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Bancarotta fraudolenta documentale: distinzione tra occultamento e tenuta fraudolenta delle scritture contabili. (Tribunale Trieste n. 1843/23)


Bancarotta fraudolenta

1. La massima

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), 1. fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi.


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2. La sentenza integrale

Tribunale Trieste, 04/12/2023, (ud. 19/10/2023, dep. 04/12/2023), n.1843

Svolgimento del processo

Con decreto del g.u.p. del 23/11/21 Ca.Ca. veniva rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di Trieste in composizione collegiale in relazione ai reati ascritti in rubrica. All'udienza del 17/2/22, dichiarata l'assenza dell'imputato (con ordinanza poi revocata per la successiva comparizione dello stesso), presente come parte civile il commissario liquidatore della "Società Consortile No.", venivano ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti e subito acquisiti i documenti prodotti dal p.m..

Rinviata l'udienza del 10/3/22 proprio per impedimento del dr. Ro.Bu. (commissario liquidatore da sentire come teste) e d'ufficio quella del 21/4/22, il 13/10/22 veniva escusso il Ro.Bu.. Il 22/11/22 era la volta del mar. della GdF A.Da., di Do.Bu., Gi.Ro., Gi.Po. e Ro.Ce..

Il 19/1/23 si procedeva all'esame del Ca. e si dava atto che la p.c. revocava la sua costituzione in giudizio.

Il 14/3/23 si sentiva Mi.Mo. e, rinviata l'udienza del 13/4/23 per l'assenza degli altri testi, l'8/6/23 si esaminavano Mo.Ba. e Te.Za..

Infine, all'udienza del 19/10/23, frattanto acquisiti altri documenti, all'esito della discussione delle parti che rassegnavano le conclusioni riportate in epigrafe, il Tribunale decideva la causa mediante lettura di separato dispositivo.


Motivi della decisione

L'istruttoria dibattimentale è valsa ad accertare la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati ascritti ai capi a), b) e c) di rubrica, lasciando invece dubbi sulla sussistenza dell'elemento psicologico del reato sub d).

1. La società consortile No. - società cooperativa (d'ora in poi anche solo Ne.), con sede in Trieste, via (...), è stata costituita (sotto l'originaria ragione sociale di No. soc. coop.) con atto per notar Gh. in data 6/6/2007 e, pur avendo un oggetto sociale molto ampio, ha sempre svolto, prevalentemente mediante le imprese consorziate, attività di trasporto su strada, distribuzione e consegna, fino all'anno 2014 e in appalto da Sd., di documentazione bancaria e, in seguito, di pneumatici. Essa è stata retta da un Consiglio di Amministrazione, mutato nel corso degli anni nella sua composizione tranne che nella persona di Ca.Ca., che né stato di continuo il Presidente.

1.1. Soggetta a revisione ordinaria ogni due anni da parte della Regione FVG, dal 5/12/2016 al 9/3/17 la società venne sottoposta a tal genere di controllo affidato al dr. P. Re.. Dal relativo verbale in atti - Sezione I - Rilevazione (all. 4 della relazione ex art. 203 l.f. del dr. Ro.Bu.) emerge che:

- non fu consegnato al Revisore l'estratto assembleare di approvazione del Regolamento interno (che determinava, tra l'altro, i criteri di affidamento delle attività ai soci consorziati e di determinazione dei corrispettivi) ma solo una copia del Regolamento priva di data e firma (d'altra parte, dal libro assemblee dei soci non risultava che l'atto fosse stato mai sottoposto all'attenzione dei soci);

- al momento della revisione, la Ne. era composta da soli tre soci, persone giuridiche (quindi al di sotto del minimo legale di nove);

- l'ultimo verbale del CDA era datato 27/4/15;

- dalla nota integrativa al Bilancio chiuso il 31/12/15 (ultimo Bilancio approvato) si evinceva una riduzione del 50% e dei ricavi e dei costi, a fronte di un significativo incremento degli interessi passivi (addirittura del doppio quelli bancari);

- all'esito quindi della riclassificazione degli ultimi due bilanci da parte del Revisore, constatato un raddoppio dei crediti operativi e colta l'evidente discrasia rispetto alla diminuzione dei ricavi, risultava chiaro che la quasi totalità dei crediti dal 2014 non era stata incassata, ma di ciò non c'era evidenza nelle note integrative ai bilanci ne erano state contabilizzate svalutazioni dei crediti: la conclusione era che nel 2015 vi fosse stato un netto peggioramento della situazione finanziaria;

- nel verbale di assemblea dei soci del 12/8/14 fu deliberato lo stato di crisi aziendale in base alla 1. 142/2001 (ma impropriamente, atteso che la cooperativa non aveva al suo interno soci lavoratori, né il Regolamento interno prevedeva un'ipotesi del genere) e, tenuto conto di ciò, venne deciso di non restituire le quote sociali ai soci frattanto receduti;

- al 15/3/17, dunque, risultava un capitale sottoscritto per Euro 74.000,00 (di cui Euro 62.400,00 versati), comprensivo però delle quote da restituire ai soci receduti o esclusi per Euro 55.600,00 (somma quest'ultima che non veniva allibrata come debito negli ultimi due bilanci d'esercizio né nella situazione contabile al 31/10/16);

