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L'omessa vigilanza sull’esecuzione dell’ordine di chiusura della strada configura cooperazione colposa nell’evento mortale da alluvione (Cass. pen. n. 20348/25)

alluvione

1. Premessa

La sentenza in oggetto affronta un caso di responsabilità colposa derivante dalla gestione inadeguata di situazioni emergenziali in ambito viario, connessa al rischio idrogeologico e al fallimento del sistema di protezione civile territoriale.

Il tema centrale concerne la portata della posizione di garanzia in capo ai funzionari pubblici e agli operatori privati incaricati della manutenzione stradale, nonché il perimetro del dovere di attivarsi anche in forma sollecitatoria verso altri soggetti dotati di potere impeditivo.


2. Il fatto: un dramma prevedibile

Il crollo del rilevato stradale in località Sant’Andrea, avvenuto la sera del 12 novembre 2012, causò la morte per annegamento di tre dipendenti Enel, travolti con la loro autovettura dalla piena del fiume Albegna.

Il contesto era caratterizzato da precipitazioni eccezionali e da una segnaletica inadeguata, apposta in modo parziale e aggirabile.

Due le figure chiamate a rispondere: To.Um., dirigente provinciale responsabile della viabilità, e Co.Gi., referente tecnico della ditta appaltatrice.


3. La decisione della Cassazione: le posizioni di garanzia e la cooperazione colposa

a) To.Um.: il dovere di vigilare sull'effettiva chiusura della strada

Secondo la Corte, la responsabilità penale del dirigente provinciale deriva non solo dall’essere titolare del potere di chiudere la strada (ex art. 14 cod. str.), ma soprattutto dalla violazione del dovere di controllo sull’effettiva esecuzione dell’ordine impartito.

Il mancato coinvolgimento attivo delle forze dell’ordine per rendere efficace l’interdizione veicolare configura una condotta omissiva determinante nella causazione dell’evento, in presenza di un rischio noto e segnalato anche dagli operatori sul campo.

Si valorizza qui la figura del garante pubblico, il cui dovere di impedire l’evento si estende alla vigilanza sull’operato del privato affidatario, secondo un orientamento consolidato (cfr. Cass. pen., sez. IV, n. 16754/2023; n. 11453/2012).


b) Co.Gi.: la responsabilità del referente tecnico privato

Il secondo punto centrale della pronuncia riguarda il ribaltamento della sentenza assolutoria nei confronti del Co.Gi., annullata dalla Cassazione con rinvio al giudice civile.

La Suprema Corte censura duramente l’argomentazione della Corte d’Appello che aveva escluso l'esigibilità della condotta impeditiva per carenza di poteri giuridici o strumentali.

Al contrario, si richiama l’ampia giurisprudenza secondo cui la responsabilità omissiva può derivare anche dal mancato esercizio di un potere di fatto, come il sollecitare l’intervento di chi sia titolare del potere impeditivo (cfr. Cass. pen., sez. IV, n. 1786/2008; n. 45590/2021).

Il Co.Gi., pur non potendo ordinare l’intervento delle forze di polizia, era in posizione di garanzia ex contractu, derivante dall’appalto che gli attribuiva la gestione del rischio viario in emergenza.

In tale veste, egli aveva l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie, anche segnalando l’inadeguatezza della transennatura e la necessità di presidio.

La Corte rileva un travisamento della nozione di prevedibilità ed esigibilità: ciò che si rimprovera al Co.Gi. non è l’omessa previsione del crollo strutturale, ma l’inerzia dinanzi alla palese inefficacia delle misure adottate, cui egli stesso aveva dato attuazione.


4. Il principio di diritto

In tema di cooperazione colposa, risponde del reato l’appaltatore titolare di posizione di garanzia che, avendo dato avvio a una condotta pericolosa (apposizione inadeguata di segnaletica), ometta di sollecitare l’intervento di terzi qualificati, ove tale attività costituisca l’unico strumento idoneo a neutralizzare il rischio da lui generato.

Il principio conferma che, nel diritto penale delle calamità naturali e dei disastri colposi, il criterio della titolarità formale del potere non è decisivo: la responsabilità si fonda anche sul potere di fatto, sull’iniziativa sollecitatoria e sull’interazione tra garanti in contesti organizzati secondo il modello policentrico della protezione civile.


5. Considerazioni finali

La sentenza n. 20348/2025 valorizza la dimensione sistemica della colpa, specialmente nei contesti di protezione civile e pubblica sicurezza, chiarendo che il garante non può rifugiarsi dietro la compartimentazione delle competenze, soprattutto quando ha contribuito alla creazione del pericolo.

L’effettività della tutela penale nei casi di colpa omissiva passa per la ricostruzione concreta dei poteri di controllo e reazione e per la valorizzazione delle interazioni tra soggetti pubblici e privati.

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