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Associazione per delinquere: va provata una forma di collegamento tra tutti gli associati


Con la seguente sentenza, la VI Sezione ha affermato che, in tema di associazione per delinquere, è necessario "che vi sia una qualche forma di organizzazione e collegamento che coinvolga tutti i presunti associati".


Cassazione penale sez. VI, 23/02/2023, (ud. 23/02/2023, dep. 15/03/2023), n.11152

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame confermava la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta nei confronti di C.D., indagato per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati inerenti all'esercizio del gioco e le conseguenti attività di riciclaggio, trasferimento fraudolento ed autoriciclaggio, con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare altra associazione di tipo mafioso operante in Cosenza. Secondo l'impostazione recepita nell'ordinanza cautelare, il C., in qualità di promotore del sodalizio, era impegnato, unitamente a M.F. e M.B., a realizzare una "proiezione extraterritoriale" dell'attività illecita, mediante la gestione, diretta o indiretta, di sale da gioco nelle quali collocare le slot machine contenenti schede modificate e tali da non consentire all'erario di accertare l'entità delle giocate, sulle quali viene computato il trattamento fiscale.


2. Avverso tale pronuncia, il ricorrente propone tre motivi di ricorso.


2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. nella forma dell'agevolazione all'associazione mafiosa. Si sostiene che dal compendio posto a fondamento dell'ordinanza cautelare non emergerebbe affatto un adeguato quadro indiziario, posto che il C. non aveva alcuna consapevolezza di agevolare con la propria attività un sodalizio mafioso, al quale non partecipava e con il quale non aveva alcun contatto. Segnala il ricorrente, infatti, che gli unici contatti con appartenenti al sodalizio di stampo mafioso sono quelli intercorsi con D.C., desumibili da scarne e limitate conversazioni, aventi ad oggetto l'attività lavorativa e non interpretabili nell'ottica dell'agevolazione. Inoltre, il ricorrente sottolinea come nessuno dei collaboratori di giustizia ha riferito di conoscerlo e, neppur indirettamente, hanno fornito elementi per desumerne una vicinanza al sodalizio.


2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'associazione semplice nell'ambito della quale rivestirebbe il ruolo di promotore. Si afferma, infatti, che le conversazioni valorizzate in sede cautelare - peraltro di numero esiguo - non consentirebbero affatto di ritenere che il C. gestiva affari illeciti nell'ambito di un quadro associativo, emergendo esclusivamente rapporti con altri operatori del settore. Anche il rapporto con M.F. sarebbe stato frainteso, avendo i giudici della cautela omesso di considerare che quest'ultimo ed il C. hanno una collaborazione professionale risalente nel tempo e fanno entrambi parte del direttivo nazionale dell'(Omissis) che si occupa del settore dei giochi da intrattenimento.


C., M. e M., inoltre, risultano soci della 2Mac, società che ha ad oggetto la gestione di macchine da intrattenimento.


In sostanza, difetterebbe qualsivoglia elemento dal quale desumere l'esistenza di un'associazione per delinquere e, al contempo, le intercettazioni valorizzate nell'ordinanza attesterebbero unicamente lo svolgimento dell'attività lavorativa del C. nel settore del gioco da intrattenimento.


2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente contesta la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e la violazione dei criteri di scelta della misura applicabile, anche tenuto conto della distanza temporale dai fatti contestati.


3. Il difensore depositava memoria con motivi nuovi segnalando, in particolare, che il Tribunale del riesame aveva escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti di M.F. e M.B. in ordine al reato associativo, nell'ambito del quale ai predetti si contestava il ruolo di promotori unitamente al C.. Veniva esclusa l'appartenenza all'associazione anche di S.S., il che comportava che l'originario sodalizio asseritamente composto da sei persone, si riduceva numericamente a soli tre partecipanti.



CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.


2. Si ritiene che l'ordine logico di esame del ricorso imponga di prendere le mosse dal secondo motivo, concernente la sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato associativo.


Il Tribunale del riesame fonda la sua decisione essenzialmente su due elementi, il primo dei quali è costituito dalla conversazione intercorsa tra C. e M., nel corso della quale i due discorrono dell'allargamento delle attività nel settore dei giochi, ipotizzando la realizzazione di grandi sale da gioco a (Omissis), (Omissis) e nell'aeroporto di (Omissis). Da una successiva conversazione, tra C. e Z.A., emergerebbe che C. e M. opererebbero sulla base di una netta separazione territoriale per le proprie attività, posto che il primo si occupava della gestione degli apparecchi da intrattenimento da (Omissis) e (Omissis), mentre la restante parte della Calabria rientrerebbe nella competenza del M..


