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IL CASO DI STUDIO: Occultamento scritture contabili, imputato assolto perché il fatto non sussiste.



Il caso di studio riguarda un processo per i reati di cui agli artt. 5 e 10 D.Lvo. nr. 74/2000 celebrato dinanzi al Tribunale di Vicenza conclusosi con una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Omessa dichiarazione dei redditi, imputato assolto perché il fatto non sussistee

Indice:


IL CASO

Capo di imputazione: A) Art. 5 d.lgs. 74/2000 perché, in qualità di amministratore unico e rappresentante legale della "T. IN. s.r.l.", al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non presentava, essendovi obbligata, le dichiarazioni relative a dette imposte per l'anno 2015 per ammontare IRES pari a 218.429,79 e IVA 175.469,00.

In (omissis), il 29.12.2016.

B) Art. 10 d. lgs. 74/2000 perché, in qualità di amministratore unico e rappresentante legale della "T. IN. s.r.l.", al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava o comunque distruggeva scritture contabili e documenti di cui è obbligatoria la conservazione (fatture di vendita n. 75, 79, 80, 82, 83 del 2015) in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume degli affari.

In (omissis), il 17.08.2017.



Decisione: Imputato assolto perché il fatto non sussiste.

Il Tribunale ha affermato che ai fini dell'integrazione della fattispecie in esame non è nemmeno sufficiente la sola violazione dell'obbligo di presentare le imposte, così come non lo è una semplice culpa in vigilando rispetto all'attività del professionista incaricato, richiedendo la norma il dolo specifico di evasione e, quindi, la sussistenza di "elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l'omessa dichiarazione all'evasione dell'imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale.



IL TESTO DELLA SENTENZA

Tribunale Vicenza, 19/04/2022, (ud. 15/02/2022, dep. 19/04/2022), n.177

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Svolgimento del processo.


Con decreto del 7.12.2018 DA. SO. Ma., in qualità di legale rappresentante della società T. In., veniva rinviata a giudizio per rispondere dei delitti di cui all'art. 5 D. L. vo. 74/2000, commesso il 29.12.2016, relativamente all'anno di imposta 2015, e all'art. 10 D. L. vo. 74/2000, accertato il 17.8.2017.


All'udienza del 22.2.2019, veniva dichiarata l'assenza dell'imputata ed erano ammesse le prove, con limitazione a quattro dei testi di cui alla lista depositata dalla difesa. Il Tribunale rinviava per l'istruttoria al 20.3.2020, udienza che tuttavia veniva differita, ai sensi dell'art. 83 D.L. 18/20, in ragione dell'emergenza pandemica in atto, con sospensione dei termini di prescrizione come per legge.


All'udienza del 4.12.2020, intervenuto il mutamento del giudice, in forza di riassegnazione del procedimento, stabilita con provvedimento del Presidente di Sezione, datato 28.9.2020, le parti rinnovavano le proprie istanze istruttorie, riportandosi a quelle già formulate, e si procedeva all'audizione del testimone del Pubblico Ministero, M.llo Fr. Ca. Co.


La difesa insisteva per sentire tre dei quattro testimoni ammessi, con rinuncia al quarto.


Il Tribunale, pertanto, rinviava per l'esame dell'imputata e dei testimoni della difesa all'udienza del 20.4.2021, quando venivano escussi i testi Ma. Mo. e Cr. Ch.


Quest'ultimo, avvisato della facoltà di astenersi dal rispondere, in quanto compagno convivente dell'imputata, decideva di non avvalersene. Alla medesima udienza l'imputata rendeva spontanee dichiarazioni e veniva disposto un rinvio all'8.10.2021 per assumere la testimonianza di Be. Or.


All'esito dell'istruttoria dibattimentale, il Tribunale disponeva la citazione, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., di Ri. Va., curatrice fallimentare della società T. In. s.r.l. e rinviava all'udienza del 15.2.2022 per l'audizione della teste e la discussione.


