top of page

Rapina impropria e resistenza a pubblico ufficiale: configurazione delle condotte violente per mantenere il possesso del bene o garantirsi l’impunità

rapina-impropria-resistenza-pubblico-ufficiale-condotte-violente

Corte appello Bari sez. III, 02/08/2024, n.3293

La rapina impropria si configura quando l’agente, dopo aver sottratto un bene, pone in essere una condotta violenta o intimidatoria per mantenere il possesso del bene o garantirsi l’impunità, anche mediante resistenza nei confronti del legittimo proprietario o delle forze dell’ordine. La resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p. si integra quando l’autore si oppone con violenza o minaccia al compimento di atti d’ufficio, con dolo specifico di ostacolare l’attività degli agenti.

Tentata estorsione e rapina aggravata: violenza per impedire l'esercizio del diritto di credito (Giudice Alessandro Cananzi)

Recidiva specifica e responsabilità aggravata: condanna per rapine multiple con unico disegno criminoso (Giudice Napolitano Tafuri)

Rapina aggravata e rito abbreviato: valore della confessione e attenuante del risarcimento del danno (Giudice Paola Scandone)

Rapina impropria aggravata: condanna per violenza post-sottrazione con arma impropria (Collegio - Di Petti presidente)

Condanna per tentata rapina aggravata: uso del coltello e intervento di terzi a interrompere l’azione criminosa (Collegio - Di Petti presidente)

Condanna per rapina aggravata: cinque anni di reclusione e revoca della sospensione condizionale (Collegio - Cristiano presidente)

Rapina aggravata e attendibilità delle dichiarazioni della vittima: accertamento di responsabilità nel rito abbreviato (Giudice Paola Scandone)

Tentata rapina: l'intimidazione a minori come strumento di coercizione (Giudice Diego Vargas)

Condanna per rapina pluri-aggravata e ricettazione: uso di arma e collegamento teleologico tra i reati (Collegio - Di Petti presidente)

La distinzione tra il reato di furto con strappo e quello di rapina risiede nella direzione della violenza esercitata

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 410 emessa in data 14.02.2022. il Tribunale di Foggia, in composizione monocratica, dichiarava Ta.Mu. (alias Ta.Mu.) colpevole dei reati a lui ascritti e. riconosciute le circostanze attenuanti generiche giudicate equivalenti alla contestata recidiva, unificate le condotte dal vincolo delia continuazione, lo condannava, tenuto conto della diminuzione per il rito, alla pena dì anni tre, mesi sei di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere durante la custodia. Dichiarava Ta.Mu. interdetto per la durata di anni cinque dai pubblici uffici.

A tale decisione perveniva il giudice di primo grado, alla luce degli atti di indagine contenuti ne! fascicolo del P.M. tutti utilizzabili in ragione del rito abbreviato richiesto dall'imputato, in particolare, verbale di arresto e relativi allegati, annotazioni integrative, verbale di perquisizione e denuncia sporta da Ma.Al.

Dagli alti istruttori emergeva che, in data 25.11.2021. alle ore 02.53 circa, nel corso di un servizio straordinario di controllo del territorio in Foggia, gli Agenti del Reparto Prevenzione Crimine di Potenza venivano inviati dalla sala operativa nei pressi di (…), a seguito della segnalazione di un'aggressione in corso. Giunti all'altezza di via (…), gli operanti notavano un soggetto che alla loro vista, si dava alla fuga e veniva bloccato a seguito di un breve inseguimento. Raggiunto ed afferrato per un braccio, il soggetto opponeva resistenza all'intervento degli Agenti finalizzato alla sua identificazione. In particolare, l'uomo strattonava l'Ass. Capo Coord. Sa.Sa., imprimendo con forza, "placcando" con il proprio dorso il petto del l'operalo re. Solo grazie all'intervento degli altri Agenti, il soggetto veniva bloccato e condotto nell'auto di servizio, ove continuava a dimenarsi e a spingere i poliziotti.

