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Tribunale di Nola - 780/21 - GM Raffaele Muzzica - Truffa - Assoluzione

Tribunale Nola, 21/05/2020, (ud. 21/05/2020, dep. 21/05/2020), n.780

Giudice: Raffaele Muzzica

Reato: 640 c.p.

Esito: Assoluzione


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI NOLA

GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

SENTENZA

(con redazione contestuale dei motivi)

nei confronti di:

Pa.Bi., nato (...), ivi residente in via (...) (domicilio eletto ex

art. 161 c.p.p.) - libero, presente.

Difeso di fiducia dall'avv. Ma.Te.

IMPUTATO

a) In ordine al delitto p. e p. dall'art. 640 c.p., perché, quale

titolare dell'omonima ditta individuale e intestatario del c.c. n.

(...) acceso presso la filiale di Pomigliano D'Arco del Ba.Na. con

artifizi e raggiri, consistiti nel simulare la vendita sul sito (...)

di un'autovettura (...) Tw.Na. di colore grigio targata (...) al

prezzo di Euro 7.000,00 con 57.000 Km circa anno 2013, nonché nel

concordare tramite contatti telefonici ed incontri le modalità di

pagamento e di consegna del veicolo, induceva in errore Re.Na.

sulla serietà e sulla vantaggiosità della proposta commerciale,

procurando a sé o ad altri l'ingiusto profitto ponendo all'incasso

e versando l'assegno circolare n. (...) di Euro 6,900,00 sul c.c.

n. (...) risultato intestato a Pa.Bi. con pari danno per la p.p.,

alla quale veniva consegnata l'autovettura della quale sono risultati

scalati i 118.486 Km percorsi e mancanti le doppie chiavi con

apertura telecomandata, i tagliandi Ca. ed i tagliandi identificati

delle bombole di metano che dovrebbero essere in dotazione della

stessa.

In Sant'Anastasia il (...) (luogo dove è stata formalizzata la

compravendita ed è avvenuto il versamento del saldo)

(Si omettono le conclusioni delle parti)



Svolgimento del processo

L'imputato Pa.Bi. veniva citato a giudizio con decreto emesso dal PM della Procura in sede il 10/1/2019, per rispondere all'udienza dell'8/5/2019 del reato in rubrica contestato.


In quell'udienza il Giudice, accertata la regolarità della notifica del decreto di citazione nei confronti dell'imputato, ne dichiarava l'assenza e, stante la dichiarazione di astensione dalle udienze proclamata dall'Unione Camere Penali, cui il difensore dell'imputato dichiarava di aderire, accoglieva l'istanza di rinvio e, previa sospensione dei termini di prescrizione, rinviava il procedimento all'udienza del 10/10/2019.


In quella sede in assenza di questioni o eccezioni preliminari, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove come richieste dalle parti in quanto legittime, non manifestamente superflue o irrilevanti, rinviando all'udienza del 13/2/2020 per l'istruttoria.


In quell'udienza, stante la presenza dell'imputato Pa.Bi., il Giudice revocava l'ordinanza dichiarativa dell'assenza. Si procedeva all'escussione della persona offesa Re.Na. e le parti concordavano l'acquisizione al fascicolo del dibattimento della denuncia querela sporta dal dichiarante. Dopo ulteriore produzione documentale si procedeva all'esame dell'imputato Pa.Bi. il quale, debitamente avvisato delle sue facoltà di legge, dichiarava di volersi sottoporre.


Il processo veniva rinviato per acquisizione documentale ex art. 507 c.p.p., chiusura dell'istruttoria e discussione alla presente udienza del 28/5/2020.


In questa sede il difensore produceva la documentazione richiesta ex art. 507 c.p.p., l'imputato rendeva dichiarazioni spontanee ed il Giudice, non residuando pertanto ulteriori adempimenti istruttori, dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo ed invitava le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe.


Al termine della discussione questo Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione, pubblicando il dispositivo allegato al verbale d'udienza, con contestuale redazione dei motivi.