In tale data, esaurite le attività istruttorie e la discussione, a seguito della camera di consiglio, veniva data lettura dell'allegato dispositivo.


2. Ricostruzione dei fatti.


Nel giugno 2017 la Guardia di Finanza di Vicenza avviava una verifica fiscale, ai fini del controllo di regolarità degli adempimenti in materia di imposte dirette ed iva, relativamente alle annualità 2015, 2016 e 2017, nei confronti della società T. In. S.r.l., con domicilio in (omissis), via (omissis), legalmente rappresentata da DA. SO. Ma. e operativa nel settore fotovoltaico, successivamente dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza con sentenza del 17.7.2018.


Dalla consultazione della banca dati SERPICO, in uso al corpo, la società sarebbe risultata evasore totale sin dal 2015.



A seguito di confronto con l'odierna imputata, gli operanti, che non ottenevano in consegna dalla stessa le scritture contabili di T. In., si recavano presso l'ex sede legale della società e presso lo studio professionale del dott. Ge. D'A., sito in (omissis), commercialista e tenutario delle scritture contabili della società (cfr. deposizione teste Ca., verbale di fonoregistrazione, udienza del 4.12.2020, p. 5 e 11).


A seguito di sopralluogo presso la sede legale, la Guardia di Finanza appurava che i locali erano occupati da un'altra società, la Ma. Go. S.r.l., presso cui, tuttavia, non rinvenivano alcuna documentazione contabile riferibile alla controllata (cfr. deposizione teste Ca., verbale di fonoregistrazione, udienza del 4.12.2020, p. 6 ss.).


Il teste Ma. Mo., legale rappresentante di Ma. Go. S.r.l., sentito all'udienza del 20.4.2021, ricordava effettivamente di aver provveduto allo sgombero degli uffici, precedentemente in uso a T. In..


I suoi dipendenti avevano liberato i locali non solo da rifiuti inquinanti, ma anche da documentazione consistente in cataloghi, block notes recanti l'intestazione della società, portachiavi e altra oggettistica con il relativo logo.


Non avevano controllato dettagliatamente il contenuto dei numerosi faldoni di carta smaltiti, ma era certo di aver agito su richiesta del proprietario dell'immobile, previa autorizzazione del curatore fallimentare della società (cfr. deposizione teste Ma., udienza del 20.4.2021, p. 5 ss.).


Per contro, presso lo studio D'A., la Guardia di Finanza non reperiva scritture e libri contabili, ma solo le fatture passive del 2015 e gran parte delle fatture di vendita relative allo stesso anno di imposta. Risultavano mancanti le fatture recanti numerazione 75, 79, 80, 82 e 83 (cfr. deposizione teste Ca., verbale di fonoregistrazione, udienza del 4.12.2020, p. 8).


Dal raffronto con una comunicazione dati IVA presentata dalla società in via telematica nel febbraio 2016 e relativa all'ultimo trimestre 2015, la Guardia di Finanza rilevava una differenza tra il volume d'affari di cui alle fatture rinvenute e quello risultante dalla dichiarazione pari a circa Euro 50.000,00, che riteneva corrispondente agli importi di cui alle fatture mancanti, ad ogni modo non calcolate ai fini della determinazione delle imposte evase attraverso l'asserita mancata presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte dirette ed iva per l'anno 2015.


Ad avviso degli operanti, quindi, l'IRES non dichiarata e dovuta doveva ammontare ad Euro 218.429,00, mentre l'IVA ad Euro 175.496,00 (cfr. deposizione teste Ca., verbale di fonoregistrazione, udienza del 4.12.2020, p. 7 ss.).


DA. SO. Ma. veniva deferita all'autorità giudiziaria per le ipotesi di reato di cui agli artt 5 e 10 D. L. vo 74/2000, avendo omesso di presentare le dichiarazioni relative alle imposte dirette e all'IVA nell'anno 2015 e avendo distrutto od occultato scritture contabili e documenti, di cui è obbligatoria la tenuta, con riguardo alle fatture attive di cui ai numeri 75, 79, 80, 82 e 83 del 2015.


