1. La massima
In tema di bancarotta fraudolenta distrattiva è l'imprenditore a dover fornire la prova che il pagamento con denaro sociale sia inerente all'attività o estingua un debito effettivo della società, ricorrendo, in difetto, un fatto di distrazione; l'amministratore è infatti direttamente responsabile della conservazione del patrimonio della società ed assume una posizione di garanzia nei confronti dei creditori per l'adempimento delle obbligazioni con il patrimonio sociale.
2. La sentenza integrale
Tribunale Trieste, 28/11/2023, (ud. 26/10/2023, dep. 28/11/2023), n.1890
Svolgimento del processo
Con decreto del G.u.p. del 10 marzo 2023 era disposto il rinvio a giudizio di Lu.Gu. davanti al Tribunale di Trieste in composizione collegiale, in relazione ai reati allo stesso ascritti in rubrica.
All'udienza del 4 maggio 2023, celebrata dal collegio in diversa composizione, procedutosi nella dichiarata assenza dell'imputato, rilevata la ritualità delle notifiche e la conoscenza del procedimento desunta dalla notifica a mani proprie del Lu.Gu., era dichiarato aperto il dibattimento ed erano ammesse le prove, riservata la decisione sulla perizia contabile richiesta dalla difesa.
All'udienza del 17 ottobre 2023, rinnovata nei medesimi termini, dal collegio in diversa composizione, l'ordinanza di ammissione delle prove ed acquisiti i documenti dimessi dal pubblico ministero, quest'ultimo dava atto che non vi era stato arresto del Lu.Gu. e che la menzione del relativo verbale, contenuta nel decreto di rinvio a giudizio, doveva considerarsi frutto di errore materiale.
Venivano quindi escussi il curatore fallimentare, dott. An.Po., e i sottufficiali della Guardia di Finanza, Vi.Ci. e Gi.Sc.
All'odierna udienza, non comparivano i testi ulteriori del pubblico ministero, Gi. e Ca., che giustificavano la loro assenza; il pubblico ministero chiedeva di produrre i verbali delle s.i.t. dagli stessi resi in sede di indagini che, consentendovi la difesa, venivano acquisiti agli atti.
Revocata quindi l'ammissione di tali testi e respinta la richiesta di perizia contabile, attesi gli esiti dell'istruttoria dibattimentale (che ha dato conto anche della pressoché completa assenza delle scritture contabili) e della non necessità ai fini della decisione, si dava corso alla discussione e, sulle conclusioni rassegnate delle parti, il Tribunale pronunciava come da dispositivo.
Motivi della decisione
All'esito delle prove dichiarative e documentali acquisite, ritiene il Tribunale che, per le ragioni di fatto e di diritto di seguito indicate, l'imputato debba essere dichiarato colpevole dei reati ascrittigli in rubrica.
1. La ricostruzione dei fatti.
Come riportato nella relazione ex art. 33 Legge Fallimentare e come riferito al dibattimento dal curatore fallimentare, la Ea. s.r.l., costituita nel 2009 e avente sede sociale in Trieste, via (...) n. 6, è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trieste n. 1/2021 del 22 gennaio 2021, acquisita all'udienza del 17 ottobre 2023.
La società operava nel settore edile e l'attività prevalente era la costruzione di immobili.
Lu.Gu. era l'amministratore della società la cui base sociale era composta per il 25% ciascuno da Lu.Gu. e Lu.Fr. e per il 50% da Gp. s.r.l. in liquidazione.
Già a fine 2017 la società aveva incontrato notevoli difficoltà a pagare le competenze contributive della Cassa Edile, dell'INPS e dell'INAIL, probabilmente a causa di diverse contestazioni riguardanti i lavori eseguiti e delle conseguenti penali o compensazioni operate dai committenti a ristoro dei danni procurati, con erosione dei ricavi; all'inizio del 2018, risultato negativo il DURC, non c'era stato alcun margine per operare e l'attività economica era praticamente terminata; il fallimento sarebbe stato peraltro richiesto da un ex lavoratore subordinato solo alla fine del 2020.
Risultava peraltro che l'attività della Ea. era stata traslata su altra società riconducibile alla famiglia Lu.Gu., la Nu. s.r.l., la cui base sociale era composta dallo stesso Lu.Gu. (che era anche l'amministratore unico) e da Lu.Fr..
