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Cedere quote societarie al prezzo nominale con pagamento in contanti integra il reato di bancarotta (Corte appello Napoli n.4510/22)


Bancarotta fraudolenta


La massima

In caso di operazioni societarie sospette, come la cessione delle quote sociali, l'analisi non deve limitarsi alla forma giuridica dell'operazione, ma deve estendersi alla sostanza e agli elementi circostanziali che la accompagnano.

In particolare, quando vi sono indicazioni di mancanza di trasparenza nell'operazione, quali il pagamento in contanti non tracciabile o l'assenza di adempimenti pubblicitari obbligatori, i giudici possono trarre conclusioni sulla genuinità dell'operazione stessa.



La sentenza integrale

Corte appello Napoli sez. VI, 19/04/2022, (ud. 12/04/2022, dep. 19/04/2022), n.4510

Svolgimento del processo

Gli imputati, condannati in primo grado con la sentenza innanzi indicata, hanno proposto appello per il tramite del difensore.


All'udienza odierna il processo è stato deciso in camera di consiglio, senza partecipazione del difensore, non essendo stata presentata istanza di discussione orale e di partecipazione da parte degli imputati, mediante lettura del dispositivo allegato al verbale di udienza.


Motivi della decisione

1. I giudici di primo grado sono giunti a ritenere Ga. An. e Vi. Ni. colpevoli dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale sulla base degli accertamenti compiuti dal curatore del fallimento e delle dichiarazioni rese da Ga. An. all'interrogatorio reso nel corso delle indagini preliminari (acquisito ai sensi dell'art. 513 c.p.p.).


I fatti ed il ragionamento che hanno portato i giudici a condannare gli imputati possono essere così riassunti.


- La società C. Tr. s.r.l. era stata costituita nell'anno (omissis). Il capitale sociale era detenuto da Ga. An. per il 90% e da tale Ma. Fr. per il 10%. La società aveva per oggetto il commercio all'ingrosso ed al dettaglio di pneumatici ed accessori per autoveicoli. La Ga. ne era stata nominata amministratrice.


- Nell'anno (omissis) Ga. e Ma. avevano ceduto tutte le quote di capitale sociale di loro proprietà a Vignale Ni., che era divenuto socio unico dell'ente.


- Nell'atto notarile con il quale era stata effettuata la suddetta cessione, Ga. An. aveva dichiarato di dimettersi dalla carica di amministratore. Alla dichiarazione, però, non era seguito alcun adempimento ed ella aveva formalmente continuato a rivestire la carica fino alla dichiarazione di fallimento.


- La società era stata dichiarata fallita nell'anno (omissis). Non erano state depositate le scritture contabili. L'ultimo bilancio depositato era relativo all'anno 2004. Dal medesimo risultavano giacenze di magazzino per 840.000.00 Euro circa, crediti verso clienti per 679.000.00 Euro circa, debiti verso fornitori per 1.185.000,00 circa, debiti verso soci per 141.000.00 Euro, debiti tributari per 168.000,00 Euro circa.


- Il curatore del fallimento non era riuscito a contattare la Ga.. Quest'ultima era stata reperita dalla p.g. operante su delega del P.M. e. all'interrogatorio reso nel corso delle indagini preliminari, aveva riferito di non essersi più interessata alle vicende societarie dalla cessione delle quote sociali; di aver custodito le scritture contabili relative alle annualità 2005-2006 presso il suo commercialista; di aver lasciato le rimanenze di magazzino risultanti dall'ultimo bilancio depositato presso diverse strutture dislocate sul territorio irpino.


- I giudici di primo grado hanno conseguentemente ritenuto in primo luogo provata l'esistenza delle merci, sulla base delle dichiarazioni rese dalla Ga.; quindi, la relativa distrazione, facendo applicazione dell'orientamento giurisprudenziale per il quale, dimostrata l'esistenza dei beni e constatato il mancato rinvenimento degli stessi, spetta all'imprenditore dare spiegazione della relativa destinazione, ciò che non si è verificato nel caso in esame.


- Hanno altresì ritenuto provato che la mancata consegna dei libri e delle scritture contabili da parte degli imputati fosse stata motivata dalla volontà di recare pregiudizio ai creditori e fosse riconducibile alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale. Le giustificazioni date dalla Ga. erano infatti poco credibili, non avendo la stessa indicato neppure le generalità del commercialista presso il cui studio le scritture contabili sarebbero state custodite.