Successivamente, giungeva sul posto Ir.Al., il quale riferiva che, poco prima, nel mentre si trovava all'esterno del locale in via (…) angolo via (…), intento ad inviare dei messaggi con il proprio cellulare, sopraggiungeva alle sue spalle un soggetto che, con una mossa fulminea, gli strappava di mano il cellulare, dandosi alla fuga. Il predetto riferiva di essersi messo all'inseguimento del soggetto, e dopo averlo raggiunto gli aveva chiesto di restituirgli il telefono. A seguito di tanto, l'individuo aveva iniziato a strattonarlo e a spingerlo per darsi alla fuga. L'Ir.Al. riferiva che dopo una colluttazione era riuscito a ritornare in possesso del cellulare e ad effettuare una chiamata ai 113.

Gli Agenti conduce vano il soggetto in questione presso i loro uffici ove veniva identificato in Ta.Mu. e tratto in arresto, Al. sporgeva denuncia nei confronti dell'imputato.

Alla luce delle risultanze probatorie, il Giudice di primo grado riteneva provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati di cui ai capì I) e 2) dell'imputazione e lo condannava alla pena detta.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello il Difensore dell'imputato con dichiarazioni e motivi depositati in data 18.03.2022. Il Difensore chiedeva la riforma della sentenza, evidenziando la mancanza di prove certe della identificazione dell'odierno imputato quale autore della contestata rapina impropria; sosteneva che sulla base dei fatti denunciati di cui al capo d'imputazione, l'imputato avrebbe dovuto rispondere di tentato furto di cui agli artt. 624,625,56 c.p., non essendo emersa alcuna prova della presunta rapina impropria. Infine, il Difensore chiedeva una rideterminazione della pena con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alle aggravanti contestate e con la concessione di ogni beneficio concedibile.

All'odierna camera di consiglio, all'esito della trattazione scritta, dopo le conclusioni delle parti, la Corte decideva come da separato dispositivo.

L'appello proposto dall'imputato non può essere accolto in quanto i motivi dedotti a sostegno sono infondati, dovendo confermarsi il giudizio espresso dal primo Giudice riguardo alla realizzazione da parte del Ta.Mu. della condotta criminosa integrante gli estremi dei reali di cui agli artt. 628. comma 2, c.p. e 337 c.p. di cui ai capi 1) e 2) dell'imputazione. La penale responsabilità dell'imputato emergeva dalla ricostruzione dei fatti fornita dagli Agenti del Reparto di Prevenzione Crimine Basilicata di Potenza, nel verbale d'arresto, nel quale gli Agenti Sov. Gu.Gi., Ass.te Capo Coord. Sa.Sa., Ass. Capo Coord. Fo.Ca. dichiaravano che in data 25.11.2021. alle ore 2.53. nel corso di un servizio straordinario di controllo del territorio, in Foggia, nell'ambito dell'operazione denominata "(…)", venivano inviati dalla centrale operativa nei pressi di (…), a seguito di una segnalazione giunta alla sala operativa della locale Questura, di un'aggressione in atto. Giunti nei pressi della citata Piazza, gli Agenti notavano una persona appiedata che alla loro vista si dava alla fuga diretto nella contigua via (…), Nonostante gli Agenti avessero intimato di fermarsi, il soggetto aumentava la corsa, venendo poi bloccato, nonostante continuasse a divincolarsi con braccia e gambe, opponendo così resistenza alla sua identificazione. Dopo qualche minuto, giungeva sul posto un ragazzo, identificato in Ir.Al., il quale riferiva che nel mentre si trovava in via (…) angolo via (…) si avvicinava alle sue spalle un individuo che gli strappava di mano il telefonino e scappava. L'Ir.Al. riferiva di aver inseguito il soggetto e dopo essere riuscito a raggiungerlo, gli chiedeva di restituirgli il telefono.