Alla Nu. erano stati ceduti cespiti di proprietà della Ea. con emissione di regolari fatture (doc. sub 5) che però non risultavano essere state mai pagate.
Gli stretti legami con la Nu. emergevano anche dalla peraltro scarna documentazione disponibile, e precisamente da fatture emesse dalla Ea. nei confronti della Nu. e da diversi pagamenti eseguiti da quest'ultima nei confronti della Ea.; i pagamenti non facevano però riferimento a fatture precise e gli importi accreditati non si conciliavano con quanto effettivamente dovuto.
Anche l'ultima fattura emessa dalla Ea. nei confronti della Nu. in data 30.12.2018, per 80.000 Euro, sembrava non essere stata mai pagata e il suo asserito saldo, attraverso il pagamento di alcuni debiti della fallita, non era stato in alcun modo documentato; la mancanza della contabilità non consentiva neppure di escludere che si trattasse di fattura di fine anno fittizia, volta ad abbattere utili della Nu. a fini fiscali, posto che la Ea. non avrebbe presentato la dichiarazione dei redditi, ovvero ad occultare la situazione di deficit patrimoniale della Ea..
Inoltre, almeno dal maggio 2017 e fino a giugno 2019, Lu.Gu. aveva depauperato il patrimonio della società attraverso prelievi in contanti non giustificati e spese personali, fino al completo azzeramento dei conti correnti, nel frattempo alimentati saltuariamente da accrediti provenienti dalla Nu. e relativi al pagamento di alcune indefinibili fatture; si trattava di spese e prelievi, rilevate unicamente dagli estratti conto bancari, non giustificati da pezze d'appoggio (scontrini, fatture), prive di riscontro nella peraltro inesistente contabilità, in gran parte del tutto non inerenti all'attività della Ea. (ad es. le innumerevoli spese la cui causale nell'estratto conto riporta destinatari del tutto estranei all'ambito edilizio, quali (...) ecc.) e piuttosto riconducibili a spese personali; tanto più che all'epoca, l'operatività della Ea. era già pressoché azzerata.
Invero, anche le poche fatture acquisite non riguardavano affatto le "uscite bancarie" in argomento.
I prelievi e le spese non giustificati avevano concorso a depauperare completamente i conti della Ea. che, alla data del fallimento, si era ritrovata con saldi bancari negativi (nell'ultimo rendiconto ufficiale risalente all'esercizio 2016 la liquidità era pari a 74.253 Euro mentre, alla data del fallimento tale valore era negativo, a riprova ulteriore del fatto che la Ea. aveva dapprima cessato ogni tipo di attività e poi era stata svuotata dei suoi assets, liquidi e strumentali).
Quanto alle scritture contabili, il curatore ha avuto a disposizione solamente delle fatture e qualche estratto conto bancario ed era verosimile che la contabilità, forse solo parzialmente elaborata per il 2018 (l'ultima dichiarazione dei redditi era relativa al 2017), dal 2019 non fosse stata neppure elaborata.
Erano pervenute al curatore: fatture emesse e ricevute relative agli anni 20132020; estratti conto/corrente Mp. e Bn. 2013-2015; estratti parziali dei movimenti bancari Mp. e Bn. 2016-2020.
Il consulente della società aveva infine inviato i registri i.v.a. degli esercizi 2017 e 2018.
Risultavano dunque mancanti totalmente: libro giornale, libro cespiti, situazioni economico-patrimoniali e mastrini di tutte le annualità esaminate (2013-2020), nonché dichiarazioni e bilanci dall'esercizio 2017 in poi.
In sintesi: i bilanci si fermano all'esercizio 2016, le ultime dichiarazioni predisposte e inviate si riferiscono all'esercizio 2017 (la dichiarazione i.v.a. arriva al 2018), mancano le scritture contabili, i libri contabili e tutti i documenti di rendiconto degli anni presi a riferimento (quindi dal 2013 al 2020), e gli estratti conto bancari a disposizione coprono solo parzialmente il periodo esaminato.
