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Elementi essenziali del reato di bancarotta preferenziale: dalla violazione della par condicio creditorum al dolo specifico. (Tribunale Potenza n. 1398/23)


Bancarotta fraudolenta

1. La massima

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della "par condicio creditorum" nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con la conseguenza che la condotta illecita non consiste nell'indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell'alterazione dell'ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori.


consulenza legale penale

2. La sentenza integrale

Tribunale Potenza, 04/12/2023, (ud. 13/10/2023, dep. 04/12/2023), n.1398

Svolgimento del processo

Con decreto dell'11.04.2022 il G.U.P. presso questo Tribunale disponeva il giudizio ordinario nei confronti di Tu.Sa. in ordine ai reati in epigrafe indicati. All'udienza del 29.09.2022, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e, dopo l'esposizione introduttiva delle parti, ammetteva i mezzi di prova chiesti dal P.M. e dalla difesa dell'imputato come da ordinanza resa in udienza.

Con il consenso delle parti, inoltre, venivano acquisiti ex art. 493, comma 3, c.p.p. tutti gli atti relativi all'attività di indagine espletata.

All'udienza del 24.03.2023 venivano escussi i testi Ch.Da. e Fa.An..

Successivamente, all'udienza del 15.09.2023 si procedeva all'esame del teste Tu.Gi. e del teste Tu.Pa. La difesa, inoltre, rinunciava ai residui testi di lista e, nulla opponendo il P.M., il Tribunale revocava l'ordinanza ammissiva dell'esame dei residui testi della difesa.

Infine, all'udienza del 13.10.2023 il Collegio dichiarava chiusa l'istruzione dibattimentale ed invitava le parti a formulare le conclusioni.

All'esito del dibattimento il P.M. e la difesa dell'imputato concludevano come dal verbale in atti.


Motivi della decisione

Le risultanze dibattimentali consentono l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 216, comma 3, R.D. n. 267/1942, così modificata l'originaria rubrica di cui all'art. 216, comma 1, n. 1, R.D. n. 267/1942. Segnatamente, l'odierno imputato è accusato dei reati di cui all'art. 216, comma 1, nn. 1 e 2 R.D. n. 267/1942 perché quale amministratore della ditta "Eu. s.r.l.", dichiarata fallita dal Tribunale di Potenza in data 25.02.2020, avrebbe distratto somme di denaro per un ammontare di 50.000,00 euro in danno dei creditori, prelevandoli dal conto corrente della società. È accusato, altresì, di avere omesso il deposito dei prescritti bilanci nonché di avere ritardato il deposito delle scritture contabili comunque tenute in maniera tale da rendere non possibile la ricostruzione del patrimonio.

Ebbene, dagli atti di indagine acquisiti al fascicolo del dibattimento con il consenso delle parti e dall'esame della relazione ex art. 33 L.F. sono emersi i fatti oggetto del presente giudizio:

La società Eu. SRLS veniva costituita in data 21.08.2014. L'intero capitale sociale, pari ad euro 900,00, è stato sottoscritto dall'unico socio Tu.Sa., il quale ha ricoperto fin dalla costituzione della società anche la carica di amministratore unico. La società veniva dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Potenza in data 25.02.2020. Non risultava essere stato depositato alcun bilancio negli anni e, interrogato dalla curatrice sul punto, il Tu. ha dichiarato di avere affidato la tenuta della contabilità ad uno studio di consulenza, non avendo egli competenze in materia.

È emerso, inoltre, che sebbene dalle scritture contabili risultassero crediti nei confronti dei clienti per un importo di euro 74.347,48 non risultava essere mai stata attivata alcuna procedura finalizzata al recupero di tali crediti.

