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Art. 630 c.p.: Illegittimo il divieto di prevalenza dell'attenuante del fatto di lieve entità.

a cura del Dott. Gianluca Annicelli.

Corte Costituzionale, 08/07/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 08/07/2021), n.143

La Corte Costituzionale, con la sentenza in argomento, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto 4, c.p., come sostituito dall'art. 3 l. 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con sentenza n. 68 del 2012 di questa Corte, in relazione al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, di cui all'art. 630 c.p., sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p.

Nello specifico, la Corte ha ribadito il principio della necessaria proporzione della pena rispetto all'offensività del fatto, principio "che risulterebbe vanificato da una «abnorme enfatizzazione» della recidiva (sentenza n. 251 del 2012), indice di rimproverabilità e pericolosità, rilevante sul piano strettamente soggettivo; si è altresì affermato che la recidiva reiterata «riflette i due aspetti della colpevolezza e della pericolosità, ed è da ritenere che questi, pur essendo pertinenti al reato, non possano assumere, nel processo di individualizzazione della pena, una rilevanza tale da renderli comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo» (sentenza n. 205 del 2017).

La norma censurata impedisce, invece, in modo assoluto al giudice di ritenere prevalente la diminuente in questione, in presenza della recidiva reiterata, «con ciò frustrando, irragionevolmente, gli effetti che l'attenuante mira ad attuare e compromettendone la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio» (sentenza n. 55 del 2021).

Il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non è dunque compatibile con il principio di determinazione di una pena proporzionata, idonea a tendere alla rieducazione del condannato ai sensi dell'art. 27, terzo comma, Cost., che implica «un costante principio di proporzione tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra» (sentenza n. 185 del 2015).

Violato è anche il principio di uguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), in quanto il divieto censurato vanifica la funzione che l'attenuante tende ad assicurare, ossia sanzionare in modo diverso situazioni differenti sul piano dell'offensività della condotta. Per effetto di tale divieto si ha, invece, che fatti di minore entità possono essere irragionevolmente sanzionati con la stessa pena, prevista dal primo comma dell'art. 630 cod. pen., per le ipotesi più gravi, vale a dire per condotte che, pur aggredendo i medesimi beni giuridici, sono completamente differenti con riguardo «alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo».




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Corte Costituzionale, 08_07_2021, (ud. 26_05_2021, dep. 08_07_2021), n.143
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