Corte appello Ancona, 19/07/2024, n.718
Per la configurabilità del reato di truffa, la negligenza della vittima non esclude l'idoneità degli artifizi o raggiri, la cui capacità di inganno è dimostrata dal risultato ottenuto. Il reato di sostituzione di persona si perfeziona con l'attribuzione di un'identità altrui al fine di trarre un vantaggio patrimoniale, in quanto l'identità personale è un elemento giuridico idoneo a produrre effetti. La recidiva reiterata specifica giustifica un aggravamento della pena, essendo indicativa di una accresciuta pericolosità sociale e una maggiore capacità a delinquere dell'imputato.
Svolgimento del processo
Con sentenza numero 694/2022 emessa in data 11.07.2022, il Tribunale di Pesaro, all'esito del giudizio dibattimentale, accertava la penale responsabilità dell'imputato Na.Lu. in relazione ai reati di truffa e sostituzione di persona di cui agli artt. 81 cpv., 494 e 640 c.p. e, concesse all'imputato la circostanza attenuante ex art. 62 n. 4 c.p. e le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, lo condannava alla pena di mesi 8 di reclusione ed Euro 160 di multa.
La decisione si fonda probatoriamente sulle testimonianze rese dal teste Er.An., dal teste di P.G. Pr.Ma. e sulla documentazione acquisita al fascicolo processuale con il consenso delle parti. I fatti possono essere così compendiati.
Er.An. riferiva che il giorno 19.07.2019 presso il negozio "Er.Mu." - esercente commercio all'ingrosso ed al dettaglio di capi di vestiario - si era presentato un uomo di nome Le.Di., il quale si professava titolare della ditta "Di.". Dopo aver selezionato una cospicua quantità di capi di abbigliamento, il sedicente Di. offriva in pagamento un assegno di 6.411,10 euro. Nonostante le iniziali perplessità, il venditore accettava l'assegno anche in ragione del fatto che alcuni rappresentanti del settore lo avevano rassicurato circa l'affidabilità e serietà di Le.Di. e tenuto conto altresì che l'acquirente, pur a fronte dell'assegno consegnato, aveva accettato di prelevare, per il momento, solo una parte della merce, per un valore di circa 200,00 euro, impegnandosi a tornare in uno dei giorni successivi per prendere il resto.
Portato l'assegno all'incasso, quest'ultimo risultava privo di copertura e Er.An., attraverso una ricerca effettuata su internet, scopriva che la persona che si era presentata presso il suo negozio non era il vero Le.Di..
Dai successivi accertamenti svolti dai Carabinieri emergeva che episodi analoghi si erano già verificati in altre località e che taluni di questi erano risultati ricollegabili all'imputato Na.Lu., il quale veniva riconosciuto con sicurezza dall'Er. nel corso della individuazione fotografica eseguita sia durante le indagini che nel corso del dibattimento.
L'individuazione del Na.Lu. quale autore degli illeciti trovava ulteriore riscontro nel fatto che egli risultava l'effettivo utilizzatore dell'automobile con la quale il falso Di. si era presentato presso il negozio. Il Tribunale di Pesaro riteneva perciò provati ambedue reati contestati all'imputato.
Avverso la sentenza di primo grado ha presentato appello il difensore dell'imputato, chiedendo, in via principale, l'assoluzione di Na.Lu. da entrambi i reati ascrittigli, perché il fatto non sussiste;
in via gradata, l'assoluzione per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'articolo 131-bis c.p.;
in subordine, la rideterminazione della pena applicata all'imputato previo riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti sulla contestata recidiva, la riduzione dell'aumento applicato per la continuazione ai sensi dell'articolo 81 co. 2 c.p. e la concessione della sospensione condizionale pena, anche condizionata a uno degli obblighi previsti per legge. Con il primo motivo d'appello la difesa contesta la sussistenza del reato di truffa in ragione della assenza degli elementi tipici della fattispecie.
Secondo l'appellante, nel caso di specie, difetterebbe l'elemento della induzione in errore della vittima: l'atto di disposizione patrimoniale posto in essere sarebbe qui il portato non degli artifizi e raggiri posti in essere dal soggetto agente, ma del comportamento totalmente negligente della vittima che non aveva chiesto al sedicente di comprovare la sua identità prima di consegnargli i capi di abbigliamento, nonostante il valore cospicuo di essi e la consegna, quale mezzo di pagamento, di un semplice assegno bancario. In ogni caso, la condotta truffaldina sarebbe stata posta in essere nei confronti di un soggetto non legato da alcun rapporto di rappresentanza legale o negoziale con la persona danneggiata dal reato, da individuarsi in Er.Fr.; secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, pur non occorrendo per la configurabilità della truffa che il soggetto raggirato coincida con quello che subisce il danno, sarebbe comunque necessario che il raggirato sia stato autorizzato alla gestione degli interessi patrimoniali del soggetto danneggiato, e proprio la mancanza di tale autorizzazione, nel caso di specie, impedirebbe il perfezionamento del reato.
