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Colpa medica: Le linee guida non vincolano la libertà di scelta professionale del medico.

In tema responsabilità medica, le linee guida definite e pubblicate ai sensi dell' art. 5 legge 8 marzo 2017, n. 24 , sono raccomandazioni di ordine generale, che contengono regole cautelari di massima, flessibili e adattabili, prive di carattere precettivo, rispetto alle quali è fatta salva la libertà di scelta professionale del sanitario nel rapportarsi alla specificità del caso concreto, nelle sue molteplici varianti e peculiarità e nel rispetto della relazione terapeutica con il paziente.

Cassazione penale , sez. IV , 03/02/2022 , n. 7849

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa il 26 marzo 2021, la Corte d'appello di Torino ha confermato la condanna emessa dal Tribunale di Cuneo il 9 aprile 2019 a carico di A.M. alla pena ritenuta di giustizia e alle connesse statuizioni civili in solido con il responsabile civile Azienda Sanitaria Locale ASL (OMISSIS) - in relazione al delitto di omicidio colposo contestato come commesso in (OMISSIS) in danno di B.R.; con la stessa sentenza, la Corte torinese ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del coimputato P.G. per essere il medesimo delitto a lui ascritto estinto per morte dell'imputato, che era stato condannato dal Tribunale cuneese, al pari di B.A., che la Corte d'appello ha invece mandato assolta; era invece già stata assolta in primo grado L.N., per non aver commesso il fatto.


1.1. Brevemente riassumendo l'oggetto del processo, i fatti si collocano nella giornata del (OMISSIS) presso il reparto di ostetrica e ginecologia dell'Ospedale (OMISSIS), ove nelle prime ore della mattina B.R. si è ricoverata per partorire. Il parto avviene alle 10,24, senza particolari problemi; alle 11.10 viene praticata un'iniezione di ossitocina alla puerpera, onde favorire l'espulsione della placenta, che di regola dovrebbe avvenire entro un'ora dal parto; poiché però alle 11.20 la placenta non è ancora uscita, la d.ssa A. - ginecologa presso il reparto - e la L. - che vi presta servizio come ostetrica - iniziano ad eseguire sulla paziente due "spremiture alla Crede'"; nonostante ciò, permanendo il mancato secondamento, la d.ssa A. formula, alle 11.30, una diagnosi di "sospetta inversione del fondo uterino" e chiede l'intervento del collega Dott. P.; questi, eseguita un'ecografia, alle 11.40 conferma la diagnosi, attesta una "persistenza di perdite ematiche" e chiama un anestesista per narcotizzare la paziente, quindi completa l'estrazione della placenta con l'ausilio di una pinza tamponata e tenta manualmente di ricollocare l'utero in situ; alle 11.50 giunge l'anestesista d.ssa B. che constata lo stato di incoscienza della B. (la cui pressione è bassissima, 70/40), procede alla sedazione e somministra alla paziente due sacche di sangue O negativo, chiedendo inoltre al centro trasfusionale altre quattro sacche e plasma. Il marito della B., C.C., che era rimasto presente fino a quel momento, viene fatto allontanare. Alle 12.05 viene chiamata la d.ssa B., ginecologa che ha seguito la gravidanza della donna; costei, assieme al Dott. P., tenta di arginare l'emorragia e di interrompere la forza oppositrice dell'inversione uterina inserendo un "palloncino di Cook o di Bakri", ottenendo però un beneficio di breve durata; nel frattempo viene allertata la sala operatoria. Da quel momento in poi si cercano telefonicamente il Dott. Z., che non viene raggiunto, e il Dott. O., che si trova a Cuneo (ossia a 40 chilometri da (OMISSIS)) e viene raggiunto tra le 12.07 e le 12.10.


Alle 12.45 la paziente, intubata, è portata in sala operatoria per essere sottoposta a isterectomia totale; alle 12.50, essendo nel frattempo sopraggiunto il Dott. O., viene iniziata l'operazione. Alle 13.40, a intervento quasi ultimato, viene constatato l'arresto cardiaco e, nonostante i tentativi di rianimare la paziente, costei muore alle 14.46.


1.2. Dopo aver premesso che la linea guida considerata nel giudizio (prodotta dagli imputati) è la Linea Guida 26 - pubblicata sei mesi dopo i fatti, ma basata su leges artis già valide in quella data -, la Corte ha riassunto, in un'ampia narrativa, i contenuti salienti della sentenza di primo grado.


Invero, il Tribunale cuneese aveva constatato il mancato raggiungimento della prova che le manovre ginecologiche eseguite dalla A. e dalla L. (le c.d. spremiture alla Crede') fossero state praticate in modo improprio ed eccessivamente energico; di contro, si era ritenuto che l'isterectomia fosse stata praticata con eccessivo ritardo (con inizio alle 12.50) rispetto al momento in cui era stata accertata l'inversione del fondo uterino (11.30/11.40), date le condizioni in cui versava la paziente. Il ritardo, secondo il Tribunale, aveva avuto rilevanza eziologica sul decesso in quanto l'inversione uterina aveva provocato una massiva emorragia, dalla quale era derivato poi uno shock emorragico risultato fatale. Perciò la morte della paziente veniva ascritta alla d.ssa A. e al Dott. P., nonché alla d.ssa B., ritenuti responsabili del ritardo nell'esecuzione dell'isterectomia; mentre veniva esclusa al riguardo qualsiasi responsabilità della L..


