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Colpa medica: condannato medico per aver dimesso paziente con patologia aortica acuta

Omissione diagnostica

Colpa medica

Il caso di studio riguarda una sentenza della corte di cassazione pronunciata in un procedimento penale a carico di un medico del pronto soccorso, accusato di aver cagionato colposamente, per omessa diagnosi, il decesso di una paziente, giunta in ospedale dopo avere avuto un malore in auto.

In particolare, secondo il pubblico ministero, il medico, nonostante il quadro sintomatico e il riscontro radiografico del torace di marcata dolico ectasia - dilatazione aneurismatica dell'aorta toracica - aveva omesso di disporre esame ecocardiografico (pur consigliato dal radiologo) che avrebbe consentito di rilevare il tamponamento cardiaco e la patologia vascolare acuta in atto e intervenire chirurgicamente d'urgenza sulla paziente.

All'esito del processo di primo grado, il medico veniva condannato per il reato di omicidio colposo e la sentenza veniva confermata anche nel successivo giudizio di appello.


Avverso la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di appello, l'imputato proponeva ricorso per cassazione.

Analizziamo nel dettaglio la decisione della suprema corte.

Autorità Giudiziaria: Quarta Sezione della Corte di Cassazione

Reato contestato: Omicidio colposo ex art. 590 c.p. per errore terapeutico

Imputati: Medico del pronto soccorso

Esito: Ricorso inammissibile (condanna definitiva) - sentenza n. 46110/22 (ud. 30/11/2022, dep. 06/12/2022)

Indice:


1. L'accusa nei confronti del medico e la sentenza di condanna

La Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale cittadino aveva ritenuto F.C. responsabile del reato di omicidio colposo ai danni di C.G., contestato nella qualità di medico del pronto soccorso del Policlinico (Omissis) (ove la paziente era arrivata dopo avere accusato un malore in auto e perso i sensi), perché - nonostante il quadro sintomatico e il riscontro radiografico del torace di marcata dolico ectasia - dilatazione aneurismatica dell'aorta toracica - aveva omesso di disporre esame ecocardiografico pur consigliato dal radiologo che avrebbe consentito di rilevare il tamponamento cardiaco e la patologia vascolare acuta in atto e intervenire chirurgicamente d'urgenza sulla paziente che, invece, era stata dimessa dal nosocomio e decedeva per insufficienza cardiaca acuta da tamponamento cardiaco a causa di dissezione e duplice lacerazione dell'aorta ascendente (in (Omissis)).


2. I motivi di ricorso del medico: La colpa è del chirurgo vascolare

L'imputata ha proposto ricorso con difensore, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo alla censura posta con il primo motivo d'appello: si era evidenziato che la F., nell'occorso, aveva provveduto a indirizzare la paziente presso gli specialisti, i cui referti erano stati progressivamente comunicati a tutti i medici coinvolti che avrebbero potuto apprezzare la situazione clinica della C., compreso tra questi il chirurgo vascolare, il quale, invece, si era limitato a effettuare un ecocolordoppler del collo e non l'ecocardio, come consigliato dal radiologo.

Sotto altro profilo, la difesa contesta che, al momento delle dimissioni della paziente, fosse in atto la dissecazione che era sopraggiunta causando il decesso, rilevando, anche sul piano della verifica del nesso causale, che non potrebbe dirsi accertato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la morte della C. sia stata determinata solo dalla condotta della F., senza alcuna considerazione di quella del chirurgo vascolare, unico competente a verificare l'esattezza del "consiglio" espresso dal radiologo, indicazione che si era tradotta nell'esame ecocolordoppler dei vasi del collo, delle vene e delle arterie, senza effettuare alcuna eco-cardio.


Il Procuratore generale, in persona del sostituto Olga MIGNOLO, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La difesa del responsabile civile, (Omissis), ha depositato memoria, con la quale ha rappresentato, da un lato, la mancata ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza, pur facendo salva eventuale, propria svista; dall'altro, la mancata ricezione dell'allegato contenente la requisitoria del Procuratore generale, chiedendo l'adozione dei consequenziali provvedimenti e concludendo, in ogni caso, per l'accoglimento del ricorso dell'imputata F., allegando precedenti conclusioni.


3. La decisione della corte di cassazione: Il ricorso è inammissibile

Deve preliminarmente rilevarsi che i denunciati omesso avviso dell'udienza del 30 novembre 2022 e comunicazione delle conclusioni del Procuratore generale sono smentiti dalle attestazioni rinvenibili in atti, dalle quali risulta la consegna dell'avviso d'udienza al difensore del responsabile civile, laddove l'avvenuta comunicazione delle conclusioni del Procuratore generale emerge dalla stessa messaggistica di posta elettronica in data 15 novembre 2022, allegata dalla parte, da cui risulta l'invio dell'atto di che trattasi.