Quest'ultimo iniziava a strattonarlo e spingerlo, dandosi nuovamente alla fuga, per poi venire nuovamente fermato dalla persona offesa, la quale dopo una breve colluttazione, riusciva a riprendere il telefono cellulare e ad allertare il 113. A seguito di tanto, l'Ir.Al. sporgeva denuncia -querela nei confronti del Ta.Mu.

La ricostruzione dei latti veniva confermata dall'annotazione afferente le attività di indagine svolte dagli Agenti della Polizia di Stato Reparto Prevenzione Crimine "Basilicata", t quali a corredo dell'attività di indagine, avevano proceduto all'estrapolazione delle immagini riprese dal sistema di videosorveglianza presente in via (…) e dalla telecamera puntata sul marciapiede della strada opposta alla via (…). Attraverso l'esame delie predette immagini si vedeva, nell'orario della rapina, un individuo indossante un giubbotto chiaro proveniente dall'intersezione tra via (…) e via (…), correre in direzione di via IV Novembre, successivamente un individuo indossante un giubbotto scuro correre nella stessa direzione, essendo così stata ripresa la fase della fuga dell'imputato rincorso dalla persona offesa: si consideri a riprova che, dai rilievi foto - segnaletici effettuati presso gli Uffici al fine di identificare l'imputato, emergeva che. al momento dell'arresto, il prevenuto indossava una felpa di colore chiaro come quella indossata dal soggetto inseguito e ripreso nelle immagini acquisite agli atti (e dvd in atti e relativa annotazione con descrizione delle immagini visionate e fotogrammi estrapolati). In sede di interrogatorio l'imputato si avvaleva della facoltà di non rispondere.

Alla luce delle risultanze probatorie emerge in maniera evidente la penale responsabilità dell'odierno imputato per il reato di cui all'art. 628 comma 2. c.p., oltre che del reato di resistenza ai pubblici ufficiali, dovendosi pertanto confermare la sentenza di condanna di primo grado. Invero, Ta.Mu. è stato individuato e bloccato nell'immediatezza del fatto, subito dopo la chiamata al 113 effettuata da Ir.Al. e mentre quest'ultimo stava ancora comunicando al telefono con l'operatore della Polizia di Stato, li prevenuto veniva avvistato dagli Agenti nelle immediate vicinanze del luogo in cui era avvenuta la rapina ed. alla vista degli Agenti, aveva iniziato a correre nel tentativo di darsi alla fuga; come si è detto, dalle immagini estrapolate dalle telecamere presenti sul posto, emergeva che l'uomo inseguito dalla persona offesa indossava un giubbotto di colore chiaro come quello indossato dal Ta.Mu. al momento dell'arresto.

Non può ritenersi fondata, poi, la richiesta formulata dal Difensore dell'imputato di riqualificazione del reato di cui al capo I) nell'ipotesi del reato di tentato furto, ricorrendo nella fattispecie in esame tutti presupposti del reato di rapina impropria di cui all'art. 628. comma 2 c.p.

Per la prevalente giurisprudenza, la rapina c.d. impropria di cui all'art. 628 comma 2 c.p. si configura quando l'agente pone in essere la condotta di violenza o minaccia immediatamente dopo aver sottratto la cosa mobile ai fini di trarne profitto, ovvero per assicurarsi l'impunità (Cassazione Penale Sezione (…), sentenza n. 15642 del 13 aprile 2021).

Affinché si configuri il reato di rapina di cui all'art. 628 comma 2 c.p. è necessaria la sottrazione della cosa, attraverso la quale il colpevole si appropria di una cosa mobile che appartiene a un'altra persona e la violenza o minaccia è perpetrata ai tini la sottrazione della cosa allo scopo di trarne un profitto o per assicurarsi l'impunità. Violenza che può essere esercitala sia sul proprietario della cosa sia su terze persone presenti durante il reato.

