top of page

Calunnia: non sussiste in caso di presentazione di carta d'identità falsa per commettere una truffa


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Non integra il delitto di calunnia l'utilizzo di una carta di identità falsificata, presentata allo sportello di un istituto bancario per commettere una truffa, in quanto la fattispecie di calunnia cd. reale, consistente nel simulare a carico di qualcuno le tracce di un reato, si realizza solo nell'ambito del rapporto con l'autorità giudiziaria o con altra autorità che a quella abbia l'obbligo di riferire (Cassazione penale , sez. II , 19/06/2019 , n. 42032).

 

Vuoi saperne di più sul reato di calunnia?

Vuoi consultare altre sentenze in tema di calunnia?

 

La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. II , 19/06/2019 , n. 42032

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Monza del 13 dicembre 2016 che ha condannato i due imputati per diversi reati di truffa, ricettazione, falso e calunnia commessi in concorso tra loro, ha dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati commessi prima del (OMISSIS), esclusi i fatti di ricettazione, perchè estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando per l'effetto la pena inflitta ai due imputati e confermando le statuizioni civili in favore della parte civile V..


Si addebita ai due imputati di avere consumato diverse truffe vendendo degli iPhone inesistenti su diversi siti Internet e inducendo numerosi soggetti a pagare il corrispettivo per la vendita, senza ricevere nulla in cambio, utilizzando delle carte d'identità contraffatte, così consumando i delitti di ricettazione, sostituzione di persona e di calunnia.


2. Avverso il detto provvedimento propone ricorso, con atto sottoscritto dal proprio difensore di fiducia, l'imputata C. deducendo sette motivi di ricorso:


2.1 Inosservanza dell'art. 16 c.p.p., comma 1 laddove la sentenza afferma che la competenza territoriale appartiene al Tribunale di Monza, in quanto l'imputata ha ricevuto le carte d'identità oggetto del più grave reato di ricettazione nella sua abitazione, sita in un comune ricompreso nella provincia di Como, sicchè la competenza si radica nel Tribunale di Como.


2.2 Mancata assunzione di una prova decisiva in relazione alle richieste di perizia e violazione dell'art. 190 c.p.p. dell'art. 24 Cost. in relazione al diritto alla prova, nonchè mancanza di motivazione in merito al rigetto della richiesta di rinnovazione dibattimentale, sul rilievo che la foto apposta sulla carta di identità della signora O. non è quella della C., sicchè quest'ultima non può aver aperto dei conti correnti utilizzando la detta carta d'identità e non poteva commettere il delitto di ricettazione.


2.3 Violazione dell'art. 648 c.p. e carenza di motivazione poichè la corte considera dimostrata la contraffazione dei documenti con il consapevole contributo della ricorrente, prova che non si desume dagli atti, in quanto l'imputata poteva sospettare che i due documenti ricevuti fossero falsi, ma non che fossero provento di reato. Inoltre il reato presupposto della ricettazione sarebbe quello di appropriazione di cose smarrite che è stato abrogato con D.Lgs. luglio 2016.


2.4 Violazione dell'art. 368 c.p. e vizio di motivazione poichè il reato di calunnia contestato al capo B5 alla C. si fonda sulla supposta riconducibilità all'imputata della carta d'identità contraffatta di O.P. e sull'utilizzo di questa per aprire vari conti corrente, così simulando a carico di quest'ultima le tracce di un reato. La ricorrente tuttavia esclude la sussistenza dei presupposti del reato di calunnia, in quanto difficilmente l'utilizzo della carta d'identità intestata alla O. avrebbe consentito un suo rinvio a giudizio o l'apertura di indagini a suo carico. Manca inoltre il dolo di calunnia, poichè l'imputata non era consapevole che la sua condotta potesse avere conseguenze penali per una persona a lei estranea.


2.5 Violazione e falsa applicazione degli artt. 640 e 54 c.p. e vizio di motivazione, poichè la ricorrente si è trovata coinvolta in questa spiacevole vicenda perchè costretta dal signor I. e avrebbe dovuto ottenere il riconoscimento della scriminante dello stato di necessità, che è stata negata dalla corte con una motivazione apodittica e carente.


2.6 Violazione dell'art. 497 bis c.p. e vizio di motivazione poichè la corte si limita a affermare che la foto sulla carta d'identità della signora O. è quella della C., in assenza di adeguata prova al riguardo, non avendo disposto la perizia richiesta.