- Hanno infine ritenuto che del fatto dovessero rispondere sia Vi. Ni., in qualità di amministratore di fatto della società, essendo stato socio unico della stessa dal (omissis) alla data del fallimento; sia Ga. An., in qualità di amministratore di diritto, per essersi prestata a fungere da prestanome e per non aver impedito l'evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire, accettando il rischio della relativa verificazione.


2. Avverso la condanna Vi. Ni. ha proposto appello per il tramite dell'avv. Ra. Te..


Con unico, articolato motivo di impugnazione il difensore chiede di assolvere l'imputato, in quanto non è stata raggiunta la prova che egli era stato amministratore di fatto della società fallita.


3. Avverso la condanna Ga. An. ha proposto appello per il tramite dell'avv. Gi. Ca..


Con unico, articolato motivo di impugnazione il difensore chiede di assolvere l'imputata. Evidenzia al riguardo che ella, all'atto della cessione delle quote sociali al Vi., aveva dichiarato di "dimettersi da amministratore unico della società, con effetto immediato, non avendo più alcun interesse in seguito alla cessione della sua quota" (v. atto di cessione di quote sociali allegato all'atto di appello) e all'interrogatorio reso nel corso delle indagini preliminari riferiva di essere stata dopo la suddetta cessione, indi ("ferente alla vita dell'ente. Ella, quindi, non aveva più rivestito la carica di amministratore della società.


Ad ogni modo, anche a voler ritenere non adeguatamente formalizzata la dismissione della carica di amministratore, ella era stata del tutto estranea alla gestione dell'ente dal momento della cessione delle quote sociali. Intatti, non aveva avuto alcun tipo di contatto, né con Vi., né con dipendenti e fornitori.


I giudici di primo grado, poi, hanno erroneamente ritenuto provate la distrazione delle merci e la distruzione dei libri e delle scritture contabili, in quanto l'imputata forniva adeguate giustificazioni del mancato reperimento delle une e degli altri.


4. Gli appelli sono infondati.


La sentenza impugnata contiene un'esposizione esaustiva e puntuale degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale ed una ricostruzione dell'accaduto logica ed aderente a detti elementi.


Il collegio ritiene che le valutazioni operate dai giudici di primo grado, proprio perché aderenti agli elementi di prova acquisiti ed accurate nell'individuazione del significato probatorio di questi elementi, siano pienamente condivisibili e per gran parte offrano già risposta alle critiche mosse con l'atto di impugnazione.


Alle argomentazioni spese dal giudice di primo grado vanno aggiunte le seguenti.


4.1 Occorre partire da alcuni dati certi e dal significato probatorio che gli stessi assumono.


Il primo è costituito dal fatto che non vi sono elementi per ricostruire l'attività dell'impresa oltre l'anno 2004. Infatti, l'ultimo bilancio depositato attiene a quella annualità; riguardo alle annualità 2005-2006, Ga. An. non rendeva alcuna informazione utile, limitandosi a dire che le scritture contabili erano detenute presso un commercialista non indicato; Vi. Ni., invece, nulla riferiva.


Il secondo dato è costituito dal fatto che le quote della società nell'anno 2007 erano state integralmente cedute a Vi. Ni., dietro pagamento di un corrispettivo di importo pari al valore nominale di dette quote. Il corrispettivo era stato pagato in contanti, prima della stipulazione dell'atto notarile. In occasione della cessione la Ga. aveva dichiarato di dimettersi dalla carica di amministratore. Tuttavia, a questa dichiarazione, così come alla trasformazione della società in soci età unipersonale, non era stata data alcuna pubblicità.


Il terzo dato è costituito dal fatto che alla data di chiusura del bilancio relativo all'annualità 2004 la società aveva senz'altro giacenze di magazzino per circa 840.000.00 Euro. Lo si può affermare con certezza in quanto la Ga. implicitamente ammetteva l'esistenza di queste giacenze, sostenendo che erano depositate presso non meglio indicate sedi secondarie dell'impresa.


Il quarto ed ultimo dato è costituito dal fatto che non risultano allegate o documentate consegne di scritture contabili e redazione di inventari all'atto dell'acquisizione della totalità delle quote sociali da parte di Vi. Ni..


Da questi dati può dedursi quanto segue.


a) Le giacenze di magazzino erano state oggetto di distrazione.


