Bancarotta documentale: semplice o fraudolenta? Questione di dolo (Cass. Pen. n. 30249/25)
- Avvocato Del Giudice
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1. Introduzione
La sentenza n. 30249 del 2025 della Quinta Sezione penale affronta un tema centrale della giurisprudenza in materia di reati fallimentari: la corretta delimitazione dell’elemento soggettivo nella bancarotta fraudolenta documentale.
Non si tratta solo di un problema tecnico, ma di una questione che investe il delicato equilibrio tra esigenze di tutela dei creditori e principio di colpevolezza: fino a che punto è legittimo attribuire all’amministratore – talvolta meramente formale – la responsabilità per scritture mancanti o irregolari, e quale livello di dolo deve essere accertato per distinguere tra bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice?
2. La vicenda processuale
La M. Srl, dichiarata fallita nel 2012, aveva un unico socio-amministratore, Sa.Ma., condannato in primo e in secondo grado per bancarotta fraudolenta documentale. Secondo i giudici di merito, la contabilità era stata sottratta o comunque non consegnata al curatore, rendendo impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali.
L’imputato, tuttavia, aveva sostenuto di essere solo un amministratore “di facciata”, mentre la gestione reale era in capo ad altro soggetto, e che la condotta, se irregolare, fosse comunque riconducibile alla bancarotta semplice documentale, non sorretta dal dolo specifico richiesto dall’art. 216, co. 1, n. 2, l. fall.
3. Le doglianze della difesa
Il ricorso in Cassazione muoveva da quattro censure principali:
l’assenza di motivazione sul dolo specifico, sostituito indebitamente con il dolo generico;
la richiesta di riqualificazione nell’art. 217 l. fall., ignorata dalla Corte d’appello;
il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti;
la violazione del canone dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”.
In particolare, la difesa denunciava la confusione del giudice di merito tra diverse ipotesi di reato: occultamento fraudolento delle scritture (che esige dolo specifico) e irregolare tenuta delle stesse (punibile a titolo di dolo generico).
4. La decisione della Corte: la distinzione necessaria
La Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, annullando la sentenza e rinviando alla Corte d’appello di Napoli.
Secondo gli Ermellini, non si può ritenere equivalente un’omessa annotazione parziale, una mancata consegna o un occultamento deliberato: ogni ipotesi richiede una qualificazione autonoma.
L’occultamento delle scritture, ad esempio, presuppone il dolo specifico di arrecare danno ai creditori o di procurare un ingiusto profitto. L’omessa tenuta totale o parziale richiede ugualmente dolo specifico, quando i libri mancano del tutto o sono lasciati in bianco.
Diverso è il caso dell’irregolare annotazione, che integra la variante cosiddetta “generica” di bancarotta documentale, punita con dolo generico: basta la consapevolezza che l’irregolarità renda difficile la ricostruzione contabile.
Il problema della sentenza d’appello era proprio l’aver fuso tutto in un’unica categoria, dando per scontata la finalità fraudolenta senza sciogliere il nodo preliminare di quale fosse la condotta concretamente contestata.
5. L’amministratore formale e il peso del dolo
Un passaggio particolarmente interessante riguarda l’amministratore “solo nominale”. La Cassazione ricorda che non basta invocare l’estraneità materiale: anche chi ricopre una carica di facciata ha obblighi minimi di vigilanza e non può disinteressarsi della contabilità.
Tuttavia, se si vuole imputargli una bancarotta fraudolenta documentale “specifica”, occorre provare qualcosa di più: la sua consapevole adesione a un disegno fraudolento.
In assenza di indicatori positivi di fraudolenza, le omissioni o le irregolarità devono restare confinate nella bancarotta semplice. Diversamente, si finirebbe per trasformare la bancarotta documentale in un reato di mera responsabilità oggettiva, incompatibile con l’art. 27 della Costituzione.
6. Conclusioni
La sentenza n. 30249/2025 non inventa nulla di radicalmente nuovo, ma compie un lavoro di “pulizia concettuale”.
Ricorda ai giudici che le categorie non sono sovrapponibili e che l’elemento soggettivo non è una formula astratta ma un confine che decide della sorte dell’imputato.In questo senso, l’annullamento con rinvio non è una formalità: impone una nuova verifica, condotta con maggiore rigore e senza scorciatoie logiche, su quale condotta documentale sia stata davvero accertata e con quale intensità di dolo.
La Corte ribadisce che non si può confondere colpa, dolo generico e dolo specifico.
La differenza tra bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta documentale non è un dettaglio terminologico, ma una garanzia di legalità e di proporzione della pena.
La repressione della bancarotta non può essere perseguita a costo di scivolare verso responsabilità presunte.