2.7 Violazione e falsa applicazione degli artt. 497 bis, 640 e 494 c.p. e carenza della motivazione poichè non vi è prova che l'imputata abbia presentato in banca la carta d'identità di un'altra persona, ad essa sostituendosi. Inoltre il delitto di sostituzione di persona dovrebbe ritenersi assorbito dal delitto di falso in carta d'identità, poichè si tratta di un unico fatto che dà luogo alla figura del reato complesso.


3.Con ricorso sottoscritto dal proprio difensore di fiducia B.C. deduce tre motivi di impugnazione:


3.1 Vizio di motivazione in merito alla sussistenza del reato di calunnia in quanto le parti offese avevano denunziato il furto o lo smarrimento del documento di identità e pertanto nei loro confronti non sarebbe mai stato possibile iniziare un procedimento penale. Anche il fatto che sulle dette carte d'identità fossero state apposte le fotografie degli imputati, previa eliminazione delle effigi originali dei titolari dei documenti stessi, esclude che si potesse procedere nei confronti degli effettivi titolari.


3.2 Violazione dell'art. 368 c.p. poichè il reato di calunnia è sostenuto dal dolo specifico e cioè la volontaria attribuzione di un fatto costituente reato a carico della persona che si sa innocente, mentre nel caso di specie l'imputato si è limitato a falsificare e utilizzare una carta d'identità intestata ad altro soggetto, sostituendosi a costui.


3.3 Vizio di motivazione in relazione agli aumenti relativi alla continuazione interna poichè gli aumenti sono stati determinati in misura superiore a quanto stabilito a carico della coimputata, alla quale tuttavia non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche.


Con memoria depositata il 6 maggio 2019 il difensore della parte civile V.M. ha chiesto la conferma della sentenza impugnata e la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali del grado.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1.I ricorsi sono fondati nei limiti che verranno esposti a breve.


2.Ricorso C..


2.1 La censura processuale è manifestamente infondata, poichè la corte di appello ha correttamente respinto l'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Monza sul rilievo che il delitto di ricettazione si è consumato in un luogo ignoto, poichè non è certo che le carte di identità siano state consegnate nell'abitazione dell'imputata, potendo essere state ricevute in qualunque altro luogo, sicchè la competenza territoriale va determinata in relazione al reato gradatamente meno grave che è quello di calunnia, consumato nel luogo in cui le carte d'identità falsamente intestate alla O., a Bi. e a S. sono state utilizzate. Il ricorrente deduce che il primo reato di calunnia si sarebbe consumato il (OMISSIS) quando la carta d'identità del Bi. è stata presentata presso un istituto bancario di Erba, sicchè la competenza andava individuata nel Tribunale di Como.


E tuttavia dalla lettura dei capi di imputazione emerge che il primo episodio di calunnia è quello contestato al capo B5 in ragion dell'utilizzo della carta d'identità di O.P., presentata il (OMISSIS) nell'istituto bancario di (OMISSIS), che ricade nel circondario del Tribunale di Monza. Deve pertanto ritenersi che la corte di appello abbia fornito al riguardo adeguata e corretta motivazione.


2.2 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile poichè la consolidata giuriprudenza di legittimità ha da tempo affermato che la perizia non può essere ritenuta prova decisiva e, nel caso in esame, i giudici di merito hanno concordemente ritenuto superfluo il detto accertamento in quanto l'effige riportata sulla carta d'identità contraffatta coincide, all'evidenza, con l'immagine della C., con l'unica particolarità che nella foto apposta sul documento contraffatto la donna indossava una parrucca bionda, rinvenuta, all'esito della perquisizione, nella vettura nella sua disponibilità.


2.3 Il terzo motivo è generico e manifestamente infondato poichè, come correttamente evidenziato dalla corte, sussiste l'elemento oggettivo della ricettazione, in quanto la carta utilizzata per la contraffazione risulta essere provento di furto o di smarrimento, e l'imputata non poteva ignorare la provenienza illecita della stessa, intestata ad altro soggetto. Irrilevante la circostanza che il reato presupposto sia stato nelle more abrogato, in quanto è noto che la ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all'art. 647 c.p. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell'oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l'eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell'art. 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa. (Sez. 2, n. 18710 del 15/12/2016 - dep. 14/04/2017, Giordano, Rv. 27022001)


2.4 Il quarto motivo di ricorso, relativo alla qualificazione giuridica della condotta ascritta all'imputata ai sensi dell'art. 368 c.p. è fondato.


