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Bancarotta fraudolenta: il fallito ha l'obbligo giuridico di dimostrare la destinazione data ai beni acquisiti al suo patrimonio (Tribunale Nola n. 2296/24)



1. La massima

In tema di bancarotta per distrazione, ogniqualvolta sia provato che l'imprenditore abbia avuto a sua disposizione determinati beni, qualora egli non abbia saputo rendere conto del loro mancato reperimento o dimostrarne la destinazione al soddisfacimento delle necessità dell'impresa, da tale mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della distrazione o dell'occultamento degli stessi, dal momento che il fallito ha l'obbligo giuridico di dimostrare la destinazione data ai beni acquisiti al suo patrimonio.

consulenza legale penale

2. La sentenza integrale

Svolgimento del processo

Con decreto emesso dal G.U.P., in sede in data 22.6.2021 gli imputati D.Tu., Ol.An., Ni.Da. etano rinviati a giudizio davanti a questo Tribunale per rispondere dei reati a loro rispettivamente ascritti in rubrica. In data 8.11.2021, accertata la regolarità della notifica del decreto di rinvio a giudizio nei confronti degli imputati, regolarmente citati e non comparsi senza addurre legittimo impedimento, il Collegio dichiarava l'assenza.

All'udienza del 20.10.22 il Collegio dichiarava aperto il dibattimento, ammetteva le prove orali e documentali richieste dalle parti, di poi si procedeva all'escussione del curatore fallimentare GA.Pa. nonché all'escussione del teste di PG MA.Pa., in servizio presso il Nucleo Polizia Economica Finanziaria della Guardia di Finanza di Verona; altresì erano acquisiti documentazioni (relazione ex art. 33 L.F. con allegati e sentenza di fallimento).

In data 26.01.2023, con il consenso delle parti, l'esame dell'imputato D.TU. era posticipato all'esito dell'escussione dei testi della difesa; si procedeva all'escussione del teste AL.Lu. di cui era acquisita consulenza tecnica a sua firma. All'udienza del 23.3.2023 rendeva esame l'imputato D.TU.

Revocato per superfluità il residuo teste della difesa dell'imputato D.Tu. (udienza del 15.6.2023), all'udienza del 9.11.2023 si procedeva alla rinnovazione delle formalità di apertura del dibattimento per mutamento di un componente del collegio giudicante; le parti prestavano il consenso all'utilizzabilità delle prova assunte ed era acquisita documentazione rilevante e pertinenti prodotta dal PM (estratto conto della società fallita dall'1.6.2014 al 21.12.2015, programma di liquidazione società (…), atti notarile di trasferimento immobili indicati in rubrica, relazione liquidatore in merito al giudizio di revocatoria contro la (…), relazioni periodiche e relazione ex 33 comma 5, L.); dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, il Pm rassegnava le proprie conclusioni.

In data 13.12.2023 il processo era rinviato per legittimo impedimento dell'avv.to (…). All'udienza del 20.12.2023, le difese rassegnavano le conclusioni ed il Collegio, all'esito della deliberazione avvenuta in camera di consiglio, rendeva pubblica la sentenza dando lettura del dispositivo allegato al verbale di udienza, cui fa seguito la presente motivazione.


Motivi della decisione

Alla luce delle concordanti risultanze, documentali e testimoniali, dell'istruttoria dibattimentale espletata, il Tribunale ritiene di poter pervenite, al di là di ogni ragionevole dubbio, all'affermazione di pena responsabilità di tutti gli imputati in ordine ai reati rispettivamente a loro ascritti in rubrica.

Fonti di prova sono la testimonianza resa dal curatore fallimentare GA.Pa. nonché all'escussione del teste di PG Macchia Paolo, in servizio presso il Nucleo Polizia Economica Finanziaria della Guardia di Finanza di Verona; nonché la documentazione acquisita (relazione ex alt 33 e relazioni periodiche L.F. con allegati, estratto conto della società fallita dal 1.6.2014 al 21.12.2015, programma di liquidazione società Ko., atti notarile di trasferimento immobili indicati in rubrica, relazione liquidatore in merito al giudizio di revocatoria contro la SEOA) e sentenza dichiarativa di fallimento nr. 8/18 del Tribunale di Nola - Sezione Fallimentare, da cui è emerso quanto segue.

La vicenda trae origine dalla sentenza dichiarativa di fallimento nr. 8/18 emessa dal Tribunale di Nola - Sezione Fallimentare- in data 10,1,2018, con cui era dichiarato il fallimento della (…), con sede in Cicciano alla via (…), legalmente rappresentata da D.Tu. Fr.Ag., amministratore nonché socio unico, su ricorso della (…) e della Me.

La (…), costituita in data 5.6.2012, con sede inizialmente in Oppeano (VII) alla via (…), aveva quale oggetto sociale tra l'altro l'attività di commercio all'ingrosso ed al minuto di materiale per l'edilizia in genere, con particolare riferimento alla fabbricazione di imballaggi in legno e pallets, ivi compresa plastica e polipropilene.

Orbene, in Oppeano erano presenti due diverse unità locali secondarie: una sita in San Martino Buon Albergo (VR) in via (…) e l'altra sita in Castagnaro fraz. Mena (VR) alla via (…), (cessate rispettivamente in data 3.10.2016 e 29.6.2017).

Difatti, in data 9.8.2017, la sede legale della (…) era trasferita in Cicciano alla via (…).

A far data dall'8.6.2015 (data iscrizione della nomina 4.2.2016) e fino alla data del fallimento, la società era amministrata dall'odierno imputato D.Tu., subentrato a Da.El.; costei, a sua volta, in data 26.7.2015 subentrava nel ruolo di amministratore a Gi.Ol.; quest'ultimo, amministratore dall'8.6.2012 al 2015 (cfr. deposizione curatore e visura camerale).

Passando poi alle indagini espletate dal curatore fallimentare, quanto alla verifica della regolarità delle scritture contabili, non risultava depositata alcuna documentazione contabile, né libri sociali.