Solo distinguendo con precisione le varianti incriminatrici e calibrando l’elemento soggettivo in modo coerente si può mantenere l’equilibrio tra tutela dei creditori e principio di colpevolezza.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V, 15/07/2025, (ud. 15/07/2025, dep. 04/09/2025), n.30249
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata dell'll ottobre 2024, la Corte d'Appello di Napoli ha confermato la decisione del Tribunale in sede in data 25 giugno 2020, con la quale è stata affermata la responsabilità penale di Sa.Ma.per il reato di bancarotta fraudolenta documentale nella qualità di amministratore e socio unico di Mobile Import Srl, dichiarata fallita con sentenza del 23 ottobre 2012.
2. Avverso la sentenza indicata della Corte d'Appello di Napoli ha proposto ricorso l'imputato, con atto a firma del difensore, Avvocato Alessandro Barbieri, affidando le proprie censure a quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo, deduce violazione di legge e vizio della motivazione in riferimento all'affermazione di responsabilità. Premessa la sottovalutazione delle doglianze relative alla ricostruzione dei fatti, censura il ricorrente l'omessa motivazione del dolo specifico, richiesto per la fattispecie contestata di omessa tenuta della contabilità, rispetto alla quale la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto la sufficienza del dolo generico, in violazione dei principi enunciati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità. Per altro verso, denuncia il travisamento della prova riguardo il coinvolgimento dell'imputato in reati tributari ed evidenzia come l'unico creditore istante traesse titolo dall'emissione di assegni dati in garanzia per prestazioni eseguite in favore di una diversa società, con evidenti ripercussioni sull'orientamento del dolo in danno dei creditori.
2.2. Con il secondo motivo, deduce analoga censura riguardo la richiesta di derubricazione nel reato di cui all'art. 217 I. fall, del tutto pretermessa nella sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo, articola la stessa doglianza in relazione al diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti.
2.4. Il quarto motivo contesta la violazione della regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio".
3. Con requisitoria del 26 giugno 2025, il sostituto Procuratore generale presso questa Corte, Antonio Balsamo, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
1. Sussiste la violazione di legge denunciata in riferimento all'elemento soggettivo del reato.
1.1.Con l'appello, il ricorrente aveva contrastato, punto per punto, le argomentazioni rese dal giudice di primo grado, che aveva affermato la responsabilità dell'imputato per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, sub specie di sottrazione o comunque omessa consegna dei libri contabili, contestando:
La ritenuta natura fittizia della società fallita, invece effettivamente operante e riconducibile a Ca.Mo., titolare di Big Multimedia, avendo svolto il ricorrente un ruolo meramente formale; La riconducibilità della condotta entro l'alveo dell'art. 217 L.f., in assenza del dolo specifico di sottrazione delle scritture, detenute dal medesimo Ca.Mo.;
evidenziando, in tal modo, gli errori di diritto in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado:
- sull'elemento materiale del reato, non comprendendosi se la documentazione fosse stata ritenuta "confusa ed assolutamente carente", e quindi inattendibile, fraudolentemente sottratta o distrutta o, invece, semplicemente non consegnata;
- sull'elemento soggettivo, in assenza degli indicatori del dolo specifico di fattispecie e, anzi, in presenza del travisamento dell'esito decisorio del diverso procedimento per reati tributari dal quale l'imputato era stato assolto e dell'assenza di atti di depaueramento in danno dei creditori.
Specifiche censure erano state, altresì, articolate riguardo la determinazione del trattamento sanzionatorio.
1.2. Siffatto impegno impugnatorio ha devoluto al giudice del gravame la rilettura dei dati probatori attraverso critiche, specificamente calibrate sui passaggi argomentativi della sentenza di primo grado, svolte in punto di diritto, di indubbio rilievo e chiaramente mirate alla necessaria rivalutazione dei fatti.
È stato, difatti, censurato il ricorso promiscuo, da parte del giudice di primo grado, ora alla inattendibilità della documentazione contabile, ora alla mancata istituzione, ora alla mancata consegna al curatore, in un quadro probatorio che ha, invece, restituito il reperimento delle scritture aliunde; e tale segnalazione si connota di particolare incisività, se sol si considerino le diverse fattispecie incriminatrici applicabili nei diversi casi richiamati ed il diverso atteggiarsi del correlativo elemento soggettivo.