Motivi della decisione

Ritiene questo Giudice che, alla luce dell'istruttoria dibattimentale, deve essere pronunciata sentenza di assoluzione nei confronti di Pa.Bi. in ordine al reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto.


Giova sul punto evidenziare che gli elementi posti a fondamento del giudizio sono costituiti dalle dichiarazioni dibattimentali della persona offesa Re.Sa. (di cui è stato acquisito altresì verbale di riconoscimento fotografico), dalla denuncia querela sporta dalla persona offesa e dagli altri atti acquisiti al fascicolo del dibattimento su consenso delle parti, segnatamente l'esito delega Cat. M2/2018 del Commissariato di P.S. Ponticelli, nonché dalle prove documentali versate in atti, ovvero l'album fotografico allegato al verbale di riconoscimento della persona offesa, i cartellini anagrafici di Ta.En. e Ce.Do., la documentazione ACI relativa all'autovettura targata (...) la carta di circolazione della stessa, la visura camerale dell'impresa individuale facente capo a Pa.Bi., la copia dell'assegno circolare emesso dalla persona offesa Re.Sa. in favore di Pa.Bi., le copie delle raccomandate inviate all'indirizzo di Pa.Bi. da parte del Re., la copia del documento di identità dell'imputato, il tabulato anagrafico dell'utenza telefonica 3312648591, il certificato di stato di famiglia integrale del Pa., il certificato storico di residenza di Pa.Bi., le copie dei documenti di identità delle figlie dell'imputato, acquisiti ex art. 507 c.p.p.


Sulla base di tali fonti di prova la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita.


Dalla denuncia-querela sporta dalla persona offesa Re.Sa., acquisita con il consenso delle parti, nonché dalie dichiarazioni dibattimentali dello stesso è emerso che il querelante nel novembre del 2016 era alla ricerca di un'autovettura da acquistare per conto della moglie, La.Fe.. Verso la fine del mese, dopo una ricerca sui vari siti di compravendita, si imbatteva in un annuncio sul sito (...) relativo all'offerta in vendita di una (...) Tw.Na. di colore grigio, targata (...) al prezzo di Euro 7.000,00, con circa 57.000 km all'anno 2013, in ottime condizioni.


Il Re. contattava il numero telefonico inserito nell'annuncio (...), facente capo ad un tale Er., che gli comunicava che l'autovettura era visionabile a Sant'Anastasia. Preso appuntamento, il Re. si incontrava con un uomo di circa trent'anni, poi riconosciuto come Do.Ce., presentatosi con una ragazza coetanea a bordo dell'autovettura. Dopo un giro di prova, durante il quale il Re. chiedeva insistentemente se il chilometraggio della vettura fosse effettivo o "scalato". A richiesta del Re., il ragazzo lo rassicurava del fatto che l'auto era stata usata dalla sua fidanzata, presente con lui in auto, e che era in possesso dei tagliandi Ca., delle targhette delle bombole di metano e delle chiavi con apertura automatica e centralizzata. In dibattimento, inoltre, il Re. precisava che Do.Ce. si presentava come genero del signor Pa., intestatario del veicolo.


Dopo qualche giorno di riflessione e l'accertamento della titolarità della vettura, intestata al signor Pa.Bi., il Re. ricontattava il numero dell'annuncio, chiedendo di poter parlare con il signor Do. e prendere appuntamento per far visionare l'auto da un suo meccanico di fiducia. Il giorno stesso tale Er. comunicava al Re. che per acquistare la vettura poteva recarsi all'agenzia Eu. di Ie.Te. con un assegno circolare pari all'importo dell'autovettura. Dopo una certa insistenza, il Re. riusciva ad ottenere un ulteriore numero di telefono (...) dal quale veniva contattato dal signor Do., con il quale il Re. prendeva appuntamento per far visionare l'autovettura dal suo meccanico di fiducia, che non segnalava particolari situazioni sospette.