1.3. A seguito degli appelli proposti dagli imputati e dal responsabile civile, si è instaurato il giudizio di secondo grado, nel corso del quale è stata disposta, su richiesta delle parti, una perizia affidata ai professori S.V. e D.V.G.. L'elaborato peritale è ampiamente riportato nella narrativa della sentenza d'appello; le conclusioni sono testualmente riprodotte a pagina 23 e depongono, in estrema sintesi, per la rilevabilità di negligenze e imprudenze nella fase del secondamento, tra cui ad esempio l'applicazione della ventosa "di compiacenza" per accelerare il parto, ciò che avrebbe reso necessario un management attivo del secondamento (trazione controllata del funicolo, somministrazione di uterotonici) più tempestivo rispetto a quanto fatto in concreto; tali negligenze e imprudenze, secondo i periti, predisposero all'insorgenza della CID (coagulopatia intravascolare disseminata), che rese inefficaci le cure rianimatorie e chirurgiche praticate alla paziente, sebbene i Periti non siano stati in grado di precisare se un approccio chirurgico più tempestivo avrebbe potuto evitare l'evoluzione letale. Vengono poi riportate diffusamente, nelle pagine successive, le affermazioni dei periti nel corso dell'esame in aula.


Alle pagine 32 - 33, la Corte illustra la questione delle linee guida, definite in generale come "raccomandazioni" e che non possono qualificarsi come regole cautelari a contenuto precettivo, non potendosi perciò porre un problema di determinatezza; al riguardo, mentre gli imputati hanno dichiarato di aver seguito la Linea 26 (revisione di linee guida pubblicate in precedenza), il responsabile civile ASL (OMISSIS) ha indicato la Linea Guida AGENAS del 2004, rispetto alla quale però, secondo la Corte di merito, gli imputati si sarebbero comunque discostati in diverse parti.


Sotto il profilo della colpa, la Corte di merito aderisce alla tesi peritale secondo la quale non fu fatto ricorso al management attivo del secondamento (e si attese il secondamento naturale per 40 minuti), pur a fronte dell'accertata atonia dell'utero, che è all'origine delle complicanze successive e che indusse la d.ssa A. a praticare un'iniezione di ossitocina solo alle 11.10: condotta, questa, censurata anche per le modalità e i quantitativi impiegati, inidonei a ottenere lo scopo perseguito (l'espulsione della placenta). Ulteriore profilo di colpa, sempre riconducibile alla d.ssa A., viene indicato nella tardività delle manovre di Crede', che dovevano essere eseguite nella prima mezz'ora dopo il parto, nell'ambito del c.d. management attivo e la cui tardività si tradusse - unitamente, forse, alle modalità esecutive - in un fattore di rischio per l'inversione uterina, stante anche il fatto che la B. era primipara. Anche l'esecuzione delle suddette manovre da parte della d.ssa A. senza copertura analgesica è stata censurata in relazione allo shock che esse determinarono sulla paziente. Al Dott. P. sono state invece attribuite, a titolo di colpa, le manovre volte a completare il secondamento mentre l'utero era ancora in stato di inversione, che peggiorarono ulteriormente l'emorragia della paziente compromettendone le condizioni generali. Nessuna delle condotte anzidette, conclude la Corte di merito, è rapportabile alle raccomandazioni della Linea Guida 26, né alle altre linee guida di riferimento, che risultano anzi tutte disattese; perciò non si è posto il problema di valutare il grado della colpa, peraltro stimato come grave. Sul piano causale (pp. 38 - 39), la Corte ha ritenuto che le improprie condotte sia omissive che commissive della A. e - da ultimo - del P., indicate dai periti e distoniche rispetto alle indicazioni delle linee guida, determinarono pacificamente l'insorgenza progressiva di una situazione divenuta non più recuperabile dopo oltre un'ora e mezza dal parto.


2. Avverso la prefata sentenza ricorrono A.M., gli eredi di P.G. e il responsabile civile Azienda Sanitaria Locale ASL (OMISSIS).


3. Il ricorso di A.M. consta di tre motivi.


3.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai ritenuti profili di colpa dell'imputata. Contesta in primo luogo la ricorrente che le linee guida - come affermato dalla Corte territoriale non sarebbero delle "regole cautelari" e che quindi, in ambito medico, non sarebbe necessario verificare la violazione di una regola cautelare; di contro, obietta la deducente, è necessario che le opinioni dei periti e dei consulenti vengano verificate alla luce delle regole cautelari recepite dalla comunità scientifica di riferimento, sottolineando che, per affermare la configurabilità di un reato colposo, occorre sempre accertare la violazione di una regola cautelare che venga chiaramente indi