Nel caso in questione, l'odierno imputato, dopo aver sottratto con violenza il telefonino alla richiesta di restituzione del bene, strattonava, spingeva ed ingaggiava con la persona offesa una colluttazione.

Successivamente poneva in essere una condotta minacciosa e violenta nei confronti degli Agenti, opponendosi con resistenza alle operazioni finalizzate all'accertamento dei fatti ed alla sua identificazione, al fine di assicurarsi l'impunità, risultando cosi, pienamente provata la penale responsabilità dell'imputato anche in ordine al reato di cui all'art. 337 c.p. di cui al capo 2) dell'imputazione.

Ed invero, così come emergeva dall'integrazione all'annotazione afferente le attività di indagine svolte in data 25.11,2021, l'odierno imputato alla vista degli Agenti si dava alla fuga, aumentando la corsa e una volta raggiunto ed afferrato con un braccio, lo stesso strattonava l'Ass. Capo Coord. Sa. "placcando" - con il proprio dorso il petto dell'operatore. Solo a seguito dell'intervento deli "Ass. Capo Coord. Fo.Ca. e del Sov.te Gu., l'imputato veniva bloccato. Anche dopo il citato intervento degli Agenti, il Ta.Mu. non dimostrava un atteggiamento collaborativo, continuando a dimenarsi e a spingere gli operatori, rendendo difficoltoso il suo accompagnamento verso l'autovettura di servizio.

Alla luce delle risultanze istruttorie è emerso in maniera chiara ed evidente che le modalità dell'azione posta in essere dall'odierno imputato, cosi come dettagliatamente descritte, denotano sia l'idoneità delia condotta dell'imputato ad ostacolare l'agire dei pubblici ufficiali sia la sussistenza del dolo specifico ex art. 337 c.p.; è evidente, infatti, che l'intento del Ta.Mu. era quello di sottrarsi all'intervento degli Agenti, impedendo loro il compimento di un atto del loro ufficio.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale "nel delitto di cui all'art. 337 c.p. l'atto contrario ai doveri di ufficio non fa parte dell'elemento oggettivo del reato, ma di quello soggettivo e, più precisamente, dei dolo specifico, che attiene alla finalità che l'agente si propone con il suo comportamento; sicché, se questo agisce con minaccia e con l'intenzione di attaccare il pubblico ufficiale per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri od omettere un atto dell'ufficio, il delitto è consumato, sia che l'attività commissiva o l'omissione cui è finalizzata l'azione dell'agente siano state già realizzate, sia che ancora debbano esserlo". (Cassazione Penale Sez. II, sentenza n.1702 del 26/10/2021). Per quanto riguarda i subordinati motivi riguardanti il trattamento sanzionatorio, irrogato dal primo Giudice, lo stesso è congruo e conforme ai parametri di cui all'art. 133 c.p. dovendosi ritenere che le modalità della condotta impediscono il giudizio di prevalenza delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti. D'altra parte, secondo l'insegnamento della S.C., la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito e non richiede specifica motivazione nei casi in cui la pena sia applicala in misura inferiore alla inedia edittale, e ancor più se prossima al minimo, potendo essere giustificata anche con il mero richiamo di criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui ai l'art. 133 c.p. (v. Cass. Pen III, 22.2.2019, n. 29968, Rv. 276288: "non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi", "anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo". V. pure Cass. Pen. IV. 17/5/2013 n. 21294).

L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere confermata con conseguente condanna dell'imputato alle ulteriori spese processuali del grado.

P.Q.M.
La Corte d'appello di Bari, terza sezione penale, letto l'art. 605 c.p.p. conferma la sentenza pronunciata dal Tribunale di Foggia, in composizione monocratica in data 14.2.2022, nei confronti di Ta.Mu., appellata dall'imputato, che condanna al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio.

Letto l'art, 544 comma 3. c.p.p. indica il termine di giorni novanta per il deposito della sentenza.

Così deciso in Bari il 23 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2024.

bottom of page