- da tale situazione contabile, da ultimo, emergeva la presenza del mastrino "Avviamento" che il Ca. riferiva ai revisore trattarsi di una posta errata perché relativa all'acquisto di una banca dati. Alla luce di queste evenienze, il 16/3/17 il Revisore "diffidava" il legale rappresentante della Ne. a produrre: 1) una situazione contabile che tenesse conto del debito nei confronti dei soci receduti e del credito verso i soci sottoscrittori dell'aumento del capitale sociale; 2) uno schema dettagliato relativo alla ripartizione dei costi e dei ricavi dei consorziati; 3) un elenco di mastrini aggiornati al 31/12/16 con prospetti di conciliazione; 4) la documentazione concernente la registrazione "Avviamento" ecc. All'esito della fase di accertamento conclusasi il 20/6/17 (v. verbale di revisione - Sezione II -Accertamento, pp. 60 e ss.), il dr. Re., dato atto che: 1) alla data del 31/12/16 erano stati contabilizzati i debiti nei confronti dei soci receduti; 2) il Ca. aveva cercato di giustificare le modalità di calcolo di costi e ricavi adoperate dal Consorzio con la necessità che le banche valutassero correttamente il rating aziendale; 3) gli erano stati forniti i mastrini richiesti al 31/12/16; 4) il Ca. gli aveva altresì fornito il mastrino contabile al 31/12/15, in luogo del 31/12/16, relativo al conto "Avviamento", aggiungendo che era stata modificata l'iscrizione contabile nella situazione al 31/12/16 sotto la voce "concessione licenze e marchi" (però non fornendo alcuna documentazione sul titolo legittimante tale iscrizione, cosicché era stato invitato a girocontarla a perdita); dato atto appunto di questo, "puntava il dito" contro la mancanza di autonomia finanziaria interna della Ne. (che aveva un'esposizione bancaria troppo elevata), la mancata svalutazione di crediti incagliati da tanto tempo o la previsione di un fondo per eventuale insolvenza dei debitori e la riduzione del credito verso soci per la sottoscrizione del capitale solo grazie alla compensazione con crediti degli stessi per le prestazioni effettuate, quindi invitava la cooperativa a determinarsi di conseguenza.

Nel verbale di supplemento di verifica (pp. 74 e ss) il Revisore evidenziava come fino a quel momento non era stato informato dal Ca. di diverse procedure esecutive in corso nei confronti della Ne.. Il rappresentante legale della società, poi, solo con una mail del 7/7/17 gli aveva comunicato, senza però dimostrarlo, che "dal mese di maggio la cooperativa versava in uno stato di stallo dovuto al blocco finanziario della stessa derivante dalla condotta dei distributori i quali non provvedevano a riversare tempestivamente alla società sotto revisione quanto a loro corrisposto in prima battuta dai clienti", cosicché questi ultimi non pagavano più le fatture invero già anticipate dagli Istituti bancari alla Cooperativa, con il conseguente, inevitabile sconfinamento dei conti correnti. Pertanto, il dr. Re., stigmatizzato altresì che non gli era stato consegnato, come richiesto, un progetto di bilancio 2016 che tenesse conto delle correzioni contabili richieste né una situazione economico patrimoniale aggiornata al 30/6/17 e rilevato che restava nebulosa la problematica della presunta appropriazione dei "contrassegni", concludeva nel senso che non fosse possibile una precisa analisi della situazione patrimoniale dell'ente, ma si poteva certamente affermare "la sussistenza di inadempimenti e di altri fattori esteriori dimostranti l'incapacità della cooperativa di soddisfare regolarmente con mezzi normali di pagamento le proprie obbligazioni alle rispettive scadenze", "la presenza di una situazione di impotenza strutturale e non soltanto transitoria, imputabile ad un acclarato squilibrio finanziario", di talché proponeva l'apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, alla quale in effetti la Regione FVG assoggettava la società con delibera n. 404 del 2/3/2018. Nominato quindi commissario liquidatore il dr. R. Ro.Bu., su istanza di quest'ultimo, il Tribunale di Trieste, con sentenza del 23/9/19, accertava lo stato di insolvenza della cooperativa.

1.2. Nella relazione presentata ex art. 203 l.f., il commissario liquidatore, riepilogate le vicende riguardanti gli organi della società e ricordata l'attività della cooperativa, evidenziava gli elementi critici delle evidenze contabili acquisite.

Riguardo al capitolo "immobilizzazioni", rilevato che il Ca. gli aveva dichiarato che i beni materiali si trovavano a Padova, presso la sede operativa di uno dei consorziati, la De., e che, in merito alla voce "Avviamento", gli aveva esibito una fattura del 31/1/2011 emessa da Fr. s.r.l. per l'importo di Euro 66.400,00, più i.v.a., con la seguente causale "per concessione utilizzo propria banca dati clienti e sfruttamento logotipo Fr.", da un lato, dava conto che il curatore della De.Ri., frattanto fallita, gli aveva comunicato che non era in possesso di alcun bene della Ne., dall'altro, riportava quanto già sottolineato dal Revisore circa l'erroneità dell'iscrizione contabile tra le immobilizzazioni immateriali in mancanza di qualsiasi documento giustificativo della c.d. "banca dati", anche considerato che nelle note integrative ai Bilanci chiusi nei precedenti esercizi non erano indicati i criteri di ammortamento.

Quanto alla voce "crediti", pure qui richiamate anzitutto le osservazioni già fatte dal dr. Re., riferiva che (v. all. 13 alla relazione) risultavano crediti vantati verso società fallite o comunque estinte prima del marzo 2018 per Euro 215.338,41 nonché crediti con mastri non movimentati nei due anni antecedenti la l.c.a. per Euro 90.036,34.

Ma la questione più importante e significativa che si era posta in sede di verifica contabile, rimasta insoluta e tale da rendere impossibile la ricostruzione dei saldi corretti, riguardava i debiti per contrassegni, ossia le somme, in contanti o assegni, che le imprese consorziate (o, in alcuni casi, terzi trasportatori), incaricate da Ne. di provvedere alla distribuzione degli pneumatici, incassavano dai clienti finali per poi versarle su un conto corrente della Ne. (se in contanti) o portarle direttamente presso gli uffici di quest'ultima, che infine le avrebbe dovuto trasferire al committente (produttore o distributore grossista di pneumatici).