La società, già alla chiusura dell'esercizio 2004, era fortemente indebitata. Al contempo, però, era in possesso di un consistente quantitativo di giacenze di magazzino. L'assenza di spiegazioni circa la sorte di queste giacenze (le uniche informazioni rese al riguardo sono quelle della Ga. ed appaiono molto generiche), a fronte del forte indebitamento, induce a ritenere provato che la società era stata svuotata delle poste attive, così da sottrarre le stesse ad un destino segnato, ovvero il soddisfacimento delle pretese creditorie.


b) La prova della distrazione realizzata allo scopo di frodare i creditori della società e l'assenza di plausibili informazioni in merito (le uniche, quelle rese dalla Ga. appaiono, anche sul punto, molto generiche) porta con sé la prova dell'occultamento o della distruzione delle scritture contabili, allo scopo di nascondere la sorte delle giacenze di magazzino e di impedire la ricostruzione delle vicende societarie.


c) Non può dirsi che la Ga. avesse effettivamente dismesso la carica di amministratore della società.


La cessione delle quote sociali al Vi. era avvenuta ad un prezzo identico al valore nominale delle quote sociali. Nell'atto di cessione è scritto che era stato pagato in contanti, prima della stipulazione. L'importo del corrispettivo per la cessione ed il pagamento dello stesso con strumenti non tracciabili sono elementi che inducono a dubitare dell'effettività dell'operazione. Tanto più che l'assenza di scritture contabili per le annualità successive all'anno 2004 lascia pensare ad una gestione della società volutamente effettuata nell'ombra, allo scopo di frodare i creditori e di trarre vantaggio dalle poste attive, mediante la relativa distrazione. La cessione delle quote al Vi. appare insomma coerente con questa modalità di gestione della società, in quanto tesa a creare l'apparenza di una dismissione.


Nello stesso solco si colloca il mancato adempimento degli obblighi pubblicitari tanto delle dimissioni dalla carica di amministratore da parte della Ga., tanto della trasformazione della società in unipersonale con la concentrazione delle quote sociali in capo al Vi.. Sarebbe stato interesse della Ga. curare questi adempimenti pubblicitari se, come da lei sostenuto, dal momento della cessione non aveva più avuto a che fare con l'ente.


Sempre nello stesso solco si colloca l'assoluta mancanza di informazioni circa la sorte delle giacenze di magazzino e delle scritture contabili da parte della Ga.. Le informazioni dalla stessa rese sono estremamente generiche, non avendo ella indicato quale fosse il commercialista detentore delle scritture contabili e quali fossero le sedi secondarie ove le giacenze di magazzino erano depositate. Né avendo ella dimostrato la presa in carico tanto delle une. quanto delle altre da parte del


Vi., laddove, anche al riguardo, ella avrebbe avuto tutto l'interesse a formalizzare questi passaggi se, come da lei sostenuto, dal momento della cessione non aveva più avuto a che fare con la società fallita.


d) Vi. non può dirsi estraneo a questa operazione.


Le circostanze evidenziate dimostrano infatti che egli, lungi dal l'aver acquisito le quote sociali per effettuare un investimento, si era prestato a creare una situazione di apparente disinteresse della Ga. alla gestione della società, ormai destinata al fallimento ed utilizzata come un contenitore da svuotare in frode ai creditori. Aveva insomma concorso con la Ga. ad attuare una strategia tipica della bancarotta fraudolenta, cioè la silenziosa distrazione delle poste attive dell'impresa ed il tentativo di nascondere le responsabilità dell'amministratore.


Vi., del resto, non forniva alcuna spiegazione plausibile dell'accaduto. Valorizzare l'assenza di spiegazioni alternative plausibili non costituisce un'inversione dell'onere della prova, ma soltanto una chiave di lettura logica degli indizi gravi, precisi e concordanti rappresentati dai dati innanzi indicati. E' un'operazione legittima se sol si pensa che, a fronte del significato probatorio di detti elementi, soltanto l'imputato avrebbe potuto allegare spiegazioni idonee a confutare detto significato, rappresentando ragioni alternative a quelle desumibili dagli indizi in questione.


4.2 Va soltanto ridotta la durata delle pene accessorie inflitte agli imputati; si stima equo ed aderente alla gravità dei fatti ed alla loro personalità applicare dette pene accessorie nella stessa misura della pena principale, ovvero due anni per Ga. An. e tre anni e sei mesi per Vi. Ni.


PQM

letto l'art. 605 c.p.p., in parziale riforma della sentenza n° 2131/17 emessa in data 5.12.17 dal Tribunale di Avellino, in composizione collegiale, appellata da Ga. An. e Vi. Ni., riduce le pene accessorie dell'inabilitazione dall'esercizio di un'impresa e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa inflitte agli imputati ad anni due per Ga. An. e ad anni tre e mesi sei per Vi. Ni.. Conferma nel resto.


Così deciso in Napoli, il 12 aprile 2022


Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2022

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