Il giorno stesso il Re. concordava con il signor Do. l'acquisto dell'autovettura, con un acconto in contanti di 100 Euro e l'appuntamento presso l'agenzia Eu., dove il Re. avrebbe depositato un assegno circolare pari all'importo di 6900 Euro ed ottenuto gli accessori della vettura.


Il 14 dicembre 2016 il Re. si recava preso l'agenzia con l'assegno circolare ma l'agente chiedeva la presenza della moglie per la firma di alcuni documenti. La persona offesa, dunque, ritornava a casa, prelevava la moglie e rientrava presso l'agenzia dove rinveniva sul posto il signor Do., il quale gli rappresentava che per motivi di lavoro il Pa. non poteva presenziare, ma che aveva già provveduto a firmare i documenti per il passaggio di proprietà.


Formalizzato il passaggio di proprietà, il Re. chiedeva al signor Do. la dotazione degli accessori più volte richiesta - le doppie chiavi, i tagliandi Ca. ed i tagliandi identificativi delle bombole di metano - ma questi gli riferiva che erano in possesso del Pa. e che sarebbero stati consegnati nei giorni successivi.


Tuttavia, nonostante numerosi tentativi, il Re. non riceveva alcunché. I contatti telefonici con le utenze di cui era in possesso non avevano risposta e, pertanto, insospettitosi, il Re. accertava che dall'ultimo tagliando effettuato presso un centro autorizzato il chilometraggio dell'autovettura era di molto maggiore rispetto a quanto risultava al momento della compravendita (segnatamente, 118.486 km anziché 57.000) e che la tipologia di vettura non era compatibile con la chiave di apertura centralizzata, come asserito dal venditore.


Il Re., dunque, ha riferito di aver spedito due raccomandate a Pa.Bi. (come confermato dalle copie in atti, riconosciute dal teste in dibattimento), formalmente ricevute dal destinatario, con le quali chiedeva di trovare una soluzione bonaria alla vicenda, non ricevendo alcuna risposta.


Oltre alla denuncia - querela, sporta il 14/3/2017, a domanda del Giudice il teste precisava di aver intrapreso altresì un giudizio civile volto al risarcimento del danno nei confronti dei soggetti coinvolti, pendente in primo grado presso il Tribunale di Torre Annunziata.


In dibattimento, inoltre, il denunciante precisava di non aver mai visto o conosciuto il signor Pa.Bi. - come confermato, d'altronde, dal fatto che, interrogato il Re. se riconoscesse l'imputato, presente in aula, questi forniva risposta negativa - e di aver appreso le sue generalità soltanto in via documentale, risultando l'intestatario del veicolo.


Al contrario, il Re. aveva riconosciuto - in sede di riconoscimento fotografico, in cui esiti sono versati in atti - i signori Ce.Do. e Ta.Er. come coloro che avevano perpetrato ai suoi danni il raggiro.


Inoltre il teste ha precisato di aver fatto accertamenti camerali sul conto di Pa.Bi., risultando intestatario di una impresa individuale.


Le dichiarazioni della persona offesa, nonostante il particolare interesse nutrito nella vicenda dal dichiarante, risultano nel complesso attendibili e credibili, in ragione della precisione del narrato offerto, riscontrato in più punti dal restante materiale probatorio, sia testimoniale che documentale, e dell'assenza di astio nei confronti dell'imputato Pa.Bi., che il dichiarante ha più volte chiarito di non aver mai visto.


