Diritto penale della navigazione
Tribunale di Napoli, GM Vastola, 31 luglio 2024, n.8110/24
In tema di responsabilità penale per colpa, l’assenza di una violazione delle regole cautelari da parte del comandante di nave e la dimostrata imprevedibilità ed inevitabilità di un guasto tecnico temporaneo del sistema di comando, escludono l’imputabilità dell’evento dannoso a titolo di colpa. Ne consegue che, in presenza di un fattore esterno e non dominabile dall’agente, il fatto non costituisce reato.
La sentenza 8110/24 pronunciata dal Tribunale di Napoli il 31 luglio 2024, offre un interessante spunto per analizzare i limiti della responsabilità penale del comandante di nave, con particolare riferimento alla colpa generica in presenza di eventi dannosi determinati da guasti tecnici.
Il giudice, pronunciando l’assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 530 c.p.p., ha chiarito che l’imputazione soggettiva per colpa presuppone non solo la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento, ma anche la violazione di una regola cautelare da parte del soggetto agente.
Nel caso in esame, l’assoluzione del comandante è stata motivata dalla dimostrazione che il sinistro si è verificato esclusivamente a causa di un malfunzionamento temporaneo e imprevedibile del sistema di comando della nave.
Tale guasto, non imputabile a negligenza, imprudenza o imperizia dell’imputato, ha interrotto il nesso causale tra la condotta e l’evento dannoso, rendendo inapplicabile una responsabilità a titolo di colpa.
L’imputato, comandante di una motonave, era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 450 c.p. (colpa generica per pericolo di naufragio).
L’accusa si fondava su un incidente avvenuto nel maggio 2019 durante le operazioni di ormeggio nel porto di Napoli, quando la nave urtava contro la banchina a causa dell’impossibilità di eseguire una manovra corretta per via del mancato funzionamento del sistema di comando.
Dall’istruttoria dibattimentale è emerso che il guasto tecnico, sebbene abbia causato un urto con lievi danni materiali, non ha mai posto la nave in una situazione di reale pericolo di naufragio né ha comportato rischi significativi per la sicurezza del porto.
La difesa ha dimostrato che l’evento non era riconducibile a un errore umano, bensì a un’anomalia tecnica imprevedibile e non prevenibile.
Il Tribunale, accogliendo le argomentazioni della difesa (avvocati Fabrizio d'Urso e Beniamino Carnevale) e alla luce delle prove tecniche, ha concluso che il fatto non costituisce reato, sottolineando che l’evento non derivava da una condotta negligente del comandante, bensì da un fattore esterno che escludeva la colpa.
L'art. 43 c.p. individua nella colpa generica una forma di responsabilità soggettiva che si fonda sulla violazione di regole di diligenza, prudenza o perizia, configurando un nesso tra una condotta non conforme agli standard cautelari richiesti e la verificazione di un evento dannoso o pericoloso.
La colpa si costruisce su due pilastri essenziali: da un lato, l'evento deve essere prevedibile secondo l'ordinaria diligenza, intesa come capacità dell’agente di immaginare, alla luce delle circostanze concrete, l’esito potenzialmente dannoso della propria azione o omissione; dall’altro, l’evento deve essere evitabile attraverso l’osservanza di regole cautelari, le quali tracciano il confine tra il rischio consentito e quello eccedente.
Il cuore dell’imputazione colposa risiede dunque nella violazione di una regola cautelare, che rappresenta il criterio di legittimazione per il passaggio dal piano descrittivo dell’evento a quello valutativo della responsabilità penale.
Nel caso di specie, il giudice ha escluso la sussistenza della colpa in capo al comandante della nave, proprio perché non è emersa alcuna violazione delle regole cautelari.
Il comandante, infatti, aveva rispettato le procedure operative previste in situazioni analoghe, intervenendo tempestivamente per tentare di ripristinare il corretto funzionamento dei comandi e agendo in modo conforme alle migliori prassi tecniche.
Gli accertamenti tecnici hanno inoltre dimostrato che il malfunzionamento del sistema di comando costituiva un evento del tutto eccezionale e imprevedibile, non derivante da carenze manutentive o da errori riconducibili alla gestione della nave.
Tale elemento esclude non solo il profilo della prevedibilità, ma anche quello dell’evitabilità, poiché neppure con un comportamento alternativo sarebbe stato possibile scongiurare l’urto.
La decisione del giudice si basa, pertanto, sulla mancanza di un nesso causale tra la condotta del comandante e l’evento dannoso.
La causalità penale, infatti, non può essere attribuita quando l’evento sia il risultato esclusivo di fattori esterni e indipendenti dall’agente, come un guasto tecnico improvviso.
In questo quadro, la condotta del comandante non solo non si colloca al di fuori del perimetro tracciato dalle regole di diligenza, prudenza e perizia, ma anzi si dimostra all’altezza delle elevate competenze richieste dal suo ruolo.
La sua assoluzione si colloca dunque in un alveo logico e giuridico ben definito, poiché il principio di colpa penale non ammette responsabilità in assenza di una violazione concreta delle regole cautelari.
La sentenza affronta anche il tema del rischio consentito.
Nelle attività complesse come la navigazione marittima, i guasti tecnici rappresentano un rischio intrinseco.
Tale rischio, però, è compatibile con l’ordinario svolgimento dell’attività e non comporta responsabilità penale del soggetto agente, a meno che non vi sia una violazione delle regole tecniche o operative.
In questo contesto, la dottrina penalistica evidenzia che il comandante risponde solo dei rischi eccedenti il livello consentito. Il giudice ha quindi riconosciuto che il malfunzionamento del sistema di comando rientrava nel rischio tipico dell’attività navale e non era il risultato di un deficit di controllo o gestione.