Nonostante tutti gli sforzi e gli approfondimenti eseguiti, restavano importanti difformità fra quanto contabilizzato dal Consorzio e le pretese dei clienti e, chieste delucidazioni al tenutario della contabilità, il rag. Mi.Mo. e al Ca., il primo dichiarava che "le posizioni dei clienti erano quasi sempre contaminate dalle posizioni debitorie per note di addebito e contrassegni non restituiti. Le varie operazioni non rilevabili da estratto conto venivano esplicitate su un file Excel dal prof. Ca. da cui si estrapolavano le compensazioni effettuate in sede di incasso/pagamento. Nel caso vi fossero evidenti discordanze si effettuava una riconciliazione assieme al Prof. Ca. prima di chiudere il bilancio", mentre il secondo si mostrava perplesso in quanto "la rendicontazione extracontabile dei contrassegni è stata aggiornata costantemente fino alla cessata attività del consorzio ed al tempo nessun cliente aveva avanzato particolari contestazioni. Purtroppo la situazione storica extracontabile dei contrassegni, compresa la descrizione analitica dei singoli versamenti che venivano effettuati dal conto dedicato Unicredit risiedeva su un file molto pesante che al tempo non è stato possibile trasmettermi via Questo file era archiviato su un PC di proprietà del consorzio che a giugno 2017 è stato portato in custodia presso la De., ex socia fallita, unitamente ad altro materiale elettronico sempre di proprietà del consorzio, materiale che al tempo non avevo possibilità (spazio) per una diversa custodia: sappiamo che il curatore del fallimento De. informa di non avere in carico suddetto PC".

Quanto al patrimonio netto, il commissario, preso atto che, come già rilevato dal Revisore, alla data del 31/12/16 risultavano registrate in uscita dal capitale sociale le quote dei soci receduti, che erano state quindi girate alla voce di debito "capitale c/ rimborso", segnalava l'incongruità delle scritture relative agli anni precedenti, con conseguente sopravvalutazione del patrimonio netto. Con riferimento alle cause dell'insolvenza, il dr. Ro.Bu., intanto, riportava quanto scritto dal Ca. in una relazione a lui consegnata. L'ex rappresentante legale della società faceva presente che, fino a quando, nell'agosto 2014, il consorzio aveva lavorato in appalto dalla Sd. per la distribuzione di documentazione bancaria, le cose erano andate molto bene, nel 2013 il valore della produzione avendo raggiunto quasi i 10 milioni di Euro, mentre poi, persa la gara di appalto ed iniziata nel maggio 2015 l'era della distribuzione degli pneumatici, erano subito emerse criticità operative e finanziarie (anche con il tentativo, non andato a buon fine, di cessione di un ramo di azienda - all. 18 rel. Ro.Bu.), e la scelta dei consorziati "di abbandonare il sistema della ripartizione delle competenze fino ad allora sancito dal regolamento consortile, deliberando un sistema di remunerazione a tariffa fissa che sostanzialmente ha cominciato a produrre una perdita giornaliera media pari ad almeno 100 Euro al giorno a partire dall'1/1/2017", assieme a concause di natura finanziaria, aveva portato alla cessazione dell'attività a partire dal 23/6/17. Quindi, richiamate pure le considerazioni sul punto del Revisore, concludeva che già nell'anno 2016 (prolungatosi poi per pochi mesi nel 2017) si era in presenza e di una crisi economica (dovuta a vari fattori, quali i costi per servizi significativamente superiori ai ricavi ottenuti ma anche la svalutazione di fatture da emettere, iscritte nel 2016 per la significativa somma di Euro 328.728,00) e di una crisi finanziaria causata soprattutto dalla mancata rimessa dei contrassegni, aggiungendo che le perdite accumulate in tale periodo ammontavano a circa 735.000 Euro. Non mancava comunque il commissario di sottolineare che anche i bilanci depositati in precedenza, fino al 2015, andavano rivisti criticamente alla luce della mancata svalutazione di certi crediti (per i dettagli, v. all. 25), della sopravvalutazione dell'attivo immobilizzato (leggi: fattura capitalizzata nell'anno 2011 sotto la voce "avviamento") e della errata contabilizzazione del patrimonio netto (mancata operazione di giroconto a debito delle quote dei soci receduti).

2. Esaminato in dibattimento dal p.m., il dr. Ro.Bu., per il resto confermando quanto scritto in relazione, chiarito che, dal punto di vista formale, le scritture contabili erano complete e dato atto che il Ca., aperta la procedura concorsuale, fu con lui collaborativo, ha ribadito l'impossibilità di ricostruire il flusso contabile relativo ai contrassegni. Il Ca. gli consegnò dei riepiloghi settimanali delle prestazioni eseguite dai consorziati (o dai terzi) ma erano del tutto parziali e comunque rappresentavano documentazione extracontabile, cioè estranea a quella ufficiale tenuta dal rag. Mo. e gestita presso la consorziata De.Ri. da un'impiegata che settimanalmente aggiornava un apposito file tramite un pc, poi però non rinvenuto dal curatore della De.Ri. Quelli che secondo la contabilità dovevano essere debiti dei consorziati nei confronti della Ne. non trovarono alcun riscontro, né risultò che il Consorzio in qualche occasione avesse esercitato azioni legali verso i presunti debitori. A parere del commissario, il patrimonio netto era negativo sin dal 2011 ma la situazione si aggravò negli anni, fino ad arrivare nel 2017 a raggiungere il dato negativo di Euro 967.310,00. Riguardo alla vicenda di cui al capo b) di rubrica, il teste ha poi ricordato che dalla contabilità generale risultava effettivamente l'emissione da parte di Ne. di una fattura (in esenzione i.v.a.) per circa 41.000 Euro (corrispondente alla somma incassata dalla Va. s.r.l.s. in forma di contrassegni non riversati alla Ne.) a compensazione di un suo debito nei confronti della consorziata per prestazione di servizi dalla stessa effettuati.

