per la decisione. La richiesta di applicazione di pena concordata veniva rigettata dal Giudice con ordinanza allegata al verbale, disponendo nel contempo lo stralcio delle suddette posizioni per la trasmissione al proprio sostituto tabellare, stante l'incompatibilità alla trattazione del giudizio abbreviato, pur chiesto in subordine da parte degli imputati.
All'udienza del 14 settembre 2022 (prima innanzi allo scrivente), i difensori confermavano la volontà dei propri assistiti di definire il procedimento nelle forme del rito abbreviato e chiedevano un breve differimento. Il giudice, in accoglimento, rinviava il processo.
All'udienza del 21 ottobre 2022, il processo veniva rinviato, stante il legittimo impedimento dell'avv. Po. per concomitante impegno professionale.
All'udienza del 13 gennaio 2023, il processo veniva rinviato, stante il legittimo impedimento dell'avv. Po. per concomitante impegno professionale.
All'udienza del 24 febbraio 2023, i difensori, debitamente muniti della procura speciale, avanzavano istanza di definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato condizionato all'esame degli imputati e all'acquisizione di documentazione rilevante. Il giudice, in accoglimento, disponeva la trasformazione del rito, acquisiva il fascicolo del Pubblico Ministero e la documentazione prodotta dalle parti e rinviava il processo in prosieguo.
All'udienza del 29 marzo 2023, l'Us. rendeva dichiarazioni spontanee e si procedeva all'esame del D'A.Pe.. All'esito, il giudice dava la parola alle parti, che concludevano come in epigrafe trascritto, e all'esito pronunciava la seguente sentenza dando lettura del dispositivo in udienza.
Motivi della decisione
Sulla scorta degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, ritiene questo giudicante che vada senza dubbio affermata la responsabilità penale degli odierno imputati per il reato a loro ascritto. E emerso, invero, dalla documentazione in atti che in data 30 giugno 2022 personale della Guardia di Finanza, nel corso di un servizio di istituto volto alla repressione dei traffici illeciti, notava una autovettura sospetta, una Lancia Y di colore chiaro targata (…), con due uomini all'interno che osservavano gli operanti. Dopo il terzo passaggio l'auto si dileguava, non rendendo possibile il suo fermo. Allertati da questo atteggiamento, gli operanti si dividevano in due pattuglie tentando di rintracciare il veicolo. Nel corso di tale tentativo, nei pressi dell'autoparcheggio per autoarticolati sito in Acerra alla Via (…), gli operanti notavano un camion telonato di colore bianco e grigio, targato con targa croata (…), che viaggiava preceduto da una autovettura Opel Astra targata con targa croata (…), che scortava il camion a lenta velocità, per sincerarsi che la strada fosse sgombra.
All'interno della vettura vi erano due uomini, poi identificati in Us.Ri. quale conducente e D'A.Pe. come passeggero, i quali, una volta giunti al cancello di ingresso del parcheggio, lo aprivano e accedevano all'area interna.
A tal punto alcuni degli operanti penetravano nel parcheggio, mentre altri lo circondavano per prevenire eventuali fughe dei malviventi. All'atto dell'intervento gli operanti rinvenivano quattro dei sei soggetti poi condotti in stato di arresto intenti a procedere allo scarico del camion, eccezion fatta per il Li. - per il quale si procede separatamente - e l'Us., che, alla vista degli operanti, tentavano di darsi alla fuga scavalcando il muro di cinta, dove venivano prontamente bloccati dai restanti militari. Uno dei soggetti intenti a scaricare il contenuto del camion, tale Fr.Ra. - per il quale si procede separatamente - riferiva che il carico era composto da scatole contenenti piattini e tazze di vetro marcate "Gu.". Su tutte le pedane rinvenute, imballate con pellicola di cellophane nera, era apposta l'etichetta della nota catena di supermercati "Li.". Da un controllo sulle prime pedane, effettivamente gli operanti constatavano che il contenuto delle scatole era quello riferito. Ma da un successivo controllo delle pedane immediatamente poste dietro le prime tre, gli operanti appuravano che all'interno delle scatole vi erano confezionati tabacchi lavorati esteri sprovvisti del contrassegno di Stato e, dunque, da considerarsi di contrabbando. Un ulteriore e più accurato controllo consentiva, inoltre, di verificare che anche le prime scatole apparentemente contenenti stoviglie in realtà contenevano tabacchi lavorati esteri di contrabbando.