La (…) aveva l'obbligo di tenere la contabilità ordinaria, quindi, tutti i libri sociali obbligatori (libro inventari, libro dei soci, libro delle delibere assembleari degli amministratoti, Registri Iva (libro acquisti, fatture e beni ammortizzabili) Presso la camera di commercio il curatore acquisiva l'ultimo bilancio depositato in data 31.2.2016 da cui emergeva che la società fosse o comunque dai bilanci apparisse-economicamente florida; altresì era rinvenuto il bilancio relativo 2015.

Invero, nel bilancio 2016 il valore della produzione era quasi di circa 4 milioni di Euro, con un utile che si aggirava intorno ai 140 mila Euro, oltre all'attivo patrimoniale di euro 1.037,00; erano altresì appostate immobilizzazioni materiali per euro 324.259,00 nonché liquidità di circa 14 mila euro.

Il curatore fallimentare ordinava alla società fallita, in persona del legale rappresentante, di depositare entro tre giorni i bilanci e le scritture contabili obbligatorie. Tuttavia il D.Tu., quale amministratore unico, non provvedeva al deposito affermando che le scritture erano andate perse. Sul punto il Tribunale evidenzia che non vi è traccia di denuncia di smarrimento delle scritture contabili.

Il mancato rinvenimento delle scritture contabili non consentiva al curatore di ricostruire il patrimonio aziendale e i movimenti degli affari della società nei mesi precedenti il fallimento nonché constatarne i motivi.

L'ammontare del passivo fallimentare è stato ricostruito - come spiegato dal curatore fallimentare - sulla base delle domande di insinuazione al passivo dei creditori nonché alla luce dell'esito delle indagini espletate presso l'anagrafe tributaria, il registro delle imprese ed il (…).

Il passivo fallimentare così ricostruito era pari ad euro 4.267.508,90, di cui 2.150.801,4 in chirografo e 2.116.707,72 in privilegio, quanto a questi ultimo soprattutto nei confronti dell'Erario (Agenzia delle Entrate) e di plurimi fornitori.

Quanto alle cause del dissesto finanziario, il curatore precisava che, oltre ai crediti nei confronti dell'Erario, la fallita aveva accumulato ingenti debiti nei confronti dei fornitori tra la primavera e l'estate dell'anno 2017.

In particolare, tutti i creditori insinuatisi al passivo fallimentare risultavano aver fornito merce nel periodo immediatamente precedente al trasferimento della sede da Verona a Cicciano.

Invero, a partire dall'aprile 2017, la (…) s.r.l. aveva provveduto in maniera sistematica ad acquistare beni da diverse società fornitrici per provvedere al pagamento soltanto delle prime rate (…), mettendo così in atto un sistematico inadempimento di tutte le obbligazioni assunte.

Nel periodo immediatamente successivo alla dichiarazione di fallimento, il curatore si recava presso la sede legale - in Cicciano a Via (…) - per redigere l'inventario, non rinvenendo in loco né una sede della società né alcun bene.

L'ispezione ipotecaria evidenziava l'assenza di beni immobili in capo alla fallita al momento della dichiarazione di fallimento.

Tuttavia, l'indagine evidenziava che in precedenza la (…) s.r.l. era stata titolare di due immobili, venduti tra il 2016 e 2017:

- l'immobile sito in Mossano, Via (…), trasferito con atto notarile dell'8.07.2016 al prezzo di 73.636,36;

- l'immobile sito in San Martino Buon Albergo, Via (…), trasferito con atto notarile del 7.02.2017 al prezzo di euro 86.363 (cfr. allegati n.15 e 16 della relazione 33 l.f.). Orbene, al momento del trasferimento degli immobili, legale rappresentate della società (…) era Ol.An. (cfr. contratti di compravendita in atti).

La (…) fino al 7/7/2016 era stata socia della (…) s.r.l.

Invero, dall'estratto conto della società fallita emergeva che nel periodo in cui la (…) era socia della (…) s.r.l., effettuava i seguenti bonifici in favore della (…) s.r.l.: euro 19.949, 25 in data 4.9.2014, euro 19.949, 25 in data 19.9.2014, euro 19.949, 25 in data 3.10.2014, euro 19.949, 25 in data 29.10.2014, euro 9969, 25 in data 28.11.2014, euro 4979,25 in data 17.12.2014, euro 2.983,25 in data 28.1.2015, euro 7979,25 in data 26.5.2015 (per finanziamento acquisto immobili), euro 7979,25 in data 2.6.2015, euro 7973, 25 in data 17.6.2015, euro 4979,25 in data 16.7.2015, euro 6975, 25 in data 28.8.2015, euro 2983,25 in data 9.9.2015, euro 6975,25 in data 24.9.2015. Si tratta di bonifici effettuati in data precedente agli atti notarili e per i quali non è emerso alcun collegamento con l'eventuale pagamento del prezzo di acquisto dei predetti immobili per cui si tratta ragionevolmente di somme erogate a titolo di finanziamento soci in virtù della partecipazione della (…) alla (…) s.r.l.

Né peraltro gli imputati mai imputati tali somme al pagamento degli immobili.

Non essendo stata rinvenuta prova del pagamento del prezzo delle compravendite (cfr. deposizione del curatore), la curatela intraprendeva una azione revocatoria fallimentare nei confronti della (…), volta a conseguire l'accertamento della natura simulata degli atti di trasferimento che avevano determinato uno svuotamento del patrimonio immobiliare della fallita.

In sede di revocatoria fallimentare, poiché la (…) aveva già trasferito ad una terza società gli immobili, a fronte del rischio di dover intraprendere revocatorie su revocatorie, la curatela fallimentare concludeva accordo transattivo (accettava la proposta transattiva formulata dalla (…) dell'importo complessivo (omnia) di euro 50.000,00 (cfr. deposizione e relazione 33 c. 5 L.F.).

Altresì, in sede di insinuazione al passivo nonché denuncia sporta dalla (…) s.p.a. era emerso che la (…) si era spogliata di numerosi beni mobili registrati, acquistati tra aprile a giugno 2017, per il cui pagamento erano stati erogati finanziamenti dall'istituto di credito. Analogamente a quanto accaduto per l'acquisto di merci, peraltro nel medesimo arco temporale, la (…) s.r.l., dopo aver provveduto al pagamento delle rate iniziali dei beni acquisitati, li aveva rinvenuti a terzi restando inadempimenti quanto al pagamento delle restanti tate. In atti peraltro manca prova del pagamento del prezzo da parte degli acquirenti dei beni mobili registrati.