3.1 La consulenza medico legale del PM descrive in maniera chiara l'omissione diagnostica del medico

La Corte territoriale ha esposto i fatti per cui è processo, muovendo dalla ricostruzione degli eventi avvenuti nella giornata del (Omissis), operata dal primo giudice, in base alla quale, all'arrivo della C. al pronto soccorso in compagnia della figlia F.V., la paziente era stata sottoposta a T.A.C. e, quindi, a visita neurologica. Gli esami ematici avevano riscontrato un valore elevato del D Dimero e determinato la richiesta di una consulenza di chirurgia vascolare. Al medico di quel reparto, tuttavia, era stata inviata la documentazione inerente ad altro paziente; ma, comunque, all'esito della visita, la paziente era stata nuovamente inviata al pronto soccorso, dal quale era stata poi dimessa dalla F. alle 17,12 circa, con diagnosi di "vasculopatia cronica"; all'atto delle dimissioni, la C. aveva continuato a lamentare bruciore alla parte anteriore del collo e, lungo il tragitto, ad accusare torpore e stanchezza. La donna era poi deceduta a casa, inutili essendo state le manovre di rianimazione dai sanitari del 118.

La colpevolezza dell'imputata era stata giustificata dalla valutazione delle evidenze fattuali, tra le quali, in primo luogo, gli esiti della consulenza disposta dal pubblico ministero: l'ausiliario aveva accertato, intanto, la causa del decesso, ascrivendola a insufficienza cardiaca acuta da tamponamento cardiaco in soggetto con dissezione e duplice lacerazione dell'aorta ascendente, patologia che rappresenta emergenza di esclusiva pertinenza terapeutica chirurgica; l'iter diagnostico era stato sostanzialmente corretto perché aveva consentito di accertare una marcata dolico ectasia-dilatazione aneurismatica dell'aorta toracica.

A fronte di tale quadro, ma anche del rilevato valore anomalo del D Dimero e delle condizioni obiettive in cui la paziente era giunta al pronto soccorso, la stessa non avrebbe dovuto essere dimessa, ma sottoposta a esame ecocardiografico (come già consigliato dal radiologo), esame che avrebbe consentito, con elevato grado di probabilità, di rilevare il tamponamento cardiaco e la patologia vascolare acuta e di indirizzare la paziente verso il trattamento chirurgico salvavita che avrebbe avuto elevatissime probabilità di riuscita.

A fronte delle doglianze veicolate con il gravame (alla stregua delle quali si era, in particolare, contestato il quadro sintomatologico e ritenuto che la situazione dovesse essere apprezzata non dalla F., bensì dal chirurgo vascolare e che al momento delle dimissioni non vi era una sintomatologia tale da far pensare alla dissezione aortica, ben potendo la dissezione essersi manifestata nelle ore antecedenti il decesso, nelle quali la C. (il riferimento alla F. di cui alla pag. 4 essendo frutto di evidente refuso) era rimasta a casa), la Corte territoriale ha rilevato, quanto al primo punto, che la donna era giunta in pronto soccorso a seguito di un transitorio episodio di perdita di coscienza, come rilevato dai dati anamnestici; quanto al quadro disponibile al sanitario del pronto soccorso, che gli esami ematochimici avevano rivelato un aumento del D Dimero, indicativo di attività trombotica, laddove la radiografia del torace aveva consentito di apprezzare una marcata dolico ectasia-dilatazione aneurismatica dell'aorta toracica, per la quale lo specialista radiologo aveva consigliato l'ecocardiogramma. La relazione di consulenza neurologica non aveva rilevato deficit di forza, né altri segni di patologie neurologiche, tale specialista avendo consigliato una visita di chirurgia vascolare. Lo specialista chirurgo vascolare, dal canto suo, sottoposta la donna a ecocolordoppler alle vene profonde e superficiali esplorabili, aveva escluso patologie chirurgiche vascolari.


