
Con la sentenza n. 9406/2025, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che per integrare il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) non è necessaria una formale diffida del proprietario, ma è sufficiente che l’agente eserciti un potere di fatto sulla cosa altrui in contrasto con la volontà del legittimo titolare.
La decisione ha rigettato il ricorso di A., confermando la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che lo aveva condannato per appropriazione indebita aggravata, escludendo la sospensione condizionale della pena per precedenti specifici.
Il caso: appropriazione indebita di un’opera d’arte affidata in conto vendita
A., mercante d’arte e titolare della galleria A. Fine Arts, era stato condannato per appropriazione indebita (art. 646 c.p.), per aver trattenuto un dipinto di proprietà di B., ricevuto in conto vendita nel 2021, senza restituirlo né corrispondergli il ricavato della vendita.
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 18 giugno 2024, aveva confermato la condanna, rigettando le richieste della difesa di:
escludere la configurabilità del reato per mancanza di una formale diffida da parte del proprietario.
applicare la sospensione condizionale della pena, nonostante i precedenti dell’imputato.
riqualificare il fatto come inadempimento contrattuale e non come reato penale.
Il difensore di A. ha presentato ricorso per Cassazione, contestando:
L’errata configurazione del reato di appropriazione indebita
La difesa ha sostenuto che il mancato versamento della somma dovuta non equivale a un atto di appropriazione indebita, ma è riconducibile a una controversia di natura civilistica.
Non vi sarebbe stato un rifiuto esplicito di restituire l’opera, e il proprietario non aveva inviato alcuna formale diffida prima di sporgere querela.
L’errata esclusione della sospensione condizionale della pena
Secondo la difesa, i precedenti dell’imputato risalivano a oltre 10 anni prima e non erano ostativi all’applicazione della sospensione condizionale della pena.
La Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente motivato sulla pericolosità sociale dell’imputato.
La mancata riqualificazione del fatto come inadempimento contrattuale
La difesa ha eccepito che non vi era prova di una condotta dolosa fin dall’inizio della transazione, e quindi il caso doveva essere trattato in sede civile e non penale.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:
L’appropriazione indebita si configura anche senza una formale diffida del proprietario
Il reato di appropriazione indebita si consuma nel momento in cui l’agente esercita un potere di fatto sulla cosa altrui con l’intenzione di trattenerla indebitamente.
Non è necessario che il proprietario invii una diffida formale, ma è sufficiente che l’imputato abbia mostrato un rifiuto implicito alla restituzione (Cass. Sez. 2, n. 19872/2023).
Nel caso in esame, A. non aveva restituito il dipinto né versato il ricavato, trattenendolo per oltre due anni senza giustificazione.
L’esclusione della sospensione condizionale della pena è legittima in presenza di precedenti specifici
Il beneficio della sospensione condizionale può essere negato se il giudice ritiene che l’imputato non dia garanzie di astensione dal reato.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha motivato adeguatamente il diniego sulla base di precedenti specifici per reati contro il patrimonio, anche se risalenti nel tempo (Cass. Sez. 3, n. 12847/2020).
Il mancato versamento di una somma dovuta in conto vendita può integrare il reato di appropriazione indebita, se vi è dolo specifico
Non ogni inadempimento contrattuale è penalmente rilevante, ma lo diventa quando l’agente si appropria del bene o del ricavato con l’intenzione di non restituirlo.
Nel caso in esame, l’imputato aveva trattenuto l’opera d’arte senza darne giustificazione e senza fornire prova di difficoltà economiche o di un accordo con la parte offesa.
Condanna dell’imputato alle spese processuali e al risarcimento della parte civile
Poiché il ricorso era infondato, A. è stato condannato al pagamento delle spese processuali.
È stato inoltre condannato a risarcire B. per un importo di 12.500 euro, oltre accessori di legge.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in tema di appropriazione indebita e responsabilità patrimoniale:
L’appropriazione indebita si configura nel momento in cui il soggetto trattiene un bene altrui senza giustificazione, anche senza una formale diffida del proprietario.
Il mancato versamento del ricavato di un conto vendita può essere penalmente rilevante se vi è dolo specifico nell’appropriazione del bene o della somma.
L’esclusione della sospensione condizionale della pena è legittima in presenza di precedenti specifici, anche se risalenti nel tempo.
Il confine tra inadempimento contrattuale e reato di appropriazione indebita è dato dall’elemento soggettivo: se l’intenzione di trattenere il bene è presente fin dall’inizio, vi è responsabilità penale.