In particolare la (…) s.r.l. (cfr. deposizione del teste di PG Macchia Paolo, il quale procedeva all'accertamento dei passaggi di proprietà a mezzo banca dati ACI, deposizione curatrice):

in data 23.05.2017 cedeva in favore delle società (…), con sede legale in San Martino Buon Albergo, Via (…), legalmente rappresentata dall'odierna imputata Ni., già amministratrice della (…) s.r.l. nell'anno 2015 i veicoli (…), (…) e del veicolo (…);

in data 3 luglio 2017 cedeva alla medesima (…) s.r.l. il trattore stradale targato CF058FJ ed il semirimorchio (…). Dopo pochi mesi dall'acquisto a sua volta la (…) s.r.l. cedeva i predetti veicoli a terzi; in particolare:

- il veicolo (…), acquistato in data 23.5.2017 era venduto in data 11.7.2017;

- la (…), acquistato in data 23.5.2017 era venduto in data 6.6.2017;

- il (…), acquistato in data 23.5.2017, era venduto in data 22.6.2017; - il trattore stradale, (…), acquistato in data 3.7.2017 era venduto in data 19.11.2018;

- il semirimorchio (…) acquistato in data 3.7.2017 era venduto in data 19.11.2018.

Il curatore evidenziava che la (…) S.r.l. era stata costituita nel 2016, poco tempo dopo che la Ni. fosse uscita dalla società (…).

Orbene, gli imputati D.TU., OL. e NI., rispettivamente nella veste di legali rappresentati della società venditrice, poi fallita, e delle società acquirenti dei beni, in ordine alle vendite di beni, mobili ed immobili, non hanno dato prova del pagamento del prezzo della compravendita né dagli atti è emersa alcuna prova in tal senso. Infine, il teste di PG (…) riferiva altresì che, alla luce di indagini espletate da altro ufficio, per l'anno d'imposta 2016 era stata contestata alla (…) s.r.l. ai fini delle imposte dirette l'omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, con l'omissione di dichiarazione di elementi positivi di reddito pari a 3.818.259,00 Euro e conseguente Iva evasa pari a Euro 750,649 e ai fini Irap imposta pari a Euro 189.767,47. In data 30.1.2018 il curatore procedeva ad interrogare D.TU. il quale riferiva che poiché gli affari non andavano bene aveva deciso, insieme ad un imprenditore del posto- di cui non ricordava il nome - di trasferire la sede da Verona a Cicciano; dopo il trasferimento, pur rimanendo legale rappresentante, era stato l'imprenditore della zona ad occuparsi della società.

Per maggiore chiarezza si riportano le dichiarazioni rese dal D.Tu. al curatore: "sorto amministratore dal settembre del 2015, l'attività veniva svolta in prima persona da me che mi occupavo della gestione dei rapporti con i clienti e con i fornitori e caricavo anche la merce per le consegne. Non ricordo quale fosse la catena degli approvvigionamenti e, precisamente, non ricordo quali siano fornitori della società (…); preciso che la società commerciava in legno e pellet, in massima parte acquistato all'estero. La sede legale della società è stata trasferita da Oppiano (VR) a Cicciano (NA) su consiglio di un imprenditore, di cui non ricordo il nome, visto che a Verona gli affari non andavano bene. In verità, è stato lui a trovare la sede legale di via (…), ma io non ci sono mai stato, perché dovevo venire con lui ma ne ho perso le tracce, pertanto mai sono stati collocati beni strumentali o merci presso questa sede la società occupava a (…), un capannone di circa 400 mq, oltre il piangale, per un totale di 3000 mq e di cui non ricordo chi fosse il locatore; preciso che il canone di locatone era di euro 600 mensili e che non è stato corrisposto alcun deposito cauzionale. Il detto immobile è stato liberato e, da riscontro effettuato, alcun bene della fallita è più nel locale preciso che non ho mai avuto alcun rapporto con la precedente compagine sociale della (…), né con gli amministratori precedenti, nè con i soci precedenti, se non per la cessione delle quote. Non ho mai acquistato quote da altre società".

-In inerito agli istituti di credito con i quali la fallita ha intrattenuto rapporti, il sig. D.Tu. dichiarava quanto segue.

"la società aveva rapporti con la (…), sede di Verona. Preciso che il conto corrente è stato aperto direttamente da me e da me è stato sempre gestito; ad oggi, il saldo è pari a zero e le ultime movimentazioni sono relative al mese di giugno 2017. Sebbene l'attività fosse da me svolta a Mena (Castagnaro), ogni settimana salivo a Verona per versare gli assegni ed effettuare le operazioni bancarie". In merito alla forza lavoro occupata nello svolgimento dell'attività della (…), il D.Tu. dichiarava quanto segue.

"Oltre alla segretaria Di., di cui non ricordo il cognome, vi era un magazziniere di nome Gi., di cui non ricordo il cognome ed un camionista di nome Da., di cui non ricordo il cognome. Preciso che alcuna mensilità arretrata deve essere corrisposta ai citati dipendenti ma, probabilmente, solo il (…) rapporto di lavoro sarebbe, di fatto, cessato a maggio-giugno del 2017, stesso periodo in cui ho cessato ogni attività.

Sulle cause del dissesto, il D.Tu. dichiarava quanto segue.

"la società importava merce dall'estero ed acquistava anche da fornitori italiani e vendeva esclusivamente all'ingrosso. Mi riservo di produrre la necessaria documentazione. La merce veniva consegnata direttamente l'azienda. L'azienda svolgeva regolarmente la propria attività con i giusti margini di vendita, tuttavia, la sofferenza è stata determinata da problemi di carattere personale e, precisamente, vizi di gioco Sull'aumento di capitale sociale deliberato nell'anno 2015/2016 il D.Tu. dichiarava:

"non ricordo come sta stato effettuato l'incremento del capitale sociale dall'anno 2015 al 2016 che da euro 10.00 0 è passato ad euro 200.000,00 e non ricordo come mai ci sia stato un incremento della voce "altre riserve" che da 111.131,00 è passata euro 227.278,00."