Nelle immediate vicinanze del camion, inoltre, erano parcheggiati con i portelloni aperti altri due furgoni: un Citroen Jumper targato (…) di proprietà di Am.Pa., nella disponibilità di Bu.An. - per il quale si procede separatamente - in forza di un contratto di noleggio stipulato in data 28/6/2022, acquisito agli atti; un Peugeot targato (…) di proprietà di Ma.Ra., nella disponibilità del Li..
Come emerge dal verbale di arresto, il Li. e il Bu. all'atto del controllo erano intenti a collaborare nello scarico del camion croato, che presumibilmente doveva essere caricato sui due furgoncini - già pronti con i portelloni aperti - nella titolarità dei due soggetti, gravati da precedenti di polizia e definitivi per reati in tema di contrabbando.
Uno degli autisti del camion croato, tale Mi.Mi., forniva agli operanti delle lettere di trasporto internazionale, acquisite agli atti del fascicolo, relative al contenuto del camion e palesemente false in quanto, come riferito dal verbalizzante in sede di relazione, il luogo di scarico della merce doveva essere Molfetta e non Acerra e i numeri dei vari documenti erano tutti identici.
I militari procedevano, pertanto, a porre sotto sequestro i tabacchi lavorati esteri rinvenuti, conteggiati nel contraddittorio e sotto la continua supervisione degli originari coindagati per un ammontare di 5.400 kg. Il suddetto sequestro veniva, poi, convalidato ed il materiale parzialmente distrutto, trattandosi di ingente quantità, previa campionatura come da verbale in atti. Gli operanti, inoltre, ponevano sotto sequestro i quattro automezzi adoperati per la realizzazione dell'illecito e conducevano i correi in stato di arresto.
Così ricostruiti i fatti, con riferimento, dunque, alle fonti di prova quali il verbale di arresto, perquisizione e sequestro, utilizzabili in ragione della scelta del rito nel loro contenuto dichiarativo, devono essere seguiti i canoni di valutazione che la giurisprudenza della Suprema Corte indica quando la piattaforma probatoria sia costituita da fonti dichiarative, raccolte in verbali utilizzabili ai fini della decisione, rese da persone estranee rispetto alla vicenda processuale.
Ebbene, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo cui se deve ritenersi esclusa la possibilità di recepire acriticamente una dichiarazione senza un vaglio critico dell'attendibilità della stessa, svolto assumendo a riscontro tutti gli elementi della vicenda, la prova deve ritenersi sussistente e raggiunta quando la dichiarazione, sia essa raccolta in un verbale, sia essa resa a dibattimento, risulti logicamente e armonicamente inserita nel contesto dell'intera vicenda. Applicando al caso di specie l'esposta regola di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo di dubitare dell'attendibilità del contenuto dei verbali redatti dalla P.G, attesa l'assenza di incongruenze o di altri vizi logici e tenuto conto della credibilità dei propalatori, rivestendo costoro, nell'esercizio delle proprie funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale, veste, questa, che lascia presupporre mancanza di interesse privato all'esito del processo.
Viceversa, le dichiarazioni rese dall'Us. e dal D'A. appaiono evidentemente strumentali alla loro difesa, inverosimili e non corroborate da alcun serio riscontro esterno, ma, al contrario, del tutto smentite dalle emergenze probatorie acquisite la cui valenza dimostrativa è indiscussa.
Ed invero, l'Us. ha ammesso di essersi trovato fortuitamente coinvolto nella vicenda in esame in quanto si era limitato a fare una cortesia al titolare di un ditta di autotrasporti croata, accettando di scortare nella giornata successiva l'autista di un suo camion per farlo giungere a destinazione (Acerra, via (…), n. 58). Dal momento che l'Us. si trovava in compagnia del D'A., con il quale era in giro per affari, i due venivano sorpresi insieme al momento dell'intervento delle forze dell'ordine. L'Us., inoltre, ha riferito di essersi dato alla fuga perché intimorito dalla vista di soggetti armati, non avendo alcuna intenzione di sottrarsi al controllo. Tale ricostruzione ha trovato riscontro nelle dichiarazioni rese dal D'A., il quale ha confermato di essersi limitato ad accompagnare l'Us., il quale aveva accettato di fare una cortesia a un proprio connazionale.