Giova ricordare in questa sede che l'art. 368 c.p. punisce chiunque con denunzia, querela, richiesta o istanza anche se anonima o sotto falso nome incolpa taluno che sa essere innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato.


In forza del tenore della norma sono state tratteggiate due forme di calunnia: la calunnia diretta o formale che consiste nell'incolpare taluno pur conoscendone l'innocenza, e la calunnia materiale o indiretta che si consuma nel simulare a carico di un soggetto le tracce di un reato. Ma in entrambi i casi il delitto si realizza nel rapporto con l'autorità giudiziaria o con altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire.


Ed infatti la giurisprudenza di legittimità ha affermato che integra il delitto di calunnia la condotta oggettivamente idonea a far scattare un procedimento penale nei confronti di un soggetto, univocamente ed agevolmente individuabile, che si sa innocente, non essendo necessario che questi venga accusato esplicitamente, Ma sempre nell'ambito di denuncia presentata per contraffazione della firma non indicante esplicitamente l'autore della stessa, ma contenente elementi di univoca individuazione. (Sez. 6, n. 18987 del 14/03/2012 - dep. 17/05/2012, Nobili, Rv. 25286201).


Più recentemente in alcuni arresti di questa Suprema Corte è stato precisato che integra il delitto di calunnia anche la condotta dell'indagato, non in stato di arresto, che, fornendo false generalità alla polizia giudiziaria che procede alla sua identificazione, si attribuisca l'identità di altra persona realmente esistente (Sez. 6, n. 34101 del 24/05/2011 - dep. 15/09/2011, Foglia, Rv. 25054601), ma si tratta comunque di una dichiarazione resa in sede di identificazione ad un'autorità che ha l'obbligo di riferire a quella giudiziaria.


E' stato inoltre chiarito che per la sussistenza dell'elemento materiale del delitto di calunnia, nella forma della incolpazione c.d. reale o indiretta, è sufficiente che siano portate a conoscenza dell'autorità giudiziaria - sia con scritti che con informazioni o anche testimonianze rese nello svolgimento di un processo circostanze idonee ad indicare taluno come responsabile di un fatto costituente reato che non ha commesso. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente l'elemento materiale del reato nella produzione, in un processo per i reati di minaccia ed ingiuria, di un falso verbale di contravvenzione per violazione del codice della strada, finalizzata a dimostrare che l'imputato si trovava altrove al momento dei fatti ascrittigli e, quindi, - ad incolpare inequivocabilmente il querelante di averlo falsamente accusato). (Sez. 6, n. 10160 del 29/01/2016 - dep. 11/03/2016, Fasano e altri, Rv. 26695601).


Questa Corte ha ritenuto integrato il delitto di concorso in calunnia sia nei confronti dell'autore del reato di guida in stato di ebbrezza, privo di documenti, che aveva fornito ai verbalizzanti le generalità del fratello, sia del soggetto presente nell'auto che aveva confermato le false generalità (Sez. 6, n. 6150 del 22/01/2013 - dep. 07/02/2013, Panuccio ed altro, Rv. 25443401).


In conclusione anche la calunnia cd. reale, che consiste nel simulare a carico di qualcuno le tracce di un reato, si consuma nell'ambito del rapporto con l'autorità giudiziaria o con altra autorità che debba a questa riferire.


Nel caso in esame, invece, il reato si sarebbe realizzato attraverso l'utilizzo di una carta d'identità falsificata, presentata allo sportello di un istituto bancario al fine di commettere diverse truffe utilizzando le false generalità.


La difesa ha dedotto che non sussisterebbe il dolo di calunnia, ma ancora prima deve affermarsi che non ricorre l'elemento materiale della condotta, che consiste in una comunicazione diretta all'autorità giudiziaria o ad altra autorità che comunque ad essa deve riferire.


Per queste considerazioni la sentenza deve essere annullata relativamente alle ipotesi di calunnia addebitata ai due imputati ai capi B5, C6 e D6, perchè il fatto non sussiste, con la conseguente eliminazione della relative sanzioni, stabilite nella misura precisata nella sentenza di primo grado.


2.5 La quinta censura è inammissibile perchè non è stata dedotta con i motivi di appello ed è comunque manifestamente infondata, poichè certamente non ricorrono nella condotta della C. i presupposti dello stato di necessità, che richiede l'esistenza di un pericolo immanente e non altrimenti evitabile di un pregiudizio, elementi che la difesa neppure prospetta.