Sull'acquisto da parte dello stesso delle quote dell'intero capitale della (…) e sui rapporti con la (…), il D.Tu. dichiarava:

"non ricordo chi mi ha venduto le quote e chi fosse il procuratore o il legale rappresentante della società svizzera, nè davanti a quale notaio è stato effettuato l'atto. Non ricordo il corrispettivo pagato. La società era proprietaria di un appartamento che poi è stato venduto ma non ricordo quando, a chi e per quale importo.

Ad oggi, la società non è proprietaria di alcun bene immobile né mobile registrato preciso che non ho mai avuto alcun rapporto con la precedente compagine sociale della (…), né con gli amministratori precedenti, nè con i soci precedenti, se non per la cessione delle quote" -Sulla mancata consegna delle scritture contabili, il D.Tu. dichiarava "nonostante abbia ricevuto l'invito della Curatela, a (…) a consegnare le scritture contabili obbligatorie della società degli ultimi tre anni, con l'elenco dei creditori e dei debitori, non ho potuto ottemperare atteso che ho perso tutto. Preciso che tutte le scritture e i documenti le ho lasciate negli uffici del capannone di (…) dove ho constatato che ad oggi non vi è più nulla. Mi riservo e mi impegno a procurare quanto prima la suddetta documentazione. Non ricordo il nome del commercialista che seguiva la società, mi riservo di fornirne i dati. L'ultimo bilancio approvato è quello al 31.12.2016, non sono in grado di fornire una situazione patrimoniale aggiornata alla data del fallimento poiché sono amministratore dal settembre del 2015, credo di aver approvato anche il bilancio dell'anno 2015".

Sull'eventuale esistenza di beni strumentali, giacenze di cassa, rimanenze e crediti, il D.Tu. dichiarava:

"dichiaro che ad oggi la fallita non svolge alcuna attività ed alcun deposito o ufficio è occupato dalla stessa, alcun bene mobile, immobile o bene mobile registrato ed alcuna rimanenza di merce deve essere appresa alla massa fallimentare. Non sono in possesso di alcuna giacenza di cassa, non ho effetti attivi o assegni da incassare a nome della società, non ci sono crediti da incassare e alcuna azione esecutiva o di recupero è stata posta in essere non so precisare la voce "B 11" dello stato patrimoniale relativa alle immobilizzazioni materiali appostata per euro 324.259,00 nel bilancio dell'esercizio 2016. Preciso che gli unici beni della fallita erano un camion (…), venduto nel luglio 2017, di cui non ho più alcuna documentatone; vi erano arredi e computer vecchi che ho smaltito e di cui non ho alcuna documentazione non vi è alcuna rimanenza di merce; non ricordo come siano state vendute le merci in rimanenza di cui alla voce "CI" del bilancio 2016, in euro 118.213,00 non ricordo i crediti appostati nel bilancio 2016 per euro 574.973,00 a cosa siano relativi, nè se gli stessi siano stati regolarmente incassati. Preciso che alcuna azione di recupero o altro tipo di giudico è in corso a nome della società, né alcun legale ha ricevuto mandato per il recupero dei crediti non vi sono assegni o cambiali di terzi in mio possesso, ha cassa della fallita è pari a zero.

Quanto alla utilizzabilità del verbale di interrogatorio reso dal fallito si aderisce all'ormai consolidato orientamento secondo cui " Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'art. 63, comma 2, cod. proc. pen., che prevede l'inutibilità delle dichiarazioni rese all'autorità già dipana o alla polizia giudicarla, in quanto il curatore non rientra tra dette categorie di soggetti e la sua attività non è riconducibile alla previsione di cui all'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. che concerne le attività ispettive e di vigilanza. (In motivazione, la Corte ha chiarito che le relazioni del curatore costituiscono prova documentale qualsiasi sia il loro contenuto e legittimamente sono inserite nel fascicolo processuale)" (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 12338 del 30/11/2017 Ud. (dep. 16/03/2018) Rv. 272664 - 01).

Nel corso dell'esame reso in dibattimento, l'imputato D.TU., premesso di essere stato amministratore legale della società, ammetteva che nel periodo antecedente alla rilevazione della società avesse avuto rapporti con Ol.Gi., primo amministratore, sia con tale An., anch'essa amministratrice, in quanto egli era stato magazziniere nonché collaboratore nel campo dell'amministrazione della (…). Riferiva di aver rilevato la società senza corrispondere alcuna somma di danaro in quanto avevano proceduto a compensazione con crediti da lui vantati nei confronti della società stessa. Dopo pochi mesi dal momento in cui era diventato amministratore della (…), si erano manifestate difficoltà economiche e, per far fronte alla crisi di liquidità e pagare i dipendenti, aveva iniziato a vendere beni ed autovetture.

Confermava di aver conosciuto - nel corso di una fiera a Verona - un imprenditore, di cui non rivelava il nome (ciò neppure in sede di interrogatorio reso al curatore) che gli aveva proposto di trasferire la sede della società al sud; ne seguiva il trasferimento della sede in Cicciano, ove invero egli non si era mai recato. Quanto agli immobili venduti, il D.Tu. faceva riferimento soltanto alla vendita di piccolo appartamento che, a suo dire, venduto al prezzo di euro 50 mila euro.

Riferiva poi che i soldi ricavati dalla vendita dei beni immobili e mobili venduti fossero confluiti sul conto della società.

In ordine ai Ebri contabili, affermava che dopo averli prelevati dal commercialista li aveva lasciati nell'ufficio della società, sito in Verona; tuttavia, allorquando era tornato, dopo diversi mesi di assenza, l'ufficio era stato svuotato di tutti i beni, probabilmente dal locatore, tra cui la documentazione contabile.

Il teste della difesa AL.Lu., consulente tecnico nominato dagli imputati Ol. e Ni., esprimeva una serie di considerazioni a sostegno dell'estraneità dei predetti imputati alla vicenda per cui è processo, evidenziando che:

essi non fossero amministratori della (…) s.r.l. al momento in cui erano stati trasferiti i beni mobili (mezzi di trasporto) e immobili;

in seguito all'azione revocatoria fallimentare intrapresa nei confronti della (…) per i due immobili acquisitati dalla (…) s.r.l., avessero raggiunto un accordo transattivo per un valore di cinquanta mila euro;

quanto alle autovetture acquistate dalla (…) s.r.l. mancasse agli atti una valutazione del valore dei veicoli al momento della vendita;

allorquando Ol. e Ni. erano amministratori la società fosse in bonis.