Dall'esame della contabilità societaria, inoltre, è emerso che alla data di dichiarazione del fallimento risultavano fatture da emettere per euro 176.838,46 anche se il Tu. non aveva saputo dettagliare la tipologia dei lavori effettuati e imputati a tale voce. Dall'ultimo estratto conto bancario si evinceva, inoltre, che il Tu., nonostante lo stato di insolvenza in cui versava la società, aveva prelevato dalle casse societarie un importo di euro 50.000,00. Tra gennaio e febbraio 2020, inoltre, il Tu. aveva prelevato dai conti societari l'importo di euro 2.400,00, che non furono utilizzati per il pagamento dei debiti societari ma per esigenze personali.

Risultavano, altresì, debiti per complessivi euro 328.421,89, prevalentemente nei confronti dell'Erario. Emergeva, inoltre, un debito di euro 10.642,07 nei confronti di un lavoratore che presentò il ricorso per la dichiarazione di fallimento.

Al curatore fallimentare, inoltre, vennero notificati due provvedimenti a firma dell'Ispettorato del lavoro per omessa corresponsione di retribuzioni e per omesso versamento dei contributi. È emerso, altresì, che anche nell'imminenza del fallimento (dal 01.01.2020 al 25.02.2020) la società aveva dei dipendenti sostenendo un costo di euro 11.930,02, nonostante nel medesimo periodo non risultassero ricavi (cfr. relazione ex art. 33 legge fall.; verbale di s.i.t. del 10.09.2020; verbale di udienza del 24.03.2023, sentenza dichiarativa di fallimento, visura camerale, atto costitutivo della società).

Dalle dichiarazioni rese dal consulente di parte si evince, tuttavia, che lo stesso Tu. vantava un credito nei confronti della società.

Il teste della difesa, dott. Fa.An., consulente di parte, ha dichiarato infatti che dal bilancio della società al 31.12.2018 risultava un credito vantato dal Tu. nei confronti della società di circa 17.992,37. Ha precisato, tuttavia, che la documentazione in suo possesso era parziale e che non aveva avuto modo di verificare un'eventuale soddisfazione del credito da parte del Tu. nel successivo esercizio (cfr. verbale di udienza del 24.03.2023; stato patrimoniale relativo al bilancio al 31.12.2018).

Nel corso dell'istruttoria dibattimentale, inoltre, sono stati sentiti anche Tu.Gi. e Tu.Di., rispettivamente fratello e figlio dell'imputato e dipendenti della società fallita, i quali hanno dichiarato che i pagamenti degli stipendi avvenivano regolarmente e che la società era in attività fino alla dichiarazione di fallimento.

Ricostruiti i fatti nei termini innanzi esposti si ritiene sussistente il reato di bancarotta preferenziale di cui all'art. 216, comma 3, R.D. n. 267/1942 in luogo del reato di bancarotta per distrazione di cui all'art. 216, comma 1, n. 1, legg. fall.

Appare in proposito dirimente la pronuncia della Suprema Corte, sez. 5, n. 32930/2021 che, ripercorrendo gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sul punto, ha tracciato linee ben definite per distinguere i casi nei quali deve ritenersi configurabile il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva ovvero quello di bancarotta fraudolenta preferenziale. In particolare, nella pronuncia si legge che "possono essere individuate tre direttrici ermeneutiche stilate dalle pronunce di legittimità, corrispondenti a tre distinte, principali fattispecie; alla loro base, una comune ratio di discrimine: gli amministratori o i soci risponderanno di bancarotta distrattiva o di bancarotta preferenziale a seconda della ragione creditoria soddisfatta attraverso il prelievo di somme durante la fase di dissesto della fallita. Pertanto: a) il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti, operati dai soci in favore della società poi fallita, in conto capitale integra la fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché tali versamenti non danno luogo ad un credito liquido ed esigibile nel corso della vita della società e, nei loro riguardi, opera il criterio di postergazione previsto dall'art. 2467 cod. civ. (Sez. 5, n. 25773 del 20/2/2019, Sc., Rv. 277577; Sez. 5, n. 50188 del 10/5/17, Ma., Rv. 271775-01; Sez. 5, n. 41143 del 20/05/2014, Za., Rv. 26125001 ; Sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, Ma., Rv. 264277-01 ; Sez. 5, n. 42710 del 03/07/2012, De., Rv. 254456-01; Sez. 5, n. 25292 del 30/05/2012, Ma., Rv. 253001-01; Sez. 5, n. 2273 del 06/12/2004 - dep. 2005, Ma., Rv. 231289-01). Nelle pronunce più tradizionali dell'opzione in esame, che tuttavia trovano eco ancora recenti (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 50495 del 14/06/2018, Se., Rv. 274602), la qualificazione giuridica come condotte di bancarotta fraudolenta distrattiva delle restituzioni che l'amministratore liquidi in favore di sé stesso nel periodo di dissesto ruota intorno all'elemento soggettivo del reato, piuttosto che alla natura del credito, ma non smentisce l'approdo suddetto: nel caso in cui il creditore si identifichi nello stesso soggetto che assume le vesti di amministratore della società, infatti, si sottolineava il significato ben diverso e più grave della sua condotta rispetto alla mera volontà di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri;