I giudici del merito ne hanno desunto l'esistenza di una spartizione del territorio tra gruppi imprenditoriali che, con il beneplacito delle locali consorterie criminali, sarebbero gli unici autorizzati ad operare in quel settore.


Il secondo elemento rilevante è stato individuato nelle conversazioni nelle quali C. discute con P. e, in un'occasione, anche con D., in ordine alle modalità impiegate per alterare il funzionamento di trasferimento dei dati tra le singole apparecchiature da gioco ed il server dei Monopoli, in modo tale da non far emergere l'effettiva entità delle giocate, con conseguente riduzione dell'imposizione fiscale. Da tali conversazioni emerge chiaramente il ricorso al notorio sistema della "doppia scheda", nonché l'impiego di sistemi più rudimentali (il "tappo") mediante i quali aumentare i profitti peri gestori degli apparecchi.


2.1. Premesso che, per quanto emerge dall'ordinanza, non vi sono ulteriori dati obiettivi, deve ritenersi effettivamente carente l'individuazione dei gravi indizi di reità in ordine al reato associativo.


In primo luogo, si evidenzia come gli elementi indiziari sono essenzialmente costituiti da un numero, peraltro esiguo, di conversazioni intercettate, dalle quali l'unico elemento che appare emergere con chiarezza è che C. gestiva l'attività imprenditoriale ricorrendo a sistemi illeciti, alterando il funzionamento degli apparecchi collocati nei luoghi in cui si svolge il gioco lecito.


Tale condotta, in sé considerata, integra sicuramente ipotesi di reato quali, in particolare, la truffa ai danni dello Stato (Sez.6, n. 41767 del 20/6/2017, Boschi, Rv. 271392) o la frode informatica (Sez.2, n. 47302 del 14/9/2021, Scordino, Rv. 282446), ma ciò non è sufficiente a far ritenere l'esistenza di un'associazione dedita alla commissione di tali reati.


Il punto rispetto al quale l'ordinanza impugnata incorre nel vizio di manifesta illogicità è individuabile nell'aver desunto l'esistenza della consorteria dal fatto che C. avesse rapporti di natura illecita con una pluralità di gestori senza, tuttavia, individuare se ciò dia luogo ad una mera ipotesi di concorso del reato, piuttosto che ad una vera e propria associazione per delinquere.


Affinché sussista quest'ultima fattispecie è necessario, infatti, che vi sia una qualche forma di organizzazione e collegamento che coinvolga tutti i presunti associati; dall'ordinanza impugnata, invece, emerge essenzialmente un rapporto esclusivo tenuto dal C. con i singoli gestori.


2.2. Parimenti affetta da vizio di motivazione è l'ulteriore elemento valorizzato nell'ordinanza, secondo cui C. e M. gestirebbero in esclusiva l'attività del gioco, secondo una ripartizione territoriale "autorizzata" da non meglio specificati consorterie criminali. In buona sostanza, si sostiene che l'associazione di stampo mafioso avrebbe demandato a C. e M. il settore dei giochi, da costoro gestito nell'ambito di un'autonoma associazione per delinquere.


Tale impostazione di fondo, che connota tutto l'impianto motivazionale, non trova tuttavia adeguata motivazione, difettando l'indicazione di elementi indiziari di gravità tale da giustificare il collegamento tra l'associazione di stampo mafioso e l'associazione presumibilmente gestita da C. e M..


Ne' sovviene a tal fine il mero contenuto della conversazione telefonica tra C. e Zungri, nel corso della quale il primo parla della suddivisione territoriale, dovendosi rilevare che si tratta di un elemento indiziario isolato, che per assumere valenza ai fini cautelari andrebbe inserito in un quadro complessivo avente i caratteri della gravità. In secondo luogo, andava valutata dal Tribunale del riesame la prospettazione difensiva, secondo cui la suddetta conversazione attesterebbe unicamente lo svolgimento - in forma lecita - dell'attività imprenditoriale nel settore dei giochi da parte di C. e M..


3. Alla luce di tali considerazioni, quindi, si ritiene che l'ordinanza vada annullata con rinvio, per consentire al Tribunale del riesame di sanare le carenze motivazionali sopra indicate.


Solo ove venisse confermata la sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato associativo, si porrà nuovamente la questione in ordine alla sussistenza o meno dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa, sicché, allo stato il secondo motivo di ricorso deve ritenersi assorbito nell'accoglimento del primo.


Altrettanto valga per quanto concerne il terzo motivo relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari.


P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell'art. D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, comma 7, c.p.p..


Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.


Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2023.


Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2023


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