Sulla bancarotta fraudolenta per distrazione Nei confronti dell'imputato D.Tu., in qualità di amministratore di diritto della fallita, è contestata la fattispecie della, bancarotta fraudolenta per distrazione per avere lo stesso distratto beni mobili ed immobili della fallita meglio indicati in rubrica. In concorso con il D.Tu. sono chiamati a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione:

- Ol.An., in qualità di amministratore di fatto nonché proprietario dell'intero capitale della (…), con sede legale in Lucerna Svizzera, a cui erano alienati due beni immobili già nel patrimonio della fallita;

- Ni.Da., in qualità di rappresentante legale della "(…) s.r.l." con sede in (…), cui erano venduti diversi beni mobili registrati (n. 3 autovetture, un semirimorchio e un trattore).

In punto di diritto, quanto alla fattispecie incriminatrice di bancarotta fraudolenta per distrazione, giuridicamente apprezzabile ai fini dell'integrazione della corrispondente forma di bancarotta fraudolenta, deve intendersi qualsivoglia distacco del bene o di utilità economiche dal patrimonio dell'imprenditore o della società, con conseguente depauperamento dell'asse concorsuale.

Ed il distacco penalmente rilevante va inteso in senso non solo fisico, ma anche giuridico, come la perdita di titolarità sul bene, conseguente a qualsiasi atto negoziale di disposizione che comporti diminuzione patrimoniale od anche l'assunzione di obbligazioni volte a determinare, comunque, pur con effetti differiti, quella diminuzione, con la messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'imprenditore singolo, costituente garanzia generica del creditori, ai sensi della generale previsione dell'art. 2740 c.c., o del patrimonio della società.

L'indeterminatezza del dato normativo si spiega, agevolmente, in ragione della sua ratio, che mira essenzialmente all'obiettivo privilegiato di impedire, comunque, il depauperamento della consistenza patrimoniale e la conseguente contrazione della garanzia del ceto creditorio, in qualunque forma esse si realizzino.

Pertanto perché si configuri la distrazione occorre, come è ovvio, che l'agente abbia disponibilità del bene, in senso giuridico od anche di mero fatto.

In accordo al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di bancarotta per distrazione, ogniqualvolta sia provato che l'imprenditore abbia avuto a sua disposizione determinati beni, qualora egli non abbia saputo rendere conto del loro mancato reperimento o dimostrarne la destinazione al soddisfacimento delle necessità dell'impresa, da tale mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della distrazione o dell'occultamento degli stessi, dal momento che il fallito ha l'obbligo giuridico di dimostrare la destinazione data ai beni acquisiti al suo patrimonio (cfr. tra le altre Cass. pen., sez. V, 18.8.1993, n. 7726).

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale anche la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale (cfr. Cassazione penale, sez. V,14/05/2018, Sez. 5, n. 17965 del 22/01/2013, Varacali, Rv. 255501). Più in particolare, la Corte ha affermato che la bancarotta fraudolenta per distrazione si configura ogniqualvolta la condotta dell'imputato sia diretta ad impedire che un bene del fallito sia utilizzato per il soddisfacimento dei diritti della massa dei creditori. Un tale effetto si può produrre sia quando il bene è venduto, sia quando viene temporaneamente ceduto e io spostamento è suscettibile di recare pregiudizio ai creditori (cfr. Sez. V, 19 settembre 1995, n. 10220, ivi, n. 203006).

Va altresì osservato che "In tema di bancarotta fraudolenta, l'amministratore di diritto risponde unitamente all'amministratore di fatto per non aver impedito l'evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire; a tal fine è necessario che egli abbia avuto consapevolezza che l'amministratore effettivo distrae, dissimula o distrugge i beni sociali tuttavia allorchè un soggetto accetti il ruolo di prestanome, la sola consapevolezza che dalla propria condotta possano scaturire gli eventi tipici del reato ( dolo generico) o l'accettatone del rischio che questi si verifichimelo eventuale), possono risultare sufficienti per l'affermatone della responsabilità" (cfr. Cass. Sez. Pen. N. 7208/2006).

Venendo alle responsabilità dell'imputato D.TU., lo stesso ha rivestito la qualità di amministratore della (…) s.r.l. dall'8.9.2015 fino al 10.1.2018 - data in cui con sentenza nr. 8/18 emessa dal Tribunale di Nola - Sezione Fallimentare- era dichiarato il fallimento, e dunque nel periodo in cui, secondo il curatore fallimentare, si è formato il passivo fallimentare.

Il passivo fallimentare ricostruito soltanto grazie alle insinuazioni al passivo era pari ad euro sono 4.267.508,90, di cui 2.150.801,4 in chirografo e 2.116.707,72 in privilegio, per debiti maturati nei confronti dell'Erario (Agenzia delle Entrate) e dei fornitori. In particolare, nel periodo in cui il D.TU. era amministratore - dall'aprile 2017 all'estate 2017, allorquando quindi come dallo stesso dichiarato la società già era in una situazione di crisi economica - la (…) s.r.l. acquistava beni da svariate società provvedendo al pagamento soltanto delle prime rate, così accumulando ingenti debiti.

Tra il 2016 e 2017, D.TU. distraeva numerosi beni mediante vendite simulate con il concorso di Ol.An. e Ni.Da., rispettivamente legali rappresentati della (…) e della (…).

Orbene, la (…) s.r.l. alienava in favore della società (…) con sede legale in Lucerna-Svizzera, il cui amministratore al momento del trasferimento dei beni nonché proprietario dell'intero capitale era l'odierno imputato Ol.An. due beni immobili:

- l'immobile sito in Mossano, Via (…) trasferito con atto notarile dell'8.07.2016 al prezzo di 73.636,36;

- l'immobile sito in San Martino Buon Albergo, Via (…) trasferito con atto notarile del 7.02.2017 al prezzo di euro 86.363 (cfr. allegati n. 15 e 16 della relazione 33 l.f.).

I predetti immobili erano ceduti a terzi.