2.6 Il sesto motivo si fonda sulla presunta non riconducibilità della fotografia apposta sulla carta d'identità alla ricorrente e costituisce censura di merito che mira ad ottenere una rivalutazione in fatto che non può essere dedotta in questa sede.


2.7 Il settimo motivo è in parte generico, poichè reitera l'assunto che la fotografia riportata sulla carta d'identità della O. non ritragga la ricorrente, trascurando di confrontarsi con le argomentazioni esposte nella sentenza; in parte manifestamente infondato poichè non è vero che il reato di falsificazione di carte di identità e di sostituzione di persona non possono concorrere trattandosi di fattispecie poste a tutela di beni distinti.


E' stato precisato che il delitto di tentata sostituzione di persona non è assorbito in quello di possesso di documenti d'identità falsi, sussistendo invece concorso materiale tra i due reati, qualora l'agente, oltre ad aver esibito una carta d'identità falsificata, a richiesta degli operanti abbia declinato generalità non veritiere cercando di accreditare un'identità diversa da quella reale. (Sez. 5, n. 14350 del 23/01/2012 - dep. 16/04/2012, Manna, Rv. 25230601) Infatti, la seconda delle due disposizioni punisce il mero possesso o la fabbricazione del documento, indipendentemente dalla successiva utilizzazione, mentre la prima nel caso la sostituzione avvenga ricorrendo ad un documento di identificazione contraffatto - presuppone proprio tale utilizzazione, la quale costituisce, pertanto, un fatto ulteriore e autonomo rispetto a quello incriminato dall'art. 497 bis c.p. (Sez. 5, n. 23029 del 03/04/2017 dep. 11/05/2017, Filograsso, Rv. 27020601).


2.Ricorso B..


2.1 Il primo e il secondo motivo di ricorso riguardano la sussistenza


dell'elemento oggettivo o soggettivo del delitto di calunnia e anche se evidenziano profili in parte diversi da quelli rilevati da questa corte meritano accoglimento poichè, come già esposto, nè la condotta della C. nè quella del B. integrano il reato di calunnia loro contestato e ritenuto in sentenza.


2.2 Il terzo motivo relativo agli aumenti per continuazione è generico poichè non indica in relazione a quali dei diversi reati satellite gli aumenti di pena in continuazione siano stati determinati in misura superiore rispetto a quelli posti a carico della coimputata C., sebbene il B. abbia ottenuto le attenuanti generiche in ragione della confessione e del tentativo di risarcimento.


Non va poi trascurato che nel caso di reato continuato il giudice nel determinare gli aumenti di pena ha il più ampio potere discrezionale, nell'esercizio del quale può prendere in considerazione le caratteristiche del singolo fatto-reato isolatamente considerato, ma ben può procedere ad una valutazione globale del complesso dei fatti in continuazione,(Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996 - dep. 15/03/1996, Panigoni e altri, Rv. 20397801), sicchè le lievi differenze tra le due posizioni, limitate a pochi giorni di reclusione che trovano talvolta compensazione in una minore pena pecuniaria, appaiono frutto di una diversa ma legittima valutazione di merito, che non risulta manifestamente illogica e non può essere oggetto di censura in questa sede.


3.Nulla va disposto in merito alle spese chieste con memoria dalla parte civile V. poichè nel giudizio per cassazione l'imputato non è tenuto al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile, che, dopo avere depositato una memoria, non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza. (Sez. 5, n. 29481 del 07/05/2018 - dep. 27/06/2018; Titton e altro, Rv. 27333201;Sez. 5, n. 47553 del 18/09/2015, Giancola, Rv. 265918; Sez. 2, n. 52800 del 25/11/2016, Rosati, Rv, 268768), nè abbia altrimenti sollecitato la liquidazione delle stesse.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai delitti di calunnia di cui ai capi B5, C6, D6 perchè il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di sei mesi di reclusione ed Euro 150 di multa per C.S. e quella di mesi sette mesi sette e giorni 15 di reclusione ed Euro 75 di multa per B.C. rideterminando le rispettive pene in anni tre mesi tre di reclusione ed Euro 1650 di multa per la C. e anni due mesi sette giorni 15 di reclusione ed Euro 925 di multa per il B..


Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.


Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.


Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

bottom of page