3.2 La consulenza medico legale del PM sulle patologie neurologiche e vascolari acute

Il consulente del pubblico ministero aveva precisato che le indagini specialistiche espletate avevano consentito di escludere patologie neurologiche e vascolari acute che potessero giustificare la sintomatologia, laddove il riscontro, in sede di RX toracica, della esistenza di una marcata dolico ectasia-dilatazione aneurismatica dell'aorta toracica, insieme alla perdita di coscienza e all'elevato valore del D Dimero, erano seri indicatori di una patologia aortica acuta, cosicché le dimissioni della paziente senza la sua sottoposizione a esame ecocardiografico erano scorrette, non solo perché tale indicazione era stata operata dal radiologo, ma perché erano conseguenza di una valutazione delle condizioni complessive della paziente spettante soltanto al medico del pronto soccorso. Il consulente ha peraltro escluso che al momento delle dimissioni le condizioni della paziente fossero migliorate, come asserito dalla imputata, atteso che l'esame radiografico era stato effettuato in decubito obbligato "per le precarie condizioni cliniche della paziente" e, sul punto, i giudici territoriali hanno valorizzato anche le dichiarazioni della figlia della vittima, la quale aveva confermato che la madre lamentava "bruciore al petto e alla schiena" del quale la F. era stata informata.


3.3 L'ecocardiografia era di competenza dell'imputata non del chirurgo vascolare!

Il comportamento dell'imputata, nella specie, era stato improntato a grave imprudenza e negligenza: il comportamento omesso (disporre cioè l'ecocardiografia presso il reparto di cardiologia) era di sua competenza, in quanto clinico del pronto soccorso al quale spetta la decisione in ordine alle dimissioni del paziente e non, come asserito a difesa, del chirurgo vascolare. Costui, infatti, tenuto conto delle finalità della consulenza richiestagli (verificare, cioè, la presenza di attività trombotica, a seguito del valore D Dimero e della riferita algia ad un arto) aveva correttamente effettuato l'esame ecocolordoppler per verificare che il flusso arterioso e venoso fosse ben modulato, valido e libero da interruzioni. Tale indagine, tuttavia, non poteva esser considerata dalla F. come sostitutiva di quella cardiologica, poiché, come pure chiarito dal consulente della parte civile, l'ecocolordoppler mostra il flusso del sangue nelle vie circolatorie, laddove l'ecocardiografia fornisce una immagine delle strutture cardiache e vascolari ed è quindi indicata dalle linee guida quale esame strumentale da eseguire nell'ambito di un'indagine intesa a verificare la presenza di una patologia aortica acuta. Tale essendo il quadro scientifico e fattuale di riferimento, la Corte ha ritenuto il comportamento della F. anche gravemente imperito.

Infine, quanto al nesso eziologico, la Corte territoriale, nel richiamare l'esame del consulente, ha affermato che, ove la F. - invece di procedere alle dimissioni della paziente - avesse richiesto l'ecocardiografia, come consigliato dal radiologo e, soprattutto, suggerito dalle condizioni cliniche della C., tale esame avrebbe evidenziato la interruzione della parete aortica, caratteristica della dissezione e consentito di indirizzare la C. verso l'appropriato iter assistenziale (intervento chirurgico) con elevatissime probabilità di sopravvivenza, tenuto conto delle alte percentuali di riuscita di tali interventi e anche del considerevole lasso temporale intercorso tra le dimissioni e il decesso. Peraltro, la Corte ha precisato che il quadro clinico (marcata dolico ectasia-dilatazione aneurismatica dell'aorta toracica), la riferita perdita di coscienza, l'elevato valore del D Dimero e il riferito bruciore al torace giustificavano ampiamente la conclusione per la quale la causa del decesso non era sopraggiunta alle dimissioni, deponendo invece per la presenza della patologia acuta già al momento dell'ingresso al pronto soccorso e per l'inizio di quel processo causale articolato (dissezione - tamponamento cardiaco) che aveva progressivamente condotto al decesso della C..



3.4 Il ricorso del medico è inammissibile perché si fonda su motivi che riproducono pedissequamente le censure in appello

Giova premettere che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l'aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., RV. 281521; sez. 4, n. 38202 del 7/7/2016, Ruci, Rv. 267611; sez. 6, n. 34521 del 27/6/2013, Ninivaggi, Rv. 256133, in cui si è precisato che i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a documentare il vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione; n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo, Rv. 254584; sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849, in cui si è riconosciuta la inammissibilità del ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongano le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultino carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione).

Nella specie, le doglianze difensive costituiscono effettivamente la riproposizione di argomentazioni rassegnate al vaglio della Corte di merito e da questa affrontate con motivazione del tutto congrua, non manifestamente illogica, né contraddittoria, oltre che coerente con il sapere scientifico acquisito al processo, analiticamente vagliato, ma anche con le evidenze probatorie (tra le quali la testimonianza della figlia della vittima).