Con il secondo motivo d'appello la difesa contesta la carenza degli elementi tipici del reato di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. La condotta posta in essere dall'imputato è consistita in null'altro che nel presentarsi con il nome di Le.Di., titolare della società Di., a! fine di acquistare la merce per cui è processo; secondo la difesa, tale comportamento non sarebbe idoneo a creare dubbi sull'identità personale, posto che l'imputato non ha attribuito a se stesso dati ulteriori rispetto a nome, cognome e professione, e l'autodefinirsi titolare di una società non determinava, per ciò solo, la produzione di effetti giuridici, ma solo la mera attribuzione di una specifica qualifica professionale. Con il terzo motivo di appello, la difesa si duole della eccessiva rigorosità del trattamento sanzionatorio irrogato all'imputato.
Il primo giudice avrebbe ritenuto la sussistenza della contestata recidiva reiterata specifica e infraquinquennale esclusivamente sulla base delle risultanze del casellario giudiziale, nonostante l'inesistenza di sentenze, precedenti al fatto, che avessero condannato Na.Lu. per un reato aggravato dalla recidiva, e senza valutare la sussistenza di una relazione qualificata fra le pregresse condanne e il reato odierno, tale da far ritenere quest'ultimo sintomatico di una accresciuta pericolosità del reo. In ogni caso, su una così poco consistente recidiva, le circostanze attenuanti avrebbero dovuto prevalere nel giudizio di bilanciamento. Da ultimo, la difesa lamenta l'eccessività dell'aumento di mesi 2 operato per la continuazione ex art 81 cpv. c.p. tra i due reati (truffa e sostituzione di persona) chiedendo che lo stesso venga contenuto nel minimo o comunque ridotto. Con il quarto motivo di appello, la difesa chiede l'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena - seppur condizionata all'adempimento di uno degli obblighi previsti per legge - ingiustamente negata, pur non ricorrendo cause ostative.
Con il quinto ed ultimo motivo di appello la difesa chiede il riconoscimento della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., attesa la modesta portata offensiva della condotta, dimostrata dalla stessa esiguità del danno arrecato. All'odierna udienza si procedeva in camera di consiglio, senza la partecipazione delle parti; il P.G. presentava la requisitoria scritta chiedendo la conferma della sentenza impugnata; il difensore dell'imputato depositava le conclusioni scritte, riportandosi ai motivi di appello ed insistendo per il loro accoglimento.
Motivi della decisione
La sentenza di primo grado deve essere confermata e l'imputato appellante va condannato al pagamento delle ulteriori spese.
In via preliminare si rileva che, in difetto di contestazioni da parte della difesa, possa farsi integrale rinvio alla sentenza di primo grado per quel che riguarda la materiale ricostruzione dei fatti e la ascrivibilità di essi all'odierno appellante. Passando ai motivi d'appello, sono infondate la censure sollevate in rapporto alla idoneità degli artifizi e raggiri posti in essere dall'imputato a trarre in inganno la vittima.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo evidenziato che, in tema di truffa, la questione in ordine alla idoneità astratta dell'artificio o del raggiro ad ingannare e sorprendere l'altrui buona fede si pone solo nell'ipotesi del tentativo, mentre, nel caso in cui il reato sia stato consumato essa è in re ipsa: è dimostrata dall'effetto raggiunto (v. Cass. Sez. 2, n. 9756 del 03/07/1985, Rv. 170831; Cass. Sez. 2, n. 10833 del 27/02/1990, Rv. 185014). D'altra parte è principio pacifico quello per cui ai fini della sussistenza del delitto di truffa, non ha rilievo la mancanza di diligenza da parte della persona offesa, dal momento che tale circostanza non esclude l'idoneità del mezzo, risolvendosi in una mera deficienza di attenzione spesso determinata dalla fiducia ottenuta con artifici e raggiri (vedasi Cass. Pen., Sez. 2, sent. n. 51538 del 20/11/2011).
Del tutto privo di pregio l'ulteriore rilievo sollevato dall'appellante in rapporto al fatto che Er.An. non sarebbe stato legato da alcun rapporto di rappresentanza legale e/o negoziale al soggetto danneggiato dal reato, ovvero Er.Fr., socio della soc. Eredi Mu. e titolare dell'omonimo esercizio commerciale.
Invero, si condivide l'orientamento giurisprudenziale per cui il delitto di truffa è configurabile anche quando il deceptus è diverso dal soggetto passivo del danno ed in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato, sempre che sussista un nesso di causalità tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato; tutti elementi che, nel caso di specie, sussistono con ogni evidenza.
Ad ogni modo, nel corso della sua audizione Er.An. ha spiegato di essere il padre di Er.Fr. e di averlo sostituito in negozio il giorno 19.07.2019 su espressa richiesta del figlio; ciò ha comportato che Er.An., nella ridetta occasione, fosse stato legittimato ad agire giuridicamente sul patrimonio del rappresentato, avendo il potere di compiere l'atto di disposizione destinato efficacemente a ricadere sul patrimonio del danneggiato per effetto di una libera scelta negoziale.