Ha poi dato atto di finanziamenti concessi alla Ne. nel 2017 da Ba.In. e da Mp. rispettivamente per circa 150.000 e 130.000 Euro.

In sede di controesame condotto dalla difesa, il commissario ha anzitutto specificato che la suddetta compensazione con la Va. ebbe luogo il 31/12/2016.

In secondo luogo, ha dichiarato che la circostanza che nel corso delle revisioni ordinarie precedenti non vennero mai riscontrate problematiche come quelle evidenziate dal dr. Re. è irrilevante, spiegato, da un lato, che di norma il Revisore non fa un'analisi di vera e propria revisione contabile che interessi la correttezza delle cifre appostate in bilancio e, dall'altro, che, nel caso specifico, il dr. Re. andò oltre, riconoscendo ad un certo punto una vera crisi finanziaria dell'ente sottoposto a controllo che evidentemente prima non c'era.

Richiestogli allora di spiegare le ragioni della sua datazione al 2011 dello stato di insolvenza della società, il teste ha richiamato il suo allegato 26 (concernente la corretta contabilizzazione dei crediti, la posta dell'avviamento ecc.) e, però, ha riconosciuto che la grandissima parte dei crediti considerati avrebbe dovuto essere svalutata dal 2015 in poi.

In relazione ai fatti di cui al capo c), egli ha chiarito che il finanziamento da parte di Ba.In. venne concesso alla Nec nel 2015 e nel 2017 venne posto in essere un atto integrativo, dopo il versamento da parte del Ca., a titolo personale, di circa 41.000 Euro.

Ancora in tema di contrassegni, ha riferito che in contabilità generale vi era un unico conto indistinto che non consentiva di ricostruire i movimenti relativi ai singoli consorziati; neppure il Ca. ci riuscì collaborando con lui.

2.1. Il mar. della GdF A.Da., in ordine ai crediti della Ne. risultanti dalla contabilità generale (in teoria molto significativi, in quanto ammontanti a circa 1.700.000 Euro), ha ricordato che gli stessi non trovarono adeguati riscontri.

Quanto alla BTT s.r.l., ad esempio, fatti i debiti accertamenti assieme al curatore di tale società fallita, il dr. Ro.De., si appurò che era quest'ultima a trovarsi in posizione creditoria nei confronti della Ne. e non il contrario. Stessa cosa avvenne per la Ro. s.r.l. (curatrice la dr.ssa Ma.Be.). Nei rapporti con la Va., poi, si rilevò la presenza della fattura già sopra citata emessa dalla Ne. "a compensazione su vostre competenze come da regolamento consortile", della quale si rinvenne traccia anche nella documentazione acquisita presso altra impresa consorziata, la Ev. s.r.l., precisamente in uno dei prospetti riepilogativi (formati in file Excel) che la stessa Ne. inviava a tutti i consorziati a fini di trasparenza. Anomalie contabili si scoprirono altresì nei rapporti con la Id. s.r.l.

In merito al finanziamento richiesto a Ba.In. ed ai dubbi di liceità che ad un certo punto nutrirono gli organi inquirenti su un pagamento eseguito in favore dell'ente creditore (poteva trattarsi in astratto di un'altra ipotesi di bancarotta preferenziale), il teste ha confermato che il versamento venne eseguito dal Ca. con denaro prelevato da un conto personale; benché espressamente richiesto, egli non ha saputo però indicare quando venne stipulato il contratto di mutuo.

2.2. Do.Bu. (curatrice del Fallimento De.Ri., dichiarato nel febbraio 2018), premesso che anche le scritture contabili di questa società erano inattendibili, ha spiegato che in effetti ha dovuto confrontarsi e collaborare intensamente col commissario liquidatore della Nec per cercare di arrivare ad un punto di conciliazione, atteso che risultavano nelle due contabilità posizioni di credito/debito diametralmente opposte. Alla fine, il Fallimento De.Ri. si insinuò al passivo della Nec per circa 158.000 Euro.

Ha chiarito poi che, una volta nominata curatrice, rinvenne davvero pochi beni della fallita, anche perché (evidentemente prima dell'apertura della procedura concorsuale) la maggior parte di essi, fra cui pure due PC, era stata venduta all'asta nell'ambito di procedure esecutive individuali. Ha infine aggiunto che, personalmente, non ha avuto alcuna evidenza della gestione dei contrassegni e i documenti contabili a sua disposizione si trovavano oggettivamente in uno stato disastroso, all'interno di scatoloni umidi riposti in un capannone.

2.3. Gi.Ro. (già legale rappresentante della Va.), rammentato il meccanismo originario dei pagamenti in contrassegno da parte dei destinatari finali della merce e il versamento, da parte sua, delle somme in contanti su un conto della Ne. aperto presso la Unicredit ovvero l'invio presso gli uffici della Ne. degli assegni consegnatigli, ha riferito che, nel momento in cui tale società iniziò a non pagare le prestazioni eseguite dalla Va., si accordò con il Ca. per trattenere le somme ricevute dai clienti in contrassegno per poi procedere a compensazione con in crediti maturati nei confronti del Consorzio, il quale, in effetti, ad un certo punto, emise quella "nota" di 41.000 Euro e rotti.