Esse ruotano essenzialmente sulla ribadita, divergente opinione inerente alla ascrivibilità alla F. del compito di valutare la situazione complessiva della paziente prima di disporne le dimissioni. E, sul punto specifico, va rilevato che la Corte di merito ha ampiamente giustificato le sue conclusioni, osservando che lo specialista in chirurgia vascolare era stato richiesto di eseguire un esame finalizzato a ricercare eventuali patologie vascolari che giustificassero i sintomi riferiti e l'elevato valore del D Dimero. Inoltre, non ha neppure mancato di precisare la diversa finalità dei due accertamenti e, soprattutto, la loro diversa utilità, solo l'ecocardiografia (da eseguirsi nel reparto cardiologia) potendo confermare la presenza di una patologia aortica acuta; e di sottolineare, altresì, come fosse compito specifico del clinico di turno al pronto soccorso operare la valutazione di sintesi che avrebbe dovuto orientare le dimissioni o l'approfondimento ritenuto idoneo a indirizzare correttamente l'iter terapeutico.

Rispetto a tali argomentazioni, parte ricorrente si è limitata al mero dissenso, senza neppure confrontarsi in maniera effettiva e completa con il ragionamento esplicativo contenuto nella sentenza, assumendo una asintomaticità della paziente sia all'ingresso in pronto soccorso che al momento delle dimissioni, apertamente smentita dal riferito testimoniale della figlia e dal dato oggettivo che la radiografia era stata eseguita in decubito proprio a causa delle condizioni della C..


3.5 La corte di appello ha correttamente motivato

L'argomentare della Corte territoriale, peraltro, è coerente con il diritto vivente quanto alla verifica del nesso di causalità tra il comportamento addebitato all'imputata e l'evento morte verificatosi e al giudizio controfattuale (Sez. U, n. 30328 del 10/7/2002, Franzese, Rv. 222138, in cui si è precisato, proprio nel campo della responsabilità del personale sanitario, che - nel reato colposo omissivo improprio - il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva; principio successivamente attualizzato da Sez. U, n. 38343 del 24/4/2014, Espenhahn, Rv. 261103; sez. 4, n. 23339 del 31/1/2013, Giusti, in cui, sempre sul tema, si è affermato che il giudizio controfattuale - imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l'evento - richiede preliminarmente l'accertamento di ciò che è accaduto (c.d. giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta; n. 29889 del 5/4/2013, De F/orentis, Rv. 257073, in cui si è ritenuta configurabile la sussistenza del nesso di causalità tra condotta ed evento, qualora esso sia stato accertato con giudizio controfattuale che, sebbene non fondato su una legge scientifica di spiegazione di natura universale o meramente statistica - per l'assenza di una rilevazione di frequenza dei casi esaminati - ma su generalizzate massime di esperienza e del senso comune, sia stato comunque ritenuto attendibile secondo criteri di elevata credibilità razionale, in quanto fondato sulla verifica, anche empirica, ma scientificamente condotta, di tutti gli elementi di giudizio disponibili, criticamente esaminati (proprio in un caso in cui è stata ritenuta la responsabilità di un sanitario del pronto soccorso per il decesso di un paziente, al quale non era stato diagnosticato un infarto acuto del miocardio per cui era stato omesso il trasferimento presso un'unità coronarica per l'esecuzione di un intervento chirurgico che avrebbe avuto un'elevata probabilità risolutiva; n. 16843 del 24/2/2021, Suarez Cardenas, Rv. 281074, sempre in materia di colpa medica, nel quale la S. C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la colposa omessa diagnosi di un infarto in un paziente - recatosi al pronto soccorso lamentando dolore alle braccia e vomito, e dimesso senza l'effettuazione di esami - e il decesso, atteso che, ove egli fosse rimasto in ospedale e sottoposto a monitoraggio, la sopravvenuta aritmia mortale avrebbe potuto essere rilevata e prontamente interrotta, con esito salvifico, stante la presenza nel nosocomio di un'unità di terapia intensiva coronarica).

In conclusione, va pure evidenziata la genericità in parte qua del motivo di ricorso, essendosi la difesa limitata alla mera contestazione della ricostruzione condotta dai giudici nella sentenza censurata (sul contenuto essenziale dell'atto di impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d'appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).

Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di profili di colpa in ordine alla causa di inammissibilità del ricorso (Corte Cost. n. 186/2000).


4. Dispositivo

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 30 novembre 2022.


Depositato in Cancelleria, il 6 dicembre 2022


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