Ebbene, la versione fornita dai due imputati non è credibile nella misura in cui, oltre a non essere stata fornita nell'immediatezza dei fatti, è inverosimile che l'Us. abbia accettato di fare la predetta "cortesia", per di più a un soggetto di cui non è stato in grado di fornire neppure le generalità, e si sia dato alla fuga perché spaventato, in quanto era chiaro che i soggetti intervenuti appartenessero alle forze dell'ordine.
Peraltro, anche a voler ritenere plausibile la versione difensiva, le circostanze e le modalità che avrebbero portato l'Us. e il D'A. a partecipare alla complessiva operazione di trasporto del t.l.e. di contrabbando non consentono di ritenere sussistente la buona fede o la mera negligenza, bensì dimostrano il dolo quanto meno nella connotazione eventuale.
La condotta menzionata negli atti acquisiti è dunque riferibile sia oggettivamente che soggettivamente agli odierni imputati, che - in concorso con altri soggetti - erano nella disponibilità di un quantitativo enorme di tabacchi lavorati esteri di contrabbando, provenienti dall'estero e pronti per essere caricati sui veicoli nella loro disponibilità per la successiva destinazione.
Il fatto ascritto agli imputati è indubbiamente connotato di rilievo penale, a prescindere dalla recidiva nel contrabbando di cui all'art. 296 del DPR 43/73, trattandosi di detenzione di t.l.e. per un quantitativo superiore a dieci chilogrammi, fattispecie, come è noto, immune alla depenalizzazione operata con il d. lgs. 8/2016, prevedendo la pena detentiva congiuntamente a quella pecuniaria.
Né può parcellizzarsi il quantitativo di t.l.e. sequestrato per ciascuno degli originari coindagati, trattandosi di una complessiva e organizzazione codetenzione di tutto il materiale. Il concetto penalistico di detenzione, infatti, non implica necessariamente un "contatto fisico immediato" tra il coautore del reato e l'oggetto, ma va inteso come "disponibilità di fatto" di quest'ultimo, con la conseguenza che ben può configurarsi il concorso di persone nel reato anche nei confronti di un soggetto che non sia addirittura mai entrato in contatto materiale con la sostanza detenuta. In secondo luogo, dall'altrettanto incontroversa considerazione che il reato di detenzione è un reato tipicamente "permanente", che si consuma soltanto nel momento in cui cessa l'attività criminosa del reo, per essere la condotta terminata, oppure in virtù del sequestro dello stesso da parte delle forze dell'ordine (Sez. 1, n. 7929 del 22/01/2010 - dep. 26/02/2010, Santaniello, Rv. 24624701) deriva, pertanto, che con riferimento ai reati di tal genere, qualsivoglia ausilio fornito all'autore materiale della condotta quando ancora questi eserciti il proprio potere (anche soltanto come disponibilità di fatto) sul bene si risolve, inevitabilmente, in un vero e proprio concorso e non in un'ipotesi di favoreggiamento (Cass., sez. IV, 8 marzo 2006, n. 12915 in tema di detenzione di stupefacenti).
Le uniche eccezioni, in realtà, a quanto appena riportato sono state individuate in quei casi in cui l'aiuto, lungi dal tradursi in un sostegno oppure incoraggiamento nella protrazione della condotta criminosa, costituisca invece solo una facilitazione alla cessazione di essa, sia pure al fine di ottenere l'impunità del soggetto ("in tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso nel reato e l'autonoma fattispecie di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato" - nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna a titolo di concorso per la detenzione di stupefacente, desumendo l'elemento soggettivo dalla condotta dell'imputata, tesa a disfarsi dello stupefacente mentre era sola in casa, sapendo dove la droga fosse custodita, e così dimostrando la sua autonoma disponibilità della sostanza - Cass., Sez. IV, 11 giugno 2019, n. 28890), ovvero nell'ipotesi - evidentemente non integrata nel caso di specie, in cui gli imputati hanno fornito l'un l'altro un valido contributo morale e materiale alla codetenzione, frazionandosi i compiti nell'esecuzione di un più complesso disegno criminoso - della connivenza non punibile ("In terna di detenzione di sostanze stupefacenti, integra la connivenza non punibile una condotta meramente passiva, consistente nell'assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell'illecito, di cui pur si conosca la sussistenza, mentre ricorre il concorso nel reato nel caso in cui si offra un consapevole apporto - morale o materiale - ali 'altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente" - fattispecie in cui la Corte ha escluso che fosse sufficiente per configurare il concorso nella detenzione di sostanza stupefacente l'accertamento di un rapporto di coabitazione nell'appartamento in cui la droga era custodita, non ravvisando a carico del convivente alcun obbligo giuridico di impedire l'evento ex art. 40 c.p. - Cass., Sez. III, 22 settembre 2015, n. 41055).