2.4. Gi.Po. (ex socio della Id. s.r.l., società non consorziata ma terza incaricata del trasporto e distribuzione degli pneumatici per conto della Ne.) ha detto che le somme ricevute dai clienti venivano consegnate alla Ne. presso gli uffici che questa aveva in Mignagola di Carbonera.

2.5. Ro.Ce. (ex amministratore della Fa. s.r.l., società consorziata) ha ricordato che la Ne. inviava a tutti i consorziati una specie di report riguardante la gestione dei contrassegni.

2.6. Sottoposto ad esame, il Ca. ha in primis riconosciuto che, in relazione alla gestione dei contrassegni, fin dalla sua nascita, il Consorzio ebbe sempre una contabilità a latere di quella ufficiale, invece tenuta dal rag. Mo.. E ciò perché, trattandosi in sostanza di partite di giro, nel senso che il denaro che i vettori consorziati o terzi ricevevano dai destinatari finali degli pneumatici doveva essere riversato tramite la Nec ai committenti, si voleva evitare di far apparire un volume di affari più grande di quello che il Consorzio produceva. Il Mo. era al corrente di tale meccanismo e con lui si cercava di far conciliare i dati contabili discordanti, benché in realtà l'operazione risultasse sempre assai problematica. Tutto sommato, però, ha aggiunto l'imputato, si trattava di poca cosa rispetto "al disavanzo" alla fine maturato.

Il Ca. ha poi assunto che la compensazione fra crediti e debiti nei rapporti fra la Nec e i consorziati era prevista nel Regolamento interno e ha contestato quanto sostenuto dai consorziati, ossia che il trattenimento dei contrassegni da parte loro fu conseguenza degli inadempimenti contrattuali della Ne. che non pagava le loro prestazioni di servizi, rilevando che in diversi modi e tempi ebbe a contestare alle imprese consorziate questa pratica. Comunque, settimanalmente, contenuto in un file excel, faceva mandare loro un report rappresentativo delle singole situazioni di credito/debito dalle sig.re Te.Za. e Mo.Ba., dipendenti della consorziata De.Ri., a cui era stato demandato questo compito, non avendo la Ne. dipendenti. Tale documentazione, alla fine, non venne rinvenuta in quanto presente in un PC della De.Ri. venduto all'asta, assieme ad altri beni, nel corso di procedure esecutive individuali, prima della dichiarazione di fallimento della società. Ad ogni modo, il meccanismo di contabilizzazione dei contrassegni, pur separato da quello ufficiale, si inceppò, generando confusione, solo allorché i consorziati iniziarono a non versare più alla Ne. le somme ricevute dai destinatari finali della merce.

Ricordato poi che e nel 2013 e nel 2015 il Consorzio procedette a due aumenti di capitale, ha esposto che il finanziamento della Ba.In. fu concesso verso la fine del 2015/inizio 2016 e che non procedette alla svalutazione dei crediti perché venne a conoscenza tardivamente della situazione di insolvenza dei debitori. Ha da ultimo spiegato che quello che, secondo il mar. A.Da., sarebbe un riscontro (scoperto presso la sede della Ev.) della fattura emessa nei confronti della Va. s.r.l., tale non è in quanto lì venne rinvenuto un documento riferito ad altra società, la Va..

2.7. Mi.Mo. (presidente della soc. coop. Co., tenutaria della contabilità della Ne. sin dalla nascita) ha confermato che non si occupava lui della gestione dei contrassegni e che, ogni anno, in sede di redazione di bilancio, il Ca. semplicemente lo informava delle vicende concernenti appunto i rapporti con i vettori consorziati e i committenti, e assieme cercavano in qualche modo di far quadrare i conti: l'operazione era tutt'altro che semplice, c'era della confusione anche perché il Consorzio operava delle compensazioni e, soprattutto, verso la fine emersero diverse criticità.

A suo parere, l'iscrizione contabile come immobilizzazione materiale della fattura c.d. di Avviamento emessa dalla Fr. era astrattamente corretta ed era stato previsto un ammortamento in diciotto anni. Se non si svalutarono dei crediti, fu perché, evidentemente, il Ca. li aveva ritenuti ancora esigibili. L'ultimo bilancio approvato fu quello relativo al 2015. Il termine ordinario per approvare quello relativo al 2016 era il 30/4/17.

2.8. Mo.Ba. e Te.Za. erano le dipendenti della De.Ri., addette, per conto della Ne., alla gestione dei contrassegni. Invero, la Ba. si occupava essenzialmente della parte operativa dei trasporti, mentre la Za. della parte amministrativa. Effettivamente quest'ultima, in un file Excel, teneva aggiornate le posizioni dei consorziati in relazione alle consegne gravate da contrassegni, settimanalmente ne comunicava i dati a tutti e si interfacciava direttamente col Ca.. L'ufficio si trovava a Padova e qui arrivavano le rimesse in contanti o mediante assegni delle somme incassate dai destinatari finali della merce. Il PC di cui si serviva rimase in ufficio fino a quando non si aprì la procedura concorsuale. La Za. non interloquì mai col rag. Mo., che proprio non conosceva.

3. Queste le risultanze dell'istruttoria dibattimentale, ritiene il Tribunale che essa, come si anticipava all'inizio, abbia certamente restituito prova della responsabilità dell'imputato in relazione ai primi tre reati di cui in rubrica.