1.3. Per altro verso, pur a fronte della contestazione della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale prevista dall'art. 216, comma primo, n. 2, legge fall., il giudice di primo grado aveva finito per sovrapporre le diverse condotte ivi previste, di fatto ignorando che:
l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. -rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838); - rientra nella prima fattispecie delineata dall'art. 216, comma 1, n. 2, legge fall, e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l'ipotesi della materiale esistenza dei libri "lasciati in bianco" e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico, dell'omessa annotazione di dati veri allorché l'omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell'omessa annotazione di specifiche operazioni (Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, Cocozza, Rv. 287175 - 01);
la parziale omissione del dovere annotativo, integrante la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell'art. 216, comma 1, n. 2), legge fall., è punita a titolo di dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell'impresa. (In motivazione la Corte ha chiarito che l'impedimento nella ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito non rappresenta l'evento del reato, ma costituisce una peculiare modalità della condotta, che interagisce sull'elemento psicologico nella sua connotazione di dolo intenzionale) (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677 -02);
- l'inosservanza dell'obbligo dì deposito delle scritture contabili può dar luogo alle fattispecie di cui agli artt. 16, n. 3 e 220 legge fall., ai delitti di bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216, comma primo, n. 2 legge fall, e di bancarotta semplice documentale, di cui all'art. 217, comma secondo, legge fall., che possono concorrere quando la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione o mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta delle stesse in modo irregolare o incompleto ovvero tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (Sez. 5, n. 3190 del 16/11/2020, dep. 2021, Calò, Rv. 280260 - 01).
2. A tali diversificati piani d'indagine non risulta opposta un'argomentazione effettivamente confutativa.
2.1. A fronte della mirata critica contenuta nell'atto d'appello, specificamente indirizzata ai punti essenziali della ratio decidendi della sentenza impugnata, la Corte di merito - senza sciogliere il nodo essenziale della specifica condotta comprovata nel caso in esame - si è limitata a riportare una massima giurisprudenziale in tema di elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale "generica" per poi, contraddittoriamente, ritenere che vi fosse una "precisa volontà di impedire la ricostruzione del volume degli affari", in tal guisa confondendo i criteri di imputazione delle due varianti incriminatrici previste dall'art. 216, comma primo, n. 2 legge fall., atteso che le ipotesi di ricostruzione aliunde della contabilità - sulle quali pure argomenta la Corte di merito - presuppongono, all'evidenza, non l'omessa tenuta, bensì la soppressione di documentazione esistente.
2.2. La mancata contestazione di fatti di bancarotta patrimoniale avrebbe, al contrario, imposto alla Corte di merito un onere rafforzato di motivazione riguardo l'elemento soggettivo del reato, poiché il dolo può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall'accettata responsabilità dell'imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l'evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all'occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, Scarponi, Rv. 283659 - 01), ma deve essere, invece, positivamente dimostrato ove siffatta contestuale contestazione manchi.
2.3. Ed ancora - una volta sciolto il nodo del quale tipo di bancarotta documentale sia ravvisabile, nel caso al vaglio, e di quale sia il correlato standard giustificativo del dolo di fattispecie - non può trascurarsi che lo scopo di recare danno ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali, deve essere riguardato alla luce della complessiva ricostruzione della vicenda e delle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificità l'elemento soggettivo che, pertanto, può essere ricostruito sull'attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all'occultamento delle vicende gestionali (V. Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv. 284304 - 01, in fattispecie di omessa tenuta della contabilità), senza alcun automatismo o semplificazione giustificativa.
2.4. Infine, va sottolineato come, in tema di bancarotta fraudolenta documentale c.d. 'generica', per la sussistenza del dolo dell'amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere più difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma è sufficiente che l'abdicazione agli obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell'alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono (Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, La Porta, Rv. 282280 - 01) laddove, invece, la diversa fattispecie di bancarotta documentale "specifica" richiede la dimostrazione, a carico dell'amministratore formale, di positivi indicatori di fraudolenza.
2.5. In conclusione, la Corte di appello non si è fatta carico di alcuna delle censure declinate nell'atto di gravame, disimpegnando la motivazione attraverso la mera ripetizione della ricostruzione in fatto ed il richiamo alla giurisprudenza di legittimità relativa a fattispecie diversa da quella contestata, senza misurarsi con la variegata fenomenologia dei reati fallimentari, ciascuno caratterizzato da sue proprie peculiarità strutturali. In tal modo, le argomentate critiche dell'appello sono state sostanzialmente eluse e la Corte d'Appello ha dato corpo ad un apparato motivazionale che evidenzia l'errore di diritto segnalato ed avulso, altresì, dalla funzione di controllo e verifica della fattispecie concreta, rimessa alla giurisdizione di merito di secondo grado.
3. Da quanto premesso - e ritenuti assorbiti i restanti motivi - discende che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio a altra sezione della Corte d'Appello di Napoli che, in piena libertà di giudizio, ma facendo corretta applicazione dei principi enunciati, procederà a nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2025
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