L'attendibilità del teste si riverbera altresì sull'identificazione fotografica effettuata dal Re., pienamente confermata in sede di esame dibattimentale, nella quale il teste ha riconosciuto Ce.Do. e Ta.Er., come i soggetti con i quali si era interfacciato durante le trattative e l'acquisto dell'autovettura. L'individuazione fotografica quale prova atipica, infatti, implica una valutazione giudiziale necessariamente veicolata attraverso il rigoroso giudizio di credibilità della persona offesa, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità: "L'individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari, confermata dal testimone che nel corso dell'esame dibattimentale abbia dichiarato di avere compiuto la ricognizione informale e reiterato il riconoscimento positivo, seppure in assenza delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, costituisce, in base al principio di non tassatività dei mezzi di prova, un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice, la cui affidabilità dipende dall'attendibilità del teste e della deposizione da questi resa" (cfr. Cass. Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017 - dep. 13/10/2017, Pr. e altri, Rv. 27104101; cfr. Cass. Pen. Sezione V, sentenza 10 maggio-20 settembre 2002 n. 31423, Sezione V, sentenza 15 febbraio - 9 agosto 2001 n. 31042).


Il narrato della persona offesa, inoltre, è pienamente riscontrato dalle prove documentali in atti, ovvero dalla copia dell'assegno circolare emesso dal Re. in favore di Pa.Bi. per l'importo di Euro 6900,00, dai tabulati relativi d una delle utenze contattate dal Re., risultata intestata a Ta.Er., dalla documentazione ACI e da quella contrattuale afferente al passaggio di proprietà dell'autovettura, avvenuta per tramite dell'agenzia Eu., come dichiarato dal teste, nonché dalle raccomandate, mostrate in visione al Re. e da lui riconosciute come quelle inviate all'indirizzo di Pa.Bi..


A fronte di tali dichiarazioni, la polizia giudiziaria ha effettuato accertamenti, su delega del PM, i cui esiti sono stati acquisiti con il consenso delle parti.


La polizia giudiziaria del Commissariato di P.S. Ponticelli, infatti, in esecuzione della delega, appurava tramite accertamenti bancari, egualmente confluiti in atti, che l'assegno circolare n. (...), versato in copia in atti, era stato presentato per l'incasso da Ce.Do., in virtù di una delega in suo favore per conto della ditta individuale di Pa.Bi., con sede legale in Sant'Anastasia ala Via (...).


A fronte di questi elementi accusatori, Pa.Bi. si è sottoposto ad esame dibattimentale, fornendo una versione non del tutto implausibile e irrazionale. L'imputato ha riferito di aver tentato la strada imprenditoriale, dopo essere stato licenziato dal precedente impiego quale muratore, dedicandosi alla compravendita di auto usate, presso l'abitazione della sorella, in Somma Vesuviana, tramite una ditta individuale a suo nome.


Con riferimento ai fatti di causa, il Pa. ha chiarito di aver acquistato la (...) Tw.Na. di colore grigio, targata (...) tramite un intermediario per la cifra di 5900 Euro.


Il Pa. ha ammesso di conoscere Ce.Do. come compaesano e, a causa del bisogno economico in cui versava, lo coinvolse mostrandogli l'autovettura, in compagnia di Ta.Er.. Tuttavia l'imputato negava decisamente che il Ce. fosse suo genero, precisando che le sue tre figlie erano sposate con altri uomini, come confermato dalla documentazione prodotta dal difensore alla presente udienza.


Il Ce. gli disse che avrebbe procurato un acquirente, senza necessità di un ulteriore passaggio di proprietà, che sarebbe stato effettuato direttamente con il compratore finale. Ce. e Ta. gli diedero in contanti 6200,00 e dopo qualche giorno ritornarono da lui, comunicandogli di aver venduto l'autovettura.


Il Pa. in sede dibattimentale ha negato di aver firmato alcun documento inerente al passaggio di proprietà dell'autovettura - disconoscendo i documenti mostrati in visione nel corso dell'esame - ed ha altresì negato di aver mai incassato un assegno circolare sul proprio conto corrente, dal momento che il Ce. si fece firmare una delega per operare sul conto corrente della ditta individuale del Pa., il quale accettò a causa della sua situazione economica precaria.


Infine, il Pa. disconosceva altresì le firme poste in calce alle relate delle raccomandate inviate dal Re. all'indirizzo in Somma Vesuviana via (...), datate 2 gennaio 2017 e 13 marzo 2017. L'imputato, inoltre, non ricordava se in quel periodo si fosse già trasferito a Somma Vesuviana presso la sorella o se vivesse a Sani'Anastasia.