3.1. Iniziando da quello sub a), deve osservarsi innanzitutto che il core business della Ne., se non addirittura l'unica, sua effettiva attività aziendale, era costituito dal trasporto su strada, distribuzione e consegna, dapprima, fino al 2014 ed in appalto da Sd., di documentazione bancaria e, in seguito, di pneumatici. Ebbene, proprio in relazione a tale attività - che rifletteva i rapporti tanto con i fornitori quanto con i consorziati (ovvero con altri trasportatori, soggetti terzi alla società) quanto infine con i clienti destinatari della merce e assorbiva di fatto l'intero oggetto sociale - la Nec (e dunque il Ca., quale presidente del Consiglio di Amministrazione e, pacificamente, unico, vero dominus della società) sin dall'inizio aveva scelto di creare e gestire una contabilità separata da quella ufficiale, invece tenuta dal rag. Mo., almeno da un certo momento in poi affidando l'incarico di seguirla ed aggiornarla settimanalmente in un mero file Excel alla sig.ra Za., dipendente della De.Ri., una delle società consorziate (al riguardo, sulla base della deposizione della Za. e della curatrice del Fallimento De.Ri., D.Bu., si può ritenere sufficientemente provato che il mancato ritrovamento di tale documentazione fu dovuto alla vendita all'asta, prima della dichiarazione di fallimento e nell'ambito di procedure esecutive individuali, di tutti i beni della fallita e, pertanto, pure dei PC in cui erano conservate le evidenze della descritta gestione extracontabile dell'attività sociale). Sennonché, come è emerso dalla deposizione del rag. Mo. e come ammesso dallo stesso Ca., quando i due annualmente si incontravano per la redazione del bilancio, "i conti non tornavano mai" e, in forza di indicazioni espressamente fornite dall'imputato, si cercava alla bell'e meglio di conciliare dati e cifre, senza peraltro riuscirci e lasciando importanti problematiche irrisolte, dal momento che "le posizioni dei clienti erano quasi sempre contaminate dalle posizioni debitorie per note di addebito e contrassegni non restituiti" e perché il Consorzio operava altresì varie compensazioni nei confronti dei consorziati (v. all. 16 alla rel. Ro.Bu.). Non a caso (v. dep. del mar. della GdF A.Da.), molte posizioni che apparivano a credito della Nec risultarono poi debitorie (per tutte, leggi vicenda Bt. o De.Ri.).

A ciò si aggiungevano: a) una sopravvalutazione dell'attivo immobilizzato, atteso che la Ne., nel corso dell'esercizio 2011, aveva erroneamente capitalizzato, sotto la voce avviamento, la fattura del 31/1/2011 emessa da Fr. s.r.l. per l'importo di Euro 66.400,00, più i.v.a., che invece andava appostata fra i costi (v. rel. Ro.Bu., pp. 10 e 11), come aveva invero già segnalato il dr. Re. in sede di revisione ordinaria; b) la mancata svalutazione di crediti perché "vantati" verso società fallite o che avevano già cessato l'attività ovvero non movimentati da anni (v. all. 25 della rel. Ro.Bu.); c) una sopravvalutazione del patrimonio netto fino all'esercizio 2015 (all. 26), considerato che erano state tenute inglobate nel capitale sociale le quote dei soci frattanto receduti o esclusi per l'importo di Euro 55.600,00 (inserite fra i debiti solo dopo la diffida del revisore Re. nella situazione contabile aggiornata al 31/12/16). Senza tralasciare che l'ultimo bilancio approvato fu quello relativo all'esercizio 2015.

Tutto questo si è risolto in una incongrua tenuta dei libri e delle scritture contabili che non ha reso possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, come appurato dal commissario liquidatore Ro.Bu., ancor prima da Re. e, in realtà, riconosciuto dallo stesso Ca.. Indubitabile, quindi, la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, agevolmente riconoscibile è altresì quello soggettivo, atteso che il Ca. ha volontariamente creato una contabilità parallela a quella ufficiale tenuta dal rag. Mo., riscontrandone tra l'altro ogni anno con quest'ultimo la mancanza di chiarezza e trasparenza e aggiustando i conti come poteva con una buona dose di inventiva e creatività, ben sapendo che quanto rappresentato non fosse corrispondente alla realtà. Senza inoltre dimenticare le altre, all'evidenza, volute operazioni sui bilanci appena ricordate sub a), b) e c).

E' appena il caso di rammentare che granitico è il principio giurisprudenziale secondo cui l'elemento psicologico del reato sotto esame si atteggia in formo di dolo generico (sul punto, per tutte, cfr. Cass., Sez. 5, n. 15743 del 18/01-13/4/2023: "In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la parziale omissione del dovere annotativo, integrante la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell'art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., è punita a titolo di dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell'impresa. (In motivazione la Corte ha chiarito che l'impedimento nella ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito non rappresenta l'evento del reato, ma costituisce una peculiare modalità della condotta, che interagisce sull'elemento psicologico nella sua connotazione di dolo intenzionale); o anche Cass., Sez. 5, n. 18634 del 1/0214/4/2017: "In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), 1. fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento "ovvero" di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una "fusione" con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l'occultamento)".

3.2. Passando ora alla valutazione dei fatti decritti ai capi b) e c) di rubrica, ritiene il Tribunale necessario premettere che qualche dubbio si deve nutrire riguardo alla datazione all'anno 2011 -come determinata nell'imputazione - dello stato di insolvenza della Nec, sul cui concetto in generale pare opportuno preliminarmente qualche chiarimento.