Il teste Cr., dipendente della società con qualifica di direttore tecnico, nonché compagno dell'imputata anche all'epoca dei fatti, confermando quanto riferito da DA. SO. a spontanee dichiarazioni, spiegava che la contabilità era stata istituita, gestita internamente dalla dipendente Be. e conservata negli uffici della società.


Agli inizi del 2014 la tenuta della contabilità era stata affidata allo studio del commercialista Ge. D'A., il quale l'aveva prelevata integralmente, circostanza confermata anche dalla teste Be. Or., che ricordava della presenza in azienda, per alcuni mesi nella primavera del 2015, di un collaboratore del dottor D'A. dedito all'attività di prelievo della documentazione aziendale (cfr. deposizione teste Cr., verbale di fonoregistrazione udienza 20.4.2021, p. 8 ss.; teste BE. verbale di fonoregistrazione udienza 8.10.2021, pp. 5 e 8).


L'imputata, poi, affermava che lo studio D'A. era stato incaricato della presentazione delle dichiarazioni fiscali. In effetti, con comunicazione inviata a mezzo pec in data (omissis) all'indirizzo dello studio D'A., oltre a quello personale del commercialista, T. In. aveva sollecitato il professionista alla trasmissione "delle quietanze F24 anno 2015", avendo necessità di presentare il modello 770 in scadenza. A tali richieste il commercialista non avrebbe più dato alcun riscontro (cfr. esame imputata verbale di fonoregistrazione udienza 20.4.2021, p. 12 e produzione documentale della difesa del 20.4.2021).


Analogamente, a seguito dell'inizio della verifica fiscale, Da. So. aveva provato invano a contattare D'A. per sollecitare la presentazione delle dichiarazioni fiscali relative al 2015 (cfr. pec datata (omissis), prodotta dalla difesa all'udienza del 20.4.2017).


In ordine alla difficoltà di porsi in contatto col commercialista, per avere contezza della contabilità aziendale, riferiva altresì la curatrice fallimentare della società, dott.ssa Va. Ri., la quale aveva a sua volta contattato il dott. D'A., senza ottenere riscontro.


La teste, inoltre, contrariamente a quanto affermato dal M.llo Ca., all'atto della consultazione del cassetto fiscale della società, ricordava di aver rilevato la presentazione della dichiarazione iva, oltre che per il 2014, anche per il 2015.


3. Valutazione delle prove e qualificazione giuridica dei fatti.


L'istruttoria dibattimentale ha consentito di accertare, con riguardo ad entrambe le ipotesi di reato contestate, la carenza dell'elemento soggettivo in capo all'imputata, la quale deve essere assolta perché i fatti a lei ascritti non costituiscono reato.


3.1 In particolare, quanto al reato di omessa dichiarazione, va innanzitutto considerata la contraddittorietà della prova in ordine all'elemento materiale del reato.


Da un lato, il teste di P.G., M.llo Ca. Co., affermava che la società sottoposta a verifica fiscale risultava essere evasore totale dal 2015, anno di imposta in contestazione.


Dall'altro, invece, la dott.ssa Ri., curatrice fallimentare, sentita ai sensi dell'art. 507 c.p.p. ed autorizzata a consultare la relazione da lei stessa redatta ai sensi dell'art. 33 l.f., affermava che dal cassetto fiscale della società era emersa la presentazione di tutte le dichiarazioni relative al 2014 e della sola dichiarazione IVA relativa all'anno di imposta 2015.


Sulla credibilità ed attendibilità intrinseca dei due testi non vi è alcun motivo di dubitare e, pertanto, gli esiti difformi delle relative testimonianze non consentono di ritenere provata parte della condotta tipica, ovvero quella inerente l'omessa presentazione della dichiarazione IVA per l'anno 2015.