Il reato di truffa appare, pertanto, correttamente integrato in tutti i suoi elementi tipici.
Parimenti infondate le doglianze sollevate in rapporto alla sussistenza del reato di sostituzione di persona.
L'elemento materiale del delitto di cui all'articolo 494 c.p. consiste nell'indurre taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, ovvero attribuendo a sé o ad altri un falso nome, ovvero un falso stato, ovvero ancora una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici. E' di tutta evidenza che tale condotta è pacificamente integrata dall'essersi l'imputato attribuito falsamente le generalità di un'altra persona realmente esistente (sembra fin troppo ovvio rilevare che all'identità di una persona si ricollegano effetti giuridici) al fine di procurare a sé un vantaggio patrimoniale, ovvero ottenere la consegna di capi di abbigliamento, consegnando in pagamento un assegno scoperto; parimenti pacifica è l'induzione in errore della vittima, tanto che solo a seguito alle ricerche effettuate su internet Er.An. scopriva che l'uomo che si era presentato in negozio con il nome di Le.Di. non era chi aveva detto di essere (TESTE Er. - Ho cercato il nome della ditta e il nome del proprietario. Ho visto la fotografia, non corrispondeva assolutamente a lui - v. p. 5 trascrizioni integrali ud. 23.5.2022)
In definitiva, le risultanze istruttorie distintesi in corso di giudizio hanno offerto piena prova di ambedue i reati ascritti all'imputato Na.Lu., il cui giudizio di colpevolezza va, pertanto, confermato in relazione ad entrambe le imputazioni. Non può trovare applicazione al caso di specie la speciale causa di non punibilità dell'art. 131-bis c.p.
Le complessive modalità della condotta, senz'altro connotata da spiccata astuzia (specie per l'uso del nome di un commerciante del settore dell'abbigliamento noto nell'ambiente per serietà ed affidabilità) e il danno arrecato, modesto, ma certamente non irrisorio, escludono un giudizio di particolare tenuità del fatto, senza che occorra prendere in considerazione i plurimi precedenti dell'imputato per reati analoghi (che fanno venir meno anche il presupposto, richiesto dall'art. 131 bis c.p., della non abitualità della condotta).
Venendo al trattamento sanzionatorio dell'imputato, la Corte ritiene correttamente affermata la contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.
I reati odierni presentano chiari profili di omogeneità con il passato criminale del Na. (vedasi, in particolare, la condanna definitiva nel novembre 2015 per falsità materiale ex artt. 477,482 c.p.) e rappresentano la significativa prosecuzione di un processo delinquenziale sostanzialmente mai interrotto da parte dell'imputato che, ponendo in essere le condotte per cui è processo, connotate da insidiosità e scaltrezza, ha dato prova di una notevole capacità a delinquere e di una accresciuta pericolosità (le ulteriori condanne per truffa e sostituzione di persona, riportate dall'imputato successivamente ai fatti per i quali si procede, non hanno fatto altro che fornire conferma a tale valutazione). Non va poi dimenticato che, ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata, non è necessaria una precedente dichiarazione di recidiva contenuta in altra sentenza di condanna dell'imputato, né è necessario che, in relazione ad altri procedimenti definiti con sentenza irrevocabile, sussistessero astrattamente i presupposti per riconoscere la recidiva semplice, ma è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l'imputato risulti gravato da più condanne definitive per reati che, in relazione a quello oggetto di giudizio, manifestino una sua maggiore pericolosità sociale (Cass. pen. n. 35159 del 1.7.2022).
Non modificabile è anche il giudizio di equivalenza operato dal Giudice di prima istanza tra le circostanze attenuanti ex art. 62-bis e 62 n. 4 c.p. e la recidiva, atteso il disposto del co. 4 dell'art. 69 c.p. che fa espresso divieto di porre le circostanze attenuanti in rapporto di prevalenza sulla recidiva di cui all'art. 99 co. 4 c.p.
Da ultimo, si ritiene che la pena inflitta all'imputato non possa essere ridotta, dal momento che il Tribunale si è attenuto ai minimi edittali per la truffa ed ha operato un aumento per la continuazione che appare pienamente giustificato, a mente dei parametri rilevanti ex art. 133 c.p., in ragione di quanto già evidenziato riguardo alla "qualità" del reato satellite e del suo apporto, in concreto, a connotare il disvalore complessivo della condotta da giudicare. La richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale non può che essere rigettata, trattandosi di recidivo reiterato. La sentenza impugnata va, quindi, integralmente confermata. Alla conferma della sentenza segue la condanna dell'imputato appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.
P.Q.M.
visto l'art. 605 c.p.p.,
conferma la sentenza n. 694/2022, emessa in data 11.7.2022 dal Tribunale di Pesaro, appellata dall'imputato Na.Lu., che condanna al pagamento delle ulteriori spese.
Riserva il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Ancona il 19 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2024.