b) il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo o prestito integra la fattispecie di bancarotta preferenziale: in tal caso, i finanziamenti, non avendo "natura di conferimenti di capitale di rischio", "rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell'asse patrimoniale" (Sez. 5 n. 14908 del 7/3/2008, Fr., Rv. 23948701; Sez. 5, n. 13318 del 14/2/2013, Viale, Rv. 254985-01; Sez. 5, n. 8431 del 1/2/2019, Ve., Rv. 276031-01 ; vedi anche, non massimate, le pronunce più recenti Sez. 5, n. 19354 del 2021 e Sez. 5, n. 13062 del 2021, nonché Sez. 5, n. 11399 del 18/1/2021);

c) il prelievo di somme da parte dell'amministratore a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore della società poi fallita, durante il periodo di dissesto, integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore, qualora, anche per l'assenza di delibera assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, i prelievi di somme in pagamento dei crediti verso la società in dissesto non sono definiti nella loro congruità e non sono fondati su dati ed elementi di confronto che ne consentano un'adeguata e oggettiva valutazione (Sez. 5, n. 17792 del 23/2/2017, Ro., Rv. 269639; Sez. F, n. 27132 del 13/8/2020, Vi., Rv. 279633, rispetto a somme sproporzionate al lavoro svolto; Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017, Al., Rv. 271464-01, nel caso di un amministratore che si sia liquidato somme per il lavoro prestato nell'interesse della società, senza l'indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un'adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti). Anche la pronuncia Sez. 5, n. 32378 del 12/4/2018, Fa., Rv. 273576 può considerarsi non difforme, sostanzialmente, all'orientamento dominante, nonostante sia stata ritenuta una vera e propria voce dissonante per aver configurato, nell'ipotesi peculiare decisa, il reato di bancarotta preferenziale (cfr. La sentenza Ve., che evoca un contrasto; la sentenza Fa. ha deciso una fattispecie in cui l'amministratore della fallita aveva prelevato per sé stesso dal conto della società compensi proporzionati alla quantità e alla qualità dell'attività svolta, ribadendo come debba essere, invece, racchiusa nello schema della bancarotta distrattiva la condotta dell'amministratore che si attribuisca un compenso sproporzionato). (…) L'erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, infatti, in generale, può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva "in conto capitale" (o altre simili denominazioni), versamento, quest'ultimo, che non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell'eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residuai claimant (Sez. civ. 1, n. 24861 del 09/12/2015, Rv. 637899).

Ebbene, nel caso in esame l'istruttoria dibattimentale non ha chiarito quale fosse la ragione creditoria soddisfatta attraverso il prelievo di somme durante la fase di dissesto della società fallita, dovendosi ritenere - nel rispetto del principio del favor rei e in assenza di elementi da cui desumere che le risorse finanziarie fossero state conferite alla società da parte del Tu. in conto capitale o a titolo di pagamento per prestazioni lavorative svolte in favore della società poi fallita - che il prelievo di somme sia stato operato a titolo di rimborso per prestito erogato, con conseguente integrazione della meno grave fattispecie di bancarotta preferenziale.

"Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è (infatti) necessaria la violazione della "par condicio creditorum" nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con la conseguenza che la condotta illecita non consiste nell'indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell'alterazione dell'ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori (…)" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15712 del 12/03/2014).

Sussistono nella fattispecie in esame gli elementi prescritti dalla norma atteso che il Tu., violando il principio della par condicio creditorum ha soddisfatto un proprio credito perseguendo la volontà di ottenere un vantaggio e accettando l'eventualità, in ragione dello stato di insolvenza della società, di danneggiare gli altri creditori. Deve, dunque, addivenirsi ad una pronuncia di affermazione della penale responsabilità dell'imputato per la fattispecie di bancarotta preferenziale.

Al contempo, il buon comportamento processuale dell'imputato, consistente nell'aver favorito una rapida istruttoria mediante consenso - espresso tramite difensore - all'acquisizione di atti relativi all'attività di indagine espletata, consente la concessione, al medesimo, delle circostanze attenuanti generiche, per commisurare la pena stessa alla stregua di imprescindibili canoni di rieducazione e retribuzione.

Una complessiva considerazione delle vicende per le quali è processo e delle modalità della condotta posta in essere dall'imputato, fanno ritenere congrua, alla stregua dei criteri di cui all'art. 133 c. p., una condanna alla complessiva pena di anni uno di reclusione così determinata:

-pena base anni uno e mesi sei di reclusione, superiore al minimo edittale in ragione dell'entità della somma prelevata e del danno ingenerato alla società, stante lo stato di insolvenza in cui versava.

-diminuita ex art 62 bis c.p. nella misura indicata in dispositivo.

Occorre poi applicare la pena accessoria dell'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi azienda per la medesima durata della pena principale (ex Sentenza Corte Cost. n. 222/2018).

Si ritiene inoltre di poter concedere all'imputato la sospensione condizionale della pena principale e della pena accessoria, potendosi altresì formulare una prognosi favorevole circa la futura astensione dalla commissione di ulteriori reati.

Occorre, al contrario, pronunciare una sentenza di assoluzione in relazione al reato di bancarotta documentale di cui all'art. 216, comma 1, n. 2, R.D. n. 267 del 1942. È infatti emerso dalle dichiarazioni della curatrice fallimentare che le scritture contabili furono regolarmente tenute, sebbene vi fosse stato un ritardo nella trasmissione delle stesse alla curatrice da parte del Tu., verosimilmente imputabile all'insorgere dell'emergenza sanitaria dell'infezione da COVID 19.

L'irregolarità riscontrata dalla curatrice, al contrario, aveva ad oggetto i soli bilanci societari che non vennero mai approvati. Occorre rilevare, tuttavia, che "il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest'ultimo nella nozione di "libri" e "scritture contabili" prevista dalla norma di cui all'art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. (In motivazione, la Corte ha precisato che, invece, eventuali omissioni nei bilanci, sussistendone i presupposti, possono integrare solo la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario)" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 47683 del 04/10/2016). Ne consegue, per l'effetto, una pronuncia assolutoria in ordine al reato di bancarotta documentale con la formula indicata in dispositivo.

Ai sensi dell'art 544, co. 3, c.p.p., infine, per esigenze di ruolo, si fissa per il deposito della motivazione della sentenza termine di giorni 90.


P.Q.M.

Visti gli artt. 521, 533-535 c.p.p.,

previa riqualificazione dell'art, 216 comma 1 n. 1 R.D. 267/1942 nell'art. 216, comma 3, R.D. 267/1942, dichiara Tu.Sa. colpevole del reato ascrittogli e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni 1 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 216 ultimo comma, legge fall.,

Dichiara Tu.Sa. inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la medesima durata della pena principale

Pena principale e accessorie sospese.

Visto l'art. 530 c.p.p.,

assolve Tu.Sa. dal reato di bancarotta documentale allo stesso ascritto perché il fatto non sussiste.

Motivazione riservata in giorni 90.

Così deciso in Potenza il 13 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2023.


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