Già secondo Cass., 30 settembre 2004, n. 19611, in (...), lo stato di insolvenza dell'impresa va inteso come "situazione (in prognosi) irreversibile, e non già come mera temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte: esso legittimamente può essere desunto, nel contesto dei vari elementi, anche dal mancato pagamento di un solo debito". Ai fini della dichiarazione di fallimento, è necessario e sufficiente, sul piano del riscontro oggettivo, l'accertamento di una situazione d'impotenza economico-patrimoniale idonea a privare il soggetto della possibilità di far fronte, con mezzi normali, ai propri debiti; accertamento, questo, ben suscettibile di esser desunto, secondo Cassazione 20 novembre 2018, n. 29913, "più che dal rapporto tra attività e passività, dalla impossibilità dell'impresa di continuare a operare proficuamente sul mercato fronteggiando con mezzi ordinari le obbligazioni. Sennonché, ammettendo che tutto ciò abbia a tradursi in una situazione in prognosi irreversibile, e non già in una mera temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte, è certo che legittimamente la situazione di irreversibilità suddetta può essere desunta, nel contesto dei vari elementi, anche dal mancato pagamento dei debiti (addirittura di un solo debito). Quel che interessa infatti è che l'inadempimento sia sintomatico di un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore, e che quindi sia oggetto di valutazione complessiva. Il riferimento alla necessità di riscontrare l'insolvenza mediante una valutazione delle condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all'esercizio di attività economiche postula semmai che il detto stato non sia escluso - per le società operative - dalla circostanza che l'attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili".

"È fuor di dubbio infatti che l'accertamento dell'insolvenza, come sopra intesa, non s'identifica in modo necessario e automatico con il mero dato contabile fornito dal raffronto tra l'attivo ed il passivo patrimoniale dell'impresa; ed è parimenti indubbio che, in presenza di un eventuale sbilancio negativo, è pur possibile che l'imprenditore continui a godere di credito e sia di fatto in condizione di soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, configurandosi l'eventuale difficoltà in cui egli versa come meramente transitoria. Al tempo stesso, ove - all'opposto - l'eccedenza di attivo dipenda dal valore di beni patrimoniali non agevolmente liquidabili, o la cui liquidazione risulterebbe incompatibile con la permanenza dell'impresa sul mercato e con il puntuale adempimento di obbligazioni già contratte, il presupposto dell'insolvenza può esser egualmente riscontrato. Nondimeno, è un fatto logicamente incontrovertibile che l'eventuale eccedenza del passivo sull'attivo patrimoniale costituisce, pur sempre, e nella maggior parte dei casi, uno dei tipici "fatti esteriori" che dimostrano l'impotenza dell'imprenditore a soddisfare le proprie obbligazioni". Diverso invece il concetto di dissesto che, secondo la giurisprudenza, invece, "sarebbe il disordine difficilmente sanabile nell'attività della società (..), non tanto una condizione di generico disordine (della stessa), quanto una situazione di squilibrio economico patrimoniale progressivo ed ingravescente, che, se non fronteggiata con opportuni provvedimenti o con la presa d'atto dell'impossibilità di proseguire l'attività, può comportare l'aggravamento inarrestabile della situazione debitoria, con conseguente incremento del danno che l'inevitabile, e non evitata, insolvenza finisce per procurare alla massa dei creditori" (così Cass. Pen., Sez. V, 26 agosto 2011 n. 32899, in CED Cass. Pen., rv. 250934).

In realtà, da questa sentenza pare che il dissesto (come l'insolvenza, del resto) sia nozione rientrante nel più ampio genus della crisi, ancorché denoti - rispetto a quest'ultima - una situazione più pregnante e più prossima alla (quasi certa) insolvenza. Il dissesto, in definitiva, può coincidere al massimo con la insolvenza prospettica, ancorché non si identifichi (ancora) con l'insolvenza vera e propria.

Ciò posto e riprendendo il discorso prima cominciato sulla datazione dell'insolvenza della Ne., non si ritiene allora sufficientemente provato che in tale stato la società consortile si trovasse già nell'anno 2011, e ciò perché: 1) costituisce circostanza alquanto pacifica in causa (allegata dal Ca. e confermata dal Ro.Bu.) che, fino all'agosto 2014, ossia fino a quando il consorzio ebbe la commessa dalla Sd. per la distribuzione e consegna di documentazione bancaria, le cose andarono alquanto bene e non vi erano segni di squilibrio finanziario; 2) il dr. Ro.Bu., in dibattimento, ha riconosciuto che la gran parte dei presunti crediti andava svalutata dall'anno 2015 in poi; 3) egli inoltre, pur rimarcando l'assoluta irrilevanza dell'assenza di rilievi durane le revisioni ordinarie precedenti, ha sottolineato che il dr. Re. fu il primo a ravvisare una vera e propria crisi finanziaria per l'anno 2016.

Ad avviso del Tribunale, allora - utilizzando una buona dose di prudenza, non disgiunta però dalla realtà dei fatti come sopra descritta - se l'anno 2015 è stato lo spartiacque, anche operativo, della vita aziendale (con una nota integrativa al Bilancio chiuso il 31/12/15 rappresentativa di una riduzione del 50% e dei ricavi e dei costi, a fronte di un significativo incremento degli interessi passivi, addirittura del doppio quelli bancari, e quindi già di un netto peggioramento della situazione finanziaria: ricorda rel. Re.), dopo che il 12/8/14 era stato deliberato lo stato di crisi aziendale dall'assemblea dei soci (decidendo altresì di non restituire le quote ai soci receduti), il 2016 ha segnato irrimediabilmente la crisi dell'impresa, ha fatto emergere immediatamente ed incontrovertibilmente il dissesto economico già in corpo e la perdita completa del capitale nonché l'incapacità della Ne. di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, tanto più che, dopo pochi mesi, la società avrebbe cessato definitivamente ogni attività.

In tale contesto va pertanto calata e valutata, intanto, la condotta dell'amministratore di cui al capo b).