In ogni caso, deve ritenersi raggiunta la prova della carenza dell'elemento soggettivo tipico della fattispecie, alla luce degli elementi di seguito valorizzati.


i) È emerso, infatti, che nell'anno di riferimento la società fosse assistita, per la consulenza e la tenuta delle scritture contabili, dallo studio professionale D'A., di (omissis).


Il teste Cr. spiegava la scelta di un professionista geograficamente così lontano in termini di necessità, lavorando la società nel settore del fotovoltaico e concentrando la maggior parte dei propri affari in (omissis) (cfr. p. deposizione teste Cr., verbale di fonoregistrazione udienza 20.4.2021, p. 8 ss.).


Senz'altro il commercialista, per il tramite di un proprio collaboratore, aveva prelevato le scritture contabili della società, che tra l'altro erano state in parte reperite presso il suo studio in occasione del sopralluogo della Guardia di Finanza (cfr. deposizione teste Be., verbale di fonoregistrazione udienza 8.10.2021, p. 5 ss.; deposizione teste Ca., verbale di fonoregistrazione udienza 4.12.2020, p. 5 e 11).


A detta dell'imputata, inoltre, il dott. D'A. era stato altresì incaricato di presentare le dichiarazioni fiscali per conto di T. In..


La circostanza risulta riscontrata sia dal tenore delle pec, prodotte dalla difesa all'udienza del 20.4.2021 e, in particolare da quella datata (omissis), antecedente pertanto alla verifica fiscale, da cui si evince l'incarico a presentare il modello 770 e a trasmettere le quietanze dei pagamenti eseguiti mediante i modelli F24 relativamente all'anno 2015.


ii) La delega alla presentazione delle dichiarazioni, tuttavia, di per sé non sarebbe sufficiente ad esimere da responsabilità l'odierna imputata per l'inadempimento fiscale penalmente sanzionato ai sensi dell'art. 5 D. L. vo 74/2000.


Infatti, per costante giurisprudenza di legittimità, "trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale e non delegabile il relativo dovere". La delega degli adempimenti fiscali ad un professionista non può "modificare il destinatario dell'obbligo, titolare della posizione di garanzia, il quale, in ossequio ai criteri di tassatività e di legalità, continua a coincidere con il soggetto individuato dalla legge", che non è quindi di per sé esonerato dalla responsabilità per il delitto di omessa dichiarazione (Cass. pen., Sez. 3 - , Sentenza n. 9417 del 14/01/2020 Rv. 278421 - 01; Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, Rv. 265087 - 01; Sez. 3, n. 9163 del 29/10/2009, Rv. 246208 - 01).


Tuttavia, sotto il profilo soggettivo, ai fini dell'integrazione della fattispecie in esame non è nemmeno sufficiente la sola violazione dell'obbligo di presentare le imposte, così come non lo è una semplice culpa in vigilando rispetto all'attività del professionista incaricato, richiedendo la norma il dolo specifico di evasione e, quindi, la sussistenza di "elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l'omessa dichiarazione all'evasione dell'imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale" (Cass. pen., Sez. 3 - , Sentenza n. 9417 del 14/01/2020 Rv. 278421 - 01; Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, Rv. 265087 - 01; Sez. 3, n. 9163 del 29/10/2009, Rv. 246208 - 01).


Nel caso di specie è emerso che nel febbraio del 2016 era stata presentata quanto meno la comunicazione dati IVA relativa all'ultimo trimestre 2015 (se non, come riferito dalla teste Ri., la dichiarazione IVA relativa a quell'anno), grazie alla quale la Guardia di Finanza, unitamente alle fatture attive reperite presso lo studio D'A., aveva potuto quantificare il volume di affari complessivamente maturato nell'anno 2015 e, per differenza, calcolare quello relativo alle sole fatture mancanti (cfr. deposizione teste Ca., verbale di fonoregistrazione, udienza 4.12.2020, p. 8).