Tornando ai rapporti con la Nu., la documentazione disponibile evidenziava la già accennata cessione da parte della fallita alla Nu., come detto amministrata dallo stesso Lu.Gu., di quello che pareva essere il complesso dei beni strumentali della società (al prezzo di 4.000 Euro un Caterpillar 320 N., per 4.000 Euro la gru GR40/100 e, per un totale di 1.000 Euro, tutti gli strumenti edili e la minuteria come elencata nella fattura stessa - fatture tutte datate 31 agosto 2018).
L'imputato, quale amministratore della Nu. che aveva la proprietà del bene, aveva infine accettato la retrocessione solo della gru, che si trovava peraltro in un cantiere di terzi nel Comune di Venezia e della cui esistenza la procedura aveva avuto notizia solo grazie alla segnalazione di un creditore.
Il resto dei cespiti trasferiti alla Nu. nel 2018 (vale a dire l'escavatore usato e la varia strumentazione edilizia) non erano stati rinvenuti, né era stata fornita prova della loro asserita rottamazione.
Infine, un'autocarro targato (...), risultante dal P.R.A. intestato alla società (doc. sub 4), era stato ritrovato dalla Guardia di Finanza (su indicazione dell'imputato, come da verbale di perquisizione dell'11 maggio 2021 - doc. sub 6) in un campo nella zona di Mestre ed era stato acquisito al fallimento.
In mancanza di molta della documentazione contabile non si era venuti a conoscenza di ulteriori beni da acquisire o di crediti da riscuotere.
Il passivo fallimentare ammontava a circa 300.000 Euro (Erario 131.798, fornitori 40.560, Inps e Cassa edile 17.138, sei dipendenti 104.339) e l'attivo era costituito dalla vendita della gru retrocessa (14.500 Euro) e dall'autocarro ritrovato.
Il curatore ha infine evidenziato che il "rapporto" intercorso, nei termini descritti, tra Ea. e Nu., era la "fotocopia" di quello in precedenza intervenuto tra la fallita e la Ar. s.r.l., a ruoli esattamente invertiti.
La Ar., società anch'essa riconducibile alla famiglia Lu.Gu., prima del suo fallimento, aveva ceduto alla Ea. la stessa Gru GR40/100 (doc. sub 5) che sarebbe stata poi ceduta alla Nu. e di cui si è detto (era anche verosimile, pur mancando la documentazione di supporto, che anche il resto dell'attrezzatura fosse stata trasferita dalla Ar. alla Ea. prima del fallimento).
Restava il fatto che la gru era passata da una società all'altra e poi ad un'altra ancora, tutte riconducibili alla famiglia Lu.Gu.; circostanza emblematica della volontà dell'amministratore di utilizzare le varie società secondo convenienza, svuotando di cespiti e risorse finanziarie quelle ormai inattive, prima e in vista del loro fallimento.
I testimoni Ci. e Sc. hanno quindi dato conto dell'esame degli estratti conto e dell'individuazione di prelevamenti in contanti privi di ogni documentazione di riscontro per 42.460 Euro e di pagamenti non inerenti l'oggetto sociale per complessivi 25.564,87 Euro; hanno confermato che i pagamenti, che pure risultavano dagli estratti conto, da parte di Nu. in favore della fallita - verosimilmente relativi ai lavori che la Nu. eseguiva per la Ea., ormai impossibilitata a provvedervi - non erano in alcun modo riferibili al pagamento dei beni strumentali ceduti dalla fallita alla stessa Nu..
2. La valutazione delle prove e la qualificazione giuridica dei fatti.
La possibilità di ricostruzione del movimento degli affari della società fallita -sulla base dei libri e delle scritture contabili che era stato possibile acquisire - è per il curatore terminata con l'anno 2016.
Per tutto il lungo periodo successivo, e fino al fallimento, la contabilità o non era stata neppure elaborata (dal 2019) o era stata solo parzialmente elaborata (per il 2018) o faceva registrare le totali mancanze o la frammentaria consistenza più sopra descritte in dettaglio.
Opina la difesa che si tratterebbe di una bancarotta documentale semplice ma la tesi non è in alcun modo accoglibile.