Il Pa., infine, chiariva di non aver mai manomesso il chilometraggio della vettura, non essendo in grado di farlo, né di aver mai visto o conosciuto il signor Re..


Così ricostruita l'istruttoria dibattimentale, questa non ha permesso di ricostruire, oltre ogni ragionevole dubbio, il contributo fornito dal Pa. alla truffa perpetrata ai danni del Re..


Nel caso di specie dalla dinamica dei fatti è possibile desumere la simulazione di circostanze e di condizioni non vere (le dotazioni dell'autovettura, l'effettivo chilometraggio), artificiosamente create per indurre in errore la persona offesa, che in tal modo si determinava a compiere Tatto di disposizione, evidente nella consegna dell'assegno circolare, produttivo del danno ingiusto nei suoi confronti. Ciò premesso quanto alla sussistenza degli elementi costitutivi oggettivi del reato di truffa, non c'è dubbio, poi, che per il fatto in contestazione sussiste l'elemento costitutivo soggettivo, essendo evidente, alla luce della sistematicità della condotta e delle modalità dell'azione, la consapevolezza e volontarietà di quanto commesso da parte di Ce.Do. e Ta.Er., soggetti non imputati nel presente procedimento. Più specificamente, i fatti, così come ricostruiti, rivelano un comportamento malizioso volto a determinare un ragionevole affidamento sull'apparente onestà delle intenzioni dell'agente che vale ad integrare il dolo di truffa.


Ed infatti, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, "La cosiddetta truffa contrattuale ricorre in tutti i casi nei quali Vagente ponga in essere artifici e raggiri, aventi ad oggetto anche aspetti negoziali collaterali, accessori o esecutivi del contratto risultati rilevanti al fine della conclusione del negozio giuridico, e per ciò tragga in inganno il soggetto passivo che è indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, a nulla rilevando lo squilibrio oggettivo delle controprestazioni" (Sez. 2, n. 18778 del 25/03/2014 - dep. 07/05/2014, P.M. in proc. Mu. e altri, Rv. 25996401).


Ciò premesso quanto alla sussistenza del fatto, non può dirsi provato oltre ogni ragionevole dubbio un contributo causale, sorretto dal corrispondente elemento soggettivo, da parte dell'imputato Pa.Bi. in ordine al fatto in contestazione.


L'istruttoria dibattimentale non ha permesso di ricostruire idonei elementi accusatori nel confronti del Pa.Bi., tali da comprovare oltre ogni ragionevole dubbio l'ascrivibilità del fatto nei suoi confronti.


Residuano come meri elementi indiziari i dati emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale e confortati dalle fonti documentali, ovvero che Pa.Bi. era effettivamente intestatario del veicolo (...) Tw.Na. di colore grigio, targata (...) che risulta titolare del conto corrente sul quale è stato versato da Ce.Do. l'assegno circolare pari all'importo dell'autovettura venduta e che risulta intestatario dell'utenza 3312648591, una di quelle con cui il Re. colloquiava con Ta.Er. e Ce.Do.. Tuttavia tali dati formali non sono risultati sufficienti a provare un coinvolgimento dell'imputato nella vicenda criminosa in esame, non potendosi escludere, secondo una diffusa massima di esperienza, che la formale intestazione di un bene non sempre corrisponde ad una concreta e consapevole attività di gestione dello stesso. Al contrario, non vi sono elementi per ritenere infondata la versione sostenuta dall'imputato il quale, durante il suo esame dibattimentale, ha ammesso di aver acquistato l'autovettura oggetto di truffa al fine di rivenderla e di avere acconsentito che Ce.Do. e Ta.Er. procurassero un acquirente al quale trasferire la proprietà, ricevendo dagli stessi, immediatamente, una somma in denaro.