Altresì, la (…) s.r.l. cedeva numerosi beni mobili registrati alla società (…), con sede legale in San Martino Buon Albergo, Via (…), di cui era legalmente rappresentante Ni.Da., già amministratrice della (…) s.r.l. nell'anno 2015: si tratta dei veicoli (…), ceduti in data 23.05.2017) nonché del trattore stradale, targato (…) e del semirimorchio targato (…), (ceduti in data 3 luglio 2017);

La (…) s.r.l. a sua volta, dopo pochi mesi dall'acquisto, cedeva i predetti veicoli a terzi. Orbene, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, anche l'esercizio di facoltà legittime che determini la stabile fuoriuscita di un bene dal patrimonio del fallito, impedendone l'apprensione da parte degli organi del fallimento, può costituire strumento di frode in danno dei creditori, ove siano rinvenibili "indici di fraudolenza" della distrazione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 37109 del 23/06/2022 Ud. (dep. 30/09/2022) Rv. 283582 - 01. Nella fattispecie, tali indici sono stati rinvenuti nel fatto che l'imputato aveva ceduto in comodato gratuito, a prescindere da qualsiasi causa riconducibile all'oggetto sociale, un'autovettura della società a un terzo estraneo, che l'aveva successivamente ceduta ad altri). Altresì in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell'occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla condotta dell'amministratore che ometta di indicare al curatore l'esistenza, destinazione ed ubicazione di beni aziendali (nella specie rinvenuti dal curatore solo a seguito di ricerche e verifiche documentali), trattandosi di una condotta post-fallimentare intrinsecamente e concretamente pericolosa e non già di una iniziativa assunta nel corso della gestione sociale di cui si debba sindacare "ex post" la pericolosità (Sez. 5, Sentenza n. 669 del 04/10/2021 Ud. (dep. 12/01/2022), 282643 - 01).

Nel caso di specie, ritiene il Collegio che sussistano sussistono plurimi indici di fraudolenta distrazione sia quanto ai beni immobili sia quanto ai beni mobili registrati:

- in sede di interrogatorio l'amministratore D.Tu. celava al curatore le vendite di cui il curatore veniva a conoscenza in via autonoma;

- non vi è prova della effettiva corresponsione del prezzo di acquisto dei beni;

- esistono cointeressenze tra la cessionaria (…) e la (…) s.r.l. in quanto la (…) s.r.l. era legalmente rappresentata al momento della vendita dall'odierna imputata N., già rappresentante legale della fallita dal 27.6.2014 al 7.9.2015; altresì la (…) S.r.l. era stata costituita nel 2016, poco tempo dopochè Ni. usciva dalla società (…);

- esistono cointeressenze tra la cessionaria (…) e la (…) s.r.l. atteso che la società acquirente, amministrata al momento delle vendite dei beni immobili dall'odierno imputato Ol.An., fino al 7/7/2016 era stata socia della (…);

- le vendite erano effettuate nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento allorquando si formava lo stato di decozione della fallita.

E palese allora, tali essendo le risultanze istruttorie, che le predette vendite effettuate nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento, abbiano avuto una natura simulata e fossero volta alla fraudolenta distrazione in danno dei creditori di beni patrimoniali della società (…).

Questi dati sono significativi perché sintomo di un'unica programmazione volta alla realizzazione dei fatti di bancarotta.

Ebbene, alla luce di tali principi, D.TU. va ritenuto colpevole del reato a lui ascritto al capo 1 lettera a) e b) perché, oltre a rivestire consapevolmente l'incarico di amministratore di diritto, con tutti i doveri che ne conseguono, ha materialmente e consapevolmente contribuito, con condotte precise, alla realizzazione dei fatti di bancarotta in oggetto.

Del resto, anche l'avvicendarsi di diversi amministratori nella fase finale della vita dell'azienda è indice della preordinazione da parte degli imputati alla realizzazione di un piano criminoso, finalizzato alla lesione del patrimonio aziendale, alla diminuzione delle garanzie patrimoniali e ad ostacolare l'individuazione dei soggetti responsabili.

Ebbene, nel caso in esame può dirsi accertato al di là di ogni ragionevole dubbio che l'imputato D.TU. Fr.Ag., ha distratto o, se non altro, occultato il prezzo derivante dalla vendita dei beni che rientravano nella disponibilità della società, meglio indicati nell'imputazione, al fine di sottrarli alla garanzia dei creditori.

Invero, il prezzo derivante dalla vendita dei predetti beni non è stato mai reperito, né vi è traccia nelle scritture contabili che sono state sottratte; altresì D.TU. non ha fornito una valida prova della corresponsione del prezzo. Nessun dubbio può nutrirsi, inoltre, circa la ricorrenza dell'elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo generico, vale a dire dalla coscienza e volontà della condotta distrattiva, che deve essere posta in essere con la consapevolezza del depauperamento o della possibilità di depauperamento della società in pregiudizio ai creditori.

In tema di dolo nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione di beni sociali è sufficiente difatti che il soggetto abbia una consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, non essendo necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori.

E' del tutto evidente, invero, che l'imputato ha fornito il proprio contributo materiale, oltre che morale, alla distrazione dei beni di cui si è detto, o comunque del relativo controvalore, nella perfetta consapevolezza di depauperare il patrimonio sociale arrecando, in tal modo, danno ai creditori.

Parimenti devono ritenersi penalmente responsabili per i reati a loro ascritti in rubrica, i coimputati Ol.An.e Ni.Da.

Orbene, in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente "extraneus" nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella "dell'intraneus", con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori, (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 4710 del 14/10/2019 Ud. (dep. 04/02/2020) Rv. 278156 - 02; Cass. pen., Sez. V, Sent., 28/03/2023, n. 13002). Nel caso di specie, è indubbio che la condotta materiale di Ol.An. e Ni.Da., in qualità di acquirenti, abbia offerto un contributo rilevante alla realizzazione da parte dell'intraneus della condotta distrattiva. Altresì deve ritenersi sussistenza la consapevolezza da parte degli imputati che il trasferimento dei beni determinassero un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori atteso che avveniva:

- senza la corresponsione del prezzo;

- in favore di soggetti che avevano avuto rapporti pregressi con la società fallita e che a loro volta, in breve tempo cedevano i beni a terzi con l'evidente intento di rendere più difficoltoso il recupero degli stessi in sede fallimentare.