Ferma l'incontestabile e obiettiva impossibilità di ricostruire del movimento degli affari e il patrimonio della società fallita, è noto che il delitto di bancarotta semplice e quello di bancarotta fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell'elemento soggettivo che, ai fini della prima, può essere indifferentemente costituito dai dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l'agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la seconda deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell'irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell'imprenditore (Cass., Sez. V, n. 2900, 2/10/201822/1/2019, Rv. 274630-01).
Il dolo della bancarotta fraudolenta documentale può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall'accertata responsabilità dell'imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l'evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all'occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Cass., n. 33575, 8/4-13/9/2022, Rv. 283659-01); cosi come lo scopo di recare danno ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali, ben può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l'elemento soggettivo che, pertanto, può essere ricostruito sull'attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all'occultamento delle vicende gestionali (Cass., n. 10968, 31/1-14/3/2023, Rv. 284304-01).
Ebbene, nel caso, lungi dall'essere imputabile a mera negligenza, l'omessa e/o irregolare tenuta delle scritture, coincise proprio con la cessazione della possibilità di operare della Ea., per il DURC negativo, e con il coevo trasferimento dell'attività e dei beni alla Nu., amministrata dallo stesso Lu.Gu..
Fu dunque direttamente funzionale ad occultare le vicende gestionali - e in particolare, lo svuotamento di beni e risorse della fallita, i rapporti economici comunque successivamente intercorsi tra Ea. e Nu., verosimilmente ad esclusivo vantaggio di quest'ultima, nonché la sussistenza di crediti o di beni ulteriori della fallita - ed altresì ad occultare i veri e propri atti depauperativi del patrimonio sociale - la distrazione di beni e risorse finanziarie - di cui si dirà in prosieguo.
Dolo che si apprezza anzi come di particolare intensità ove si consideri che la vicenda è la replica di altra precedente, nella quale, analogamente, l'imputato aveva abbandonato al suo destino una società fallenda e poi fallita (e i suoi creditori) per proseguire l'attività con altra società nella sua disponibilità; non senza avere trasferito i beni alla seconda e svuotato la prima di ogni bene e risorsa.
In siffatto contesto, altrettanto evidente è la sussistenza delle contestate distrazioni:
- dei beni strumentali ceduti alla Nu. e da questa non pagati (poiché non vi è alcuna evidenza, documentale o di altro genere, di pagamenti specificamente riferibili alle fatture emesse per la cessione dei beni strumentali in questione; e la stessa retrocessione della gru, accettata dall'imputato, conferma l'assunto);
- dell'autocarro tg. (...), neppure fatturato alla Nu., non messo a disposizione del curatore e rinvenuto solo a seguito dell'attività di perquisizione;
- delle somme di denaro prelevate in contanti e prive di una qualsivoglia giustificazione contabile dimostrativa della destinazione dì quel denaro alla gestione della Ea.;
- delle somme di denaro per tabulas destinate a spese personali e, comunque, a spese pacificamente non inerenti all'attività della società fallita, peraltro da tempo cessata.
E' appena il caso di ricordare che è l'imprenditore a dover fornire la prova che il pagamento con denaro sociale sia inerente all'attività o estingua un debito effettivo della società, ricorrendo, in difetto, un fatto di distrazione; l'amministratore è infatti direttamente responsabile della conservazione del patrimonio della società ed assume una posizione di garanzia nei confronti dei creditori per l'adempimento delle obbligazioni con il patrimonio sociale.
Vi è stato dunque, nel caso di specie, un preordinato e sistematico depauperamento del patrimonio aziendale, fino alla sua completa distrazione.
Anche l'obiezione di un possibile pagamento delle fatture relative ai beni strumentali con i versamenti comunque fatti dalla Nu., sebbene per cifre non coincidenti, non coglie nel segno: anche ad ammettere, senza concedere, la circostanza, è evidente che la distrazione sussiste in ogni caso, avendo Lu.Gu. svuotato completamente e fraudolentemente anche i conti sui quali quelle somme erano state, in tesi, versate.
La valutazione dell'entità e della composizione del passivo fallimentare consente di disattendere anche l'altra generica affermazione difensiva - priva peraltro di una qualsiasi documentazione di riscontro - del pagamento da parte di Nu. dei debiti della Ea.; a mero titolo di esempio, i dipendenti insinuatisi non erano stati invero pagati né dalla Nu. né da Lu.Gu. che, anzi, nel frattempo, pagava con il denaro sociale le proprie spese personali.