Non pare irragionevole, alla luce dell'istruttoria dibattimentale, ritenere che in ciò si sia esaurito il contributo causale e soggettivo fornito dal Pa.Bi. alla vicenda in esame.


In primo luogo, le acquisizioni documentali ex art. 507 c.p.p. dimostrano la millanteria del Ce. che, nel rivolgersi al Re., si presentava come suocero del Pa.; le figlie dell'imputato, infatti, erano all'epoca dei fatti conviventi more uxorio di altri uomini né la pubblica accusa ha fornito prova del contrario, dimostrando legami di affinità tra il Pa. e il Ce..


D'altronde, la stessa persona offesa ha più volte chiarito di non essersi mai interfacciato con il Pa., a lui rimasto ignoto altresì in occasione del passaggio di proprietà dell'autovettura, i cui documenti risultano apparentemente firmati dall'imputato, il quale tuttavia ne disconosceva la firma.


Tale dato, tuttavia, risulta in sé neutro; pur potendosi empiricamente verificare la diversità della firma apposta sulla documentazione di vendita del veicolo rispetto a quella contenuta sul documento di identità del Pa., quand'anche si volesse ritenere infondata la tesi difensiva sul punto, appare evidente che il mero disbrigo delle pratiche burocratiche finalizzate alla vendita dell'autovettura non vale ad integrare, impregiudicati gli ulteriori elementi istruttori, un concorso nel reato di truffa.


Inoltre, appare riscontrata dall'attività di p.g. la versione del Pa., il quale ha riferito che, spinto dal bisogno economico, acconsentiva a delegare, su richiesta di quest'ultimo Ce.Do., ad operare sul conto corrente intestato all'impresa individuale del Pa.. A voler ipotizzare un concorso nel reato tra i tre soggetti, infatti, sarebbe risultato ben più fisiologico e congeniale che il Pa. si fosse occupato materialmente dell'incasso e del prelievo dell'assegno a suo nome, anziché delegare un altro soggetto ad operare sul conto corrente facente capo alla propria ditta individuale.


Né l'istruttoria dibattimentale ha provato alcunché in ordine all'effettiva consapevolezza del Pa. circa le trattative intercorse con il Re. e gli artifizi e i raggiri dallo stesso patiti in ordine alle caratteristiche pattuite dell'autovettura e delle dotazioni promesse e mai consegnate.


Infine, nulla può desumersi dal comportamento successivo del Pa., in merito al silenzio serbato di fronte ai tentativi del Re. di prendere contatti con lui e di risolvere bonariamente la vicenda.


L'imputato, infatti, oltre a disconoscere la sua firma sulle relate delle raccomandate, non ha escluso che nel 2017 non vivesse più a Somma Vesuviana Via (...), indirizzo al quale sono state inviate le raccomandate asseritamente ricevute dal Pa..


Come emerge dal certificato di residenza anagrafica del Pa., infatti, il 20/4/2017 questi intraprendeva la pratica di mutamento della residenza anagrafica dal Comune di Somma Vesuviana presso il Comune di Sant'Anastasia. Atteso che le raccomandate risultano ricevute in un periodo immediatamente precedente al formale mutamento di residenza, residua un ragionevole dubbio che, come dichiarato dall'imputato, le stesse non siano state formalmente ricevute dal destinatario, plausibilmente già trasferitosi di fatto a Sant'Anastasia, dove avrebbe poi mutato la residenza.


Tutto ciò premesso, dunque, l'istruttoria dibattimentale espletata non consente a questo Giudice di fondare oltre ogni ragionevole dubbio una pronuncia di corresponsabilità nei confronti del Pa. per il reato di cui all'imputazione (peraltro, a lui contestato in forma monosoggettiva e non concorsuale) dovendo pertanto l'imputato essere assolto, sebbene con formula dubitativa, dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto.


PQM

Letto l'art. 530 cpv. c.p.p., assolve Pa.Bi. dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto.


Motivi contestuali.


Così deciso in Nola il 21 maggio 2020.


Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2020.



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