Sulla bancarotta fraudolenta documentale.

Al capo 3) della rubrica si imputa a D.TU. (…), in qualità amministratore di diritto (…) s.r.l., il delitto di cui all'art. 216 comma 1 n. 2, 219 e 223 R.D. 267/1942, per aver sottratto o comunque occultato con lo scopo di procurare a sé e ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri sociali e le scritture contabili della società fallita.

Sulla scorta delle esposte emergenze istruttorie, può dirsi accertato in modo sufficientemente univoco, che l'imputato D.TU. Fr.Ag. ha distrutto o, se non altro, occultato, in circostanze non chiarite, i libri e le scritture contabili relative alla "(…) s.r.l.", tanto che il curatore non ha potuto ricostruire l'andamento commerciale della società soprattutto con riferimento agli anni successivi al 2016, anno in cui è stato depositato l'ultimo bilancio; né tantomeno ha potuto valutare l'attendibilità dei bilanci depositati presso la camera di commercio relativi agli anni 2015 e 2016.

Era onere dell'amministratore di diritto depositare i libri contabili nonché i bilanci al momento del fallimento.

Al riguardo, giova precisare che dal punto di vista oggettivo il contestato delitto è integrato dalle condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione delle scritture contabili, precedentemente esistenti, o di omessa tenuta dall'inizio della documentazione contabile.

Pertanto, la sopravvenuta scomparsa di qualsivoglia documento contabile a totale discapito dei creditori, integra pienamente la fattispecie incriminatrice laddove, com'è noto, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall'inizio della documentazione contabile sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se e comunque certa la sussistenza di una di esse ed è inoltre acquisita la prova in capo all'imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari (cfr. Cass. Sez. V 4 maggio 2016 n. 39681).

Difatti, tali condotte sono penalmente rilevanti quando sono sorrette dal necessario dolo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori (cfr. sul punto Cass. Pen. Sez. V sentenza n. 11115 del 22/01/2015 secondo la quale "l'omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, qualora si accerti che scopo dell'omissione sia quello di recare pregiudico ai creditori"). Sul punto, come è noto, per costante giurisprudenza, l'elemento psicologico del reato di bancarotta documentale assume natura di dolo genetico; "esso, pertanto, non richiede necessariamente una finalizzatone della condotta all'intenzione di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della fallita; è, viceversa, sufficiente che l'autore del reato agisca con la consapevolezza che una determinata tenuta della contabilità possa condurre a siffatte conseguente (cfr., tra le altre, Cass. sez. V n.21872/2010).

Ebbene, nel caso di specie, alla luce degli elementi acquisiti nel corso del dibattimento, è indubbio che l'imputato D.Tu., consapevolmente, non ha tenuto correttamente le scritture contabili, ponendo in essere tale condotta al fine di impedire al curatore la ricostruzione del patrimonio della sua società e di sottrarre i beni costituenti l'attivo patrimoniale alle possibili aggressioni dei creditori, procurando così a sé un ingiusto profitto.

Fattispecie di cui all'art. 223, comma secondo, n. 2, legge fall. - Operazioni dolose.

Al capo 2), al D.Tu. si contesta il delitto p. e p. dagli arti. 223 co. 2 nr. 2, 219 L. F. (R. D. nr. 267 del 1942 e succ. mod.), perché nella qualità di amministratore di diritto della (…), attraverso operazioni dolose - concretandosi in abuso o infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta o comunque nel compimento di atti intrinsecamente pericolosi per l'andamento economico finanziario dell'impresa - cagionava il dissesto societario.

La fattispecie di fallimento determinato da operazioni dolose si distingue dalle ipotesi generali di bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui al combinato disposto degli artt. 223, comma primo, e 216, comma primo, n. 1), 1. fall., in quanto la nozione di "operazione" postula una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato, (cfr. Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010 Ud. (dep. 07/05/2010) Rv. 247314 - 01). La fattispecie di fallimento cagionato da operazioni dolose, prevista dall'art. 223, comma secondo, n. 2, legge fall., presuppone una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo, ma da un fatto di maggiore complessità strutturale, riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato e si distingue dalle ipotesi generali di bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui al combinato disposto degli artt. 223, comma primo, e 216, comma primo, n. 1), legge fall. - in cui, invece, le disposizioni di beni societari (qualificabili in termini di distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione) sono caratterizzate, secondo una valutazione "ex ante", da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata. (Sez. 5 -, Sentenza n. 12945 del 25/02/2020 Ud. (dep. 24/04/2020) Rv. 279071 - 01).

E' astrattamente configurabile il concorso materiale (e non già formale) tra bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva e bancarotta fraudolenta da operazioni dolose (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 348 del 07/12/2021 Ud. (dep. 10/01/2022) Rv. 282396 - 01, "In tema di reati fallimentari, non è configurabile il concorso formale tra i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e di bancarotta impropria da operazioni dolose, per il diverso ambito delle due fattispecie, ma il solo concorso materiale qualora, oltre alle condotte ricomprese nello specifico schema della bancarotta ex art. 216 legge fall., siano stati realizzati differenti ed autonomi comportamenti di abuso o infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta ovvero atti intrinsecamente pericolosi per l'andamento economico finanziario della società, che siano stati causa del fallimento).

In tema di bancarotta c.d. impropria, la particolare fattispecie di cui all'art. 223,2 comma legge fall., riguardante gli amministratori, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori di società fallite che hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società, si applica anche nell'ipotesi in cui la condotta di una delle anzidette persone abbia aggravato una situazione di dissesto già esistente" (cfr. Cass., Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 38177).

La locuzione "con dolo", che va intesa in conformità della nozione generale, enuclea in prima istanza la preordinazione dolosa del fallimento, ove la dolosità si concretizza appunto nella radicale situazione preordinata e si pone con condotta a forma libera, comprensiva di ogni modalità idonea. Peraltro, stante la genericità del richiamo, sono ricompresi non solo i casi di volizione diretta dell'evento, ma anche i casi di volizione indiretta o eventuale. Non sarà, però, sufficiente una condotta di distrazione, essendo questa prevista e punita nel primo comma dell'art, 223 legge fall., la figura qui all'esame richiede, infatti, un disegno più ampio del singolo atto di distrazione di attività all'economia societaria. Ed a livello soggettivo dovrà esserci, dunque, la rappresentazione del futuro fallimento, ancorché il piano criminoso non dovrà tanto ed obbligatoriamente avere come risultato 'ricercato' il fallimento della società, quanto l'accettazione dello stesso, a titolo di dolo eventuale.

