Con la sentenza in argomento, la Corte di appello di Napoli ha affermato che nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, l'interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.

Corte appello Napoli sez. VI, 13/06/2022, (ud. 07/06/2022, dep. 13/06/2022), n.8825
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza emessa l'1.3.17 dal GUP del Tribunale di Avellino, gli imputati sono stati dichiarati colpevoli del reato di cui agli artt. 110 c.p., 216 co. 1, n. 2, 223 R.D. 267/1942 e, previa riduzione per la scelta del rito, sono stati condannati alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Gli imputati sono stati, altresì, dichiarati inabilitati all'esercizio delle imprese Co. per la durata di anni dieci ed incapaci, per il medesimo periodo, ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Alla condanna seguiva il risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile, da liquidare in separato giudizio.
Il convincimento del Giudice di prime cure in ordine al giudizio di colpevolezza espresso nei confronti degli imputati fondava sugli esiti della ricostruzione offerta dalla curatela (dott. Ot. Ba.), nella quale si dava atto dell'incompletezza delle scritture contabili depositate e della conseguente impossibilità di procedere alla ricostruzione del patrimonio e del movimento di affari della società, con conseguente difficoltà nell'individuazione dei creditori sociali.
La condotta in contestazione era da ascrivere non solo ad Ar. Cl., che aveva ricoperto la carica di rappresentante legale della DE. s.r.l. (operante nel settore dell'informatica) dal (omissis) sino alla data di fallimento (con sentenza del Tribunale di Avellino del 2.2.12), ma anche a De Lo. Ma., che ne era invece stato l'amministratore nel (omissis), allorquando erano stati stipulati i contratti per la realizzazione di software gestionali con le ditte Ab. Me. Co. e Ci. s.r.l. (risultate essere inattive), la cui risoluzione era stata artatamente addotta a giustificazione della posta negativa del bilancio dell'anno 2010. Peraltro, il coinvolgimento del De Lo. era emerso anche quanto all'omessa annotazione del corrispettivo di Euro 66.865,00, ricevuto dalla Provincia di Avellino, quale corrispettivo di un appalto per conto del Consorzio (...).
Avverso la sentenza hanno interposto ritualmente appello i Difensori degli imputati, articolando i seguenti specifici motivi.
Per Ar. Cl.:
1) con il primo motivo ha chiesto l'assoluzione, non avendo il primo giudice chiarito la condotta specificamente ascritta all'imputato (sottrazione o incompletezza delle scritture), con le ricadute in punto di elemento soggettivo del reato (dolo specifico nel primo caso e generico nel secondo) e non avendo tenuto in debito conto le deduzioni difensive contenute nella consulenza di parte, oltre alla circostanza che il comportamento collaborativo tenuto dall'imputato ha consentito la ricostituzione del patrimonio aziendale;
2) con il secondo motivo ha chiesto la derubricazione nella fattispecie di cui all'art. 217 l.f.;
3) con il terzo motivo ha lamentato il difetto di correlazione tra contestazione e sentenza, ai sensi dell'art. 521 co. 2 c.p.p.;
4) con il quarto motivo ha chiesto la riduzione della pena, previa concessione delle attenuanti generiche.
Per De Lo. Ma.:
1) con il primo motivo ha chiesto l'esito assolutorio, attesa l'estraneità ai fatti dell'imputato, cessato dalla carica dal (omissis);
2) con il secondo motivo ha chiesto la derubricazione nella fattispecie di cui all'art. 217 l.f.;
3) con il terzo motivo ha lamentato il difetto di correlazione tra contestazione e sentenza, ai sensi dell'art. 521 co. 2 c.p.p.;
4) con il quarto motivo ha chiesto la riduzione della pena, previa concessione delle attenuanti generiche e la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Dopo la rituale costituzione delle parti, si è dato corso alla discussione, nell'ambito della quale il Procuratore Generale e la Difesa hanno concluso come da verbale. La Corte, dopo essersi ritirata in camera di consiglio, ha dato lettura del dispositivo, riservando il deposito della sentenza.
Ciò premesso, gli appelli sono fondati unicamente quanto alla necessaria riduzione delle pene accessorie in misura pari alla pena principale, dovendo per il resto essere disattesi.
Al riguardo, va preliminarmente osservato che, quanto al merito della decisione di condanna degli imputati in ordine al reato contestato per il quale i predetti sono stati ritenuti responsabili, deve osservarsi che questa Corte ritiene integralmente condivisibili l'analitica ricostruzione dei fatti e la motivazione posta a fondamento della decisione di primo grado, in aderenza alle risultanze processuali, legittimamente acquisite e pertanto pienamente utilizzabili, da parte del giudice di primo grado, ad esse riportandosi (così come ormai ritenuto legittimo dalla giurisprudenza della Suprema Corte, vedi tra le altre Cass. Sez. I, n. 46350/03 e Cass. Sez. III, n. 27300/04 che sottolinea come la motivazione della sentenza di secondo grado "deve essere concisa e riguardare gli aspetti 'nuovi' o contradditori o effettivamente mal valutati").