Il dolo generico del reato risalta vieppiù dal complesso dell'operazione posta in essere dall'imputato, dall'occultamento dell'autocarro fino alla perquisizione e dalle plurime spese personali effettuate quando la società era oramai inattiva, indici inequivoci di fraudolenza, al pari della già ricordata replica di analoghi comportamenti in frode ai creditori.
3. Il trattamento sanzionatorio.
Affermata dunque la responsabilità del Lu.Gu. in ordine ai reati contestati, si ritiene di determinare la pena da infliggere in quella, stimata congrua e conforme ai criteri di cui all'art. 133 c.p., di anni tre e mesi tre di reclusione (pena base anni tre e mesi uno e giorni quindici, aumentata alla pena indicata per l'aggravante di cui all'art. 219, comma 2 n. 1) R.D. n. 267/1942).
L'aggravante testé indicata deve ritenersi contestata in fatto, avendo l'imputato commesso più fatti di bancarotta, quelli di cui all'art. 216 comma 1 nn. 1) e 2) R.D. n. 267/1942.
Invero, "in tema di reati fallimentari, nel caso in cui all'imputato siano contestati più fatti di bancarotta, la mancata contestazione esplicita della circostanza aggravante speciale di cui all'art. 219, comma secondo, n. 1), legge fall., non integra alcuna violazione dell'art. 522 cod. proc. pen., perché il riferimento alla predetta circostanza aggravante, in tutti i suoi elementi costitutivi, è implicitamente contenuto nella descrizione della pluralità dei reati, la cui contestazione pone l'imputato in condizione di conoscere il significato dell'accusa e di esercitare il diritto di difesa" (Cass., Sez. V, n. 33123, 19/10/2020).
Il pur lieve scostamento dall'assoluto minimo edittale si giustifica alla luce della dimostrata e ritenuta intensità del dolo.
Non si ritiene di poter riconoscere al Lu.Gu. le circostanze attenuanti generiche; non vi sono oltre all'incensuratezza, di per se stessa non utilizzabile ai fini del beneficio, elementi positivi da valorizzare ai sensi dell'art. 62 bis c.p., non essendo tale il comportamento processuale, a tutto concedere neutro, e ricorrendone anzi altri negativi, quali l'entità delle somme distratte, l'assenza di risarcimenti e il preordinato e abituale modus operandi in spregio alle ragioni dei creditori.
Segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
Vanno altresì applicate al Lu.Gu. le pene accessorie dell'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e dell'incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per una durata che, alla luce dei criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p., si stima congruo determinare in misura corrispondente alla durata della pena principale inflitta, alla luce di una valutazione in concreto dei fatti commessi (la Corte Costituzionale, con sentenza n. 222 del 25 settembre 2018, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 216, u.c. L.F. nella parte in cui prevede la durata delle pene accessorie nella misura fissa di dieci anni e non in quella "fino a dieci anni"; cfr. anche Cass., Sez. Un., n. 28910/2019 con riferimento alla determinazione della durata della pena accessoria sulla base dei criteri di cui all'art. 133 c.p.).
Poiché la pena inflitta risulta non inferiore ai tre anni di reclusione, ai sensi dell'art. 29 c.p., l'imputato va altresì dichiarato interdetto dai pubblici uffici per anni cinque.
L'entità della pena inflitta osta alla concessione dei benefici di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trieste, in composizione collegiale visti gli artt. 533, 535 c.p.p.,
dichiara
Lu.Gu. colpevole dei reati a lui ascritti e, ritenuta l'aggravante ex art. 219, co. 2, n. 1), R,D. n. 267/1942 in fatto contestata, lo
condanna
alla pena di anni tre, mesi tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;
visto l'art. 216, co. 4, R.D. n. 267/1942,
dichiara
l'imputato inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni tre e mesi tre;
visto l'art. 29 c.p.,
dichiara
l'imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque; visto l'art. 544, comma 3, c.p.p.
indica
il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.
Così deciso in Trieste il 26 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2023.