La seconda ipotesi richiede, sul piano oggettivo, che il fallimento sia causato" per effetto di operazioni dolosi da intendersi, a livello generale, quali attività economiche riconducibili alle funzioni societarie espletate dai soggetti qualificati. Con la dolosità che rappresenta, per efficacemente addivenirsi ad una distinzione dalla causazione con dolo del fallimento, una modalità intrinseca delle operazioni idonee a causare l'evento fallimento, con connotazione finalistica a un tempo oggettiva e psicologica.

La giurisprudenza di legittimità, laddove assume che "trattandosi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l'onere probatorio dell'accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà dell'amministratore della complessa azione arrecante pregiudizio patrimoniale nei suoi elementi naturalistici e nel suo contrasto con i propri doveri a fronte degli interessi della società, nonché dell'astratta prevedibilità dell'evento di dissesto quale effetto dell'azione antidoverosa, non essendo invece necessarie la rappresentazione e la volontà dell'evento fallimentari" ( cfr. Cass., Sez. V, 3 aprile 2014, n. 38728). Verrebbe, quindi, ad essere sufficiente per la configurabilità del reato in questione, a livello soggettivo, "la rappresentatone dell'azione nei suoi elementi naturalistici e nel suo contrasto con i doveri propri del soggetto societario a fronte degli interessi della società" (cfr. Cass., Sez. V, 3 aprile 2014, n. 38728; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2010, n. 17690).

Invero, in tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all'art. 223, comma 2, n. 2, legge fall., possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali. (Sez. 5, Sentenza n. 24752 del 19/02/2018 Ud. (dep. 01/06/2018) Rv. 273337 - 01).

Dall'istruttoria è emerso che gli atti di gestione posti in essere dal D.Tu. hanno determinato il fallimento della società che fino all'anno 2016 appariva in bonis, almeno stando all'ultimo bilancio depositato. In particolare dall'aprile 2016 all'estate del 2017, la (…) s.r.l. acquistava da fornitori un ingente quantitativo di beni e, dopo il pagamento delle prime rate, si verificava il sistematico inadempimento delle obbligazioni contrattuali. In relazione all'anno di esercizio 2016, ometteva il pagamento dell'imposta ai fini IVA di euro 750.649,00 ed ai fini IRAP di euro 189.767,47, determinando in tal modo l'insorgenza di un consistente debito nei confronti dell'erario dovuto a sanzioni, interessi ed oneri accessori, con conseguente incapacità della predetta società di fare fronte alle proprie obbligazioni. Ne consegue nel caso di specie la penale responsabilità del D.Tu. anche per il reato contestato al capo 2) della rubrica.

1. Sul trattamento sanzionatone.

Venendo al trattamento sanzionatorio, va esclusa la recidiva contestata nei confronti degli imputati Ol.An., in quanto i precedenti da cui è gravato sono risalenti nel tempo e dunque non costituiscono sicuro indice della effettiva capacità a delinquere e di vera pericolosità sociale dell'imputato; altresì è insussistente la recidiva contestata nei confronti di Ni.Da., gravata da un mero reato contravvenzionale.

Gli imputati non appaiono meritevole della concessione delle circostanze attenuanti generiche non essendo emersi comportamenti positivamente valutabili e non essendo sufficiente il mero stato incensuratezza.

Sussiste per il D.Tu. l'aggravante contestata di cui all'art. 219 comma II n. 1) RD n.267/42, essendo state poste in essere più condotte di bancarotta nell'ambito del medesimo fallimento.

Va esclusa invece la predetta aggravante per Ol.An. e Ni.Da. avendo concorso gli stessi in una sola condotta di bancarotta nell'ambito del medesimo fallimento.

I reati contestati al D.Tu. sono certamente avvinti dal vincolo della continuazione. Pertanto, considerati i criteri di commisurazione enunciati nell'art. 133 c.p., per D.TU. appare equa la pena di anni quattro e mesi sei di reclusione così determinata: pena base anni tre di reclusione, aumentata per l'aggravante contestata ad anni tre e mesi sei di reclusione, ulteriormente aumentata ex art. 81 c.p. di anni uno di reclusione (sei mesi capo 2) e sei mesi capo 3) della rubrica) fino alla pena inflitta.

Per Ol.An. e Ni.Da., considerati i criteri di commisurazione enunciati nell'art. 133 c.p., andrà applicata, esclusa la recidiva contestata, la pena di anni tre di reclusione.

Al riconoscimento della penale responsabilità consegue la condanna al pagamento delle spese processuali nonché, ai sensi dell'art. 216 R.D. 267/42, quella dell'inabilitazione all'esercizio di imprese commerciali e dell'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni cinque per Ol.An. e Ni.Da. nonché di anni otto per D.Tu.

Altresì ai sensi dell'art. 29 c.p., va applicata al D.Tu. la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.

La complessità delle questioni trattate giustifica, ai sensi degli artt. 544 e 304 co. 1 lett. c) c.p.p., la riserva in giorni 60 per il deposito dei motivi.


P.Q.M.

Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara D.Tu. dei reati a lui ascritti in rubrica e, riuniti gli stessi nel vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara Ol.An. e Ni.Da. colpevoli del reato a loro ascritto in rubrica e, esclusa l'aggravante di cui all'art. 219 comma II n. 1 L.F. nonché la recidiva contestata, li condanna alla pena di anni tre di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letto l'art.216 R.D.267/42, dichiara gli imputi inabilitati all'esercizio di imprese commerciali ed incapaci di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di anni cinque per Ol.An. e Ni.Da. e di anni otto per D.Tu.

Letto l'art. 29 c.p. dichiara D.Tu. interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.

Letto l'art. 544, comma 3 c.p.p., fissa il termine di giorni 60 per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola il 20 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2024.


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