Tanto premesso in ordine alla responsabilità degli odierni imputati, occorre determinare il trattamento sanzionatorio da irrogare nei loro confronti.
A parere di questo giudice, deve, innanzitutto, tenersi conto della recidiva qualificata, ben contestata al D'A. in quanto effettivamente sussistente e da ritenersi evidente segno di maggiore disvalore della condotta e di più elevata pericolosità sociale del suo autore, atteso che il predetto, alla luce dei plurimi precedenti specifici da cui risultava gravato e delle modalità dell'azione delittuosa, ha mostrato una indole proclive alla commissione di reati e, comunque, incapace di gestire e controllare impulsi antigiuridici.
Si ritengono, tuttavia, concedibili agli odierni imputati (in misura prevalente alla contestata aggravante quanto alla posizione del D'A.) le circostanze attenuanti generiche, dovendosi all'uopo valutare il corretto comportamento processuale degli imputati, con conseguente evidente vantaggio in termini di economia processuale, e la concreta gravità del fatto.
Pertanto, tenuto conto dei criteri di commisurazione della pena enunciati negli artt. 133 e 133-bis c.p., si stima equo irrogare a Mi.Mi., Da.Ze., Us.Ri. e D'A.Pe. la pena di anni due di reclusione ed euro 8.000.000,00 di multa ciascuno, così determinata: pena base anni tre di reclusione ed euro 18.000,000 di multa (determinata considerando quella prefissata per legge in base al quantitativo rinvenuto, ovvero 5 euro x 5.400 kg), ridotta per la diminuente del rito alla pena di anni due di reclusione ed euro 12.000.000,00 di multa, ulteriormente ridotta per la diminuente di cui all'art. 133-bis c.p. (in considerazione dell'eccessiva gravità della sanzione pecuniaria prevista) alla pena indicata.
Al riconoscimento della penale responsabilità degli imputati consegue la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.
Alla luce dei plurimi e recenti precedenti da cui D'A.Pe. è gravato non appaiono sussistere i presupposti formali e sostanziali per il riconoscimento in suo favore dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna; viceversa, non appaiono sussistere motivi ostativi al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena in favore di Mi.Mi., Da.Ze. e Us.Ri., permettendolo l'entità della sanzione irrogata e lo stato di incensuratezza dei predetti imputati, che consente la formulazione di un positivo giudizio prognostico in ordine alla futura astensione degli stessi dalla commissione di reati (cfr. certificati del casellario giudiziale, in atti).
La pena detentiva inflitta al D'A., pur essendo astrattamente sostituibile, non può esserlo in concreto, in quanto, avendo questo giudicante all'esito della lettura del dispositivo dato gli avvisi di cui all'art. 545-bis c.p.p. ed essendo assente l'imputato, manca il necessario consenso alla detta sostituzione (si tratta, infatti, di pena detentiva superiore a un anno di reclusione).
Ai sensi degli artt. 240 c.p. e artt. 301 e 301-bis d.p.r. n. 43/73, si dispone, in quanto obbligatoria, la confisca di quanto in sequestro.
Alla luce dei carichi di lavoro, si fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 438 e ss., 533 e 535 c.p.p., dichiara Mi.Mi., Da.Ze., Us.Ri. e D'A.Pe. colpevoli del reato a loro ascritto e, esclusa la recidiva contestata al D'A., riconosciute le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alla contestata aggravante e tenuto conto della diminuente di cui all'art. 133-bis c.p. e di quella per il rito prescelto, li condanna alla pena di anni due di reclusione ed euro 8.000.000,00 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali.
Concede a Mi.Mi., Da.Ze. e Us.Ri. il beneficio della sospensione condizionale della sola pena detentiva.
Letti gli artt. 240 c.p., artt. 301 e 301-bis d.p.r. n. 43/73, ordina la confisca di quanto in sequestro. Fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 29 marzo 2023.
Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2023.