Certo che la compensazione costituisce un modo ordinario di estinzione dell'obbligazione (pur diverso dall'adempimento) e che di essa ve n'era previsione come tale anche nel Regolamento del Consorzio, ben altro è però l'azione posta in essere dal Ca., atteso che il pagamento del credito di Euro 41.588,46 alla Va., per le prestazioni dalla stessa eseguite quale trasportatrice degli pneumatici, mediante compensazione del corrispondente proprio credito derivante dalla mancata ricezione dei contrassegni, fu operazione effettuata nel bel mezzo della situazione economico-finanziaria appena riportata, della quale l'imputato era a piena conoscenza, con ovvio, riverbero negativo e pregiudizio per gli altri creditori (si noti che il passivo della Nec ammonta a oltre un milione di Euro - v. all. 18 dei doc., prodotti dal p.m. all'udienza del 19/1/23), di talché, nella fattispecie concreta sotto scrutinio, risulta integrato tanto l'elemento oggettivo del reato contestato, quanto quello psicologico, trattandosi di atto compiuto nella consapevole violazione della par condicio creditorum.

Ad avallo di quanto affermato, v. Cass., Sez. 5, n. 26412 del 26/04-8/7/2022, secondo cui "In tema di bancarotta preferenziale, la compensazione volontaria, pur consentita dagli artt. 1252 cod. civ. e 56 legge fall., può integrare il delitto di cui all'art. 216, comma 3, legge fall., nei casi in cui l'accordo sia raggiunto durante la fase di insolvenza e sia finalizzato a favorire alcuni creditori con danno per gli altri".

Analogo discorso va svolto per il reato sub c), atteso che il Ca., in rappresentanza della Ne., sulla scorta evidentemente di una documentazione contabile del tutto fasulla che nascondeva alle pp.oo. lo stato di dissesto e di insolvenza in cui versava la società, per un verso, addirittura in data 28/2/2017, richiese ed ottenne dalla Ba.In. (già Ca.Ri.) un finanziamento di 200.000 Euro, stipulando a tal fine apposito "Atto integrativo al Contratto Quadro" (v. CD prodotto dal p.m. all'udienza del 13/10/22, "all. 12 - smobilizzo 200.000"), per altro verso continuò per tutto il 2017 ad utilizzare il fido sul conto corrente n. 19769.74 aperto presso il Mp. su cui confluivano anche anticipi (smobilizzi di crediti mediante Ri.), aggravando pesantemente la situazione e la negatività del saldo (v. il suddetto CD, all. 7.5. - estratto conto 2017), tanto che il Mp. fu ammesso al passivo per Euro 137.560,56 e la Ba.In. per Euro 189.466,15 (v. stato passivo, pp. 591 e ss. dei doc. prodotti dal p.m. il 13/10/22).

3.3.1 reati sotto esame, peraltro, possono unificarsi ex art. 219/2, n. 1, l. fall..

La recidiva va esclusa perché mal contestata, in quanto dal certificato del casellario giudiziale risulta che il Ca. è stato condannato una sola volta e per omicidio colposo.

Sull'aggravante di cui all'art. 219 l.f. possono considerarsi comunque prevalenti le circostanze attenuanti generiche in ragione dell'unico, anche vecchio e poco significativo precedente penale a carico dell'imputato, del rapporto di collaborazione da questi instaurato con il commissario liquidatore durante la procedura, dell'oggettiva ammissione, quantomeno parziale, dei fatti contestatigli e della circostanza che egli ha versato di tasca sua la somma di 41.000 Euro in favore della Ba.In..

4. Quanto alla pena a cui condannare l'imputato, tenuto conto degli elementi di cui all'art. 133 c.p., si stima equa quella di due anni di reclusione (pena base: tre anni di r.; ridotta di un terzo ex art. 62 bis c.p.).

Alla condanna nel merito seguono quella al pagamento delle spese processuali e quella alle pene accessorie di cui all'art. 216, ult. co., l. fall., la cui durata si stima equo determinare in due anni.

5. A diversa conclusione deve invece pervenirsi in relazione al reato sub c).

Ed invero, considerato lo "slittamento in avanti" dello squilibrio economico della società (come spiegato, all'anno 2016 e non 2011, come contestato); tenuto conto che, a fine di tale anno, era già iniziata la revisione ordinaria da parte della Regione con incarico affidato al dr. Re.; rilevato che il termine per la redazione del bilancio per l'esercizio 2016 sarebbe scaduto il 30/4/17; ecco, avuto riguardo a tali elementi, ritiene il Tribunale che la mancata, tempestiva convocazione dell'assemblea da parte del Ca. per deliberare lo scioglimento della società per perdita del capitale non fu sostenuta da colpa grave, essendosi trattato di negligenza non rimproverabile ex art. 224 l.f. Per tale ragione, l'imputato deve essere assolto da questo reato, in difetto del necessario elemento soggettivo, perché il fatto non costituisce reato.

Motivazione riservata nel termine di giorni sessanta ex art. 544, co. 3, c.p.p..


P.Q.M.

Il Tribunale di Trieste, in composizione collegiale, visti gli artt. 533, 535 c.p.p.,

DICHIARA

Ca.Ca. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi A), B) e C) di rubrica e, esclusa la contestata recidiva, riconosciuta l'aggravante di cui all'art. 219, co. 2, n. 1), l.f., riconosciute le circostanze attenuanti generiche in prevalenza su quest'ultima, lo

CONDANNA

alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; visto l'art. 216, u.c., l.f.,

DICHIARA

l'imputato inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni due;

visto l'art. 530 c.p.p.,

ASSOLVE

l'imputato dal reato di cui al capo D) di rubrica perché il fatto non costituisce reato.

Motivazione riservata in giorni 60 ex art. 544, co. 3, c.p.p..

Così deciso in Trieste il 19 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2023.


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