Ne discende non solo l'assenza di elementi rappresentativi del dolo specifico, ma, al contrario la prova della carenza, in capo all'imputata, della consapevolezza dell'omissione e, a maggior ragione, della finalità di evadere le imposte. DA. SO., infatti, non poteva essere mossa dallo specifico fine evasivo, nemmeno in relazione alle imposte sui redditi, avendo dato comunicazione all'Agenzia delle Entrate quanto meno dei redditi dell'attività di impresa per quell'anno e aveva potuto far affidamento sulla regolarità degli adempimenti, svolti almeno parzialmente da parte del commercialista, poi resosi irreperibile anche alla curatrice fallimentare, come è emerso sia dalla documentazione prodotta dalla difesa e sopra richiamata, che dalle dichiarazioni della dott.ssa Ri..


Non appare significativo del contrario nemmeno il mancato pagamento delle imposte a seguito dell'accertamento, considerato che, a distanza di appena un anno dall'inizio della verifica fiscale, la società veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza con sentenza del 14.6-17.7.2018.


3.2 Analogamente, per quanto riguarda la contestazione del reato previsto e punito dall'art. 10 D. L.vo 74/2000, di cui al capo b), è emerso con certezza che la contabilità era stata istituita e che la stessa era stata presa in carico dal commercialista della società, il dott. D'A., prima dell'abbandono dei locali di via (omissis) ad (omissis) da parte di T. In., tanto che tutte le fatture passive e parte di quelle attive, ricevute ed emesse dalla società nel 2015, erano state rinvenute presso lo studio del commercialista.


Senz'altro, quindi, risulta integrata la condotta tipica, che comportava un aggravio, per gli organi accertatori, nell'attività di ricostruzione dei redditi e del volume d'affari della società: la Guardia di Finanza, infatti, dopo essersi rivolta alla società insediatasi nell'ex sede di T. In., senza trovare alcunché, ed aver interpellato il commercialista della società, non era riuscita a reperire tutte le fatture attive relative al 2015.


Nondimeno, come sopra osservato, la stessa Guardia di Finanza aveva potuto constatare la presentazione di una comunicazione dati IVA per l'ultimo trimestre dell'anno 2015. A detta della curatrice fallimentare, addirittura, sarebbe stata presentata la dichiarazione IVA per il medesimo anno di imposta.


Tali circostanze consentono di escludere, anche con riferimento a tale secondo reato, l'elemento soggettivo tipico della fattispecie in capo all'imputata.


Da un lato, infatti, non è emerso che DA. SO. avesse consapevolezza della mancanza delle fatture di cui al capo di imputazione.


Al contrario, essendo stata presentata la predetta comunicazione dati iva, dalla quale la Guardia di Finanza aveva evinto gli importi di cui alle fatture mancanti, deve ritenersi che l'imputata avesse provveduto a trasmettere le fatture in questione al soggetto incaricato per la presentazione della comunicazione.


In ogni caso, quanto rilevato esclude il fine specifico di evadere le imposte, non vedendosi come chi provvede a tale adempimento possa tendere ad un risparmio di spesa, mediante evasione delle imposte, impedendo la ricostruzione dei redditi e del proprio volume d'affari, in presenza di comunicazioni (o addirittura di dichiarazioni) dirette all'Agenzia delle Entrate.


3.3 Per tutti questi motivi DA. SO. Ma. va assolta perché i fatti a lei ascritti non costituiscono reato.


Si indica in giorni 65 il termine per il deposito della motivazione in ragione del carico del ruolo.


P.Q.M.

Visto l'art. 530 c.p.p.


assolve DA. SO. Ma. dai reati a lei ascritti perché i fatti non costituiscono reato.


Visto l'art. 544, comma 3 c.p.p.


indica in giorni 65 il termine per il deposito della motivazione.


Così deciso in Vicenza, il 15 febbraio 2022


Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2022

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